Articolo di Guido Michelone-I futuristi secondo Gramsci-Fin da subito si delineano all’interno del movimento futurista due atteggiamenti ideologici: uno nazionalista e l’altro anarcoide, con colorature socialisticheggianti. Questa sorta di divisione interna fra destra e sinistra futuriste non si notano a livello creativo: in entrambi i casi il futurismo all’inizio è un movimento compatto avente quale obiettivo primario la distruzione del cosiddetto passatismo, che ad esempio in pittura concerne l’accademia, il gusto classico, la morale borghese, l’arte consolatoria. È solo dopo la Marcia su Roma con la dittatura di Benito Mussolini che il futurismo aderisce ufficialmente al fascismo, identificandosi in toto con esso, in una situazione doppiamente paradossale perché da un lato il futurismo è l’unica avanguardia ad aderire a un regime di destra, così come il fascismo è il solo dei totalitarismi (rispetto a nazismo, franchismi, stalinismo) a proteggere, favorire, esaltare, soprattutto nelle arti figurative, un movimento sperimentale.
Dimenticata in fretta nell’Italia del secondo dopoguerra – almeno fino agli anni Sessanta con la riscoperta dello storico dell’arte Maurizio Calvesi – l’estetica del futurismo gode di prestigio e ammirazione negli altri paesi europei e soprattutto negli Stati Uniti, in cui gli studiosi progressisti trovano, specie nei proclami teorici, molte anticipazioni delle cosiddette neoavanguardie. Ma a intuire la novità futurista esiste già nel 1921 tale Antonio Gramsci il quale, in una nota non firmata, sul giornale «L’Ordine Nuovo» (da lui stesso fondato) il 5 gennaio 1921 scrive: “I futuristi, nel loro campo, nel campo della cultura, sono rivoluzionari; in questo campo, come opera creativa, è probabile che la classe operaia non riuscirà per molto tempo a fare di più di quanto hanno fatto i futuristi: quando sostenevano i futuristi, i gruppi operai dimostravano di non spaventarsi della distruzione, sicuri di potere, essi operai, fare poesia, pittura, dramma, come i futuristi, questi operai sostenevano la storicità, la possibilità di una cultura proletaria, creata dagli operai stessi”.
Si tratta di un ragionamento che parte da una constatazione ben precisa, risalente a quanto dimostrato dal futurismo medesimo nei quattordici anni di assidua militanza artistica: “I futuristi – continua Gramsci – hanno svolto questo compito nel campo della cultura borghese: hanno distrutto, distrutto, distrutto, senza preoccuparsi se le nuove creazioni, prodotte dalla loro attività, fossero nel complesso un’opera superiore a quella distrutta: hanno avuto fiducia in se stessi, nella foga delle energie giovani, hanno avuto la concezione netta e chiara che l’epoca nostra, l’epoca della grande industria, della grande città operaia, della vita intensa e tumultuosa, doveva avere nuove forme, di arte, di filosofia, di costume, di linguaggio: hanno avuto questa concezione nettamente rivoluzionaria, assolutamente marxista, quando i socialisti non si occupavano neppure lontanamente di simile questione, quando i socialisti certamente non avevano una concezione altrettanto precisa nel campo della politica e dell’economia, quando i socialisti si sarebbero spaventati (e si vede dallo spavento attuale di molti di essi) al pensiero che bisognava spezzare la macchina del potere borghese nello Stato e nella fabbrica”.
Si tratta di un passo che viene riscoperto solo negli anni Settanta del XX secolo quando si iniziano i primi studi sul Gramsci recensore di spettacoli teatrali, un’esperienza da cui trarrà giovamento anni dopo, quando, rinchiuso nelle patrie galere da Mussolini per tappargli la bocca e impedirgli l’attività giornalistica, riuscirà miracolosamente a redigere alcuni scritti pubblicati solo nel 1948, che saranno alla base delle politiche culturali del Partito Comunista Italiano, che di futurismo, all’epoca, proprio non ne vuole sentire parlare.
Tuttavia rileggendo un celebre passo dei Quaderni del carcere è palese quanto il ricordo del futurismo possa aver ispirato a Gramsci questa profonda riflessione: «(…) l’arte è sempre legata a una determinata cultura o civiltà, e che lottando per riformare la cultura si giunge a modificare il “contenuto” dell’arte e che si lavora a creare una nuova arte, non dall’esterno (pretendendo un’arte didascalica, a tesi moralistica), ma dall’intimo, perché si modifica tutto l’uomo in quanto si modificano i suoi sentimenti, le sue concezioni e i rapporti di cui l’uomo è l’espressione necessaria».
Susan Nalugwa Kigali, classe 1969, è considerata tra i più grandi poeti contemporanei dell’Africa orientale e meridionale; è nata in Uganda, una terra chiamata “la perla dell’Africa” senza sbocco sul mare ma impreziosita nel suo variegato paesaggio dai picchi dei monti Rwenzori e dall’immenso lago Vittoria. Una terra purtroppo segnata dall’orrore delle guerre e dalle tristi vicende dei bambini soldato; nella poesia di Susan Kigali, non è slegata questa memoria da quella di un luogo accogliente, con la presenza degli affetti familiari ( in primis la madre rimasta vedova giovane che l’ha cresciuta nella saggezza antica dei suoi avi) e degli amici. Accanto a loro prendono spicco figure di grandi sportivi che hanno dato lustro alla nazione, come i campioni olimpionici Cheptegei, mezzofondista e il maratoneta Kiprotich e al di là dei connazionali il grande pugile e campione Muhammed Alì che incontrò Foreman nel 1974 in Zaire; ne “L’uomo e la sua sansa” rievoca con affetto il grande musicista camerunese Francis Bebey.
Ricorda anche i grandi esponenti della libertà, eroi nazionali come Nkrumah per il Ghana e Nyerere per la Tanzania. Traspare nella sua poesia, accanto alle memorie personali e intime, “quel senso di comunità, di storia collettiva – che facciano parte del mito o siano contemporanee – così tipiche e forti di una certa cultura”.
Susan Kigali è intimista e corale al tempo stesso. La particolarità che contraddistingue questa artista della parola è saper far convivere sentimenti antitetici come sdegno e speranza, rabbia e consapevolezza sublimando a canto di gratitudine il suo racconto esistenziale.
La lingua da cui sono tradotte le poesie è l’inglese (testo originale a fronte) e riusciamo a percepire la musicalità che può sprigionare nella declamazione in pubblico ma è un ritmo che non si perde anche nella versione italiana. Per questo motivo, meritano di esser lette tutte con attenzione nelle due versioni linguistiche.
Nei ringraziamenti finali l’autrice ricorda la collaborazione con le varie Università e Festival cui ha partecipato e ringrazia Antonella Sinopoli con il suo progetto AfroWomen Poetry che ha reso possibile la pubblicazione di questo volume in edizione bilingue. Ricordiamo che l’autrice è docente presso il Dipartimento di Letteratura all’Università di Makerere dedicandosi in particolare alla ricerca sulla poesia africana orale e scritta e sulle performance poetiche nel Sudafrica del post apartheid e nell’Uganda post guerra civile.
Di seguito una breve selezione di poesie tratte da questo testo.
Noi non scriviamo la nostra poesia
noi la viviamo […]
(da: “A un’amica nella sua prima notte di sonno da quando il figlio è a letto per un altro attacco di anemia falciforme”)
Ai mercanti di guerra di tutto il mondo
Diteci
avete iniziato una guerra
così che le nostre donne
potessero essere vendute e umiliate davanti a tutti?
Le nostre ragazze ogni giorno
spogliate della loro umanità
e offerte alle
macchinazioni di folli soldati?
Diteci
avete iniziato questa guerra
come una fiera del male
che svela i diversi volti
di Lucifero a masse terrorizzate?
I nostri bambini nudi stringono pistole
al petto.
Diteci ora
avete concepito questa guerra
come un catalogo di atrocità
da custodire nelle biblioteche della nostra storia?
Avete progettato questa guerra
per bruciarci nelle fiamme delle vostre faide
o l’avete fatto per poter emanare comunicati ufficiali?
Terre che piangono
I guai nelle nostre terre
scendono in picchiata come aquile urlatrici
gli artigli aperti sulla
popolazione perplessa.
Io non lo
chi ha invaso chi
chi insegue troni regionali
io non lo so quale gerarchia ringhia
di chi sia il canale radio che mente.
Ma ho visto
macerie coprire gli indifesi
persone fatte a pezzi
dita puntate
capi abbracciarsi
persone morire.
Io non lo so quale Paese
difendano
di chi siano i bimbi
che proteggono
di chi siano i mercati
che salvaguardano
di chi sia il canale radio che mente.
Le madri cantano una ninna nanna
(dopo il genocidio del 1994 in Ruanda)
Le madri cantano una ninna nanna
mentre la notte cala sugli alberi
tagliando fuori le ombre.
Le voci suadenti s’insinuano e si attorcigliano
attorno agli arbusti e all’erba alta
che celano montagne di corpi decapitati
e il luccichio dei machete
che hanno squarciato gole urlanti.
In questi campi privi di felicità
le madri tengono viva la melodia della vita
catturando un vento malinconico
per infondere forza con il canto negli animi di bimbi
che non hanno mai conosciuto il sapore dei
fiocchi d’avena al mattino
né udito il frinire dei grilli la sera.
Le madri cantano una ninna nanna
per quei volti allucinati
che si ritraggono impauriti quando odono dei passi
i cui compagni di gioco sono scheletri ridenti.
Le madri si fanno ninna nanna
mettendo a tacere le sirene del dolore
restituendo compassione alla nazione.
L’amore non è una rosa
L’amore non è una rosa
perché le rose appassiscono e muoiono.
L’amore è acqua che scorre
su un fuoco ardente.
L’amore è latte schiumato
fresco di mucca.
L’amore è un forte infuso
bevuto in compagnia.
L’amore è medicina
per una febbre cocente.
L’amore è una preghiera
dalle solide ali.
Il formicaio
Voglio vedere il tuo volto
di fronte al mio
sempre.
Voglio accarezzare
il tenero lobo
del tuo orecchio
con la mia voce
sempre.
Voglio trovare
il cielo nelle
mezzelune dei tuoi
occhi
sempre.
Voglio che tutti
si stupiscano
di ciò che trovi
nelle mie gambe storte
sempre.
Voglio sedere
con te
sul formicaio
vicino alle colline scure come il pane
sempre.
Mwalimu Nyerere
(In memoriam)
Mwalimu Nyerere
tu, sommo padre, hai scalato
il Kilimangiaro fino all’altro versante,
il tuo volto impresso nella storia.
Tu libro della nostra lotta
tu portavoce del nostro popolo
tu bastone per il cammino dell’Africa
il braccio più forte della comunità.
Spirito di saggezza
pioniere dell’unità africana
fratello di Kwame Nkrumah
artefice della nostra rinascita.
Campione di giustizia
la tua mano sull’Uganda
la tua mano sul Sudafrica
la tua mano sul Burundi
la tua mano sull’Africa.
Figlio d’Africa
sostenitore della forza del nostro popolo
artigiano di un comune Tessuto Africano
lavorasti sodo per vedere
la gente mangiare assieme
i bambini andare a scuola
gli ospedali aprire.
Figlio di Makerere
filosofo nel nostro Cortile
secondo le usanze del nostro popolo
pronunciamo il tuo nome
segno ultimo della nostra riverenza.
Amo la mia casa
[…]
Per le risate che si alzano in volo
echeggiando in ogni angolo
per le risate sparse
sui cespugli in fiore
per le risate che sfuggono da ogni anfratto
levandosi per salutare il sole
per le risate da cellulare a cellulare.
Per quelli che hanno preso lezioni di danza
nell’utero
che scendono in pista
e si fanno adorare
che si voltano di qua e creano magie
si voltano di là
e mandano miliardi di angeli
a pregarli di non fermarsi mai
per quelli che fischiettano canzoni
e ti spingono a cantarle con loro
tuo malgrado.
Per quelli che piangono il lutto
richiamando mille nomi
ricordando nome su nome
ripercorrendo la storia di ogni vita
a loro cara ogni volto d’amore.
Per quelli che sentono il proprio dolore
dentro e fuori
che strisciano e graffiano la terra
come se questa potesse rispondere alle loro domande
per quelli che ogni giorno guardano il cielo
e implorano Dio
continuando ad amare
a sperare
a vivere come se la vita fosse per sempre
per quelli che non si lasciano mai andare
né lasciano le persone che colorano la loro vita
per quelli che fanno della tristezza parte della felicità
un elemento di pace
per vedere il prima, l’ora e il per sempre
per la mia gente che mi fa
desiderare di capire ciò che non capisco.
Mi manca mamma
[…]
Mi manca quella donna gentile
e la sua dolce morbida risata
e quella voce come se la risata fosse velluto
nella sua bocca.
Mi manca nostra madre
il modo in cui si gira risoluta
e chiede “Ate ki Mukwano?”
come se l’amicizia fosse tutto
ciò che vorrebbe da noi.
Amo nostra madre
quando socchiude gli occhi per dire no
quando si guarda i piedi intendendo
“Non c’è bisogno di stupidaggini”.
Quando alza gli occhi
attraversati da quei lampi di luce che dicono ben fatto
e grazie
quando i suoi occhi si riempiono di lacrime in una
preghiera riconoscente
Amo nostra madre
e sono contenta di poter scrivere in luganda e in inglese.
Oggi l’ho fatto in inglese
perché quando i nostri occhi si incontrano
parlano luganda.
P.S. “Ate ki Mukwano?” significa “che cosa ti preoccupa amico?”
Susan Kiguli, poetessa ugandese pubblicata qui per la prima volta in Italia, ha una peculiarità: parla degli orrori – come il genocidio del 1994 in Rwanda o le violenze nel suo paese – con uno sguardo severo che nello stesso tempo rifiuta la rabbia cieca. Uno sguardo e una parola che rimangono teneri e avvolgenti: «Ti ho osservata / con il curioso interesse di una bimba confusa / mentre hai incarnato la filosofia sopravvivi e vinci / sono convita che / se imparassi queste lezioni e le apprendessi bene / avrebbe inizio una rivoluzione / una rivoluzione per sostenere / la splendida nella quale sono nata». Edizione per il premio del festival internazionale di poesia civile di Vercelli a cura di Antonella Sinopoli con traduzione di Marta Zonca.
Biografia dell’autore Susan Nalugwa Kiguli
Susan Nalugwa Kiguli, nata nel 1969, è accademica e poetessa ugandese. È professore associato ed è stata direttrice del Dipartimento di Letteratura, Università di Makerere (marzo 2012-luglio 2016). Ha conseguito master all’estero e un dottorato di ricerca in inglese all’Università di Leeds (UK). Presidential Fellows dell’African Studies Association (Asa) nel 2011. Ha dedicato la sua ricerca alla poesia africana orale e scritta, al canto popolare e alla teoria della performance nel Sudafrica del post aparheid e nell’Uganda post guerra civile. «Dal suo lavoro» ha scritto l’ASA «emerge che canzone popolare e poesia orale sono riflessi di questioni sociali, culturali e politiche che influenzano le società in cui sono prodotte». È stata presidente di Femrite, associazione delle scrittrici ugandesi. Fa parte del comitato consultivo dell’African Writers Trust (Awt). Ha anche fatto parte della giuria del Commonwealth Writers’ Prize (regione africana) e partecipato a vari festival di letteratura, sia come protagonista che come membro della giuria. Tra questi il prestigioso Nigeria Prize for Literature (2022).
Il suo primo volume di poesie, The African saga (1998) l’ha collocata tra i poeti di maggior spessore dell’Africa orientale e meridionale. Il volume ha vinto il National Book Trust of Uganda Poetry Award (1999) e ha segnato la storia della letteratura nel suo Paese. I suoi lavori sono apparsi su diverse riviste e antologie, nazionali e internazionali. La seconda raccolta, Home floats in a distance/ /Zuhause treibt in der ferne (Gedichte), è un’edizione bilingue, inglese e tedesco (2012). Nel 2019 ha partecipato al progetto Afro Women Poetry fondato dalla giornalista Antonella Sinopoli.
Da “Avvenire”, Anna Pozzi su Terre che piangono di Susan Nalugwa Kiguli
«La poetessa ugandese in Italia per il Festival di poesia civile: “Voglio che si guardi in faccia la guerra e tutto l’orrore e il dolore che essa provoca alle persone innocenti
Solo parlandosi l’un l’altro si possono disinnescare i conflitti”».
Il suo primo volume di poesie, The African saga (1998) l’ha collocata tra i poeti di maggior spessore dell’Africa orientale e meridionale. Il volume ha vinto il National Book Trust of Uganda Poetry Award (1999) e ha segnato la storia della letteratura nel suo Paese. I suoi lavori sono apparsi su diverse riviste e antologie, nazionali e internazionali. La seconda raccolta, Home floats in a distance/ /Zuhause treibt in der ferne (Gedichte), è un’edizione bilingue, inglese e tedesco (2012). Nel 2019 ha partecipato al progetto Afro Women Poetry fondato dalla giornalista Antonella Sinopoli.
Susan Kiguli: una voce dall’Uganda la prima volta in Italia
Mercoledì 25 ottobre in Università Cattolica la poetessa africana presenta la sua prima opera in italiano: Terre che piangono in occasione del festival internazionale di poesia civile
La poetessa ugandese Susan Kiguli sarà a Milano mercoledì 25 ottobre alle ore 17 in Università Cattolica, aula Pio XII, largo Gemelli 1, per presentare il suo nuovo libro, prima opera in italiano, edita da Interlinea, Terre che piangono, con reading e colloquio con la giornalista Antonella Sinopoli. L’evento è in collaborazione con il Laboratorio di editoria dell’Università Cattolica, con introduzione di Beatrice Nicolini (Università Cattolica del Sacro Cuore) e Roberto Cicala, editore e docente.
Kiguli nella stessa giornata sarà anche a Vercelli al Seminario arcivescovile in piazza Sant’Eusebio 10, alle ore 21 per ricevere il XIX Premio alla carriera del festival internazionale di poesia civile, in un incontro pubblico dove dialogherà con Serenella Mattera.
Terre che piangono ha una peculiarità: parla degli orrori – come il genocidio del 1994 in Rwanda o le violenze nel suo Paese – con uno sguardo severo che nello stesso tempo rifiuta la rabbia cieca. Uno sguardo e una parola che rimangono teneri e avvolgenti: «Ti ho osservata / con il curioso interesse di una bimba confusa / mentre hai incarnato la filosofia sopravvivi e vinci / sono convinta che / se imparassi queste lezioni e le apprendessi bene / avrebbe inizio una rivoluzione / una rivoluzione per sostenere / la splendida nazione / nella quale sono nata».
Il volume è tradotto da Marta Zonca e curato da Antonella Sinopoli, fondatrice del progetto AfroWomenPoetry, che presenta così il lavoro dell’autrice: «Questa è l’arte di Susan Kiguli: fare della parola poetica strumento di ricordo (mai rimpianto) e di riconoscenza. Ricordo delle persone ferite nella sua terra – i bambini, le madri, prima di tutto –. Ferite da guerre, poteri famelici, politiche indifferenti ai bisogni reali. Riconoscenza verso chi – al contrario – ha dato al suo Paese un contributo di speranza, di azione, di pensiero costruttivo e destinato a segnare le giovani generazioni».
Susan Nalugwa Kiguli, nata nel 1969, è accademica e poetessa ugandese. È professore associato ed è stata direttrice del Dipartimento di Letteratura, Università di Makerere (marzo 2012-luglio 2016). Ha conseguito master all’estero e un dottorato di ricerca in inglese all’Università di Leeds (UK). Presidential Fellows dell’African Studies Association (Asa) nel 2011. Ha dedicato la sua ricerca alla poesia africana orale e scritta, al canto popolare e alla teoria della performance nel Sudafrica del post aparheid e nell’Uganda post guerra civile. «Dal suo lavoro» ha scritto l’ASA «emerge che canzone popolare e poesia orale sono riflessi di questioni sociali, culturali e politiche che influenzano le società in cui sono prodotte». È stata presidente di Femrite, associazione delle scrittrici ugandesi. Fa parte del comitato consultivo dell’African Writers Trust (Awt). Ha anche fatto parte della giuria del Commonwealth Writers’ Prize (regione africana) e partecipato a vari festival di letteratura, sia come protagonista che come membro della giuria. Tra questi il prestigioso Nigeria Prize for Literature (2022).
Il suo primo volume di poesie, The African saga (1998) l’ha collocata tra i poeti di maggior spessore dell’Africa orientale e meridionale. Il volume ha vinto il National Book Trust of Uganda Poetry Award (1999) e ha segnato la storia della letteratura nel suo Paese. I suoi lavori sono apparsi su diverse riviste e antologie, nazionali e internazionali. La seconda raccolta, Home floats in a distance/ /Zuhause treibt in der ferne (Gedichte), è un’edizione bilingue, inglese e tedesco (2012). Nel 2019 ha partecipato al progetto Afro Women Poetry fondato dalla giornalista Antonella Sinopoli.
Mak Prof. Susan Kiguli appointed International Judge for the Nigeria Prize for Literature 2022
Mak Associate Professor of Literature Susan Nalugwa Kiguli was on August 18, 2022 appointed as the international consultant/ Judge for the Nigeria Prize for Literature 2022 Edition of Africa’s most prestigious prize for literary.
Kiguli was approved and appointed on the directives of the Advisory Board for The Nigeria Prize for Literature, a three-person panel, chaired by Professor Akachi Adimora-Ezeigbo.
Kiguli described her appointment as an honor and expressed excitement looking forward to identifying poetic talents in Nigeria.
“I am deeply honoured and privileged to have been appointed the international Judge for the Nigeria Prize for Literature 2022 whose focus is the genre of poetry. Besides this prize being an outstanding one in Africa, this year’s focus is on poetry which is one of my life’s passions.
I am extremely excited to be part of the process of recognizing current poetic talent in Nigeria given that recognition for poets within Africa is not a frequent activity.
This is even more significant for me that I have been recognized as capable of selecting worthy talent deserving of such a prestigious prize within Africa in a year when my alma mater and work place Makerere University is celebrating a 100 years of existence and so recognition of our skills and work is part of the endorsement that even at a 100 , we are still building for the future”
She commented.
The Nigeria Prize for Literature sponsored by Nigeria LNG Limited was established in 2004 to bring authors to public attention and celebrate literary accomplishments in Nigeria. Since its inception, Nigerian writers at home and in the diaspora have competed passionately for the prize,
Over the years, the list of laureates has grown to include names such as Gabriel Okara and Professor Ezenwa Ohaeto (joint winners, 2005); Ahmed Yerima (2006); Professor Akachi Adimora-Ezeigbo (current Chairman of Advisory Board) and Mabel Segun (joint winners, 2007); Kaine Agary (2008); Esiaba Irobi (2010); Adeleke Adeyemi with the pen name Mai Nasara (2011); Chika Unigwe (2012); Tade Ipadeola (2013), Sam Ukala (2014), Abubakar Ibrahim (2016) and Ikeogu Oke (2017) and Soji Cole (2018) and Jude Idada (2019).
Due to COVID-19, entries for 2020, which was on Prose Fiction, were moved over to 2021.
This year, the genre in focus is Poetry.
“The Advisory Board is confident that your contribution will impact this year’s competition positively and help produce a worthy winner. You are by this letter, appointed to work independently to classify the final shortlist of three books which would be selected by the panel of three eminent judges, including Professor Sule Egya Emmanuel (Chairman), Dike Chukwumerije, and Mrs Toyin AdewaleGabriel”, Part of the appointment letter reads.
Terms of Reference
Subject to her acceptance of this appointment, the following will constitute Prof. Kigulis terms of reference:
The Panel of Judges (2022) would read through and produce a shortlist of 20, 11 and 3 books, respectively.
• Receive the three final entries from the Advisory Board, a month to the last
• meeting – where the panel of judges chooses the winning entry.
• Expected to read through and objectively assess them and select a winning entry
• at least two weeks to the last meeting of the Advisory Board (i.e. on/before September 15, 2022).
• Evaluate the scope, maturity and integrity of writing, depth of vision, thematic engagement, and general contribution of the works to the field of literature.
• Where her choice does not agree with the adjudged winning entry, she will be invited
• to further deliberate with the Panel of Judges.
• A detailed report expected, clearly indicating the winning entry with justification and include general observations on submissions and anything else that may help promote reading, writing, and publishing.
• Together with the Panel of Judges are not bound to announce a winner if they do not find any of the submissions worthy of the award.
• The award should not be awarded for any other reason but excellence.
• An honorarium will be paid at the the end of the exercise.
• The judging shall be demonstrably fair, open, and transparent. Nigeria LNG Limited places accent on the highest ethics and expects that this will guide adjudication.
• The prize sponsors, Nigeria LNG Limited, shall serve as the secretariat and facilitate the prize’s administration.
Makerere staff applaud Kiguli
A section of Makerere staff on reading the news congratulated Assoc. Prof. Sarah Kiguli describing the win as deserving one.
The Director, Directorate of Graduate Research and Training Prof. Mukadasi Buyinza wrote,
“I have always known that literary excellence is all about you at MAK. Congrats Prof Susan Kiguli, you are and remain a star Professor in this field. You and your Literature work have always been beyond our expectations and have contributed significantly to our journey of success as an elite African University. Your fresh perspectives, your objectivity, and your superior literary skills that helps us to stay ahead of our competitors (Ibadan, SA cluster of elite Universities etc). Your dedication towards delivering high-quality output in every international assignment is truly commendable. Thank you for the effort and diligence that you put into your work every single day. May you continue to inspire us for many years to come!” Mukadsi Buyinza
Dr. Faridah Katushemererwe said, “Congratulations Dr. Susan Kiguli for the international recognition. Your prowess in poetry is in the skies. The seeds you have sown are spouting and growing in all corners of my vicinity, to the extent that even at wedding functions, we are “treated” with poems! Thank you our Wordsmith, congs once again”,
Hi Susan, At times I call you Your Excellency, (you know those circles) and now I take this opportunity to heartly congratulate you on this great achievement and pray that God lifts you to even higher grounds in His mighty name. Amen”, Joan Kakongoro wrote
“Congratulations to Dr Kiguli, as We Build for the Future”Said David Bakibinga
“Congratulations Assoc. Prof. Susan Kiguli, This is a well-deserved one! Keep flying”
Florence Ebila wrote.
“Dear Sue,Congratulations!!!!! I wish you all the best my sister.,” Grace Kibanja
“Congratulations to our very own Associate Prof Kiguli. May God bless you and use you. Esezah Kakudidi
“Hearty congratulations Susan. May God be praised for this appointment?” Saul Nsubuga posted.
About Susan Kiguli
Susan Nalugwa Kiguli is an academic and poet. She is an Associate Professor and served as Head of the Department of Literature, Makerere University (March 2012- July 2016). She holds a PhD in English from The University of Leeds (UK) sponsored by the Commonwealth Scholarship Scheme. She also has a Masters of Letters in Literary Linguistics from the University of Strathclyde, (UK), Masters of Arts (Literature) and a B.A. Education degree both from Makerere University, Uganda. She is the African Studies Association Presidential Fellow, 2011 and this presented her with an opportunity to read her poetry at the Library of Congress, Washington DC in November, 2011. She has also held the American Council of Learned Societies/ African Humanities Fellowship, 2010-2011 sponsored by Carnegie Corporation of New York, and as part of the fellowship, she was a researcher in Residence at the Centre for Humanities Research at the University of Western Cape, South Africa. Her research interests fall mainly in the area of Oral and Written African Poetry, Popular Song and Performance Theory. She has served as the chairperson of FEMRITE, Uganda Women Writers’ Association.
She currently serves on the Advisory Board for the African Writers Trust (AWT) and on the board of the Eastern African Literary and Cultural Studies Conference Series.
Her first volume of poetry, THE AFRICAN SAGA (1998) situated her among the most exciting poets from Eastern and Southern Africa. The volume won the National Book Trust of Uganda Poetry Award (1999) and made literary history in Uganda by selling out in less than a year. Her poetry has appeared widely in journals and anthologies both nationally and internationally. Her second collection of poetry HOME FLOATS IN A DISTANCE/ZUHAUSE TREIBT IN DER FERNE( GEDICHTE) is a bilingual edition in English and German (2012). A critic of poetry herself, she has written on Ugandan poetry, oral performance and the position of women writers in African literature.
She has also served on the panel of judges for the Commonwealth Writers’ Prize (African Region, 1999). She also served as one of the regional coordinators for the Women Writing Africa Project (Eastern region, 1999-2000) She was on the Board of Advisors for Beyond Borders: A Festival of Contemporary African Writing (Interaction Event) British Council, Uganda), 2005. She was a special participant in the Yorkshire Professional Development for Writers of African and Asian Descent-INSCRIBE (2005-2006) Project initiated by Arts Council England, Yorkshire in partnership with Peepal Tree Press in Leeds. She was a Commonwealth Researcher in residence at the University of Natal from Sept 2001-February 2002. She attended the Summer Institute on Contemporary American Literature, 2008 at the University of Louisville, Kentucky, USA. She was a Poet in Residence at the Siftung Kunst: Raum Sylt Quelle, Germany between October- November, 2008.
She has appeared twice as guest poet at the Poetry Africa Festival in Kwazulu –Natal among other literature festivals. She was also among three African Poets who not only performed before the former President of Germany, His Excellency Horst Kohler in 2008 at the International Literature Festival Berlin but was also honoured as one of the poets to appear in his book on Africa entitled SCHISKAL AFRIKA, 2010. She was the chief convener for both “Celebrating Ugandan Writing: Okot p’Bitek’s Song of Lawino at 50 Symposium” 18th March, 2016 and “The 2nd Eastern African Literary and Cultural Studies Conference”, 20th-22nd August, 2015, held at Makerere University.
She was also part of the organising committee for the Professor David Rubadiri Memorial Symposium at Makerere University on 12th October, 2018 and was the Co-Chair for the Celebrating Wangusa@80 event, Makerere University, 8th July, 2022 as part of the Makerere @100 celebrations.
She participated in the Afrowomen Poetry Project founded by the Italian journalist Antonella Sinopoli. She has recently been interviewed by Dr. Gilbert Ndi Shang for the Columbian National Library African Literature Programme. She has also been appointed as a member on the Peer Review Panel for the Department of English under the policy for Quality Assurance and Enhancement at Stellenbosch University, 2022.
John Ronald Reuel Tolkien- Il libro dei racconti perduti
– Bompiani- Giunti Editore-
Descrizione del libro di John Ronald Reuel Tolkien ha scritto nel corso della vita molti racconti e versi che arricchiscono la mitologia e le storie della Terra di Mezzo. Dopo la sua scomparsa il figlio Christopher per volontà del padre ha seguito con cura la pubblicazione di questo tesoro, portando alla luce nuovi personaggi, episodi epici e luoghi incantati. Il libro dei racconti perduti – seconda parte segna il ritorno di alcuni personaggi e vicende incontrati nel primo volume della Storia della Terra di Mezzo ma anche la comparsa di creature, episodi e leggende nuovi raccontati con tutta la forza creativa e il genio di J.R.R. Tolkien. Tra le narrazioni che costituiscono i pilastri su cui si regge la storia di Arda si trova la storia d’amore tra Beren e Lúthien, le avventure di Túrin Turambar e lo spaventoso confronto con il drago Glorund, ma anche la strenua resistenza dei signori elfici contro l’esercito di Morgoth e la creazione della collana dei Nani, la splendente Nauglafring. Le sei storie qui raccolte sono arricchite dai commenti e dalle note di Christopher Tolkien, che indica ai lettori riferimenti e percorsi per continuare ad esplorare la vastità e la profondità della fantasia ma anche della competenza storica e linguistica del padre. E il viaggio non è che all’inizio…
Breve biografia di John Ronald Reuel Tolkiennacque il 3 gennaio 1892 a Bloemfontein, in Sudafrica, da genitori inglesi. Insegnò Lingua e letteratura anglosassone a Oxford, e poi Lingua e letteratura inglese. Morì a Bournemouth, nello Hampshire, il 2 settembre 1973. Tra le sue opere, tutte pubblicate da Bompiani, ricordiamo Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit e I figli di Húrin. Sempre per Bompiani è in corso di pubblicazione il ciclo di volumi La storia della Terra di Mezzo, curato da Christopher Tolkien.
Bompiani è un marchio Giunti Editore Sede operativa Via Bolognese 165, 50139 Firenze
La Chiesa valdese di Roma presenta la Mostra di arti grafiche e visive
“ARTE PER I DIRITTI UMANI”
Roma (NEV), 3 dicembre 2024 – La Chiesa valdese di Roma piazza Cavour presenta la Mostra di arti grafiche e visive “ARTE PER I DIRITTI UMANI”. In memoria di coloro i cui diritti umani siano stati lesi”. L’iniziativa gode del patrocinio di Amnesty International e IDHAE (Istituto per i Diritti dell’Uomo. Avvocati Europei). Il vernissage si terrà domenica 8 dicembre a partire dalle 16. Per l’occasione è stata anche organizzata una conferenza di Emanuela Claudia del Re, rappresentante speciale europea per il Sahel (ISPI).
Si legge nel comunicato stampa di lancio dell’iniziativa:“Sono migliaia le donne e gli uomini rinchiusi in carceri malsane, che regolarmente vengono torturati, stuprati, privati di cure mediche, privati della visita dei congiunti e della possibilità di avere un avvocato difensore. Sono tantissime le persone di ogni ceto sociale prese e detenute senza motivo, o comunque
illegalmente, per governare con il terrore in nome del danaro e del potere. E se è giusto, come è giusto, che le grandi stragi e le sofferenze del passato siano ricordate, e qui vogliamo in particolare riferirci alla persecuzione degli Ebrei nell’ultima guerra, allora sarà altrettanto giusto far uscire dall’ombra i nomi, i volti e le storie delle persone perseguitate oggi, a volte solo per avere espresso una opinione. Nemmeno i bambini e i giovani si salvano da questo Museo dell’Orrore.
La Chiesa Valdese di Piazza Cavour in Roma, da sempre attiva nel campo della difesa dei diritti umani, non potendo più rimanere indifferente alle atrocità che Governi non illuminati stanno perpetrando in moltissimi paesi del mondo, ha deciso di reagire, in modo pacifico, organizzando una Mostra dedicata ai diritti umani. Questa mostra vuole dare un sia pur minuscolo contributo per far uscire dall’ombra della morte e dal gelo del carcere le persone ingiustamente detenute, altri esseri umani in questo momento avvolti dal terrore di essere dimenticati da quel mondo per il quale si sono sacrificati. C’è un pensiero di Benenson, fondatore di Amnesty International, che ben si attaglia a questa mostra: Meglio accendere una candela che rimanere al buio”.
Appuntamento in via Marianna Dionigi, 59 (Piazza Cavour – Roma)
Oggi 4 dicembre ricorre la data della morte della scrittrice, filosofa e storica –
Il 4 dicembre del 1975, a New York, muore la filosofa e storica tedesca Hannah Arendt. Nata da una famiglia ebrea, la Arendt studia filosofia con il teologo Rudolf Bultmann, Martin Heidegger all’università di Marburg.
Con Heiddeger, ricorda Rai cultura, «Arendt ha una relazione sentimentale segreta, scoprendo solo piuttosto tardi le simpatie naziste del filosofo, da cui si dissocia. Dopo aver chiuso questa relazione, la Arendt si laurea con una tesi sul concetto di amore in Sant’Agostino».
La tesi è pubblicata nel 1929, ma alla Arendt, viste le sue origini, non viene concessa l’abilitazione all’insegnamento nelle università tedesche. Lascia la Germania e si trasferisce prima in Francia e poi negli Stati Uniti, dove vivrà fino al 1975, anno della sua morte. Tra le sue opere più note, “Le origini del totalitarismo”, “Ebraismo e modernità” e “La banalità del male”».
Sessant’anni fa, nel 1964, Feltrinelli pubblica in Italia La banalità del male –Eichmann a Gerusalemme di Hannah Arendt.
«Il saggio – ricorda Elia Bosco sul sito della Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana– fu scritto dopo la partecipazione della pensatrice politica, in qualità di giornalista, al processo contro il gerarca nazista Adolf Eichmann, uno dei principali responsabili della cosiddetta “soluzione finale”, svoltosi a Gerusalemme nel 1961, cui esito fu la pena di morte.
L’opera entrò a pieno titolo nella storia del pensiero del Novecento per la sua portata rivoluzionaria, che portò ad una inedita concezione delle categorie tradizionali di bene e di male.
Il concetto di banalità del male si mette in rapporto dialettico, nel pensiero della Arendt, con il concetto kantiano di radicalità del male, utilizzato dalla scrittrice nell’opera del ‘51 intitolata Le origini del totalitarismo. Sulle pagine del New Yorker, Hannah Arendt scrisse che il processo a Eichmann ha rovesciato completamente il tema del male come esso era stato presentato nel testo del 1951. Se in quell’opera i totalitarismi erano stati letti come conseguenza diretta del fallimento della democrazia e del pensiero critico, e piene manifestazioni del male assoluto e radicale, alla luce della macchina di sterminio industriale che Auschwitz rappresentò quella categoria non era più sufficiente per descrivere il dramma dei campi di sterminio e serviva dunque una rielaborazione concettuale».
Togliendoci qualsiasi appiglio metafisico, «che non di rado è stato utilizzato quale comoda uscita di sicurezza, e mettendoci in guardia dalla tentazione di estetizzare il male – scriveva nel 2015 Massimo Marottoli in un articolo su Riforma.it dal titolo Il doppio sguardo –sul film di M. Von Trotta, Arendt ci snida dalle menzogne in cui ci siamo appisolati; ci strappa di dosso gli alibi consolatori che preservano dal contatto diretto con il reale e ci chiama a responsabilità».
Breve biografia di Hannah Hannah Filosofa tedesca della politica, naturalizzata statunitense (Hannover 1906 – New York 1975). Significativo esempio di studiosa impegnata, A. ha lasciato una originale produzione scientifica che intreccia contributi filosofici, politologici e sociologici. Allieva di Husserl e Heidegger, laureatasi in filosofia a Heidelberg con Jaspers, fu costretta a lasciare la Germania (1933) perché di famiglia ebraica: lavorò a Parigi per un’organizzazione sionista fino al 1940; quindi emigrò negli Stati Uniti, dove fu attivista in organizzazioni ebraiche, fra cui la Jewish Cultural Reconstruction. La sua carriera accademica si svolse nelle univ. di Berkeley, Princeton, Chicago (dal 1963) e alla New School for Social Research di New York (dal 1967). Il problema dell’agire umano nella storia e della sua politicità (cioè del rapporto dell’uomo con gli altri uomini in comunità organizzate) è delineato in The origins of totalitarianism (1951; trad. it. Le origini del totalitarismo), una delle prime e più importanti analisi di un sistema politico manifestatosi, secondo A., per lo più nella Germania nazista e nell’URSS. Il totalitarismo si lega al declino dello Stato nazionale e al sorgere dell’imperialismo, alla rottura del sistema classista e all’atomizzazione della società di massa; e viene definito come «forma di governo la cui essenza è il terrore e il cui principio d’azione è la logicità del pensiero ideologico». Problemi ripresi in The human condition (1958; trad. it. Vita activa), in cui si afferma l’importanza della sfera pubblica come luogo privilegiato per la formazione del cittadino come protagonista della vita sociale e politica in tutta la ricchezza delle sue manifestazioni, secondo il modello della polis greca; a proposito del controverso rapporto sulla banalità del male come prodotto di un’organizzazione burocratica e dell’acquiescenza degli individui in Eichmann in Jerusalem (1963; trad. it. La banalità del male); nell’analisi della rivoluzione come fenomeno essenzialmente moderno inteso a liberare e a produrre libertà in On revolution (1963; trad. it. Sulla rivoluzione); nella riflessione sulle funzioni e sull’ubiquità della violenza in On violence (1970; trad. it. Sulla violenza). In polemica con le comunità ebraiche nell’affermazione della sua laicità, A. ebbe come filo unificante del suo pensiero la ricerca delle condizioni della libertà di fronte all’erosione della distinzione fra sfera privata e sfera pubblica, presentato nei volumi Pensare e Volere di un’incompiuta trilogia (manca Giudicare): The life of the mind (post. 1978; trad. it. La vita della mente).
Fonte-Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani –
La ventitreenne americana Florence Fein, figlia di genitori ebrei e nipote di una donna russa, è da sempre affascinata dal mondo sovietico. La Grande Depressione ha colpito gli Stati Uniti e lei, idealista e nauseata dalle contraddizioni del proprio paese, decide di lasciare New York per trasferirsi nella terra d’origine della nonna, inseguendo il sogno socialista e la promessa di un amore oltreoceano. Una volta giunta a destinazione, però, le speranze svaniscono una dopo l’altra, la ragazza si trova faccia a faccia con la brutalità di un regime sempre più opprimente e rimane presto bloccata in un paese da cui non può fuggire. Molti anni dopo, il figlio di Florence, Julian, emigra di nuovo verso gli Stati Uniti, anche se il suo lavoro nell’industria petrolifera lo porta frequentemente a Mosca. Gran parte della vita della madre gli è stata tenuta nascosta e, quando viene a sapere che il fascicolo del KGB su di lei è stato aperto, organizza un viaggio d’affari per scoprire tutta la verità. Ma il cerchio non si è ancora chiuso: per chiuderlo definitivamente Julian dovrà anche convincere suo figlio, l’ostinato Lenny, che nel frattempo sta cercando di fare fortuna nella spietata Russia di Putin, a tornare a casa. Lo stupefacente romanzo d’esordio di Sana Krasikov racconta le vicende di tre generazioni in bilico fra due continenti, intrappolate tra le forze della Storia e le conseguenze delle proprie scelte. Grandioso nell’incedere e intimo nei dettagli, appassionante saga familiare e minuzioso romanzo storico, I patrioti è una potente epopea trainata da una protagonista indimenticabile e orchestrata da una penna eccellente.
«I patrioti è un capolavoro. Il dottor Živago del nostro tempo».
Yann Martel, autore di Vita di Pi
«Ho trovato in ogni pagina un’osservazione tanto acuta, una frase di tale verità e dai dettagli tanto splendenti che ho dovuto rileggerlo per puro piacere. I patrioti mi ha convinto che Krasikov appartenga ai giovani scrittori totemici della sua epoca». Khaled Hosseini, autore di Il cacciatore di aquiloni
«Come racconto intelligente e letterario delle relazioni tra la Russia e l’America del secolo scorso non ha eguali». «The Spectator»
«I patrioti è una storia d’amore alla vecchia maniera: multigenerazionale, intercontinentale, carica di retroscena e ricerche storiche, si muove tra dettagli scrupolosi e panorami ampi, melodramma e satira, la Cleveland del 1933 e la Mosca del 2008». «The New York Times Book Review»
«In un racconto inebriante fatto di protagonisti imperfetti e coraggiosi, passione erotica e politica e lotte strazianti per la sopravvivenza, Krasikov ritrae magistralmente l’oscuro meccanismo a orologeria del totalitarismo e si chiede cosa significhi essere un eroe, un patriota, un essere umano». «Booklist»
– Prof. GIUSEPPE LUGLI-Il Restauro del Tempio di Venere e Roma-
Copia anastatica dalla Rivista PAN -numero Luglio 1935-diretta da UGO OJETTI
Editore RIZZOLI e C. Milano-Firenze-Roma.
Prof.Lugli Giuseppe – Archeologo italiano (1890 – 1967) professore di topografia romana e di architettura all’università di Roma La Sapienza. La carriera del Lugli è stata prolifica anche se fra i suoi molti contributi significativi alcuni sono preminenti: – Fontes ad topographiam veteris urbis romae pertinentes (8 vols. 1952-69). corpus che raccoglie tutte le citazioni testuali nelle fonti antiche romane di carattere topografico e monumentale. – La tecnica edilizia romana: con particolare riguardo a roma e lazio, roma (bardi, 1957) rimane uno studio fondamentale sulle tecniche di costruzione durante il primo millennio a.C. – Forma italiae, una serie di programmi e di concordanza archeologica per l’Italia. Questo lavoro continua oggi come pubblicazione seriale ed ha un progetto di ricerca collegato, diretto dal prof. Paolo Sommella nel dipartimento di storia dell’archeologia e dell’antropologia di Roma antica presso l’Università degli Studi La Sapienza.
Restauro del Tempio di Venere e Roma-
Giuseppe Lugli Archeologo italiano (Roma 1890 – ivi 1967); prof. di topografia romana nell’univ. di Roma (1933-61); socio nazionale dei Lincei (1946). Pubblicò, tra l’altro, un ampio manuale (I monumenti antichi di Roma e suburbio, 3 voll. e un Supplemento, 1930-40), e ricerche sulla tecnica costruttiva e sull’architettura (La tecnica edilizia romana con particolare riguardo a Roma e Lazio, 2 voll., 1957). Iniziò la pubblicazione sistematica dei Fontes ad topographiam veteris urbis Romae pertinentes e la collana della Forma Italiae.
Lugli’s career was prolific, although among his many significant contributions, several are paramount. He is credited with more than 230 scholarly publications.[2] In his topographical career, Lugli compiled the landmark Fontes ad topographiam veteris urbis Romae pertinentes (8 vols. 1952-69).[3] The aim of this corpus was to collect all of the textual mentions in the ancient sources that pertain to the topography and monuments of Rome. The work is organized according to the Augustan regions of the city.
Lugli was also a student of architecture, and in particular of building techniques. His study La tecnica edilizia romana: con particolare riguardo a Roma e Lazio, Roma (Bardi, 1957) remains a seminal study of the technology of construction in Italy during the 1st millennium B.C.[4]
Lugli also founded the Forma Italiae, a series of archaeological maps and concordance for Italy. This work continues today as a serial publication, and associated research project, directed by Prof. Paolo Sommella in the Department of Ancient History, Archaeology and Anthropology at the Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. The aim of Forma Italiae is to map the full archaeological landscape of Italy at a sufficient scale to facilitate a variety of research and teaching needs.[5]
A. M. Colini “Ricordo di Giuseppe Lugli” RIASA, n.s., XV, 1968.[2]
Scholarship
1930-1940. I monumenti antichi di Roma e suburbio. [I. La zona archeologica.–II. Le grandi opere pubblicha.–III. A traverso le regioni.] 3 vol., plus Supplemento: un decennio di scoperte archeologiche. Rome: G. Bardi. Worldcat.
1940. Pianta di Roma antica: forma Urbis imperatorum temporibus (1:10.000). Worldcat.
1946. Roma antica: il centro monumentale. Rome: G. Bardi. Worldcat.
1948. La Velia e Roma aeterna. Elementi topografici e luoghi di culto.Worldcat.
1952-1969. Fontes ad topographiam veteris urbis Romae pertinentes. Colligendos at que edendos curavit Iosephus Lugli. Rome. Worldcat.
1957. La tecnica edilizia romana con particolare riguardo a Roma e Lazio. 2 v. Rome: Bardi. Worldcat.
1969. La Domus Aurea e le Terme di Traiano. Rome: G. Bardi. Worldcat.
Marco Mondini- Roma 1922 -Il fascismo e la guerra mai finita
Editore Il Mulino
Descrizione del libro di Marco Mondini-Roma 1922 -Il fascismo e la guerra mai finita «I fascisti erano ossessionati dal potere, e dalla possibilità di redimere la nazione e di trasformare gli italiani, anche a costo di eliminare tutti quelli che non erano d’accordo con loro. […] Le armi non sarebbero state deposte, fino al compimento di questa missione.» L’ascesa al potere del fascismo e il suo atto culminante, la cosiddetta marcia su Roma, possono essere capiti solo all’interno di un quadro più vasto, quello di un’Europa incapace di chiudere i conti con la Grande guerra. E se furono soprattutto i paesi sconfitti a scoprire che uscire dalla cultura dell’odio e della violenza quotidiana non era facile, frustrazione, scontento e desiderio di rivalsa si impossessarono anche degli italiani che pure – almeno formalmente – la guerra l’avevano vinta. Marco Mondini compone la storia corale e implacabile di un’Italia in cui la lotta politica si trasforma in guerra civile e che scivola via via verso il lungo ventennio della dittatura fascista.
Breve biografia di Marco Mondini-Storico
Si è laureato all’Università di Pisa in storia militare nel marzo 1998, e nel novembre dello stesso anno si è diplomato alla Scuola Normale Superiore in discipline storiche. Ha conseguito il perfezionamento (dottorato) in storia contemporanea presso la Scuola Normale Superiore nel 2003[1]. Tra 1999 e 2000 ha prestato servizio nell’Esercito Italiano come ufficiale di complemento, prima alla Brigata “Tridentina” e poi, come ufficiale incaricato della pubblica informazione, presso il Comando Truppe Alpine.
Dal 2003 al 2005 è stato borsista di post-doc all’Università di Padova. Nel 2006 è stato borsista della Fondazione Luigi Einaudi di Torino. Dal 2006 al 2010 assegnista di ricerca in Storia contemporanea alla Scuola Normale Superiore. Dal 2011 al 2017 è stato ricercatore all’Istituto storico italo Germanico-FBK di Trento, dove ha diretto il gruppo di ricerca “1914-1918” (FBK – Università di Trento), e dove dal 2017 è affiliated fellow.[2] Negli stessi anni è stato anche visiting fellow all’ENS di Parigi, all’università di Lille “Charles De Gaulle”, all’università di Paris 7 “Diderot”, all’Oberlin College (USA) e allo US Army War College di Carlisle (Pennsylvania, USA) ed è stato nominato chercheur associé al CNRS e all’Università di Paris-Sorbonne[3]. Dal 2017 è diventato prima ricercatore e poi professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali dell’Università di Padova, dove insegna History of conflicts e Storia contemporanea e dove, dal 2023, è Delegato alla comunicazione e alla terza missione [3]. Dal 2019 è membro del Comité directeur del Centre International de Recherche dell’Historial de la Grande Guerre di Péronne.
Durante il Centenario della Grande Guerra, ha fatto parte come consulente della Struttura di missione anniversari nazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.[4] Collabora con Il Corriere della Sera, con Il Foglio e con Rai Storia, per la quale ha scritto e condotto diversi documentari e le trasmissioni “Archivi. Miniere di Storia” (2018-2019) e dal 2020 al 2024, quando il rapporto tra i due si è interrotto, insieme a Michela Ponzani, “Storie Contemporanee”.[5] Dalla sua prima stagione, è ripetutamente ospite della trasmissione Passato e Presente condotto da Paolo Mieli (Rai 3 – Rai Storia) [6]Nella stagione 2023/2024 e 2024/2025 ha collaborato con Aldo Cazzullo per alcune puntate della trasmissione Una giornata particolare(La7).[7] Nel 2023 ha partecipato al documentario “La caduta”, condotto da Ezio Mauro per La7, sul 25 luglio 1943.[8] Nel 2024 è consulente e tra le voci narranti del documentario “I survived the Holocaust” diretto da Sanela Prašović Gadžo, presentato al Sarajevo Film Festival e allo Stockolm Film Festival.[9]
Gli sono stati attribuiti diversi riconoscimenti tra cui il premio nazionale “Friuli Storia” (2017) per la biografia di Luigi CadornaIl Capo, e il premio “Acqui Storia. Storico in TV” (2022) per il documentario L’ultimo eroe. Viaggio nell’Italia del Milite Ignoto (RAI Storia[10]), scritto e condotto insieme a Nicola Maranesi e Fabrizio Marini.
Opere
Veneto in armi. Tra mito della nazione e piccola patria 1866-1918, Collana Le guerre, Gorizia, LEG, 2002, ISBN 978-88-869-2853-3.
Armi e potere. Militari e politica nel primo Dopoguerra, Quaderni della Fondazione Luigi Salvator, Roma, Aracne, 2006, ISBN978-88-548-0745-7.
La politica delle armi. Il ruolo dell’esercito italiano nell’avvento del fascismo, Collana Quadrante, Roma-Bari, Laterza, 2006, ISBN 978-88-420-7804-3.
Dalla guerra alla pace. Retoriche e pratiche della smobilitazione nell’Italia del Novecento, con Guri Schwarz, Collana Nord-Est. Nuova serie, Verona, Cierre, 2008, ISBN 978-88-831-4439-4.
Alpini. Parole e immagini di un mito guerriero, Collana Percorsi, Roma-Bari, Laterza, 2008, ISBN 978-88-420-8652-9.
Venezia, Treviso e Padova nella grande guerra, con Lisa Bregantin e Livio Fantina, Collana 900 Veneto. La Grande Guerra, Istresco, 2008, ISBN978-88-888-8039-6.
Fiume! Scene, volti, parole di una rivoluzione immaginata 1919-1920, con Alessio Quercioli e Fabrizio Rasera, Museo Storico Italiano della Guerra, 2010, ISBN 978-88-322-6612-2.
Generazioni intellettuali. Storia sociale degli allievi della Scuola Normale Superiore di Pisa nel Novecento (1918-1946), Edizioni della Normale, Pisa, 2011, ISBN 978-88-764-2405-2.
La guerra italiana. Partire, raccontare, tornare 1914-1918, Collana Biblioteca storica, Bologna, Il Mulino, 2014, ISBN 978-88-152-51633.
De Gasperi e la Prima guerra mondiale, con Maurizio Cau, FBK Press, 2015, ISBN978-88-989-8923-2.
Andare per i luoghi della grande guerra, Collana Ritrovare l’Italia, Bologna, Il Mulino, 2015, ISBN 978-88-152-5794-9.
Il capo. La Grande Guerra del generale Luigi Cadorna, Biblioteca Storica, Bologna, Il Mulino, 2017, ISBN 978-88-152-7284-3. [Audiolibro letto da Ezio Bianchi, Feltre, Centro Internazionale del Libro Parlato, 2017], traduzione in tedesco: Der Feldherr. Luigi Cadorna im Grossen Krieg 1915-1918, Berlino / Boston, De Gruyter 2022 ISBN 978-3-11-069342-3
Fiume 1919. Una guerra civile italiana, Collana Aculei, Roma, Salerno Editrice, 2019, ISBN978-88-697-3364-2. – Collana Itinerari nella storia n.24, Milano, RCS MediaGroup, 2024.
Tutti giovani sui vent’anni. Una storia di alpini dal 1872 a oggi, Collezione Le Scie. Nuova serie, Milano, Mondadori, 2019, ISBN 978-88-047-1224-4.
Roma 1922. Il fascismo e la guerra mai finita, Biblioteca storica, Bologna, Il Mulino, 2022, ISBN 978-88-152-9927-7.
Il ritorno della guerra, Collana Biblioteca storica, Bologna, Il Mulino, 2024, ISBN978-88-153-8810-0.
Curatele
Armi e politica. Esercito e società nell’Europa contemporanea, con J.F. Chanet, D. Ceschin, H. Kuprian, C. Jahr, A. Argenio, numero monografico di “Memoria e Ricerca”, 2008, 28.
Narrating War. Early Modern and Contemporary Perspectives, con M. Rospocher, Duncker&Humblot – Il Mulino, Berlino-Bologna, 2013.
Roma-Al via la 18edima edizione di Teatri di Vetro, Festival delle Arti sceniche contemporanee-dall’8 al 21 dicembre, al Teatro India di Roma, Teatro del Lido di Ostia e Teatro Biblioteca Quarticciolo, attraverso strategie performative diverse – spettacoli, performance, pratiche corporee, installazioni performative, sperimentazioni musicali, progetti di partecipazione – pone l’attenzione oltre che sull’opera, sul processo creativo, creando le condizioni per nutrire la relazione con lo spettatore.
Teatri di Vetro è un progetto curatoriale articolato in sezioni. Trasmissioni, Composizioni, Oscillazioni, Elettrosuoni sono gli ambienti, le cornici. Ciascuna parte consente di attivare pratiche specifiche implicando aspetti metodologici, artistici, tematici, relazionali e interconnettendoli tra di loro in un’ottica multidisciplinare e interdisciplinare. Dentro l’architettura l’obiettivo è e resta Oscillazioni. Si configura come la meta e “informa” tutto il resto, ciò che la precede. È lì, nel deragliamento, nell’esplosione dei processi in articolazioni plurali, che si creano le condizioni per condividere e rendere viva la sfida della ricerca e mettere gli spettatori a contatto con il centro che realmente “muove” la scena.
Composizioni, l’8 dicembre al Teatro Lido di Ostia, prevede il coinvolgimento diretto dei cittadini proponendo progetti artistici dal carattere partecipativo; la musica elettronica e le sperimentazioni compositive tra musica e video di Elettrosuoni, dall’8 al 21 dicembre, attraversano il Teatro India e il Teatro del Lido; Oscillazioni, l’11 e il 13 al Teatro Quarticciolo e dal 16 al 21 dicembre al Teatro India, intercetta le spinte più significative della produzione artistica contemporanea di ricerca presentando in prima nazionale e romana i lavori degli artisti della scena nazionale tra cui Silvia Gribaudi, Operabianco, Alessandra Cristiani, Bartolini Baronio, Carlo Massari, Paola Bianchi e tanti altri.
30 spettacoli – 6 prime nazionali, 5 prime romane – creano un ambiente di dialogo e incontro tra artisti e pubblico, invitando gli spettatori a esplorare i processi della creazione scenica, coinvolgendo i cittadini in creazioni collettive e offrendo a tutti una possibilità di affondo nella radice profonda della scena.
“La 18^ edizione di Teatri di Vetro affianca spettacoli di cui il festival ha seguito i processi creativi a nuclei di ricerca in una costellazione di possibili scenici. La programmazione risponde alla complessità dei linguaggi della contemporaneità e invita a interrogare e condividere con il pubblico i processi di creazione, le necessità interne che la scena svela e nasconde, la compresenza e le tensioni vive tra il discorso del teatro e il discorso del pensiero. Un’architettura progettuale resa tangibile dagli oggetti scenici che la compongono. Abitata dalle molteplici figure con cui l’individualità artistica si apre all’esterno da sé, altri artisti e contesti” spiega Roberta Nicolai, direttrice artistica del festival.
OSCILLAZIONI
Apre la programmazione della sezione Oscillazioni un focus su Alessandra Cristiani che presenta Trilogia_la questione del linguaggio corporeo e l’arte di A. Mendieta, C. Cahun, S.Moon. Inaugura l’11 dicembre al Teatro Quarticciolo, con Matrice da Ana Mendieta, prima opera della Trilogia, che trae ispirazione dal lavoro dell’artista cubana che ha indagato l’esperienza dello sradicamento e la perdita delle radici attraverso Land e Body art. Il 13 dicembre al TeatroQuarticciolo è la volta di Lingua da Claude Cahun, ispirata all’ artista pioniera di una sessualità fluida e di uno stile di vita rivoluzionario. Chiude la Trilogia il 19 dicembre al Teatro India,Caduta la neve da Sarah Moon, che prende spunto da una delle maggiori fotografe contemporanee che nel suo percorso ha indagato la bellezza e lo scorrere del tempo con un linguaggio proprio e inconfondibile. A conclusione del lungo processo creativo, il 21 dicembre al Teatro India, Diario performativo, in collaborazione con Alberto Canu e Samantha Marenzi, esplora il linguaggio d’arte come mezzo espressivo, al centro dell’indagine il ritornare o il ripartire dalla radice corporea come causa generante di nuove visioni.
Il 16 dicembre Teatri di vetro sbarca al Teatro India. Operabianco debutta con Trickster un lavoro che parte da The Playhouse di Buster Keaton e da Francis Bacon e in cui l’uso delle citazioni è funzionale all’attraversamento continuo di altre materie nella carne del danzatore. Pixel, scariche elettriche, immagini effimere del web e del cinema, diventano carne, peso, muscoli, acrobazia, respiro. Giselda Ranieri presenta Ice_Scream, un duo tra danza e voce che interroga il binomio oppositivo Riso/Pianto. Un’indagine sul ridere, sul piangere e sull’instabilità degli stati corporei, emotivi e sonori legati a e compresi tra questi due apici. Una ricerca che parla della fragilità e allo stesso tempo della potenza dell’umano che non teme se stesso. Prosegue la serata con Una rinascita appunti su Forough Farrokhzad della Compagnia Bartolini Baronio che compone sulla scena gli appunti di un incontro tra la vita e le opere della poetessa iraniana Forugh Farrokhzad e le memorie personali delle artiste coinvolte. La condizione di spaesamento, l’esilio, esistenziale e reale, causato dalla violenza di condizionamenti sociali ed economici, familiari e culturali, religiosi e di genere, risuona nelle opere e nella storia di ribellione e di ricerca di libertà di Forugh. Chiude la serata Tools di Federico Scettri, un progetto musicale in solo che pluralizza il suono attraverso l’utilizzo del sample come materia viva e dialogica. Un all-in ironico e contraddittorio di field recording, groove, incursioni televisive e interferenze pubblicitarie.
Il 17 dicembre Medusa di Fabritia D’Intino e Federico Scettri si muove nella dimensione immersiva dell’oscurità, indagando il possibile stato di invisibilità di un corpo. Che ne è della danza se nessuno la vede? Ilenia Romano debutta con Strings, un lavoro di sperimentazione sul rapporto di assonanza-dissonanza-risonanza tra movimento e musica. Il solo, creato a partire da Voyage that never ends di Stefano Scodanibbio con esecuzione musicale dal vivo Giacomo Piermatti, crea tra corpo e musica un legame che viaggia per echi di mondi reali e immaginari. Le modificazioni di stato del corpo tra ‘accordatura e scordatura’ creano insieme alla musica le condizioni per un’esperienza sensoriale fortemente immersiva. Μονας (monàs) di Teatringestazione è un’opera ibrida tra installazione partecipata, autopoiesi coreografica e live cinema. Il pubblico facendo esperienza del differimento del proprio corpo in immagine, riflette sul rapporto tra spazio reale e spazio di rappresentazione. Dehors Audela con Sfondi/ Wallpapers_primo studio elabora un ambiente visivo abitato da coppe di un passato agonistico e carta da parati, dove le tracce sulle pareti, emerse, sedimentate, configurano lo stato semovibile della memoria.
Il 18 dicembreTeatrInGestazione in Variante B. NOT FOUND– studio espongono il prototipo che mostra il funzionamento del dispositivo scenico di Μονας. Dehors Audela con Deteriorate, a partire dall’archivio fotografico Totò Musolino, narrano storie inventate attraverso fotografie deteriorate da corrosioni che escludono alcuni elementi interrogando l’ordine degli oggetti all’interno dell’immagine. Perdere l’identità per corrosione, restituisce alle immagini un futuro e le riporta in uno stato eternamente nascente, quello del poter essere tutto e niente. Sempre il 18 debutta Pinocch-Io di Lucia Guarino un percorso che origina il suo pensiero da una personale messa a fuoco sulla fragilità e sull’ambiguità dell’esser-ci, ora-adesso, come esseri umani e viventi. Teatro Akropolis presenta La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro_Carmelo Bene per la regia di Clemente Tafuri. Tra le figure più controverse del Novecento teatrale, Carmelo Bene racconta i fondamenti della sua arte e il conflitto irrisolvibile col sistema del teatro e della cultura. La sua parte maledetta riguarda il paradosso della creazione nel teatro come nel cinema, nella musica e nella poesia, ovvero l’inevitabile incompiutezza dell’opera rispetto a quanto si può intuire e vivere oltre la letteratura, il linguaggio e la rappresentazione.
Il 19 dicembreZugZwang di e con Elisabetta e Gennaro Andrea Lauro: due individui, fratello e sorella, si ritrovano come pedine all’interno di una scacchiera simbolica, cui sono racchiuse tutte le loro possibilità di movimento e di relazione. Ad ogni casa corrisponde un mondo, un enigma da attraversare e decifrare. Insectum in Rome di Silvia Gribaudi e Tereza Ondrová nasce dalla ricerca In-Sectum di Elisabetta Zavoli, fotografa laureata in scienze ambientali e master in fotogiornalismo a Contrasto, e Sara Michieletto, violino primo nell’orchestra del Teatro la Fenice, durante una residenza artistica nella riserva Adolfo Ducke nei dintorni di Manaus, nella foresta amazzonica brasiliana. Le due artiste hanno creato immagini e suoni per riavvicinare le persone ai temi ambientali e spostare il punto di vista antropocentrico dell’esistenza. In Insectum lo studio si fonda sulla visione del mondo dal punto di vista dell’insetto.
Il 20 dicembre debutta Voice Over di Paola Bianchi una coreografia con nove danzatrici in scena, che nasce dalla trasmissione via audio della descrizione di alcune posture presenti nel solo di danza […] KZ e dal passaggio istantaneo e diretto dalla parola al corpo (eterodirezione). Memoria collettiva, trasmissibilità e intrasmissibilità sono i nuclei su cui si appoggia Voice Over, dove il corpo diventa grido senza esporre l’orrore. Strangers in the night, la nuova co-creazione firmata da Jos Baker, Linus Jansner e Carlo Massari, parte del percorso di ricerca sulle Metamorfosi e segna un‘importante passo avanti verso l’affermazione dello stile compositivo identitario di C&C Company. Una ricerca meta-teatrale, che buca la quarta parete e coinvolge il pubblico in un’escalation di follia, violenze e ironia. Irene Russolillo con Fàtico set predispone una pratica collettiva di ascolto in relazione al movimento, declinazione partecipativa dello spettacolo Fàtico: è un punto di incontro tra un concerto e un workshop, in uno spazio condiviso.
Il 21 dicembre è in scena […] KZ di Paola Bianchi è una danza che incorpora il rumore di fondo di audiocassette con la voce di persone deportate nei campi di sterminio nazisti, il fruscio, i vuoti, i buchi, le voci. Fàtico di Irene Russolillo è un progetto coreografico e musicale in cui il canto e la danza battono il tempo di tre orazioni. Battaglia della compagnia francese Emile Saar è la storia di un’opera perduta di cui resta solo la storia che ne raccontano due archeologi.
ELETTROSUONI
La musica elettronica e le sperimentazioni compositive tra musica e video attraversano il Teatro India e il Teatro del Lido. Wahid di Simone Alessandrini costruisce un dialogo tra strumenti a fiato trattati ed elementi del folklore musicale egiziano. A seguito della collaborazione con i Mazaher, collettivo musicale de Il Cairo, Simone Alessandrini rielabora tessuti ritmici e timbrici dello Zar, musica di antichissima provenienza, registrata durante la permanenza in Egitto, volendo creare così, una sintesi tra rituale e performance. Overlay di Riccardo Gola è un ipnotico set per contrabbasso ed elettronica, in cui strati di densa materia sonora si sovrappongono a voci campionate, in una coinvolgente performance di improvvisazione elettroacustica.
COMPOSIZIONI Composizioni, l’8 dicembre al Teatro Lido di Ostia, prevede il coinvolgimento diretto degli spettatori proponendo progetti artistici dal carattere partecipativo e rendendo gli eventi scenici non solo attraversabili, ma campi di gioco e sperimentazione in cui la presenza di cittadini, amatori, bambini, anziani e migranti diventa parte integrante della ricerca.
Elisabetta Lauro con Circuiti, un percorso laboratoriale che si inserisce nel più ampio Obey – progetto che si dirama in diverse direzioni, ognuna con il proprio fulcro tematico – indaga insieme alle giovani danzatrici del Liceo Coreutico Giovanni Paolo II, la dimensione del femminile e il concetto di disobbedienza a partire da un’idea di energia confinata e lineare, per cercare varchi di apertura e zone di fuori fuoco. Il lavoro di Gennaro Lauro, Questo ballo è per noi – parte di To Repel Ghosts/Lettera al Padre, si rivolge ai cittadini maschi o che si identifichino come tali, di età compresa tra i 15 e i 65 anni condividendo con loro e attraverso pratiche corporee una serie di domande: Cos’è il maschile? Di chi è? Mi appartiene? O sono io ad appartenergli? Quanto mi ha dato e quanto mi ha tolto? Può essere più mio? E come? Mentre Variazioni di spettro del collettivo Secondo Nome predispone un confronto aperto e condiviso con i partecipanti sulle modalità compositive e di improvvisazione a partire dal progetto performativo Spettro Variabile. Infine, Sonar di Ivan Gasbarrini/Zona Incerta crea con un ambiente interattivo in cui movimento, suono e video si intrecciano e si confondono. Uno spazio immersivo che si apre alle relazioni, al mutamento, alle possibilità di sconcerto o dissonanza alla fluidificazione tra scena e sala preparando l’atto finale della giornata: una festa.
TEATRI DI VETRO, Festival delle arti sceniche contemporanee – direzione artistica Roberta Nicolai – giunge alla 18esima edizione grazie al sostegno di MIC, della Regione Lazio, della Fondazione Carivit che concede un proprio contributo alla sezione Trasmissioni e in collaborazione con Teatro di Roma, Teatro del Lido, ATCL Lazio, Comune di Tuscania.
OSCILLAZIONI è organizzata e ideata dall’Associazione Il triangolo scaleno. Il progetto, promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, è vincitore dell’Avviso Pubblico biennale “Culture in Movimento 2023 – 2024” curato dal Dipartimento Attività Culturali ed è realizzato in collaborazione con SIAE
In collaborazione con: Teatro di Roma, Teatro del Lido, Teatro Biblioteca Quarticciolo, Accademia Nazionale di Danza, ATCL, ORBITA/Spellbound, TenDance Festival, Teatro Akropolis_Testimonianze ricerca azioni Festival, NDN Network drammaturgia Nuova, ANTICORPI XL, Europe Beyond Access 24-27, ATAC, ARCI Roma Aps, LAZIO YOUTH, DAMS Università Roma Tre, Roma Tre Dipartimento Filosofia, Comunicazione e Spettacolo, Liceo Coreutico Istituto Giovanni Paolo II, Consorzio Casa Internazionale delle Donne Aps, Centro Internazionale La Cometa, Stap Brancaccio Accademia di Teatro e Arti Performative, Associazione Cassiopea Ets Alta Formazione Artistica, Scuola d’arte Cinematografica Gian Maria Volonte’, Liminateatri, Teatro e Critica, Krapp’s Last Post.
CALENDARIO
TEATRO DEL LIDO DI OSTIA domenica 8 dicembre
17h00 Elisabetta Lauro_Obey#circuiti
17h30 Gennaro AndreaLauro_Questo ballo è per noi – restituzione laboratorio
18h00 Secondo Nome_Variazioni di spettro
18h30 Ivan Gasbarrini/Zona Incerta_Sonar installazione interattiva
TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO mercoledì 11 dicembre
21h00 Alessandra Cristiani_Matrice da Ana Mendieta
venerdì 13 dicembre
21h00 Alessandra Cristiani_Lingua da Claude Cahun
TEATRO INDIA lunedì 16 dicembre
19h30 Giselda Ranieri _Ice_Scream
20h30 Operabianco _Trickster
21h30 Bartolini/Baronio_Una rinascita appunti su Forough Farrokhzad
22h30 Federico Scettri_Tools
martedì 17 dicembre
18h00 Operabianco_Dialogo nello scorrere della creazione (incontro)
19h00 Fabritia D’Intino_Medusa
20h00 Ilenia Romano_Strings
21h00 Dehors Audela_Sfondi/ Wallpapers_primo studio
22h00 TeatrInGestazione_Μονάσ (Monás) mercoledì 18 dicembre
18h00 TeatrInGestazione_Variante B. NOT FOUND – studio
19h00 Dehors Audela_Deteriorate
20h00 Lucia Guarino_Pinocch-Io
21h30 Teatro Akropolis_La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro Carmelo Bene
22h30 Simone Alessandrini_Wahid
giovedì 19 dicembre
19h30 Elisabetta e Gennaro Andrea Lauro_ZugZwang
20h30 Silvia Gribaudi & Tereza Ondrová_Insectum in Rome
21h30 Alessandra Cristiani_Caduta la neve da Sarah Moon
22h30 Riccardo Gola_Overlay
venerdì 20 dicembre
17h30 Presentazione della fanzine OSCILLAZIONI#3 Lascia dormire il futuro (incontro)
19h00 Irene Russolillo_Fàtico set
20h30 Paola Bianchi_Voice Over
21h30 Carlo Massari C&C_Strangers in the night
sabato 21 dicembre
19h00 Compagnie Emile Saar_Battaglia
20h00 Alessandra Cristiani_Diario performativo. Movimento n potenza
21h00 Paola Bianchi_[…KZ]
22h00 Irene Russolillo_Fàtico
INFO
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YouTube @teatridivetrotriangoloscalenoteatro
PRENOTAZIONI I biglietti per gli spettacolisono prenotabili ai seguenti recapiti: promozione@triangoloscalenoteatro.it | 339.2824889 I biglietti vanno ritirati presso il botteghino del teatro. 10 euro intero, 5 euro ridotto, 3 euro operatori;
riduzione del 50% sul biglietto intero dedicata al pubblico con età inferiore ai 26 o superiore ai 65 anni e ai residenti del X Municipio per la programmazione al Teatro del Lido, del V Municipio per la programmazione a Teatro Biblioteca Quarticciolo e dell’XI Municipio per la programmazione al Teatro India.
Gli incontri previsti dal programma sono a ingresso gratuito
LUOGHI
TEATRO INDIA
Lungotevere Vittorio Gassman, 1
TEATRO DEL LIDO
Via delle Sirene, 22, Lido di Ostia
TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO
Via Ostuni, 8
COME RAGGIUNGERE I LUOGHI
TEATRO INDIA
170 – 781 – M Linea B fermata Basilica San Paolo + 766
Ingresso per le persone con disabilità: via Luigi Pierantoni, 6.
TEATRO DEL LIDO
M Linea B + Linea Roma-Lido fermata Lido centro + linea 01
TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO
Tram 14
Bus 450, 451, 508, 543
Giuseppe Bartoli –Militare antifascista, Partigiano, Autore del libro il libro
-Edizioni Zero Lire-
. 25 APRILE
L’importante è non rompere lo stelo
della ginestra che protende
oltre la siepe dei giorni il suo fiore.
C’é un fremito antico in noi
che credemmo nella voce del cuore
piantando alberi della libertà
sulle pietre arse e sulle croci.
Oggi non osiamo alzare bandiere
alziamo solo stinti medaglieri
ricamati di timide stelle dorate
come il pudore delle primule:
noi che viviamo ancora di leggende
incise sulla pelle umiliata
dalla vigliaccheria degli immemori
Quando fummo nel sole
e la giovinezza fioriva
come il seme nella zolla
sfidammo cantando l’infinito
con un senso dell’Eterno
e con mani colme di storia
consapevoli del prezzo pagato
Sentivamo il domani sulle ferite
e un sogno impalpabile di pace
immenso come il profumo del pane
E sui monti che videro il nostro passo
colmo di lacrime e fatica
non resti dissecato
quel fiore che si nutrì di sangue
e di rugiada in un aprile stupendo
quando il mondo trattenne il respiro
davanti al vento della libertà
portato dai figli della Resistenza.
AD UN PARTIGIANO CADUTO
E’ un fiume di ricordi ormai amico
la strada che conduce
a quei giorni lontani di smeraldo
dove sostammo come creduli ragazzi
a creare coi sogni nelle vene
fantasie di speranze e di parole
fra pugni di “canaglie in armi”
Forse potrei dimenticare il giogo
che mi lega all’arco dei rimpianti
se soltanto le voci dei compagni
tornassero a cantare
come quando la vita dilagava
e tu portavi alla gioia di tutti
il tuo sorriso di fanciullo
e la forza serena dei tuoi occhi
Ma anche se il tempo non ricama
che fili d’ombra sulla memoria
e il tormento di quell’assurdo giorno
quando attoniti restammo
davanti alla pietà della tua forca
è pur sempre l’ora della tua lotta
del tuo caldo vento di libertà
immenso come grembi di colombe
in volo fra fiori d’acquadiluna
Tu solo amico adesso
puoi scegliere i ritorni
e dirci ancora
col battito delle tue ali
le bellezze della vita
e le dolci innocenze della morte.
NOI CHE CADEMMO
Fummo una zolla qualunque
al taglio del vecchio aratro
che il nuovo trattore ferisce
inpianto, sudore e lavoro
Ora ascoltiamo i sospiri
di neri e snelli cipressi
dipinti da soffi di sole
in chicchi di riso azzurrino
che l’acre piovasco flagella
Viviamo in bellezze di morte
fra pioppi inclinati sul rio
E siamo la gialla pannocchia
che nutre la fame del povero
che accende la fede nell’uomo
Siamo promessa di pace
che tesse tovaglie d’altare
e bianchi lini di sposa
per alta promessa di vita
…………………………………….
noi che cademmo a vent’anni
nel sogno sublime dei liberi.
CA’ DI MALANCA
Se non sai leggere
negli occhi rossi
delle ginestre
nate dal sangue
della libertà
la muta preghiera
che scuote le catene
dei tiranni . . . .
Se non t’inginocchi
sulla brace
della carne accesa . . . .
Se non piangi
sui muri di corallo
delle case arse
e se non baci
la paglia insanguinata
dalle vene di tuo fratello
sei solo un fardello inutile
che non paga
il giusto prezzo ai Morti
Solo quando capirai
tutto questo . . . .
Solo quando ricorderai
come mordevi con dente di lupo
l’ultimo pane
nel cavo della mano contadina
potrai rivivere
quella primavera colma di rosso
per il primo fiore della Libertà
I MORTI ASPETTANO UN RAGAZZO DAGLI OCCHI DI SOLE LA MÖRT ED CURBERA LA MORTE DI CORBARA I DISCORSI D’ALLORA A CRESPINO LA DISFATTA UN BARATTOLO DI LATTA UNA FARFALLA DI CENERE
INTRODUZIONE
Udimmo il tonfo delle rane
negli alti silenzi dei meriggi
e il respiro lieve dei cavalli
nelle estese vele delle notti
gonfie di lucciole e di fremiti
Sulle nostre tavole di fieno
abbiamo mangiato
lacrime e canti
fra grappoli di rondini
in giostra nel cielo
Udimmo la scure abbattersi
sui letti deserti dei boschi
mentre carri di ricordi
si trascinavano lenti
Poi arrivò l’alba
d’una rossa primavera
con brezze di mandorli avvolte
nell’immemore pianto della terra
Tornammo dalle nostre madri
dopo una lunga notte insonne
intonando canti senza dolore
Le culle delle foglie
che ci furono compagne
raccolsero il vagito
della rinata libertà
e sui crateri di sangue
– scavati –
dalla nostra lotta
mani nude di orfani
sfidarono il cielo
Dal buio delle fosse
vergini di croci
gli occhi spalancati
dei partigiani caduti
si chiuderanno solo
se la loro speranza
diventerà la nostra.
Sono tornato dove un ragazzo
dai grandi occhi di sole
ha maturato le sue radici
Sono tornato dove abbiamo
sepolto la nostra giovinezza
e dove il nome di battaglia
nasceva tra bagliori di fuoco
Ed ho ritrovato la mia estate
L’estate dei ramarri sui muri
la fionda dall’elastico rosso
i piedi scalzi color di terra
e tutta la luce del giorno
a tingerci d’ambra le mani
Qui “giocavamo” alla guerra
fra siepi di rovi e di more
dietro lo scudo delle foglie
povera “canaglia” della libertà
inerme come grembi di colombe
Raccogliemmo morte e mirtilli
e tra cappotti di lune rosse
rubammo l’oro alle lucciole
Quando tua madre ingobbita
come la collina che ti colse
soffocò l’urlo e i singhiozzi
nella “tana” d’uno scialle nero
per te cantarono le cicale
e si schiusero nidi di viole
C’era un profumo di ginestre
nel cielo della tua ultima estate
Ora ti guardo senza piangere
compagno dagli occhi di sole
e mi chiedo se non fu fortuna
quel tuo andartene allora
col freddo sudore di morte
sul tenerume delle labbra
ancora ebbre di latte materno
Te ne andasti e forse fu meglio
perchè adesso solo le pietre
urlano come monumenti nudi
e perchè ragazzo senza nome
siamo ormai pochi a ricordare
il “sorriso” delle tue tenere vene
che si svuotavano come calici
per l’ultimo brindisi alla vita.
I s’arbuteva coma spig’d grân Si rovesciavano come spighe di grano
cun del biastèm che pareva preghir con delle bestemmie che sembravano preghiere
e vers e’ zêl e verso il cielo
pal’d s-cióp spudedi fra i dént palle di schioppo sputate tra i denti
l’andeva e’nom’d Maria e chietar sént andava il nome di Maria e degli altri santi
E prèm a caschê e fo Curbera Il primo a cadere fu Corbari
e par la bòta e per il tonfo
o tremê la tëra e o fo sobit sera tremò la terra e fu subito sera
A lé stuglé, ribèl senza pio’ él Lì disteso, ribelle senza più ali
u raspeva da e’ mêl raspava dal male
cun cla manaza grânda e cuntadéna con quella manaccia grande e contadina
……. bôna l’era la tëra ……….. ……………… buona era la terra
grasa e féna ……………. grassa e fine
Raspa Curbera, raspa stvò truvé Raspa Corbari, raspa se vuoi trovare
l’eteran cunzem dla libartê: l’eterno concime della libertà:
e’ sangue rumagnöl il sangue romagnolo
cla imbariaghê ogni côr che ha ubriacato ogni cuore
Strèca, strèca la tëra Stringi, stringi la terra
l’è sèmpar cl’udôr è sempre quel profumo
l’è sèmpar l’amôr dla stesa mâma è sempre l’amore della stessa mamma
cut fa da lët pövar fiol’d Rumâgna che ti fa da letto povero figlio di Romagna
Strèca ed elza la tësta, so canàja! Stringi ed alza la testa, su “canaglia”!
L’as drèza la camisa sanguneda Si alza la camicia insanguinata
la pê ôn lôm a Mérz, lôm’d premavera sembra un lume a marzo, lume di primavera
l’è bèl finì e’ su dé par na bangera è bello finire la vita per una bandiera
E cvànd che la prema sfója’d sôl E quando la prima sfoglia di sole
la spôrbia d’ôr tota la campagna spolvera d’oro tutta la campagna
e’partigiân e mör il partigiano muore
Bsén a lô ôn pòpul’d cuntadén Vicino a lui un popolo di contadini
o prega e o biastèma a tësta basa prega e bestemmia a testa bassa
Sôra a lô na bânda d’asasén Sopra di lui una banda d’assassini
la rid cun la vargôgna in faza ride con la vergogna in faccia
E’ sôl c’nas e dà vita a la brèza Il sole che nasce da vita alla brezza
nud coma Crèst, inciudê tna trèza nudo come Cristo inchiodato in una treggia
e pasa per l’amiga campâgna passa per l’amica campagna
l’ultum re dla muntâgna l’ultimo re della montagna
Brigant dla libartê e preputént Brigante della libertà e prepotente
ma s-cét com l’è s-cét la su zént ma schietto come è schietta la sua gente
s-cét coma i nost dê pasê bsén el stël schietto come i nostri giorni passati vicini alle stelle
fra e’ piânt’d mâma e cvèl de parabël tra il pianto di mamma e quello del parabello
(1) Silvio Corbari, medaglia d’oro della Resistenza.
Parlavamo di noi
quando la sera maturava
la stanchezza del giorno
e le contadine velate di nero
raccontavano al cielo
i guasti della pioggia
del vento e della guerra
Parlavamo di noi
all’acqua vergine di fonte
mescolando al grattare del mitra
la ragione di crederci uomini
e il diritto di lasciare
alle bestie da soma
il vanto pesante del basto
Parlavamo d’idee
mescolando bestemmie
ai rosari di pietra
per lasciare lontano l’inverno
che marciva nei solchi
e la fame
che uccideva le ultime favole
negli occhi dei bambini
Parlavamo di noi
cercando nei boschi la vita
e nei sentieri di piombo
le nostre radici di uomo
Parlavamo di noi
quando albe di fuoco
scoprivano i nostri fantasmi
già stanchi al primo mattino
già vecchi a soli vent’anni
Parlavamo del nostro domani
davanti alla salma nuda
d’un compagno caduto
e ad un ventre di terra
– che ingoiava –
le noste tenere radici
lasciandoci in bocca
la voglia rabbiosa
d’un tempo migliore
in cui ancora sperare
Vennero i giorni della primavera
La terra si coprì d’allegria
cantò tutti i colori del cielo
andò a piangere sui seminati
Nell’antica valle del Lamone
fiorì il natale sacro dei ciliegi
e le spighe in curva preghiera
baciarono il rosso dei papaveri
I campi non furono più tristi
quando sopra sbocciarono gentili
le rose selvatiche del maggio
Nessuno parlava di morte
fra le spine dei rossi lamponi
Ma la morte era in ogni pietra
nel filo dell’erbe e delle foglie
La morte vagava lungo il fiume
negli occhi delle bestie inquiete
nel taglio affilato della scure
E venne il giorno del martirio
sull’inerme cuore contadino
sulle mani rotte dal lavoro
sulla vanga ancora impastata
di buona terra e sacro sudore
Quando i barbari furono pronti
tacque il mormorio dell’acque
e una nube scura salì al cielo
a nascondere la rosa del sole
Le mani strinsero altre mani
Le parole e un pianto disperato
narraron sogni e favole smarrite
e negli occhi grandi delle madri
si posò il bacio dei figli
E l’ultimo pensiero andò lontano
ai fuochi spenti alla terra arata
all’oro reciso delle spighe
e ai giorni senza più domani
ai canti che si spegnevano
a loro che salivano il Calvario
e a noi, a noi, che siamo rimasti
a cogliere i frutti d’una stagione
nata da vittime innocenti
Era l’intera valle delle Scalelle
e dei castagni sacri a Campana
che consumava l’ultima ora
Non li chiamavano per nome
per non spaccare la cesta dell’odio
Un cenno, una spinta, un urlo
e la morte li coglieva sul petto
unendo il gemito di chi andava
all’angoscia di chi attendeva
Il campo diventò bara immensa
nel tiepido meriggio estivo
Noch ein! Noch ein! Noch ein!
Ancora uno! Ancora uno! Ancora uno!
E un colpo dopo l’altro
rompeva il grido della carne viva
e il sangue si fondeva in grumi
nel rosario dei ceppi delle mani
nella coppa umida della terra
Quando il silenzio raccolse dai pendii
l’ultimo colpo e l’ultimo grido
– lontano –
oltre la malinconia dei roveti
un requiem di coralli accesi
si scaldava al lume delle case
e noi,, noi, quelli ancora vivi
attendevamo un “nuovo” mattino
P.S. Questa poesia intende ricordare l’eccidio di 42 inermi contadini vittime della barbaria nazista a Crespino sul Lamone – Luglio 1944.
Io non ho perso la guerra quando combattevo
nella nuda terra africana
seppellito come un pidocchio
dentro una gabbana
fatta di sabbia e di sete
mangiando cavallette
Io non ho sporcato
l’argento delle mie stellette
nella steppa russa
mordendo con dente di lupo
le ossa condite di ghiaccio
dei miei fratelli caduti
Io perdo ancora la guerra
tutte le volte che penso
a me e agli altri ragazzi
che col fucile in mano
tenevamo Anna Frank
sepolta in una soffitta
E fra l’occhio spento del cielo
e l’odio assassino della terra
l’ebrea costruiva col sangue
quel monumento di pace
che schiaccia ancora adesso
l’anima di tutti i boia
Quella si che fu la vera disfatta
il marchio d’una sconfitta
che mi urla sempre addosso
con una bocca larga
come una camera a gas
La stella dalla coda
aveva appena perso
l’ultimo filaccio
ancora pregno di sangue
Adesso il mondo
poteva piangere
rannicchiato
fra gli spigoli
delle case arse
Ma un bambino
aveva tanta
tanta voglia di vivere
di correre sulla rugiada
che non appassiva più
sulla terra dischiusa
Cercava un barattolo
per giocare a palla
per capire dal suono
di quel giocattolo
che rideva fra i sassi
che il macello era finito
Ma nessuna luna d’argento
– rotolava –
sul grembo della terra
e allora spense
i suoi piedi nudi
fra spine di pietra
e diventò subito un uomo
Sarà festa grande
al taglio del maggese
per coriandoli di farfalle innamorate
libere dalle culle
dell’amore agreste
Voleranno
verso la vela
tenera del cielo
tra grida pulite
di bambini
frammenti ansiosi
d’albe serene
nati dalla brace
della carne accesa
E tornerà puntuale
il ricordo
della bimba di Bologna
che sognava
una farfalla di fiordaliso
da chiudere
nella gabbia del cuore
Vedo la sua immagine
dibattersi prigioniera
fra i rovi delle schegge
come rosa di macchia
nella siepe
Ogni anno
– per non dimenticare –
un filo di calendule d’oro
illuminerà
il sentiero di cenere
grigio
come la dolcezza
d’un settembre
Angela
non rivedrà più
gronde di luna
né si scalderà
all’abbaino del sole
con occhi
di passero sperduto
Di lei resta solo
un volo immenso
di cenere
che si posò leggero
sui suoi capelli
“come solinga
lampada di tomba”
Qualcuno di fronte a questa pubblicazione potrebbe intanto giustamente chiedersi a cosa serve la poesia. Rispondo con una frase dello scrittore americano William Carlos Williams laddove afferma che «niente di utile si trova nella poesia, ma l’umanità sta morendo miseramente ogni giorno per mancanza di ciò che si trova nella poesia». Pur ritenendo valido questo concetto si potrebbe pensare che la poesia possiede uno status specifico che la destina, lo si voglia o no, ad un pubblico di elite, a ristrette minoranze.
Ma così non è.
Abbiamo intanto un ricco patrimonio di versi dia-lettali che affonda le sue radici proprio nell’animo più popolare della nostra gente. E’ sufficiente ricorrere al lirismo di Aldo Spallicci o alla satira di Olindo Guerrini, alias Stecchetti, che esaltano la sensibilità più riposta e il diapason spirituale dei romagnoli, per capire l’importanza e il valore di immagini espressive che si richiamano alla fatica e al dolore dell’uomo, all’amore per la propria terra e le proprie tradizioni, concetti questi ancora profondamente radicati nell’animo più schietto del popolo.
La poesia è anche pensiero e fantasia, immagine e sentimento e lo sarà sempre fino a quando il sole risplenderà sulle sciagure umane.
Ed è proprio partendo dalla grande tragedia dell’ultima guerra che intendo dipanare il filo delle mie parole evidenziando, in particolare, l’olocausto di milioni di persone che assieme all’antifascismo, va visto come il substrato della Resistenza.
Ho avut o modo di leggere poesie scritte da bambini che hanno vissuto, prima di essere polverizzati nei lager tedeschi, momenti dilaganti di morte e disperazione. Si può cogliere in questi scritti una testi-monianza d’amore, un grido di condanna, un canto di speranza, un anelito di libertà che trascende la ricerca stessa della vendetta. Sono versi che diven-tano humus e linfa vitale offrendosi ad un’epoca in cui l’uomo barcolla alla ricerca di una luce che rischiari sentieri futuri per non morire per sempre.
Sentite cosa ha scritto, prima di entrare nei forni crematori, un ragazzo di quattordici anni: “Prova, amico, ad aprire il tuo cuore alla bellezza quando cammini tra la natura per intrecciare ghirlande con i tuoi ricordi e anche se le lacrime ti cadono lungo la strada vedrai che è bello vivere”
E non va dimenticato neanche il monito del piccolo ebreo Hanus “gasato” ad Auschwitz quando dice “che l’uomo non deve più lasciarsi riprendere dal sonno”. E il sonno in questo caso significa accettare supinamente le libertà perdute.
Ed Alena Synkova sogna orizzonti di pace, pur sapendo di dover morire, lasciandoci questi versi: “Vorrei andare sola dove c’è altra gente migliore in qualche posto sconosciuto dove nessuno uccide” Ho voluto di proposito far precedere alle mie poesie le stupende parole di alcuni dei tanti ragazzi che con il tappeto delle loro ceneri innocenti prepararono la Resistenza di tutta Europa. C’è una poesia che per il suo alto contenuto va inclusa in questa breve documentazione. Non è mia, ma del poeta siciliano Ottavio Profeta. “Se la mia voce morirà sulla croce di pietra cittadina portatela sulla cima del mio monte che s’alza nel vento e si corica nella nebbia Se la mia voce morirà nella mia pianura cercatela nel canneto nella conchiglie del mare e nell’acqua del fiume Se la mia voce morirà ridatemela viva fra gli alberi del bosco dove ogni sera canta un usignolo” –
Tornando ai bambini di Terezin e degli altri campi di sterminio, è sorprendente constatare la consonanza della poesia con la natura del fanciullo, il gusto estetico essenzialmente contenutistico, che non disdegna l’aspetto formale, le continue trasfigurazioni in immagini semplici e profonde. L’età evolutiva rivaluta il suo copioso scrigno di sogni. di intuizioni, di amore. Nel caso dei ragazzi di Terezin, il realismo è esaltato dalla virtù della speranza. Di fronte al bivio del “day after”, la storia e la poesia ripropongono la missione millenaria dell’umanità che si può sintetizzare in pochi versi: “…..e la speranza libera dalla gabbia colorerà la nebbia delle ore”. Questa pubblicazione, voluta dalla Comunità Montana nell’ampio quadro delle celebrazioni del cinquantenario della Resistenza, è indirizzata, in particolare, verso i ragazzi affinchè il ricordo dei loro coetanei che si aggiravano come passere bianche tra i fili spinati dei campi di prigionia, non sia dimenticato. Siamo di fronte alla tragedia di una adolescenza senza dimensione che va vista come un bozzolo di sole spento da uomini in delirio. L’olocausto dei ragazzi polverizzati nelle camere a gas, fu forse segno d’incantesimo, di cenere che s’innalzò come un vortice sulla notte di una civiltà calpestata. Ognuno di noi deve finalmente capire che l’innocente battito d’ali e il solco di terra che “annegava” tenerezza di ossa, appartiene all’umanità tutta come un monito tremendo.
«…..non è più tempo amico di trascinare uomini col giogo sui «Golgota» affamati di croci Non è più tempo delle gioie né di rimembranze serene se capisci che affondi i piedi sul sangue degli innocenti Resta coi bambini di Terezin e vedrai che dopo la lunga notte i licheni tenaci della libertà chiuderanno le crepe profonde delle nostre coscienze stanche» –
Breve biografia di Giuseppe “Pino” Bartoli, nato a Brisighella il 18/07/1920 e deceduto il 20/06/2004. Ex Ufficiale di Stato Civile ed ufficiale della formazione partigiana “Silvio Corbari”, grado riconosciutogli dal Ministero della Difesa, ha ricoperto, nel comune di Brisighella, tutti gli incarichi pubblici: Sindaco, Presidente della Comunità Montana, della Pro Loco, delle Opere Pie e del Museo del Lavoro Contadino. Poeta in lingua e vernacolo nonché prosatore, si è affermato in oltre 500 concorsi letterari, molti dei quali di livello nazionale ed internazionale. Cavaliere della Comunità Poetica Europea e Commendatore dell’Ordine Militare di S.Andrea, socio di 10 Accademie di lettere, arti e scienze, ha conseguito per due volte l’Oscar di Letteratura “Romagna”.
In sua memoria, si tiene annualmente un concorso di poesia, elaborati, disegni, ceramiche, ecc. riservato agli
quei giovani in cui Giuseppe riponeva la sua speranza per il futuro e che credeva fossero la gioia più bella del mondo.
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