Poesia Edita e Inedita
Rainer Maria Rilke Poesia La nascita di Gesú –
Rainer Maria Rilke Poesia La nascita di Gesú-
Poesia di Rainer Maria Rilke
La nascita di Gesú –
Se tu non fossi stata, in tua fattura,
solo umiltà, — come poteva, o Donna,
accader l’ineffabile prodigio,
che illumina la Notte all’improvviso?
L’Iddio che era in corruccio con le genti,
s’è conciliato…. E viene al mondo in te.
Forse piú grande lo sognavi, Madre?
Che vuol dire grandezza? Ogni oltre limite
ed ogni oltre misura della terra,
ch’Egli sovrasta e annulla, il suo destino
va diritto nel mondo, ora, per vie
finanche ignote ai trànsiti degli astri.
Guarda! Sono grandi questi Re. Travolsero
innanzi al tempio del tuo Grembo santo
i piú ricchi tesori della terra….
E tu forse stupisci, umile, ai doni.
Ma guarda! Fra le pieghe dello scialle,
il tuo Pargolo, già, tutto trascende.
L’ambra che va lontano sui navigli,
l’oro contesto in fulgidi gioielli,
l’incenso che si esala e che c’inebria,
passano, Donna. E lascian solamente
amarezza d’inutili rimpianti….
Ma il Bimbo che ti splende, ora, nel grembo
(domani lo saprai!) conduce e dona
la Gioia che non passa e che si eterna.
Rainer Maria Rilke
(Traduzione di Vincenzo Errante)
da “La vita di Maria, 1912”, in “Rainer Maria Rilke, Liriche scelte e tradotte da Vincenzo Errante”, Sansoni, 1941
∗∗∗
Geburt Christi
Hättest du der Einfalt nicht, wie sollte
dir geschehn, was jetzt die Nacht erhellt?
Sieh, der Gott, der über Völkern grollte,
macht sich mild und kommt in dir zur Welt.
Hast du dir ihn größer vorgestellt?
Was ist Größe? Quer durch alle Maße,
die er durchstreicht, geht sein grades Los.
Selbst ein Stern hat keine solche Straße.
Siehst du, diese Könige sind groß,
und sie schleppen dir vor deinen Schoß
Schätze, die sie für die größten halten,
und du staunst vielleicht bei dieser Gift —:
aber schau in deines Tuches Falten,
wie er jetzt schon alles übertrifft.
Aller Amber, den man weit verschifft,
jeder Goldschmuck und das Luftgewürze,
das sich trübend in die Sinne streut:
alles dieses war von rascher Kürze,
und am Ende hat man es bereut.
Aber (du wirst sehen): Er erfreut.
Rainer Maria Rilke
da “Das Marien-Leben”, Leipzig: Insel Verlag, 1912
Dipinto allegato è Opera dell’Artista Hans Bachmann-Titolo:”A Christmas Carol In Lucerne” anno 1887 –
Le poesie di Natale di Alda Merini
Biblioteca DEA SABINA
Le poesie di Natale di Alda Merini
“Natale 1989”
Natale senza cordoglio
e senza false allegrie…
Natale senza corone
e senza nascite ormai:
l’inverno che già sfiorisce
non vede il suo “capitale”,
non vede un tacito figlio che forse un giorno d’inverno
buttò i suoi abiti ai rovi.
Marina cara,
la giovinezza ti lambisce le spalle
ed è onerosa come la poesia:
portare la giovinezza
è portare un peso tremendo,
sognare fughe e fardelli d’amore
e amare uomini senza capirne il senso.
Il divario di una musica
Il divario della tua fantasia
non possono che prendere spettri,
perciò ogni tanto te ne vai lontana
in cerca di una perduta ragione di vita
in cerca certamente della tua anima.
“Buon Natale”
A Natale non si fanno cattivi
pensieri ma chi è solo
lo vorrebbe saltare
questo giorno.
A tutti loro auguro di
vivere un Natale
in compagnia.
Un pensiero lo rivolgo a
tutti quelli che soffrono
per una malattia.
A coloro auguro un
Natale di speranza e di letizia.
Ma quelli che in questo giorno
hanno un posto privilegiato
nel mio cuore
sono i piccoli mocciosi
che vedono il Natale
attraverso le confezioni dei regali.
Agli adulti auguro di esaudire
tutte le loro aspettative.
Per i bambini poveri
che non vivono nel paese dei balocchi
auguro che il Natale
porti una famiglia che li adotti
per farli uscire dalla loro condizione
fatta di miseria e disperazione.
A tutti voi
auguro un Natale con pochi regali
ma con tutti gli ideali realizzati.
Poesie di Marco Saya e gli incorporei appunti di una vita
Biblioteca DEA SABINA
Poesie di Marco Saya e gli incorporei appunti di una vita
Piccola selezione
1
Milano, quando ci sbarcai era bella,
nonostante la saudade mi innamorai
di quella nebbiolina che, allora,
s’incuneava tra le case di città studi.
Sono passati più di quarant’anni,
gli amori passano,
anche le città cambiano,
e quella nebbiolina
ha scelto un altro amante.
2
Tutti scriviamo come dei forsennati,
poi ci rendiamo conto
che basterebbe una sola poesia,
quattro versi che possano girare il mondo
con le proprie parole.
Di questo si tratta,
scrivere questi quattro versi.
3
Milano è frastuono,
oblio di luci lasciate
sempre accese,
il mio stordito incedere
tra passi noncuranti,
le vibrazioni del passante ferroviario,
solitarie urla dal sottosuolo
gridano la voglia
di uscire con gli occhi
e spengere quelle luci
che oscurano
il naturale bagliore.
4
Passa un tram
(quei bei vecchi tram
di una volta),
ancora per poco,
ora simili a eurostar
con quei brutti musi,
pensano di essere belli
così affusolati (i poveretti),
silenziosi, anonimi,
(quei bei vecchi tram
di una volta).
5
Ascoltiamo il ricordo di vecchie tracce,
il vinile sostituito da un veloce youtube,
videovedo in un quadratino,
brodo star per insipide
– insipienze –
Tratto da Marco Saya incorporei appunti – (poesie scelte 2000 – 2021), Marco Saya Edizioni, 2021 – Euro 12 – Pag. 120
Articolo di Gordiano Lupi -Marco Saya (Buenos Aires, 1953) – scrittore ed editore di poesia capace e lungimirante, oltre che dotato di grande passione per le lettere – compie una selezione antologica della sua opera con incorporei appunti (poesie scelte 2000 – 2021), pescando il meglio da Bambole di cera, Raccontarsi, Noi atomi alla ricerca di un nucleo, Situazione Temporanea, Murales e Filosofia spicciola. Poesia breve, quasi in forma di appunti, note a margine en passant mentre la vita scorre, parole potenti, dotate di una profondità esemplare e di un’immediata comprensibilità di lettura. Il poeta arriva a Milano nel 1963, la vede bella, s’innamora persino della nebbia, ma gli amori passano, le città cambiano – come tutto cambia -, adesso sono altri gli amanti della sua Milano, diventata un luogo troppo diverso dal passato. Bisogna vivere piuttosto che durare, anche se spesso in solitudine, tra gli imbonitori che narrano di un mondo sconosciuto, intellettuali che fanno fare brutti sogni e lasciano bruciori di stomaco, albanesi che vogliono parlare quando incontrano la diversità in un loro simile. Il poeta parla di un tempo che ammonticchia i tempi, convinto che si debba ri-morire per poterci ri-scrivere, tra canzonette ritmate e giochi di parole, alla ricerca di oggetti smarriti, sfuggendo dai cliché, dai pensieri di Mao e da cadaveri che non sono mai passati da parco Lambro, da nemici che continuano a vivere, nonostante tutto. La poesia di Saya è fatta di rapidi pensieri e descrizioni di paesaggi, intense sensazioni che ci ricordano come sia facile diventare vecchi prima dell’andare a capo, che siamo universi di molecole e rimpianti, mentre rimescoliamo le carte, sognando un mazzo nuovo. Su tutta la poesia aleggia Milano, città da bere che racchiude il tempo perduto, il frastuono, l’oblio di luci lasciate sempre accese, le urla dal sottosuolo, tra bagliori naturali, quei bei vecchi tram di una volta, linee che intersecano altre linee in concentriche ragnatele. Saya conclude che scriviamo come forsennati, ma basterebbe un solo verso immortale, una sola poesia invece di tanta carta inutile, mentre rimpiangiamo una vecchia traccia di vinile al posto di un insipido tempo liquido dove persino la musica scorre impalpabile. Il verso di Saya diventa politico, combatte i neologismi sciocchi e le cassandre puttane, figlie di un capitalismo abortito e di una democrazia stuprata. A una certa età sembra tardi per tutto, ma quando avresti potuto fare quel che ora ti manca non era ancora tempo, perciò ti perdi nell’agonia del non fatto. Il poeta è consapevole che pretendere la popolarità dalla poesia è come chiedere al silenzio di schiamazzare; sappiamo bene quanto sia vero, infatti, aggiunge il vostro piccolo recensore, se mai vi capitasse d’imbattervi in un poeta popolare chiedetevi se sia davvero poesia quella che scrive.
Fonte – Il SaltodellaQuaglia.com è un sito web d’informazione online in lingua italiana fondato e diretto dal giornalista Angelo Barraco ed è totalmente indipendente da influenze politiche o commerciali.
Guido Gozzano La Notte Santa
La Notte Santa di Guido Gozzano
- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell’osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.Il campanile scocca
lentamente le sei.- Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po’ di posto per me e per Giuseppe?
– Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppeIl campanile scocca
lentamente le sette.– Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
– Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto.Il campanile scocca
lentamente le otto.– O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
– S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno
d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.Il campanile scocca
lentamente le nove.– Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
– Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…Il campanile scocca
lentamente le dieci.– Oste di Cesarea… – Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell’alta e bassa gente.Il campanile scocca
le undici lentamente.La neve! – ecco una stalla! – Avrà posto per due?
– Che freddo! – Siamo a sosta – Ma quanta neve, quanta!
Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…
Maria già trascolora, divinamente affranta…Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.È nato!
Alleluja! Alleluja!È nato il Sovrano Bambino.
La notte, che già fu sì buia,
risplende d’un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaje
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!Non sete, non molli tappeti,
ma, come nei libri hanno detto
da quattro mill’anni i Profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill’anni s’attese
quest’ora su tutte le ore.
È nato! È nato il Signore!
È nato nel nostro paese!
Risplende d’un astro divino
La notte che già fu sì buia.
È nato il Sovrano Bambino.È nato!
Alleluja! Alleluja!
TRILUSSA, Poesie romanesche sul Natale
Biblioteca DEA SABINA
TRILUSSA, Poesie romanesche sul Natale
Er Presepio – Trilussa
Ve ringrazio de core, brava gente,
pé ‘sti presepi che me preparate,
ma che li fate a fa? Si poi v’odiate,
si de st’amore non capite gnente…
Pé st’amore sò nato e ce sò morto,
da secoli lo spargo dalla croce,
ma la parola mia pare ‘na voce
sperduta ner deserto, senza ascolto.
La gente fa er presepe e nun me sente;
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l’amore
è cianfrusaja che nun cià valore.
Natale de guerra – Trilussa
Ammalapena che s’è fatto giorno,
la prima luce è entrata ne la stalla
e er Bambinello s’è guardato intorno:
“Che freddo, mamma mia. Chi m’aripara?
Che freddo, mamma mia. Chi m’ariscalla?”
– “Fijo, la legna è diventata rara
e costa troppo cara pe compralla” –
“E l’asinello mio ‘ndov’è finito?” –
“Trasporta la mitraja
sur campo de battaja: è requisito” –
“Er bove?” – “Puro quello
fu mannato ar macello”.
“Ma li Re Maggi ariveno?” – “È impossibile
perché nun c’è la stella che li guida,
la stella nun vò uscì, poco se fida,
pe paura de quarche diriggibile”.
Er Bambinello ha chiesto: “Indove stanno
tutti li campagnoli che l’antr’anno
portaveno la robba ne la grotta?
Nun c’è neppuro un sacco de polenta,
nemmanco una frocella de ricotta”.
– “Fijo, li campagnoli stanno in guera,
tutti ar campo e combatteno. La mano
che seminava er grano
e che serviva pe vangà la tera
adesso viè addoprata unicamente
pe ammazzà la gente.
Guarda, laggiù, li lampi
de li bombardamenti!
Li senti?, Dio ce scampi,
li quattrocentoventi
che spaccheno li campi?” –
Ner dì così la Madre der Signore
s’è stretta er Fijo ar còre
e s’è asciugata l’occhi co le fasce.
Una lagrima amara pe chi nasce,
una lagrima dorce pe chi mòre.