Non penso mai di essere arrivato, anche se sono
alla fine del viaggio. Ho preso una strada lontana
dalle vette ma fatta di domande e che mi porta giù
verso una casa, a quell’altra terra. So che la mia carne
intaccata dai morsi è scampata alla frenesia
dei pesci dentro la ruggine delle chiglie…
Ma me li sono lasciati dietro nel mio cammino
e così è andata col vino e col pane
Non li ho mai divisi con la sconfitta né con la fame
Me li sono lasciati dietro nel mio cammino.
Non penso mai di essere arrivato, anche se un segno
d’amore e di benvenuto mi attraggono verso casa
Gli usurpatori brindano nella mia coppa
ogni banchetto un’ultima cena
Traduzione diLuigi Sampietro
Poesia n. 313 Marzo 2016
Wole Solyinka La furia del dio del ferro
a cura di Luigi Sampietro
Après la guerre
Non nascondete le cicatrici
Nella distilleria dove si spilla il sangue
ho sentito un odore
famigliare di narcotici
Non nascondete le cicatrici
Il nostro comune rizoma di carne quando
lo si calpesta dentro la terra si attrezza contro
la morte e tutto bardato si lancia in direzione
del sole se non altro per il timore di scoprire
che il guscio è vuoto e che lo stelo degli ultimi
germogli affonda in un nulla di contraffazioni
Non strappate la pelle della terra
per coprire i tagli della pelle del tamburo
Non nascondetevi sotto una crosta
trasformando il dolore nel lamento
a mezza bocca di un pagliaccio con le bende
dipinte sulla maschera e la gola secca
per mancanza di bile, un cuore
di pezza e il ghigno di un teschio
che cerca di aggirare la severità
dell’esorcismo.
Le pitture non durano. E voi lasciate
che a seguire un cuore che pulsa
come un pezzo di legno siano quelli
che vanno dietro all’ultima onda.
Traduzione diLuigi Sampietro
Poesia n. 313 Marzo 2016
Wole Solyinka. La furia del dio del ferro
a cura di Paolo Statuti e Antonio Sagredo
Adrienne Rich- Poesie da”Tonight no Poetry will serve”
(Norton, 2011 – l’ultima raccolta pubblicata in vita)
traduzione dall’inglese di Maria Luisa Vezzali
-Rivista Atelier-
Leggendo l’ Iliade (come) per la prima volta [1]
Violento, sgargiante, squarcio
una creatura dilaniata arranca per alzarsi, correre
con il ventre che cola
Il sangue rende tutto più reale
pulsa nel braccio armato d’asta come nel
collo del cecchino l’attimo
presente – Ora! – prima di
far fuori i bastardi
*
Splendore in nero e ocra su un’urna greca
Bellezza come verità
Il mare come sfondo
battuto da nere navi lunghi-remi
a riva carri scudi gambe muscolose dai buoni schinieri
cavalli che impennano Bellezza! carne prima della cancrena
*
Dei dalla mente cangiante corrono avanti e indietro Inganno [2]
una figlia afferrata per i capelli scagliata per confondere uomini
Tutto qui è conflitto ed è chiamato destino dell’uomo
*
Gloria orrenda: ferite spalancate
nutrono mosche enormi
Zoccoli sdrucciolano su smalto di sangue
I cavalli distolgono il capo
versando lacrime equine [3]
Bellezza?
un muro con i nomi dei caduti
da entrambe le parti appassionata imparzialità
.
.
[1 Cfr. Simone Weil, L’ Iliade o il poema della forza (traduzione di Francesca Rubini, a cura di Alessandro di Grazia, Asterios, Trieste 2012), p. 39: «Chi aveva sognato che, grazie al progresso, la forza appartenesse ormai al passato, ha potuto scorgere in questo poema solo un documento; chi invece, oggi come allora, individua nella forza il centro di ogni storia umana, trova qui il più bello, il più puro degli specchi.»
[2 Cfr. Iliade, XIX 91-130: «Ate è la figlia maggiore di Zeus, che tutti fa errare, / funesta; essa ha piedi molli; perciò non sul suolo / si muove, ma tra le teste degli uomini avanza, / danneggiando gli umani: un dopo l’altro li impania… pena acuta colpì Zeus nel petto profondo, / e subito afferrò Ate, che tutti fa errare: / dicendo questo la scagliò giù dal cielo stellato, / roteandola con la mano; e giunse subito nei campi degli uomini» (versione di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino 1950).
[3 Cfr. Iliade, XVII 426-440: «Ma i cavalli d’Achille fuori della battaglia / piangevano, da che avevano visto l’auriga / caduto nella polvere sotto Ettore massacratore… così restavano immobili, col carro bellissimo, / in terra appoggiando le teste; e lacrime calde / cadevano loro giù dalle palpebre, scorrevano in terra; piangevano, / nel desiderio del loro auriga; e si sporcavano la ricca criniera / cadendo dal soggolo, di qua e di là lungo il giogo» (versione di Rosa Calzecchi Onesti, cit.).
[N.d.A.]
.
.
Benjamin rivisitato
L’angelo
…della storia è
volato via
.
ora incontra l’usciere
…….giù
nel seminterrato che
………….a petto nudo fuma
.
ha il compito di attizzare
…il cosiddetto passato
……nel cosiddetto presente
.
.
In quarto
1.
Chiamatemi Sebastiano, frecce piantate su tutta
la mappa dei miei campi di battaglia. Maratona.
Wounded Knee. Vicksbug. Gerico.
Battaglia dell’Overpass.
Vittorie rivoltate
Ma nessuna resa
Cimiteri di rimorso
Il campione sconfitto singhiozza
Spettri accorrono per nascondergli le lacrime
2.
Nessuno scrive liriche su un campo di battaglia
Su una mappa trapunta di frecce
Ma io credo di potere se solo striscio
Nella mia tenda fingendo di
Ripiumare le mie frecce
Vengo subito! grido
Quando arrivano con balestre e fosforo bianco
Ad arruolarmi
Rannicchiata sui miei abbozzi
Per paura che mi scoprano
E mi sparino
3. Appoggi la guancia sulle mie medaglie, attraverso ascolti il mio cuore Dottore, riesce a vedermi se sono nudo?
Ho trascorso più tempo qui che al fronte Nessuno viene se non di rado e non so nemmeno per cosa
Ho raggiunto quel deserto come molti prima Addii e fede e speranza di non morire
Speranza di non morire e cosa era la vita Che pensavamo ci aspettasse dopo
Posi lo stetoscopio rispolveri le sue abilità Dottore riesce a vedermi quando sono nudo?
4.
Vi racconterò della sirena
Che muta la coda da pesce Prende gambe per danzare
Canta come il mare con la gola strozzata
Lame piantate nella schiena
Ferite a ogni passo
C’è un prezzo
C’è un prezzo
Per ogni dono
E tutti i consigli
Biografia di Adrienne Rich (Baltimora, 1929 – Santa Cruz, 2012) è stata una poeta, saggista, insegnante e femminista statunitense.Poco dopo essersi laureata al Radcliff College nel 1951 vince il premio “Yale Series of Younger Poets” per i poeti emergenti che le permette di pubblicare la sua prima raccolta , A Change of the Wolrd con introduzione di W.H. Auden, presidente di giuria di quell’anno. L’anno seguente ottiene una borsa di studio per viaggiare in Europa. Sposa nel 1953 l’economista Alfred Conrad e nel 1955 pubblica la sua seconda raccolta, The Diamond Cutters.Con la pubblicazione del terzo libro avvenuta nel 1963, Snapshots of a Daughter-in-Law, viene riconosciuta una delle scrittrici più importanti a livello nazionale sia per la sua voce poetica che per i temi femministi dei testi. Nel 1966 si trasferisce a New York e i libri che seguono sono influenzati dal fermento culturale e dall’attivismo politico del periodo: Necessities of Life (1966), Leaflets (1969), Will to Change (1971). Nel 1969 la Rich si allontana dal marito e diviene attivista dei movimenti di liberazione femminile. Pubblica nel 1974 Diving into the Wreck che riceve il “National Book Award for Poetry”. La Rich rifiuta di ricevere il premio a titolo personale preferendo invece accettarlo -assieme ad altre due poete- a nome di tutte le donne condannate al silenzio. Nel 1976 si dichiara lesbica e nel 1977 pubblica Twenty-One Love Poems successivamente incluso in Dream of a Common Language del 1978. In questo stesso periodo da alle stampe il più importante e influente contributo da saggista: Compulsory Heterosexuality and Lesbian Existence. Nel 1997 rifiuta la “Medical Medal of Art” affermando che non poteva accettare un premio dalla presidenza Clinton in quanto “(cit) l’arte, per come la concepisco io, è incompatibile con la politica di questa amministrazione”. Nel 1999 si trasferisce a Santa Cruz, in California, assieme alla compagna Michelle Cliff (romanziera, poeta ed accademica). Le due donne stavano assieme dal 1976. Nel 2003 Adrienne Rich -assieme ad altri poeti- per protesta contro la guerra in Iraq rifiuta di partecipare ad una conferenza alla Casa Bianca. Nel 2011 viene pubblicata la sua ultima raccolta: Tonight no Poetry will serve. Adrienne Rich si spegne nel Marzo 2012 a Santa Cruz all’età di 82 anni.
Maria Luisa Vezzali (Bologna 1964), docente di Materie letterarie nella scuola superiore, è traduttrice di Adrienne Rich (Cartografie del silenzio, Milano, Crocetti 2000, e La guida nel labirinto, Ibid., 2011; premio per la traduzione dell’Università di Bologna) e Lorand Gaspar (Conoscenza della luce, Roma, Donzelli 2006). Ha curato l’edizione di Saint-John Perse, Anabasi (Raffaelli 2011). In poesia ha pubblicato L’altra eternità (Edizioni del Laboratorio 1987), Eleusi marina (in Terzo quaderno italiano a cura di Franco Buffoni, Guerini e Associati 1992), dieci nell’uno (Eidos 2004, disegni e sculture di Mirta Carroli), lineamadre (Donzelli 2007, premio Anterem/Montano), Forme implicite (Allemandi 2011, con gioielli e disegni di Mirta Carroli). Suoi testi sono tradotti in inglese, spagnolo, francese, tedesco e svedese. E’ comparsa in numerose riviste e antologie.
Biblioteca DEA SABINA
-La rivista «Atelier»-
http://www.atelierpoesia.it
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale (marzo, giugno, settembre, dicembre) e si occupa di letteratura contemporanea. Ha due redazioni: una che lavora per la rivista cartacea trimestrale e una che cura il sito Online e i suoi contenuti. Il nome (in origine “laboratorio dove si lavora il legno”) allude a un luogo di confronto e impegno operativo, aperto alla realtà. Si è distinta in questi anni, conquistandosi un posto preminente fra i periodici militanti, per il rigore critico e l’accurato scandaglio delle voci contemporanee. In particolare, si è resa levatrice di una generazione di poeti (si veda, per esempio, la pubblicazione dell’antologia L’Opera comune, la prima antologia dedicata ai poeti nati negli anni Settanta, cui hanno fatto seguito molte pubblicazioni analoghe). Si ricordano anche diversi numeri monografici: un Omaggio alla poesia contemporanea con i poeti italiani delle ultime generazioni (n. 10), gli atti di un convegno che ha radunato “la generazione dei nati negli anni Settanta” (La responsabilità della poesia, n. 24), un omaggio alla poesia europea con testi di poeti giovani e interventi di autori già affermati (Giovane poesia europea, n. 30), un’antologia di racconti di scrittori italiani emergenti (Racconti italiani, n. 38), un numero dedicato al tema “Poesia e conoscenza” (Che ne sanno i poeti?, n. 50).
Direttore responsabile: Giuliano Ladolfi Coordinatore delle redazioni: Luca Ariano
Redazione Online Direttori: Eleonora Rimolo, Giovanni Ibello Caporedattore: Carlo Ragliani Redazione: Mario Famularo, Michele Bordoni, Gerardo Masuccio, Paola Mancinelli, Matteo Pupillo, Antonio Fiori, Giulio Maffii, Giovanna Rosadini, Carlo Ragliani, Daniele Costantini, Francesca Coppola.
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Sei poesie dall’ultimo libro uscito per ‘Lo Specchio’ Mondadori
MAI L’INVERNO
Mai l’inverno con la primavera – e lei è l’inverno e Ics la primavera – (be’ non esageriamo e Ics l’estate, be’ non esageriamo, la fine estate, quasi autunno) fuor di metafora mai un uomo giovane (be’ non esageriamo semi-giovane, insomma di mezza età) torniamo alle stagioni, mai un bell’albero in fiore una fogliolina gialla guarderà (anzi, ben lo sappiamo cosa combina d’autunno un albero alle foglie).
LUGETE O VENERES
Lugete o Veneres Cupidinesque e anime gentili, infelice nella sua gabbia piegato sotto l’ala lo spiumato capino sta l’amore suo che si era immaginato.
Oh l’immaginazione non riesce più a immaginare ora procede per una strada oscura che fare? Inventa ancora un poco ti prego che ci credo. Bucami iniezione d’illusione, che due più due non faccia quell’esiguo totale che in gabbia non stia già cadendo dal suo filo quel press’a poco amare, sosia dell’amare.
JANE
Ne faceva l’appello nome per nome, e ogni tanto se li contava i fiori del balcone. Un inverno apparve un Elleboro e spuntò una bacca all’Agrifoglio che non ne faceva mai e spuntò un fiore strano, mai visto, di chissà quale nome.
Con i prediletti usava dei nickname per esempio una violetta la chiamava come la Austen – Jane.
CARTA DA RICALCO
Sul vetro terso della finestra con carta-ricalco e affilata matita di ricalcare lei tenta della vita ogni singolo giorno non manchi un’alba all’appello né un mezzogiorno. Ben tesa la carta? Combaciano disegno e contorno? Oh, che non manchi quel minuto quell’ora, che non ne manchi nessuna, che nel ricalco non si sposti la luna. Che non si perda neppure lo spuntare del tram da lontano, quel volo da quel ramo a quel ramo, con le dita conto e riconto che non si perda un secondo del mondo. E con l’udito ricalca pompieri ambulanze sirene e del merlo il fischiare e di Guappo giù in strada l’educato sottovoce abbaiare e il sottile righìo che sul vetro fa la matita il dolce rumore, caro Sandro Penna, della vita.
COME NEL FILM «OGNI COSA È ILLUMINATA» (2005)
Come nel film “Ogni cosa è illuminata” che la guida ucraina Alex traducendo parla una lingua stranita lungo i fianchi della memoria tra gli sterminati di Trochenbrod nel cominciamento di una rigida ricerca (e c’è anche un cameo con Foer vero, che soffia via le foglie del cimitero)
Così stranisce la lingua poesia e quando ti parla saltano i tempi verbali e ritorna di tutto anche ritornano parole che erano morte e le bianche lenzuola del film ed è tutto un andare venire come il cane Sem nel finale che dalla tomba del vecchio padrone corre al sentiero poi alla tomba poi al sentiero, ma infine non sceglie la tomba, fugge via, via, sceglie la vita, così anche noi, la vita.
ESERCITO
Al bisogno faccio l’appello le nomino le convoco e loro accorrono in punta di gambette, di curve, di occhielli, loro le lettere a formare parole, le rifiutate si ritirano mogie con la coda tra le gambe, le prescelte si allineano lì dove le metto, anzi non lì, là, anzi qua, in riga! attente! riposo! a capo! ordino al mio esercito fidato. Per ora fidato.
(non lasciarmi mai, Alfabeto)
Biografia di Vivian Lamarque –nata a Tesero nel 1946, piccolo comune di montagna della provincia di Trento, viene data in adozione all’età di nove mesi ad una famiglia milanese perché figlia illegittima. Dopo la precoce perdita del padre adottivo scopre a dieci anni di avere due madri, nello stesso anno inizia a scrivere le prime poesie.
È cresciuta a Milano dove tuttora lavora e vive con la figlia e i nipoti.
Le prime pubblicazioni avvengono grazie al poeta Giovanni Raboni, che inserisce le poesie della Lamarque in alcune riviste letterarie.
Il suo primo libro, Teresino, vince il Premio Viareggio Opera Prima nel 1981, primo di una lunga serie di riconoscimenti: Premio Montale, Premio Camajore, Premio Elsa Morante e Premio Rodari.
Nel campo della letteratura per ragazzi, Vivian Lamarque si è dedicata alla scrittura di molte fiabe originali, oltre che alla traduzione di molte della tradizione classica. Per la sua trascrizione per ragazzi de Il flauto magico, riceve il Premio Andersen nel 2010.
Ha fatto l’insegnante di italiano e lettere, da molti anni collabora con Il Corriere della Sera.
Vivian Lamarque è stata ospite al festival Mare di Libri nell’edizione 2013.
OTTO DOZZINE DI VERSI PER IL COMPAGNO VENUTO A TENERE LA RIUNIONE
I
Il compagno è senza un soldo Senza un soldo di lontano
E’ venuto con la pioggia
Con la pioggia e per le strade Di collina e poi del piano Con la moto e con la giubba Con la giubba sua di cuoio Che è solcata dalla pioggia Come a marzo una vallata
Il compagno è qui venuto
E ha tenuto
La riunione.
II Ha tenuto la riunione
Han parlato dei bollini
Dei bollini delle tessere
Dei problemi del Comune Hanno messo insieme i soldi Per la rata che si deve
Che si deve al fornitore
Che ha fornito il ciclostile
Poi qualcuno ha detto andiamo Chè alle cinque debbo alzarmi.
III Alle cinque hanno da alzarsi Per andare a lavorare
Al padrone non puoi dire Questa notte ho fatto tardi Nel Partito Comunista
Per discuter dei problemi Dei problemi del Comune Dei bollini delle tessere Delle rate da pagare
Se poi dice il ciclostile
Cose invise
Al padrone.
IV Ma quest’anno è un mostro il tempo Se pioveva un’ora fa
Marzo adesso è freddo e nevica
Il compagno che è venuto
Pioggia e fango ha già passati
Con la giubba e con la moto
Fango e pioggia può passare
Ma se nevica è un disastro
E’ un disastro da finire
Da finire dentro un fosso
Con al neve nei due occhi.
V Con al neve nei due occhi
Nei due occhi che hanno sonno Il compagno resta qui
Resta qui ma senza un soldo
A dormire dove va
La locanda che fa credito
Ma il portone già sprangato Sulla via che è bianca, è nero
Il portone, è nero il muro
Il compagno senza un soldo Non può andare
Nell’Hotel
VI Non può andare nell’Hotel Questo è chiaro a tutti quanti
Tutti quanti son persuasi
Che il compagno che è venuto Non può andare e non può stare E continuano a parlare
Dei problemi del Paese
Della guerra e della pace
Del Congresso del Partito
Del Partito dell’Unione
Della Cina
Della vita.
VII Della Cina della vita
Nelle strade che son bianche Lungo i muri che son neri Questi qui vanno parlando Come un tempo già i poeti
I poeti che ora stanno
Chiusi e freddi e muti e stanchi Senza un soldo dentro il cuore Con la resa dentro gli occhi Con la stizza sulla pelle
Di domani
Non si sa.
VIII
Di domani non si sa
Ma lo sanno questi qui Questi qui lo sanno, ché Ogni giorno un po’ lo fanno Il domani un po’ lo fanno Anche adesso che si parla Del lavoro e della vita Mentre portano il compagno A dormire sopra un tavolo Del Partito, con la testa Appoggiata al
Ciclostile.
LETTERA AI MEMBRI DEL CC E DELLA CCC DEL PCI
ascolto i vostri dibattiti come si ascolta il gorgo dei cassoni dell’acqua durante
le notti d’insonnia
reumatica.
(stando al piano delle lavanderie
com’io sto da quando ho memoria
si potrebbe anche tentare d’essere lucidi e assegnare più origini
a questi singulti del ferro
ma tutto
arriva qui col medesimo tuono) scusate dunque
la confusione che i vostri canali mettono nelle mie arterie infreddolite
non è un caso
che proprio il mio reuma più acuto sia accaduto insieme
con i vostri dibattiti
siamo stati aggrediti
da un medesimo vento
che le mie ossa ricevono gelido
e che molti di voi definiscono caldo vedete
che per poco che i miei versi
si prolunghino nella notte
come larve di antichi dolori
c’è rischio che anch’io entri tra voi a dibattere
sulla qualità
da dare
a quel vento
ora
ciò che manca nei vostri dibattiti (perché tutti noi si sappia che fare) è proprio
quel che una gran base
del Partito
vi addita
(se voi foste più logici)
un pizzico di
silenzio dicembre 1961
TEMPO E MAREE –da Continuum 1962-1963
Will it bloom this year?T.S.Eliot
noi viviamo in un tempo
che la Morte è sospesa
vola un piccione grigio alla lavagna
del cielo di Charing Cross
i più vecchi tra noi
hanno strani ricordi
a quest’ora
nella piana di Pimlico
la Luna alza le strade
e sul Ponte di Londra
le acque umane si gonfiano
da un limo all’altro del fiume
se la memoria indugia
è sommersa
questo è l’ultimo tonfo della chiatta
alla chiatta che attracca
c’è il sottoterra e le domeniche
per covare i ricordi
noi viviamo in un tempo
che la Morte è sospesa
e i più vecchi tra noi
non hanno il cuore facile
se qualcuno verrà dopo di noi
in questi cunicoli
dove i treni biforcano
e i nostri giorni in piena ebbero pausa
sotto il crinale
ventoso della brughiera di Hampstead
non badi alle nostre ossa
ma alla vita che avemmo
per toglier di mezzo la Morte
questo è un tempo che torce ogni nostra ora
è lontano lo sparo
del suicida alla prua della sirena
il futuro è a portata di mano
ma nessuno verrà dopo di noi
a ruspare nel limo
delle basse maree vetri di guinness
o qualche magro rame
d’Elisabetta la Seconda
se al pelo morto delle acque
approda solitario un coccio bianco
dell’umano deterrent
corriamo un Sole basso all’orizzonte
sopra spalti di neve e sulla Terra obliqua
un cielo freddo si schiaccia
fino al ventre delle nostre memorie
………………
Londra, gennaio-febbraio 1963
ZONA
Ad Anna.
Nell’officina che ha le finestre sulla campagna
e lontano si vede il muretto
del cimitero ov’è la tua tomba,
quest’oggi tuo padre ed io litigavamo;
tra i ferri e le incudini
noi si gridava e scherzava
con queste giornaliere passioni,
come quando tu eri tra noi
ancora nel giuoco della vita.
Larve inconsapevoli
e accalorate
noi parlavamo di guerre
e di padroni del mondo;
e non capivamo che il tumulto
di questa età
è il rimbombo delle nostre voci
nel cavo del vostro silenzio.
Bra, settembre 1935.
A DORA
Qualche volta un ricordo mi rosica il cuore in silenzio
Puškin
Tu mi domandi perché amor non sciolga
mai la tristezza nel mio solitario
e pigro sangue. Non sai quale ossario
di alterchi è la memoria in me. Si volga
pure ogni anno: non c’è ch’io non mi dolga
di affrettati abbandoni. Era un orario
di scontri e buie morti e di afe il vario
apparir dell’età. Vuoi tu ch’io tolga
melanconica carne ormai dal cuore
che gli anni irosi han chiuso in questa dura
maschera? È segno che scordi il dolore
che mi costò anche il tuo dono; e ho paura,
se tu scordi, che il poco e lento amore
si perda ancor nella mia vita oscura.
Roma, 14 ottobre 1946
ISPEZIONE
Ho fatto per tanti anni la vita di trincea
in camere sudice con qualche libro
e un letto disfatto da mesi,
che neanch’io so più da che parte sia il nemico.
So che se tento un’uscita,
non vedo che facce pronte e ostili
a un mio passo sbagliato.
Né mi è valso mutar stanza e città,
ché mi trovo assediato nella polvere
con un sorso di grappa.
Tuttavia ho sempre guardato con piacere
nel vetro delle finestre
questa dura cosa
che è ancora la vita d’un uomo.
E un giorno
morirò nella strada.
Roma, dicembre 1948
A DORA, DURANTE UNA SUA LONTANANZA
Quando io muoio
vorrei che tu mi chiudessi gli occhi
e mi lasciassi sulle labbra
la pressione di un bacio.
Ci siamo incontrati a vivere
in questi
dei molti anni, da che esiste l’uomo
sopra la Terra;
e abbiamo avuto gli stessi giri di Sole
e le stesse piogge e gl’inverni
e gli umori primaverili.
Con qualche leggera fatica
abbiamo anche avuto gli stessi moti,
poiché insieme imparammo a conoscere
quali sono
questi dei molti
anni da che esiste l’uomo.
Andrò nella terra senza rimpianto.
E se i posteri dei posteri
scaveranno le nostre tombe,
vorrei che trovassero
accanto alla nostra polvere
la palla di gomma con cui giocavamo
un’estate
nelle ore di bassa marea.
Questa mia volontà
anche se immagino che non sarà rispettata,
fa capo al mio più gaio ricordo:
di te che corri lontana sulla riva
e che torni ridendo con gli occhi,
in uno degli anni
che ci siamo trovati a vivere
e a muoverci insieme.
Bra, 15 settembre 1955
DISINTOSSICAZIONE
Uno di questi giorni mi vedrai sparire,
inghiottito dai ricordi.
Quando i veleni quotidiani
cominciano a venir meno,
la memoria diventa un oceano.
Per qualche istante sarò anche buffo da vedere,
mentre mi dimeno
sulla cresta d’un ricordo più alto degli atri;
poi il risucchio sarà così forte,
che colerò per sempre a picco
nelle profondità della memoria.
Novara, aprile 1959
POESIE DI MAO
……………………..
Questa poesia, che tanti voli d’anatre
ha visti ai confini dello sguardo nel sud,
e dal massiccio K’un Lun
da cui il cielo dista non più di tre pollici
ha guardato
tutti i colori e i tempi della Cina,
deve farsi ora più esile e obliqua,
come dopo la pioggia torna obliquo il sole,
per attraversare i gioghi dell’Appennino
e la grigioverde Provenza
e le coste del Levante di Spagna,
fino a posarsi sui tetti infuocati d’Alicante
dove vive il mio amico.
Io da Roma,
quale un agente dei re della droga,
travaso in cartine di sillabe
questa polverina azzurra e dorata.
La poesia di Mao, come la Rossa Armata,
non ha temuto la difficile lunga marcia,
ha passato diecimila fiumi e mille montagne
e ha disteso il volto al sorriso.
Ora però deve ricordare
che la visuale cresce secondo la misura dell’occhio,
e mettersi ancora in cammino
senza perdere un segno
per le forre e le crepe di quelle arse pianure.
MUSEO DELLE FACCE CHE DANNO SPAVENTO AGLI UOMINI
a Bertolt Brecht
…………………………..
In questo Museo
non cercate le facce
di ladri, assassini,
briganti o bari.
Ci sono al mondo, badate,
facce cattive,
facce mostruose,
facce che non promettono nulla di buono,
ma sono facce umane,
facce che si esprimono,
e di fronte alle quali
uno che per disgrazia si trovi a passare
sa subito
che deve difendersi
e magari perire in quel punto
per mano di uno
che porta scritto in viso
il nome della sua solitudine.
Ma di fronte a una faccia
di quelle che danno spavento agli uomini,
non è un solitario, né un misero,
che abbiamo davanti:
è un essere superiore,
che è sicuro di essere meglio
di te e di me,
e sa che ogni ragione
è dalla sua,
perchè sente di avere dietro di sé
una forza, la forza
dei suoi padroni, capace di far prediligere
le sue viltà più discordi,
da chiunque.
Anche se non ricorda,
nel punto che ci schiaccia,
di essere un servo, un braccio, un’unghia
di padroni,
che non vogliono mostrare la faccia
e hanno preso la sua.
E così,
se sorride,
dà spavento agli uomini.
————————-
Ma il giorno che avremo finito
di toglier di mezzo la forza
dei padroni di facce che danno spavento,
e avremo messo le altre
che ancora potrebbero crescere,
a far da custodi
nel Museo delle loro antenate,
con la mansione di tenere,
sia pure di pessimo umore,
spolverate le facce
che diedero spavento agli uomini,
quel giorno i ragazzi,
senza un’ombra,
giocheranno sui prati.
Bra, 29 settembre 1955
DELL’AMORE E DI QUALCHE ALTRA PASSIONE
Il giorno che le mie stanche ossa
e i nervi
cadranno in terra,
alle marcite gore del sangue
andranno i volti amati
e le ore
e i paesi più cari.
Anche se snervi
tutto questo la morte,
è questo il cuore
che sospinto m’avrà
sotto protervi cieli,
che tanto odiai.
Ti perderò per sempre,
amato volto del padre!
E tu
da quell’alba lontana,
che sopra un colle di ulivi
alla piana fresca del mare
il fiato ultimo hai colto,
in fondo agli occhi miei avrai fine.
Ascolto
le tue sbiadite tracce,
in questa frana
che fa il mio tempo;
e se incontro una tana
più calda al viver mio,
qui c’è più folto
un ricordo di te.
Sempre che ai vecchi portici io torni,
troverò ai miei passi
il tuo braccio affettuoso.
Anche al quartiere
dove ira ci spezzò,
son vivi i sassi.
E con noi scherzerà le estreme sere
il calabrone intorno agli arti secchi.
È raro che io t’incontri, o madre.
Vaghi
tu in età più remote;
e se a parlarti mi scopro,
è antico vizio.
Alle tue parti
spira un vento leggero e chiaro:
draghi luminosi di carta, le ansie;
e laghi docili d’acque, i giorni.
Ma se rasento il ciglio ove ti apparti;
giovane madre, e sconsolata indaghi
negli ultimi anni tuoi
cosa è che strugge
la fresca vita,
io ti vedo che ancora
pieghi il capo
a nascondere una lacrima.
Vuoi
che allegri io ricordi gli occhi,
e di acri tuoi pensieri non sappia!
Ma una ruggine
ogni costrutto tuo
presto divora.
——————–
E pur se il capo
ci confuse una tenebra,
or che stesi, e con i corpi stretti,
alle tue palpebre accosto
le mie labbra,
il sangue ha un caldo
che arde anche i più tristi arnesi
delle nostre paure;
e a me fa dolce
il tempo che verrà dopo queste ore,
e il ricordar gli amici che eran vivi
or son pochi anni,
e riguardar le cose
che lasceremo in breve.
Così andiamo alla notte
abbracciati,
o moglie mia;
e io sento ancora il tuo bel viso acceso,
che in me dileguerà l’ora ch’io muoio.
Roma, maggio 1960
QUEST’UOMO
conoscete quest’ uomo
a quale perielio
bruci la domanda
e quale fossa del tempo
sempre un attimo sfiori
conoscete quest’ uomo
quale che sia le tenebra
a cui d’un alito fugge
e da che cieli defunti
guardi ancora la fine
bianca
d’una qualsiasi notte
conoscete quest’uomo
come che sia la specie
ancora accesa e la piazza
dove il saluto o il ricordo sta inciso
nella polvere delle pietre
come un incontro all’angolo
o come una storia estinta
dietro fogli d’alluminio
che presto un vento sopra la città
farà volare pesanti
…………………………
in quale mai folgore di tempo
conoscete quest’uomo
perchè sia necessario entrare
in orbite più minute
o cercare tra rughe
d’uno spazio meno feroce
ognuno potrà a prima vista distinguere
mané i bicchieri toccati al vertice dell’allegria
né le ruote dei primi carri
sapranno da soli tirarci dal groviglio
dei giri
che ci confondono
…………………………..
conoscete quest’uomo
è una domanda che mozza
il fiato delle galassie
e qui scatta a ripetersi
come un segmento
di monotone dinastie terrestri
in cui l’insipienza dei gesti
è il solo universo
cocciuto di qualsiasi gendarme abbia ordine
e maschera
d’intersecare una traccia
……………………..
nell’insieme degli uomini
dalle caverne agli astri
sola grandezza
che le galassie lascino
a ciascuno di noi ch’è niente
tra le scorie
di qualche stagione
che si mescoleranno forse alle ore
sempre incerte da vivere
se non odia e non lotta
con l’insieme degli uomini
a dare fossa
ai secoli che ci dànno la caccia
su un grumo di terra sperduto
in fondo agli universi
per questa nostra folgore di tempo
Parigi-Basilea-Roma, gennaio-febbraio 1962-
Welso Giovanni Mucci (Giòanin per gli amici) nacque a Napoli il 29 maggio del 1911 da Ranieri, abruzzese e maestro di musica nel Regio Esercito, e Domenica Boglione di Bra. Rimase affezionato a questa cittadina tutta la vita, passandovi nell’età matura lunghi periodi.
Da ragazzo dovette seguire le peregrinazioni per tutta Italia del padre, fino a stabilirsi a Torino, dove si laureò in filosofia estetica. Durante il periodo dell’Università giocò nelle riserve della Juventus, bohémien nel cosiddetto fascismo di sinistra. Romano Bilenchi ricorda nel suo libro “Amici” l’epico pestaggio a cui fu sottoposto allora con Primo Zeglio da parte di alcuni esagitati del Guf.
Fu proprio a Torino che esordì sul “Selvaggio” di Maccari come critico musicale (si firmava ancora Welso),e conobbe gli artisti che rimasero i suoi amici per tutta la vita (Spazzapan, Menzio, Cremona, Rosso e tanti altri)
Nel 1934 si trasferì a Parigi, dove aprì con il cugino Sandrino Alberti una libreria antiquaria. Qui tennero anche mostre dei loro amici pittori fino allo scoppio della guerra che pose fine a tutto. A Parigi poterono frequentare le avanguardie artistiche e letterarie del tempo.
Pubblicò in quel periodo i suoi scritti e le poesie giovanili in brochures semiclandestine oggi introvabili.
Ma fu a Roma, nel dopoguerra, che iniziò il suo periodo creativo più felice.
Insieme a Leonardo Sinisgalli, Nicola Ciarletta e Aldo Gaetano Ferrara fondò la rivista bimestrale “Il Costume politico e letterario”, dove per cinque anni raccolse le firme migliori dell’Italia letteraria di allora.
Poi ideò con Dora, la sua moglie-donna-compagna, le tredici superbe cartelle del “Concilium Lithographicum”, dove alle litografie di De Chirico, Maccari, De Pisis, Fazzini e altri erano affiancati gli scritti di Ungaretti, Palazzeschi, Cardarelli, Sinisgalli.. Dora gliel’aveva presentata Maccari nel ’39 a Roma, e lo amò sempre, fino all’ultimo.
La moglie di Sinisgalli, Giorgia de Cousandier, rievocherà nel 1965 in un commosso ricordo di Mucci sulle pagine della rivista “La botte e il violino” anche la gestazione del “Concilium” e del “Costume”.
Sempre negli anni cinquanta venne la sua collaborazione con il ”Contemporaneo”, la rivista politico-letteraria di ispirazione marxista diretta da Antonello Trombadori. (Mucci aveva preso la tessera del PCI nel ’45). Diresse anche “La Voce“ di Cuneo, e pubblicò i suoi saggi nel volume “L’azione letteraria 1.”
Ma fu solo nel 1962 che una grande casa editrice, la Feltrinelli, pubblicò per la prima volta le sue poesie in “L’età della Terra”. Ne scrisse la prefazione Natalino Sapegno, e vinse il premio Chianciano ex-aequo con Andrea Zanzotto. Fu anche in Spagna a prendere contatti per il PCI con l’opposizione antifranchista, e da questo viaggio nacque uno storico numero del Contemporaneo. Sempre nel 1962 fu inviato dall’Unità al Giro d’Italia, e ne fu il cronista attento e polemico.
La sua ultima stagione iniziò a Londra, dove si era trasferito per imparare l’inglese alla perfezione. Ufficialmente era per poter leggere l’Ulisse di Joyce in lingua originale, che aveva già scoperto a Torino in francese tanti anni prima. Il suo vero sogno, però, era di andare come inviato dell’Unità a Pechino. Aveva cominciato a coltivarlo nel ’58 a Tashkent, quando aveva partecipato alla Conferenza degli scrittori afro-asiatici e conosciuto Nazim Hikmet, il grande poeta turco che aveva tradotto in italiano. In quell’occasione aveva conosciuto i compagni del Partito comunista cinese, con i quali aveva fraternizzato.
A Londra scrisse le 200 cartelle del suo romanzo, “L’uomo di Torino”. Ci mise sei mesi, dal 7 novembre del 1963 all’aprile seguente. A maggio lo colse il primo infarto. Dora disse che non smise di fumare dopo questo. Il secondo, la notte fra il 5 e il 6 settembre 1964, gli fu fatale.
Le sue opere uscirono postume, lentamente, nell’arco di quasi quindici anni. Feltrinelli pubblicò nel 1967 “L’uomo di Torino” e l’anno dopo la raccolta di tutte le sue poesie “Carte in tavola”. Nel 1973 uscirono le sue “Carte di un italiano dell’11”, e l’antologia dei suoi saggi filosofici e letterari curata da Mario Lunetta fu pubblicata nel 1977 con il titolo “L’azione letteraria”. Poi più nulla fino al 2009, quando uscì una plaquette con una scelta delle sue poesie a cura di Massimo Raffaeli.
Lo conobbe e lo apprezzò praticamente tutta la critica militante italiana del ‘900, dalla quale non ricevette quasi mai stroncature, anche se lui invece non le risparmiò. Clamorose furono quelle di Louis Aragon che lodava il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa e del Dottor Zivago di Pasternak. Nel 2008 gli fu conferito, postumo, il premio letterario Feronia.
Biografia di Velso Mucci (Napoli, 29 maggio 1911 – Londra, 5 settembre 1964)è stato uno scrittore italiano. Durante gli anni del fascismo, per le idee politiche comuniste, è costretto a peregrinare in molte città italiane dove alternò la passione per le lettere alla professione di libraio. pur nelle difficoltà del periodo, continuò a scrivere (“Scartafaccio” viene pubblicato nel ’48 ma è presumibilmente scritto nei primi anni Trenta), fondando e dirigendo nel ’45 la rivista “Il costume politico e letterario”. Negli anni Cinquanta si trasferisce a Bra dove ha modo di proseguire la sua attività letteraria ed impegnarsi politicamente. Nel 1956 viene eletto consigliere comunale, carica che manterrà fino al 1960, ed è chiamato a dirigere il settimanale politico cuneese “La Voce”. Il suo capolavoro letterario è il romanzo “L’uomo di Torino”, che offre uno spaccato della realtà cittadina ai tempi delle prime industrie conciarie negli anni Venti.
Visse in diverse parti d’Italia a seguito degli spostamenti del padre, militare e maestro di musica, fino a stabilirsi definitivamente nel 1924 a Torino, dove frequentò il Liceo classico Cavour, conoscendovi, tra gli altri, Giancarlo Pajetta. All’inizio degli anni ’30 entrò come critico musicale nella redazione de “Il Selvaggio”, dove conobbe, oltre al direttore Mino Maccari, personaggi come l’architetto Carlo Mollino e artisti come Carlo Carrà, Filippo De Pisis, Giorgio Morandi e Luigi Spazzapan, che ospitò poi nella libreria antiquaria aperta sulla Rive Gauche a Parigi, dove si era trasferito nel 1934. Il suo profilo letterario, legato nelle prime esperienze degli anni ’20 soprattutto alla personalità di Vincenzo Cardarelli, di cui più tardi curerà le edizioni delle Lettere non spedite (Roma, Astrolabio, 1946) e dei Prologhi viaggi favole (Milano, Mondadori, 1946), si arricchì a Parigi grazie alla frequentazione di intellettuali come Paul Éluard, Tristan Tzara, Nazim Hikmet, di cui tradusse più tardi le Poesie (Roma, Editori riuniti, 1960). Dopo la guerra si trasferì a Roma, dove fondò e diresse Il costume politico e letterario, bimestrale dove pubblicarono, tra gli altri, Leonardo Sinisgalli, Umberto Saba, Giorgio Bassani, Mario Tobino, Giuseppe Raimondi, Giuseppe Ungaretti. Nel 1947, dopo essersi iscritto al Partito comunista italiano, entrò in contatto con scrittori quali Niccolò Gallo, Mario Socrate, Giuseppe Dessì, e venne chiamato nel 1958 a far parte del comitato direttivo del Contemporaneo.
Opere principali
Esercizi: 1927-1933 (liriche), Torino, Il Portico, 1935
Le carte (prose e versi liberi), Roma, Il Selvaggio, 1936
Scartafaccio 1930-1946 (versi e prose), Roma, Tip. Ist. Grafico Tiberino, 1948
L’ umana compagnia, con un disegno di Giorgio De Chirico e due incisioni di Mino Rosso, Roma, Il Costume editoriale, 1953
L’ azione letteraria, Roma, Il Costume editoriale, 1958
L’ età della terra (versi), Milano, Feltrinelli, 1962 (premio Chianciano ex aequo con Andrea Zanzotto)
L’ uomo di Torino (romanzo), Milano, Feltrinelli, 1967, ripubblicato nel 2012, Milano, Scalpendi ed.
Carte in tavola (versi), prefazione di Natalino Sapegno, Milano, Feltrinelli, 1968
L’azione letteraria (raccolta di saggi filosofici e letterari, a cura di Mario Lunetta), Roma, Ed. riuniti, 1977
Bibliografia
Dizionario generale degli autori italiani contemporanei, vol. II, Firenze, Vallecchi, 1974, ad vocem
Quest’uomo: Velso Mucci: contributi sulla figura e l’opera, Cosenza, Mondo Nuovo, 1974
Alberto Asor Rosa, Dizionario della letteratura italiana del Novecento, Torino, Einaudi, 1992, ad vocem
Conoscete quest’uomo (Atti del convegno in occasione del centenario della nascita, a cura di Alberto Alberti) Milano, Scalpendi ed., 2012
Mercato delle pulci – Scritti inediti e rari 1930-1963, a cura di Alberto Alberti, prefazione di Massimo Raffaeli, Scalpendi ed., Milano maggio 2015
C’è ancora molto sulla terra – Antologia poetica di Velso Mucci, a cura di Alberto Alberti e Nicola Vacca, Collana “Agorà”, L’Argolibro ed. giugno 2021
Cacciate l’angelo al mio fianco
la sua ombra oscura la mia vita
Dietro il cielo
c’è un altro cielo
Je m’envole
avec les migrateurs
Je m’intègre dans leur triangle
Chassez l’ange à mes côtés
son ombre obscurcit ma vie
Derrière le ciel
il y a un autre ciel
*
Chi sono io?
non sono me
discendo da milioni di antenati
che vegetano nel mio sangue
Essi m’istruiscono
mi allenano a morire
respiro il loro respiro
Straniera per i miei genitori
il mio sangue si è caricato
di fantasmi
che guidano il mio destino
sperando
e disperando in me
Qui suis-je ?
je ne suis pas moi
je descends de millions d’ancêtres
qui végètent dans mon sang
Ils m’instruisent
ils m’entraînent à mourir
je respire leur souffle
Etrangère à mes parents
mon sang s’est chargé
de fantômes
dirigeant mon destin
espérant
et désespérant en moi
*
A volte le lettere cantano
nelle mie poesie
a volte accusano
o consolano
Immagini s’infrangono
si riformano
sogni che ci sognano
trasformando i nostri occhi
in laghi segreti
Parfois les lettres chantent
dans mes poèmes
parfois elles accusent
ou elles consolent
Des images se brisent
se refont
rêves qui nous rêvent
transformant nos yeux
en lacs secrets
*
Tra inizio e fine
la luce si è spenta
Un nome brucia da qualche parte
facendo vorticare il vento
che porterà via le mie ceneri
Entre commencement et fin
la lumière s’est éteinte
Un nom brûle quelque part
faisant tourbillonner le vent
qui emportera mes cendres
*
Il giorno inventa un altro giorno
spazio disseminato d’immagini
che si fanno e si disfano
Brandelli di sogni
strisciano sui nostri volti.
Avvenimenti hanno luogo
prima della loro comparsa
la realtà cambia giorno per giorno
Dove trovare il vero volto
del tempo?
Le jour invente un autre jour
espace parsemé d’images
qui se font et se défont
Des lambeaux de rêves
traînent sur nos visages.
Des événements ont lieu
avant leur apparition
la réalité change jour par jour
Où trouver le vrai visage
du temps ?
Biografia di Anise Koltz è nata il 12 giugno 1928 nel quartiere Eich di Lussemburgo.Di nazionalità lussemburghese, unisce nelle sue vene ascendenze ceche, tedesche e belghe. La sua bisnonna materna, inglese, era lei stessa musicista e poetessa. A causa dell’occupazione nazista, Anise Koltz, all’epoca giovane laureata, fu spinta a orientarsi verso la cultura tedesca. Così le sue prime opere saranno scritte in questa lingua: Spuren nach innen e Steine und Vögel, le sue prime due raccolte, pubblicate nel 1960 a Lussemburgo e nel 1964 a Monaco. Dal 1966, tuttavia, i suoi testi fanno il loro ingresso nella prestigiosa collezione bilingue di poeti stranieri «Autour du monde» animata da Pierre Seghers: la raccolta, tradotta da Andrée Sodenkamp, ha per titolo Le cirque du soleil. Progressivamente, Anise Koltz passa al francese fino ad abbandonare del tutto, negli anni ‘80, la sua prima lingua letteraria. Con il succedersi delle raccolte – Den Tag vergraben, Nachahmung des Tages, poi Vienne quelqu’un, Fragments de Babylone, Le Jour inventé –, la sua voce poetica afferma la sua originalità. Nel 1963, Anise Koltz e suo marito, René Koltz, direttore della sanità pubblica del Granducato – che morirà prematuramente a causa delle torture inflitte dai nazisti –, hanno creato le Biennali di Mondorf: «L’esempio di questi Incontri, dice, mi è stato dato dalla mia famiglia, i Mayrisch di Saint-Hubert. Il loro scopo, come il nostro: essere un laboratorio, per quanto modesto, della costruzione di una società multiculturale.» Le Biennali, che dureranno fino al 1974, prenderanno un nuovo slancio dal 1995 al 1999 con le Giornate letterarie di Mondof. Esse si prolungano ancora oggi attraverso le manifestazioni organizzate dall’Académie Européenne de Poésie, presieduta da Anise Koltz, peraltro membro dell’Académie Mallarmé e dell’Institut Grand-Ducal des Arts et des Lettres.
ogni sete è una conca di luce
nel dolore ancestrale
nel grande casellario dei pronomi
dimmi se la mia morte va veloce dall’uno
all’altro secolo se con gli anni dovrò dimenticare
l’orchidea, aggiornare il delirio
dimmi se questa fame che ho dell’alba
si aggirerà tra i campi
tremante come un’ossessione, un orizzonte
*
non sarà facile dire io
se tutto questo gira male, valanga
o eternità e malinconia
so che abbiamo toccato
troppi orizzonti
l’infinito nelle nostre bocche
tradotto con pazienza
*
non ho ancora parlato di scomparsa
qualche detrito a monte di tutti i pronomi
la vita prende delle decisioni
e sotto la pelle ci prepara
ruote della fortuna e rompicapi
futuro e funerali
adesso ecco i ghiacciai
qualche materiale
di alba e sofferenza
*
essere là tutta una vita nella specie flessibile
con questo riflesso che persiste a volere
rappresentare tutto dell’ebbrezza e dei gesti
i morsi, le camere con le loro nicchie
di ombra soffice, le fronti preoccupate
nostra fragilità
e certo siamo senza risposta
ad ogni bacio!
*
idee di caduta e labirinto
come se al fondo delle nostre braccia
tutto quello che esiste fosse
fatto nell’attesa di spostare l’alba
scoprire il velo sopra il regno animale
allora io resto sveglia
tra temperini e cenere
*
non ci sarà ritratto
di mia madre né un’acquaforte o un gesto
né frase memorabile
o resisterà una scena ancora in piedi
nella città e nel vento
un fruscio di sciami che l’alba
avrà rapito veloce e intenso
*
e se l’angoscia se ciò che anima
le tue notti di letture e sogni
if dust on you fingers vibrates
avvolgiti nell’ombra
in un posto con del blu e del vuoto
ci sarà certo dell’acqua nei tuoi occhi
modernità e paura nei tuoi vestiti
*
stringiti al silenzio
all’alba il verbo essere pulsa più veloce
dentro le vene, fila una cometa
come dopo l’amore o un granello di sale
sulla lingua di mattina, gusto d’immensità
che ci riporta
dentro la primigenia umidità
abbracciami
l’acqua può fare di noi
Vertigine della ribalta
il futuro sarebbe poesia sarebbe
occhi di silenzio e di aeroporti
occhi curiosi di velocità e di immenso
luglio ci renderebbe fertili
con leggi dimenticate che sfiorano le nostre guance
e insieme una folla di esistenze
tante vite utili alla vita
ben presto il mondo sarà riempito dalle nostre braccia
mutando senza sosta
noi avremo un falso aspetto
e la preoccupazione di fermare
nel cuore e nelle orecchie
le sillabe colmate di vissuto
non tocchiamo il silenzio
è la nostra riserva di speranza
funzione che rigenera il futuro
una fervida attesa che pazienta
sotto le nostre palpebre
Quaderni di rose e civiltà
1.
poema per capire come
ci si possa piegare
ad un’idea
sfiorando coi capelli il fondo del silenzio
2.
qualunque sia il mese qualunque la ferita
o il tenero colore del meriggio
tu anneghi nella
lingua la lingua e il suo salato mormorio
3.
non ti scordare di voltare pagina
ad ogni gesto libero
perché l’ombra non cada
sulla facciata della solitudine
4.
ancora certi giorni ancora io
aggiungo qualche cosa alla sostanza
dei volti conosciuti. Collare di memoria
e di animale salvato dall’abisso,
visto di spalle, collare: il verbo essere.
Biografia di Nicole Brossardè nata a Montréal. Poeta, romanziera e saggista, due volte vinitrice del premio del Governatore generale per la sua poesia, Nicole Brossard ha pubblicato più di trenta libri dal 1965. Molti di questi libri sono stati tradotti in inglese: Mauve Desert, The Aerial Letter, Picture Theory, Lovhers, Baroque at Dawn, The Blue Books, Installations, Museum of Bone and Water e più recentemente Intimate Journal e Yesterday, at the Hotel Clarendon. È cofondatrice e codirettrice della rivista letteraria La Barre du Jour (1965-1975), ha codiretto il film Some American Feminists (1976) e coeditato la famosa Anthologie de la poésie des femmes au Québec, pubblicata la prima volta nel 1991 e poi nel 2003. ha vinto anche il Grand Prix de Poésie du Festival international de Trois-Rivières in 1989 e in 1999. In 1991, le è stato attribuito il Prix Athanase-David (il più ambito riconoscimento letterario in Québec). È membro dell’Accademia delle lettere del Québec. Ha vinto il premio W.O. Mitchell nel 2003. Il suo lavoro è stato largamente tradotto in inglese e spagnolo ed è anche disponibile in tedesco, italiano, giapponese, sloveno, rumeno, catalano e altre lingue. Le edizioni Guernica hanno recentemente pubblicato un libro di saggi (edito da Louise Forsyth) sul suo lavoro. Vive e scrive a Montréal.
No, non mi tossisca mentre apro
con istinto da stupido la bocca,
non mi trasmetta i suoi germi, il suo
inesausto desiderio di lotta
all’incrocio che assieme attraversiamo,
pedoni al semaforo-mostro di Shibuya,
passaggio che non sai dove ti porta
perché tutt’altra cosa
dall’incontro razionale di due strade
Cuore mondiale, invece, di sciarade
qui dove tutto e tutti convergiamo
in un unico punto,
molecole invisibili nel flusso
di cui ci si è trovati a fare parte
percorrendo in diagonali smisurate
quel che non è più l’itinerario
del piano di cammino originale
o del ristorante a buon mercato
studiato sulle carte
quando niente più è chiaro
a partire dal tuo
stesso statuto identitario,
la posizione d’allineamento al raggio
dei soli o delle lune come vuote
ipotesi di viaggio
Andare all’attacco d’interi eserciti
se non in casi estremi
per l’uomo solo non ha
speranze di riuscita,
così che io viandante mi ritrovo
a interrompere per sempre la mia rotta
e il pensiero vuole buchi nella pioggia
una scelta o una porta
come uniche e remote
vie d’uscita
*
L’uomo
Sembra il medico di un tempo trapassato
l’uomo alto nel cappotto démodé
e un paio di scarpe con la para, l’aria
di chi è passato per caso,
in direzione contraria
Forestiero o angelo
d’un po’ di duraturo
brutto tempo?
O invece un tuo segreto
comparire d’incanto
sotto mentite spoglie
di sesso, di abito, di sguardo?
Non voglio sia questione
di puro smarrimento
né lo choc il dolore inatteso
del ra-ta-ta improvviso di persiane
calate da mia madre come un amen
*
Al funerale di un amico
In memoria di Marco Santagata
Con gli addii
è il solito disastro
Dopo mio padre che un prete ubriaco
ha accompagnato dall’altra parte
chiamandolo per tutto il funerale
Gisberto invece di Gilberto
tanto che ancora lo penso
vagante in un pioppeto
col suo nuovo nome medievale
dentro lo snebbiare di questo
inverno non più inverno
Dopo questo mancato congedo
più o meno lo stesso
è successo con te l’altro sabato
quando con voce tonante
un suddiacono ha chiamato
sotto l’altare, per due
concise parole di saluto
un tale Livio o Emilio
Bertone professore,
autorizzato a traghettar di là
ma solo sotto falso nome
il suo amico Marco,
esperto mondiale di Dante,
Petrarca e tutto,
tutto il nostro meglio
Così però quel suddiacono ha scambiato
il tuo posto vicino al Purgatorio
con quello di chissà chi altro
lì, nell’ingorgo di coloro
che per speculum in aenigmate
e cioè arrivati al dunque,
aspettano solo
d’imboccare all’incrocio
una strada qualunque
*
Ma Dio è poeta?
a G. P.
Sarà mica un angelo di Dio
questa nuvola orlata di rosa
appena guardo il cielo, un gesto
impalpabile di frulli messaggeri,
ancor meglio se di passeri
metafisici segni
Di Gesù o di Marinetti
aeropoemi?
Ma no,
ad ascoltarne gli adepti,
Dio esistendo canterebbe
cuori più semplici e più veri
in un’epifania di estasi
e di varchi celesti
fra la gola e lo stomaco
lì dove si rompono i respiri
mentre una penna buona da prodigi
traduce in tre parole
e molte armonie divinatorie
questo Ente Supremo travestito
da poeta romantico
già estinto
*
Quanta neve
Progressivamente, verso il modenese
si liquefà e scompare
la neve
Pochissimo, a noi, quasi niente
resta da fare
se non pensare
alle donne come sono belle
ancora senza trucco, appena sveglie
le labbra di ciliegia, le gambe snelle
e alla voglia d’incontrarle
lontano dalle case
quando a ogni costo
vorremmo farci largo
fra i cespugli e le isole di fango
del piccolo parco domenicale
in quelle mezze ore senza sole
un attimo dopo che è sembrato
cadere il finimondo
sui vetri delle auto
le dita assiderate nell’inverno
di musiche bianco
Biografia di Alberto Bertoni è nato a Modena nel 1955 e insegna Letteratura italiana contemporanea e Poesia del Novecento nell’Università di Bologna. In poesia, dopo una serie di opuscoli, libretti, plaquettes inaugurata nel 1981, ha esordito con il volume Lettere stagionali (Book Editore, 1996, con una nota di Giovanni Giudici), a inaugurare una sequenza di otto libri, composta nei suoi ultimi esiti da Traversate (SEF 2014, prefazione di Paolo Valesio), dalla silloge Poesie 1980-2014, Nino Aragno Editore 2018, dal libro in dialetto modenese Zàndri, Book Editore 2018, dalle traduzioni di Irlandesi, Corsiero Editore 2020, dall’Isola dei topi, Einaudi 2021 Premio Carducci 2021 e Premio Pontedilegno 2022 e dall’”Autobestiario” Culo di tua mamma, Collana Giallo oro di Pordenonelegge, Samuele Editore 2022. Per riscontro critico e diffusione, spiccano tra loro le tre edizioni di Ricordi di Alzheimer (2008, 2012, 2016), pubblicate da Book Editore e accompagnate da una poesia in versi pavanesi di Francesco Guccini oltre che da una nota critica di Milo De Angelis.
-La rivista «Atelier»-
http://www.atelierpoesia.it
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale (marzo, giugno, settembre, dicembre) e si occupa di letteratura contemporanea. Ha due redazioni: una che lavora per la rivista cartacea trimestrale e una che cura il sito Online e i suoi contenuti. Il nome (in origine “laboratorio dove si lavora il legno”) allude a un luogo di confronto e impegno operativo, aperto alla realtà. Si è distinta in questi anni, conquistandosi un posto preminente fra i periodici militanti, per il rigore critico e l’accurato scandaglio delle voci contemporanee. In particolare, si è resa levatrice di una generazione di poeti (si veda, per esempio, la pubblicazione dell’antologia L’Opera comune, la prima antologia dedicata ai poeti nati negli anni Settanta, cui hanno fatto seguito molte pubblicazioni analoghe). Si ricordano anche diversi numeri monografici: un Omaggio alla poesia contemporanea con i poeti italiani delle ultime generazioni (n. 10), gli atti di un convegno che ha radunato “la generazione dei nati negli anni Settanta” (La responsabilità della poesia, n. 24), un omaggio alla poesia europea con testi di poeti giovani e interventi di autori già affermati (Giovane poesia europea, n. 30), un’antologia di racconti di scrittori italiani emergenti (Racconti italiani, n. 38), un numero dedicato al tema “Poesia e conoscenza” (Che ne sanno i poeti?, n. 50).
Direttore responsabile: Giuliano Ladolfi Coordinatore delle redazioni: Luca Ariano
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Breve biografia di Davide Corteseè nato nell’isola di Lipari nel 1974 e vive a Roma. Si è laureato in Lettere moderne all’Università degli Studi di Messina con una tesi sulle “Figure meravigliose nelle credenze popolari eoliane”. Nel 1998 ha pubblicato la sua prima silloge poetica, titolata “ES” (Edizioni EDAS), alla quale sono seguite le sillogi: “Babylon Guest House” (Libroitaliano) “Storie del bimbo ciliegia” (Autoproduzione), “ANUDA” (Aletti. In seguito ripubblicato in versione e-book da Edizioni LaRecherche.it), “OSSARIO”(Arduino Sacco Editore), “MADREPERLA”(LietoColle), “Lettere da Eldorado”(Progetto Cultura) , “DARKANA” (LietoColle) , “VIENTU” (Poesie in dialetto eoliano – Edizioni Progetto Cultura) e “Zebù bambino” ( Terre d’ulivi edizioni). I suoi versi sono inclusi in numerose antologie e riviste cartacee e on-line, tra cui “Poeti e Poesia”, “Nazione Indiana”, “Poetarum Silva”, “Atelier”, “Inverso” e “Alma Poesia”. Nel 2004 le poesie di Davide Cortese sono state protagoniste del “Poetry Arcade” di Post Alley, a Seattle. Il poeta eoliano, che nel 2015 ha ricevuto in Campidoglio il Premio Internazionale “Don Luigi Di Liegro” per la Poesia, è anche autore di due raccolte di racconti: “Ikebana degli attimi” (Firenze Libri), “NUOVA OZ” (Escamontage), del romanzo “Tattoo Motel” (Lepisma), della monografia “I MORTICIEDDI – Morti e bambini in un’antica tradizione eoliana” ( Progetto Cultura), della fiaba “Piccolo re di un’isola di pietra pomice” (Progetto Cultura) e di un cortometraggio, “Mahara”, che è stato premiato dal Maestro Ettore Scola alla prima edizione di EOLIE IN VIDEO nel 2004 e all’EscaMontage Film Festival nel 2013. Ha inoltre curato l’antologia-evento “YOUNG POETS * Antologia vivente di giovani poeti”, “GIOIA – Antologia di poeti bambini” (Con fotografie di Dino Ignani. Edizioni Progetto Cultura) e “VOCE DEL VERBO VIVERE – Autobiografie di tredicenni” ( Escamontage ).
Biblioteca DEA SABINA -La rivista «Atelier»
http://www.atelierpoesia.it
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale (marzo, giugno, settembre, dicembre) e si occupa di letteratura contemporanea. Ha due redazioni: una che lavora per la rivista cartacea trimestrale e una che cura il sito Online e i suoi contenuti. Il nome (in origine “laboratorio dove si lavora il legno”) allude a un luogo di confronto e impegno operativo, aperto alla realtà. Si è distinta in questi anni, conquistandosi un posto preminente fra i periodici militanti, per il rigore critico e l’accurato scandaglio delle voci contemporanee. In particolare, si è resa levatrice di una generazione di poeti (si veda, per esempio, la pubblicazione dell’antologia L’Opera comune, la prima antologia dedicata ai poeti nati negli anni Settanta, cui hanno fatto seguito molte pubblicazioni analoghe). Si ricordano anche diversi numeri monografici: un Omaggio alla poesia contemporanea con i poeti italiani delle ultime generazioni (n. 10), gli atti di un convegno che ha radunato “la generazione dei nati negli anni Settanta” (La responsabilità della poesia, n. 24), un omaggio alla poesia europea con testi di poeti giovani e interventi di autori già affermati (Giovane poesia europea, n. 30), un’antologia di racconti di scrittori italiani emergenti (Racconti italiani, n. 38), un numero dedicato al tema “Poesia e conoscenza” (Che ne sanno i poeti?, n. 50).
Direttore responsabile: Giuliano Ladolfi Coordinatore delle redazioni: Luca Ariano
Redazione Online Direttori: Eleonora Rimolo, Giovanni Ibello Caporedattore: Carlo Ragliani Redazione: Mario Famularo, Michele Bordoni, Gerardo Masuccio, Paola Mancinelli, Matteo Pupillo, Antonio Fiori, Giulio Maffii, Giovanna Rosadini, Carlo Ragliani, Daniele Costantini, Francesca Coppola.
Redazione Cartaceo Direttore: Giovanna Rosadini Redazione: Mario Famularo, Giulio Greco, Alessio Zanichelli, Mattia Tarantino, Giuseppe Carracchia, Carlo Ragliani.
Contattaci
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Monia Moroni –Poesie dalla raccolta inedita “Dell’amore e della carne”-
-Rivista Atelier-
Rigenesi
Il pulsante del mare
era il tempo nuovo,
che raccolse un gabbiano
fra il dispari delle betulle.
Erano i vini curvi
lo sventolio della bandiera,
pupilla sui canori frutti
senza incontrarci.
Era la notte
che lasciava pensarti,
alzava le braccia
e allungava il mio corpo.
*
Prima neve
Mai finimmo di tacere
prima neve, ch’abbreviò
chiarie, il viaggio e il ritorno
e mi battevi, dai vetri
penso il tuo nome, su molto.
*
La rosa betulla
Sugl’aspri scuri
s’incontrano comete,
quando incrocio il corpo
e si muove
come lo toccassi,
come le bestie
fra i rigoli del bosco
sul dolce colpo trasfigurato.
E aumenta la precisione
la rosa betulla
che dalla pietra sgorga
e supera la primavera
l’odore del seno, che imbocca
come avessi dimenticato
che non ti avesse mai nutrito.
*
Il tocco della falena
Adagio ti spoglio
dal ferro di cento bottoni,
la falena
l’inverno di spore lontane.
E muta, sulla proda
la tua mano
non termina mai,
concede un tendersi ad arco.
*
Etrusca
Lo sento dalle mitragliate
il lampadario sul tetto,
si raduna il tuo corpo.
D’un velo soffrega
d’un palpito sul cuore tambura,
e come una fanciulla etrusca
non riesco a fermare le mani.
Breve biografia di Monia Moroni, (1973) pubblica Operette in Marca – Versi d’una guardiana dell’armadio di scarpe (Theta Edizioni, 2020), Svola balena! – Poesie allo stato gassoso (Cicorivolta Edizioni, 2021), Cuori a Kabul – Poesie per l’Afghanistan (Graphe Edizioni, 2021). Ottiene la Menzione d’onore al Concorso Internazionale di Letteratura della Città di Castrovillari, edizione 2022.
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Tanka Non c’è il cielo, sulla testa un peso che non somiglia né alle nuvole, né alla luna o le stelle ! Agosto 2022
L’assenza di un poeta-a Patrizia Cavalli Dicono che è morta Patrizia dicono che sia uscita per comprare le sigarette e non sia più tornata. Randagia si è persa a cercare la memoria dove non ce n’è più. Forse addosso a un cartellone o al tavolino di un bar, in compagnia della notte sulla fronte e tra i capelli. Io continuo ad incontrarla proprio dietro la curva dietro le tende tirate in un bicchiere mezzo pieno, in un foglio sgualcito che ha portato via il vento. L’assenza di un poeta ldt 2022
Poesia in Lavanderia A un certo punto va lavato il fango perchè poi, si secca e pesa di più. E’ l’agorà profumata di solitudine aspettando che il prelavaggio faccia il suo corso. Intanto il corpo degli uomini abbandonati e iptonizzati dal giro del cestello, fanno a gara col silenzio delle auto in sosta. in sosta anche il cuore che si consola con l’ammorbidente. E le vecchie macchie di famiglia sono toste ad andarsene, latte materno non ce n’è più sulle maglie del mio bambino, anche le impronte di mani di olio e di vino hanno bisogno di un lungo lavaggio a togliere l’alone di una vita passata sulla vecchia tovaglia piena di briciole, che non sfamano gli uccelli sul davanzale della mia cucina. ldt 12 novembre 2019
Haiku Tranquillo caro ci sta la luna qui su, che mi raccoglie.
Tanka di papo Ha trovato lei scavando nel giardino per fare posto alle spine di rose… ora che sono grande ! Pasqua 2022
Quanto è bella sta piazza… La notte Ancora di più ! Quando non c’è mercato I negozi aperti Chiusi gli uffici E solo le luci Della strada e del cielo La fanno da padroni.
Facciamo finta che… Sembra strano ma dalla finestra si vede che c’è poca primavera che dal sole piove polvere che dal cielo cade un missile. Sembra strano che ancora la strada sia bloccata ai cani e ai bambini. E che il dubbio e la stanchezza mi porti fuori dal coro con la manifesta leggerezza. Quante piante di rosmarino servono a coprire la reppa del mio giardino ? Se mi aspetti per le tre ci prendiamo un caffè io e te. Sembra strano sottostare a un ricatto con gli occhi lucidi e sulla mascherina un sorriso sfatto. Se guardi più giù sotto la camicia buona, al posto dei merletti c’è il cuore che rintrona. Ma noi facciamo finta che tutto andrà bene di guerre e ingiuste offese le stanze sono piene. Ricorda, aspettami alle tre la gioia che qui resta è un caffè insieme a te. LDT marzo 2022
Tanka Il dolore c’è scorre in ogni dove e ferisce lì dov’è la sofferenza nascosta e bugiarda.
Oddio, Forse mi fa male il cuore O forse è il fegato Che non trova un perché Forse è questo silenzio Forse è già stato Forse se ne è andato Forse È questa pioggia Che inumidisce tutto Anche le buone intenzioni Dell’arnica e dei tamponi Che non tamponano il cuore E tutto il suo livore Forse un bicchiere di vino Oddio, il mio cuore… Fa il bambino ! 2021
26 giugno 2018 · E poi all’improvviso si fa troppo chiaro il Soratte sotto la foschia che sembra nuvole e scroscii di tempo residuo da nord che sono poco residui ma acque e pozze equatoriali su queste rose che porgono stanche le guance al vento. Fosco il cielo e bussa alla finestra l’acqua che a vento s’accompagna sbatacchiando il gelsomino incredulo col suo profumo. Fanno a gara il ciliegio e il fico a chi si piega di più senza spezzarsi senza staccarsi da questa terra. Eppure bella da questa finestra la Sabina se mi fermo a guardarla con tutta questa pioggia. LDT giugno 2018
Filastrocca di quest’anno 2020 Rimetto a posto il tappetino sempre bagnato di questo Natale un po’ sgarrupato La tazza del mattino è buona per la sera e il caffè riscaldato è la stessa cosa seria. Credevamo di essere i più fichi Credevamo di essere i più forti ma alle luci di una mattina ci siamo ritrovati tutti storti. Nella bolla di un presente fasullo a sognare un futuro più bello senza vedere quel tanto che resta da dividere insieme per farne una festa. Il consiglio è di aprire la porta anche e solo a un bicchiere di vino o a un amico vicino. Non mi trucco e non mi faccio più bella se scende la neve benvenuta pure a quella ! Ldt2021 Lo stretto necessario Non ho più calze di seta da indossare, le chiavi di casa le ho perse tanti anni fa e solo due stent lasciano scorrere il sangue. Non trovo più neanche i cassetti con le foto, nascosti troppo bene come polvere sotto al tappeto. Porterò via lo stretto necessario, la foca di pezza di Tomas da abbracciare di notte, e le scarpe, le più comode per camminare da sola. Il mio giardino saranno i sassi, tra due tazze e un coltello e una succulenta che fa sorprese quando meno te lo aspetti senza chiedere troppo… Girata la traversa, un gelsomino di Sicilia profumerà l’aria sui passi miei. Mio padre è la mia casa con la sua barca in mezzo al mare ed è mia madre la mia casa e il suo caffè che sa di eternità. La gratitudine è lì, non ho più case da signora, ma finestre con tanti spifferi che non chiudono mai. Entra l’aria e il mondo nelle vene che portano al cuore, le chiavi le dimentico sul divano ma ormai, non servono più. scritta il 3 novembre alle ore 18:40 ·ldt 2019
Ne avevo bisogno io Sono partita presto, Ho preso l’autostrada Dopo lo scalo dei paesi Dopo le colline e il Tevere, Dopo tanto che non lo vedevo Dopo tanto, il mare. E insieme le mani Grasse e grosse di mio padre. Non me ne voglia il mare Ma le mani di mio padre Sono state l’attrazione A tagliare le canne Infestanti nel giardino Dell’accanimento Sulle corde e sui fili, Sulle lame e le pinze Tira tu che tiro anch’io Quelle mani ferite, ma forti Sono state l’attrazione. Ne avevo bisogno, io Di sentirmelo dire da lei, Da mia madre l’illuminata ! Dovevo sentire dalla sua voce La rassicurazione Che andrà tutto bene… Ci sarà un moletto Con le barche da proteggere Ci sarà un approdo Che consenta di giungere a riva Ci sarà Mentre frigge le alici, Quelle buone Quelle belle Ci saranno i giorni felici, Ancora. Ne avevo un gran bisogno io Di una giornata al mare Mare nostro Che sei nei nostri sogni, Sempre. ldt giugno 2021
E poi, arriva il periodo più caldo dell’anno, le lancette son costrette a indietreggiare, se solo vuoi un caffè se ti sei addormentato tardi, se devi lavorare. E’ un incubo che occupa tutto il giorno, non c’è doccia che te lo levi di torno. L’isteria dei sandali aperti, l’ansia dei piedi che vogliono essere protetti, gli aperitivi fino a tardi la sera, tutto appiccica intorno ai 40 come colla sulle mani, non resta che una preghiera, Novembre ! ldt giugno 2021
Questa strana estate Siamo Momentaneamente assenti. Di padri non ce ne sono Di figli non si ha notizie, Anche le ” note a margine” Sono Molto a margine ! Attento A dove metti i piedi, Senza le lunette Di Anna e Stefano. Fortuna che Le orchidee fioriscono Ancora, Su al Colle.
Haiku Come pecore Sazi e distanziati, È già Natale !
Il mare oggi ti dà il tramonto più bello del mondo quattro sassi da raccogliere in fondo, quella duna che si vede all’orizzonte la possibilità che torni ad essere un ponte, la luce speciale se ti alzi presto, la nostalgia di giorni trascorsi la voglia di dire….ci resto ! Oggi, che è appena passato, la scia della nave, raccoglie l’ultimo corpo affogato. Il mare, che quando è lontano riesce a farmi male… ma oggi, la mia vita-bambino ha costruito un altra storia, un castello con gli alberi la speranza qui vicino. Ldt
All’angoletto Al buio, senza la luna sul tetto e fuori dal palco, addosso solo un saio È sotto che nasce la mia poesia Sotto,ci sono le parole mischiate a ferite Che cercano nei cassetti Le matite. Anche quelle Che disegnano carezze Sulle mani nude Bisognose di pezze. Ma è proprio lì Al freddo sul pavimento Che la mia poesia esce Dal buio di dentro. Ldt 2020
Dare da mangiare ai gatti Dare da mangiare ai gatti prima di preparare il lavoro prima di accendere il computer, prima. Lavare tutti i resti staccarli via e disinfettare bene, recuperare un po’ di forze con la pratica di dire grazie, prima che inizi un’altra settimana. Uscire solo per un po’ di frutta, quella vera, recuperare le mascherine le chiavi il telefonino il tappetino e uno sguardo dove si può ricominciare ora, do da mangiare ai gatti. Ldt 2021
Fai la splendida tu da lassù con quella faccia da placida dominga a illuminare tutta questa roba qui sotto! Fai la splendida tu e all’occorrenza, altezzosa ti nascondi dal grigiore terrestre così vecchio e noioso. Intanto, in questa estate afosa di spelacchiati lupi solitari, noi volgiamo lo sguardo a te quasi a cercare una carezza, come acqua di madre che ci consoli. Ci perdiamo i giochi e i sandali nel cercare la salvezza, ci perdiamo la promenade e il salvagente lasciato sgonfio sull’asfalto. Occhi umidi di pianto e tira vento sul Colle, ma lo sguardo oltre le fronde degli ulivi, ti cerca tra le nubi e sempre… fai la splendida tu, con quella faccia da placida dominga dei miei stivali ! Illumini e regali veli alla tristezza così buia, solitaria y final dove lupi spelacchiati e solitari comprano cartucce. Raccogli la nostra rabbia tu, che sei splendida falla alzare in una marea di Pace, inonda saggezza con il tuo fluido di luce a questi uomini qui sotto che non hanno ancora capito un cazzo ! luglio 2018 ldt
Tanka Amarsi un po’ è che ci vuole tempo, equilibrio… tagliare a julienne la foglia e il frutto !
Freddi i caffè ancora da preparare freddo il burro, deve ancora scongelare, di cornetti caldi è sparita ogni traccia è un tavolino nero questa splendida piazza. Ci si mette pure il sole che non vuole uscire sulle scale di San Rocco che rimane a dormire Intanto è nell’aria un disperato desiderio di vaniglia, di una faccia conosciuta come uno di famiglia. Siamo soli come due divanetti neri ma ANDRÀ TUTTO BENE è forte nei miei pensieri. LDT 2020
Sabina in corona virus Prendo esempio dalla formica che timida esce a prendere solo una pagliuzza dalla terra tutto intorno, deserta. Arriva anche un merlo a prendere ciò che resta sul prato. Prendo esempio dal silenzio che si fa preghiera nel distinguere una foglia di cicoria da quella di carciofo ! Chiusi per ora tutti i varchi del cuore e sto. Andrà tutto bene. Anche Vacuna prepara un torrente d’amore che fiducioso si versa nella Valle del Tevere qui sotto. LDT 2020
Haiku Passa la merla sul profilo del rosso lascia la neve. Gennaio
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