Castelnuovo “l’Acchiesola” e il paradosso dell’algebra astratta-
-Brano da “Murales Castelnuovesi” di Franco Leggeri-
Muoversi nelle intuizioni e immergersi nei problemi irrisolti . Era questa l’equazione che sia i bambini e sia i giovani castelnuovesi degli anni ’50 dovevano risolvere in assenza dei media : radio, televisione , giornali e cinema.I media che dovevano essere vitamina e “stimolatori” della fantasia e creatività per le giovani menti castelnuovesi non esistevano ancora per tutti, sino al giorno in cui fu aperta la “scatola magica” della “piccola-grande “ sala cinematografica “su nell’Acchiesola”, ora Aula consigliare .Questa sala fu una prima miniera della fantasia , in Bianco e Nero, per le giovani menti castelnuovesi. Fu il cinema, per la sua capacità di “parlare” ad ogni pubblico : dal proletario, la maggioranza di noi castelnuovesi, sino a quello “aristocratico” .Proprio per il suo linguaggio, il cinema è un luogo comune nel senso di condiviso. Il cinema è allo stesso tempo un formidabile mezzo per la trasmissione, sia di mentalità che di ideologie, sia che si presenti nella forma di documentario e sia come finzione. Con il cinema, molti di noi giovani scoprimmo la grande città e l’esotismo di luoghi lontani. Scoprimmo le melodie delle colonne sonore, la sottolineatura e il clima da suspense che solo la musica e il gioco delle luci sanno evidenziare. Il vento prese “voce” e scoprimmo il canto dei fiumi e del mare. Ho nella memoria una presenza reale dell’attesa per l‘inizio del film, poi il silenzio e le immagini “enormi” proiettate sullo schermo che ci raccontavano una storia . Devo dire che ero affascinato! Ricordo, per esempio ,la “fantasiosa e furbesca” storia di un assalto alla diligenza e gli spari delle “colt”. E così che provai a risolvere l’equazione del paradosso dell’algebra astratta. La fantasia veniva , man mano, trovando i passaggi giusti nelle semplificazioni, tra realtà, finzione ed emozione, sino al coinvolgimento e all’identificazione nei personaggi del film . Fu allora che scoprimmo il Far West ( poi imparammo che il West era l’Ovest delle grandi praterie) e fu così che riuscimmo, in questa “Grande-minuscola sala”, a provare l’emozione di essere partecipi di una avventura sino a scoprire che , alla fine, “arrivava sempre il settimo cavalleria” e tutto aveva un lieto fine.
P.S.“Su nell’Acchiesola” noi “monelli de Castellu” quelli della generazione del dopoguerra abbiamo votato per la prima volta, perché “l’Acchiesola” era adibita, sin dall’800 , a sede di seggio elettorale. E’ qui che per molti Castelnuovesi ebbe inizio la speranza del “biennio rosso” del 1919 -1921 ,con il voto al Partito Socialista Italiano di Filippo Turati . In questa sala fu pronunciato, per la prima volta a Castelnuovo, il voto alla Lista “Falce, Martello e Libro”. Di queste elezioni del 1919 ne ho raccolto e trascritto la testimonianza diretta così come mi è stata raccontata dal nostro compaesano Fiore Tancioni che , assieme ad altri compaesani da me intervistati, ne fu testimone . Ma questa è una storia che tratto in un capitolo del libro “Castenuovo, la riva sinistra del Farfa”.
CASTELNUOVO& CORONAVIRUS-:Il dialogo, la parola, la convivenza e il Club Mefistofele di Castelnuovo-MURALES CASTELNUOVESI-
Castelnuovo di Farfa -Comunicare dalla quarantena non è sempre facile, e non solo perché siamo costretti a farlo virtualmente (ormai ci siamo quasi abituati) ma perché ,mai come in questo momento, i nostri ritmi divergono in modo così macroscopico. Anche in questo periodo che precede il Natale dobbiamo trovare il modo giusto di comunicare. Questi sono giorni degli abbracci vietati, dei baci dimenticati, dell’esilio domestico, delle relazioni fisiche interrotte, spezzate . In questo periodo riscopriamo la parola, il dono prezioso della parola . E’ un filo insostituibile che serve a ritessere la rete di rapporti umani e sociali che questo maledetto Coronavirus punta sistematicamente a distruggere. La parola , il linguaggio. Una facoltà che abbiamo ricevuto gratuitamente sin dalla nascita. Ed è per questo , forse, che finiamo molto spesso per sciuparla. A Castelnuovo sarebbe bello , proficuo, tornare a dare spazio ai ricordi, ai racconti che, a mio avviso, sono doni preziosi che non debbono essere dispersi perché hanno la capacità di farci riconoscere nell’anima e nell’orgoglio di essere castelnuovesi. I racconti castelnuovesi sono , se così si possono definire, fili intrecciati di un arazzo che è Castelnuovo stesso e questi fili , di tutti i colori, sono la narrazione e strumento di questa identità castelnuovese. Nel mio lavoro “Murales Castelnuovesi” ho tracciato e disegnato con le parole , in forma di poesia, storie e le vibrazioni che hanno segnano, inciso, le anime dei castelnuovesi che hanno navigato Dedalo-Castelnuovo.Ho scritto molto su Castelnuovo come ad esempio articoli , ma non ho comunicato con pubblicazioni organiche(organizzate) i miei lavori ad eccezione delle mie raccolte di Poesie . Castelnuovo è stato tiranno nei miei confronti e di altri castelnuovesi il perché è semplice l’era del “Club di Mefistofele” ancora, ahimè, non è terminata.Per Il Club Mefistofele sono stato , da sempre, una “molla antagonista” dato in pasto alla massa con l’etichetta “diverso” . Per anni ho subito il rancoroso bile degli avversari politici, degli affaristi del cemento castelnuovese. Ho subito l’espulsione dalla mia area politica, ma nessuno mai mi ha tacitato , mai ridotto ad elemosinare l’ingresso nei circoli del “potere castelnuovese”. Essere un castelnuovese e non avere accesso a nulla, come ad esempio all’Archivio storico è avvilente. Non permettono di abitare ed essere là dove non possiamo più essere. Dai racconti castelnuovesi emerge quella narrazione che non si riesce con i “politici” castelnuovesi a intavolare, non si riesce ad avere in dialogo perché essi sono, i “politici” castelnuovesi, la sommatoria dell’antidemocrazia, sono il carburante della negazione , sono sotto panza teleguidati da capibastone padroni di pacchetti di voti. Questi politici castelnuovesi sono il prodotto dell’opportunismo e dell’interesse piccolo , ma piccolissimo borghese. Il Club Mefistofele di Castelnuovo ha prodotto “espatriati ed esuli” . L’esperienza di esule nasce lasciando il proprio paese per approdare in nuovi spazi e in nuovi pensieri. Dal lager sito ai margini di Castelnuovo ho elaborato un «Il lessico dell’esilio». Il grande sforzo che a mio avviso si deve fare a Castelnuovo, sforzo che deve essere messo in campo da tutte le parti, è ritrovare quel filo che sia capace di “rammendare” le relazioni. Quel filo capace di “riparare” la comunità castelnuovese ferita ed emarginata, ricucire e riavvicinare le persone lontane . L’umile arte del “riparare con la parola ” credo, spero, che a Castelnuovo questa virtù non sia andata perduta. Quando scrivo un racconto,una poesia o un articolo di giornale cerco di raccogliere i frammenti , attimi di vita, di incontri che non sono mai andati perduti. Quando scrivo recupero questi frammenti , provo a metterli insieme li intreccio , come la trama di una stoffa, e mi appare una realtà che altrimenti andava perduta. Scrivere e descrivere Castelnuovo è come lavorare al montaggio di un film . Quando scrivo di Castelnuovo cerco di farlo con onestà , con coerenza ed è proprio questo il momento della narrazione in cui la verità entra in gioco.Chi scrive sa perfettamente che si ha di fronte sempre un interlocutore anche se in astratto. Le storie castelnuovesi , i Murales castelnuovesi hanno per me un effetto catartico, mi permette, questo tipo di scrittura, di tirare fuori quello che è in me , che abita dentro di me, e non mi sento giudicato.I racconti castelnuovesi hanno, evidentemente solo per me, un potere enorme perché riescono a creare e ricreare realtà che non esistono più. Personaggi veri che diventano eroi o vittime del Club Mefistofele castelnuovese. I racconti sono potenti perché non più individuali, ma è anche e possono diventare l’identità di una comunità e della sua cultura. La quarantena e i racconti castelnuovesi sembra un titolo coniato da P.P.Pasolini. Vediamo cosa ne viene fuori.( scritto 20 novembre 2020)
Castelnuovo :La pandemia Covid19.
Dio è forse invecchiato ?
Perché ci sta regalando un futuro
nel tunnel della pandemia.
Noi tutti berremo, per dissetarci ,
le lacrime raccolte lungo le strade, nelle case,
negli ospedali e nei cimiteri.
Ci aspettano, forse, lunghe notti
quando, noi tutti, perderemo pezzi di vita
e ci scopriremo logorati di tristezza e rassegnazione.
Sarà solo un ricordo
il verso della poesia, modellato e cantato
dalla voce semplice dei bambini castelnuovesi
mentre giocano all’ombra degli ulivi.
Castelnuovo, donaci ancora la tua poesia
e i tuoi versi soffici e sottili,
come il vento che gioca con le foglie
e si trasforma in fruscio accarezzando i petali dei fiori.
Castelnuovo, prega Dio con i tuoi versi
e con la tua voce, che si traduce sempre in suoni e vibrazioni
di canzoni cantate dagli occhi delle nostre madri.
Castelnuovo, troveremo i semi della nostra vita
logorati dal triste tempo che ci aspetta?
Questi versi, frammenti d’ispirazione,
navigheranno nella sofferenza
per attraversare l’oceano dei ricordi.
Castelnuovo, ma noi riusciremo ancora
a percepire la Natura come Leopardi?
Castelnuovo, cosa racconteremo ai nostri morti?
Come racconteremo questa storia ?
Noi porteremo, ancora una volta, una rosa liberatoria ai piedi
dell’altare, con la presunzione di avere l’attenzione di Dio?
Noi, che abbiamo distrutto il cielo e la Valle del Farfa,
possiamo ancora avere e ritrovare la poesia di Castelnuovo
Castelnuovo di Farfa- 27 gennaio 2022–Il mattino a Castelnuovo, al risveglio, certe volte, mi piace prendere tempo per poi decidere se scriverò qualcosa. Ogni risveglio lo devo immaginare come il ritorno a Castelnuovo per la prima volta, cercando di pensarlo circondato da una terra sconosciuta :la Valle del Farfa. Poi prende il sopravvento il profumo del caffè e così inizio un nuovo giorno con il foglio bianco e una carovana di pensieri da trascrivere. Una collezione di immagini che pian piano si andranno, possibilmente, a sistemarsi nello spazio delle pagine non scritte. Poi uscire dalla staticità e, al terzo caffè, iniziare un viaggio negli scaffali dei libri che forse non leggerò .Ma, ogni libro che muovo come pedine nella scacchiera della mente , quasi sempre, fa sì che il desiderio di scrivere prenda la via della scrivania. Sì, così esco dalla notte ,dai pensieri e dai disegni bui . Segni poggiati nel nulla e nel nero ma poi , pian piano, la planimetria e il progetto della pagina diventa chiaro e ben definito. E’ questo un Gennaio diverso, freddo ma con un silenzio che ricorda il momento triste della pandemia. Oggi è il GIORNO DELLA MEMORIA, e allora ecco di cosa scrivere su questo foglio bianco. Il 27 gennaio, qui a Castelnuovo, sono tutti eruditi e acculturati “storici “ .Peccato che i cosiddetti “storici” alla “castelnuovese” non ricordino perché e come iniziò l’orribile olocausto. Ma voi che vi riempite la bocca di “MEMORIA”, sì dico a voi che, con le vostre bocche piene delle parole “cultura e memoria”, gridate e vi stracciate le vostre giacchette “firmate” e continuate tutte le volte a dire e a scrivere :”Affinché non accada mai più! “. E anche oggi continuate a dirlo!E allora vi chiedo se veramente ricordate com’è iniziato l’orribile olocausto.Non certo con i campi di sterminio, non certo con i lager, non certo con le deportazioni di massa.Iniziò con l’eliminazione del dissenso, con il controllo e la paura. Iniziò con l’eugenetica. Iniziò con la divisione del popolo in categorie. Iniziò con il sospetto e la sfiducia del vicino. Voi che riempite le vostre bocche della parola “MEMORIA”, poi isolate le persone solo perché di intralcio alla vostra narrazione tesa a coprire le vostre politiche. Voi che predicate la Democrazia, siete stati i creatori del “LISTONE UNICO” , di triste memoria, oggi al “potere”. Voi isolate e cancellate la VERA STORIA CASTELNUOVESE, manovrandola e incanaladola nella direzione , a beneficio, del vostro “potere” . Credo che “la clessidra” e “il vostro tempo” si stia esaurendo, ma continuerete a cercare ogni scappatoia per galleggiare ancora per un po’. Credo che ognuno di voi avrà presto una casella che si è costruita nei “Gironi” del Nostro Castelnuovo. Concludo questa mia nota con i versi del Sommo Poeta:” E quindi uscimmo a riveder le stelle (Inferno XXXIV, 139)”.
Valerio Bispuri- Dentro una storia. Appunti sulla fotografia
Prefazione di Marco Damilano-Editore Mimesis
DESCRIZIONE
Prefazione di Marco Damilano:“In fondo credo che la fotografia unisca la possibilità di rimanere bambini e di essere uomini forti, coraggiosi e incoscienti, dove le emozioni si rispecchiano allo stesso tempo nella velocità dello scatto e nella lentezza di saper guardare oltre, dove l’attimo può rimanere in superficie e allo stesso tempo toccare grandi profondità e dove l’istinto funziona solo quando si muove nel recinto della ragione”. “Dentro una storia” è il viaggio di un fotoreporter all’interno delle sue immagini. Valerio Bispuri ci porta nel mondo degli ultimi, dei dimenticati e ci racconta il suo percorso fotografico e umano attraverso gli sguardi, i gesti di chi ha fotografato. Un mondo osservato o meglio scrutato con pazienza e coraggio, due parole ricorrenti nel suo lavoro. Un fotoreporter controcorrente che usa il tempo per conoscere e raccontare, che ama le storie lunghe e che riesce a unire le proprie emozioni con la realtà. Tra gli occhi di chi vive dietro le sbarre di una prigione, nel mondo della droga in Sudamerica, nell’universo di chi è sordo e nella realtà della malattia mentale, le storie di Bispuri nascono sempre osservando gli altri e la propria interiorità: “Ho sempre visto la fotografia come un guardare attraverso il mondo con la lente d’ingrandimento delle nostre emozioni. Un gesto che diventa forma, uno spazio che si interpone agli angoli remoti delle nostre linee interiori”.
Si restaura l’affresco “Gesù e la Samaritana al pozzo”
Casperia- 11 luglio 2023-sono partiti i lavori di restauro dell’affresco raffigurante “Gesù e la Samaritana al pozzo” che si trova sul fontanile in via S. Maria. Un monumento a cui la comunità è molto legata, tanto che la locale ProLoco ha organizzato una raccolta fondi per salvare l’opera d’arte del XVI secolo. Azione che ha coinvolto l’intera popolazione e suscitato l’attenzione della folta comunità straniera che vive a Casperia, che si è impegnata molto nella diffusione dell’iniziativa anche all’estero.
La ProLoco ha versato il ricavato al Comune, che da parte sua ha aggiunto un contributo ricevuto dalla comunità montana affinché si raggiungesse la somma necessaria per il restauro dell’affresco. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione dalla soprintendenza, sotto la supervisione del funzionario storico dell’arte Giuseppe Cassio, il comune ha potuto finalmente affidare i lavori.
«Si tratta di una bella azione che nasce dal basso – spiega il sindaco Marco Cossu – da quel forte senso di appartenenza alla comunità che ci rende orgogliosi della nostra identità e gelosi del patrimonio culturale. Dobbiamo essere tutti grati alla proloco e ad ogni persona che ha contribuito. Un ringraziamento speciale va a James Johnstone, canadese che da qualche anno vive nel nostro paese, per l’impegno straordinario nel far conoscere all’estero anche questa perla del territorio asprese che meritava di essere riscoperta. Grazie anche all’Impresa edile 3000 per aver montato gratuitamente l’impalcatura».
Borbona(RI)Manifestazione dal titolo “Giochi-Amo Borbona!”
BORBONA-Sabato 22 luglio 2023 si svolgerà a Borbona la manifestazione dal titolo “Giochi-Amo Borbona!”, una giornata di festa, gioco, cultura, enogastronomia e “comunità”. Proprio quest’ultima parola, “comunità”, è la chiave per definire al meglio la manifestazione: frutto di un percorso di rafforzamento della comunità educante, iniziato nel Comune di Borbona grazie alle attività previste dal progetto “C.L.E.B. – Centro Ludico Educativo Borbona”.
«Negli ultimi mesi abbiamo cercato di facilitare e accelerare il naturale processo di aggregazione della comunità locale, fornendo spazi fisici e occasioni di incontro e confronto a coloro che avessero voglia di mettersi in gioco per partecipare attivamente alla costruzione di una comunità locale solida” – spiega Pietro Noce, Responsabile del progetto C.L.E.B. Del resto – puntualizza Maria Antonietta Di Gaspare, sindaco del Comune di Borbona – una delle funzioni primarie dei presidi educativi territoriali è proprio quella di aggregare la comunità locale, facilitando processi sociali sani e duraturi».
Nei mesi passati diverse Associazioni, Cooperative, Enti Pubblici e cittadini si sono resi disponibili a collaborare con il progetto C.L.E.B. per creare occasioni socializzanti, educative, di promozione della cultura locale, oltre a inserirsi da protagonisti nei processi di progettazione partecipata promossi dal Comune di Borbona, rispetto ai cambiamenti in atto nel tessuto urbano e sociale del Comune dell’Alto Velino.
Diverse le attività organizzate negli ultimi due anni, in particolare durante le ricorrenze di Natale, Carnevale e nel periodo estivo. Evento principale dell’estate 2023 sarà proprio la manifestazione “Giochi-Amo Borbona!”, che si svolgerà a partire dalle ore 10.00 con un programma denso di attività e iniziative: dal gioco alla cultura, dall’enogastronomia alla media-education. Filo conduttore della giornata sarà il gioco all’aperto, la riconquista degli spazi urbani a misura di cittadino, il rafforzamento dei legami sociali.
Il programma completo della manifestazione
ORE 10.00 – GIOCO DELL’OCA GIGANTE ALL’APERTO – VIA PIO TROIANI Grande Gioco di ruolo aperto a bambini e adulti (A cura del progetto C.L.E.B.) ORE 11.30 – LA BIBLIOTECA DIFFUSA – PRESSO LUDOTECA CLEB Animazione alla lettura per genitori e bambini (A cura del progetto C.L.E.B. e della Biblioteca di Borbona) ORE 11.30 – “SOCIAL QUIZ/GAME” – PRESSO LUDOTECA CLEB Gioca, Impara e Conquista i Social! – Attività per ragazzi e genitori (A cura di Daniele Gregori – Giacomo Spinola) ORE 16.30 – OLIMPIADI DEI GIOCHI DI STRADA – VIA PIO TROIANI Come si giocava un tempo e come si gioca oggi all’aperto (A cura di progetto C.L.E.B. e Centro Sociale Anziani) ORE 18.00 – ATTIVITÀ SPORTIVA – LOCALITÀ CAMPO SPORTIVO “LA CONA” Lo Sport del calcio e i giovani – torneo per i ragazzi (A cura dell’A.S.D. Alto Lazio) ORE 21.00 – I “MAZZABURRELLI” – P.ZZA MARTIRI IV APRILE Bambini e ragazzi diventeranno piccoli folletti di montagna dispettosi, che vagando per le vie del paese… (A cura della Proloco di Borbona) Durante la manifestazione, inoltre, verrà lanciato un processo di progettazione partecipata: INIZIATIVE DI PROGETTAZIONE DELLA “VIA DEL FIUME” NEL COMUNE DI BORBONA Mostra sulle iniziative di progettazione degli arredi urbani negli spazi pubblici che il Comune di Borbona sta mettendo in opera e lancio del PERCORSO DI PROGETTAZIONE PARTECIPATA con i cittadini, per raccogliere proposte e feed-back) (A cura del Comune di Borbona)
ORE 20.00 – CENA PRESSO RETTIFILO Menu completo bambini/ragazzi: Primo, Secondo, Acqua – € 5,00 (A cura della Proloco di Borbona)
Le realtà che hanno contribuito all’organizzazione della manifestazione sono: • COMUNE DI BORBONA, Ente promotore e coordinatore • PROGETTO C.L.E.B. – CENTRO LUDICO EDUCATIVO BORBONA (Cooperativa sociale Altri Colori, Cooperativa sociale Odissea, Cooperativa sociale ArsLabor, Cooperativa Eticae-Stewardship in Action, Università Bicocca di Milano, Comune di Borbona, Comune di Cittareale) • PROLOCO DI BORBONA • BIBLIOTECA COMUNALE DI BORBONA • CENTRO ANZIANI DI BORBONA • A.S.D. ALTO LAZIO • ASSOCIAZIONE VALLEMARE
Per informazioni e contatti: 335.1201565
Il progetto “C.L.E.B. – Centro Ludico Educativo Borbona” è rivolto a minori e rispettive famiglie residenti nei Comuni di Borbona e Cittareale (RI), territori appartenenti al versante laziale del cratere sismico. Capofila del progetto, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e cofinanziato dalla Regione Lazio, è la Cooperativa sociale Altri Colori. Il progetto ha come obiettivi: ridurre i rischi di dispersione scolastica nella fascia di età 6-13 anni; creare presidi educativi rivolti ai minori e alle famiglie, nei territori con maggiore grado di vulnerabilità sociale del Lazio e potenziare le attività didattiche delle scuole; contrastare il divario digitale, aumentando le “occasioni educative” a disposizione dei bambini e dei ragazzi del territorio; rafforzare il ruolo di tutti gli attori coinvolti nel processo educativo dei minori nei territori di intervento (“comunità educante”).
una poesia di Franco Leggeri da MURALES CASTELNUOVESI
Il Sabato Castelnuovese- (1976)
Sono debole ed è allarme fragilità.
Il dolore cronico di un’opera senza citazioni,
ma, per fortuna, sono gli zuccheri
a indicarmi la luna .
Ma è l’Ulysses di James Joyce che insiste e logora la mia fragilità.
Percorsi, postumi, per correre nella bellezza dell’acqua piovana
Non più incubi illustrati,
ma solo semplici foto di una luce debole,
Fragile.
Debole come il probabile ,ammirando, di viziati ritratti,
ora
è sempre più fragile dipingere il desiderio in modo godibile
nel “mentre”, gli affreschi dei miei sogni non hanno illustrazioni patinate.
Castelnuovo è la mia, orrenda, poesia per odiarmi,
è tutto inutile so già che il foglio bianco
è di un nero brillante .
Castelnuovo , a volte aristocratico e dominante
È una nave pregiata , visibile e bella, che naviga in formazione
Dentro la flotta dei Borghi sabini.
Castelnuovo non prenderà il largo
In quell’oceano del futuro,
Castelnuovo
Un colore diverso della schizofrenia tracciata da un sismografo impazzito.
Castelnuovo il borgo delle decapitazioni delle idee e tomba dei sogni.
Le illusioni di un sabato castelnuovese
È una comicità tragica di un copione senza parole.
Ombre,
si ,ombre cinesi
sono adagiate sul mio foglio bianco
e
dal nero volano gialle farfalle
esse
“PARLANO PAROLE DENTRO LE BOLLE DI SAPONE”
Raccontano , elevandosi in un vortice,
di un Castelnuovo disperso all’interno di mura ciclopiche.
E’ forse l’ora
Che torni alla montagna,
Alla roccia,
Alla neve,
Alla nebbia di questo sabato di novembre
Ho ora l’inchiostro nelle mie mani
Per dipingere cerchi senza misura,
e senza diametro.
Come sono lontani dal mare questi sabati castelnuovesi.
P.S. Ogni libro intorno a me ha un’anima, ma non riesco a trovarla essa corre e si nasconde per le vie di Dedalo.
Come disse James: “non so in che ordine vanno le parole”.
Allora che senso ha scolpire in forma dedalica una pagina bianca?
Certamente Castelnuovo non è una scultura greca, ma ha , possiede, un’anima : “ossessiva, assordante.”
Castelnuovo, il mio Castelnuovo, è un libro raro per pochi eletti.
la foto allegata è di Franco Leggeri, Castelnuovese-
Trace di scritti dispersi. Raccolta :”Novembre castelnuovese.”(1976)
Simone Weil nata a Parigi nel 1909 è la figlia di un medico alsaziano di origini ebraiche. Sorella minore del famoso matematico André Weil, ricevono entrambi un’istruzione laica.
Famiglia molto unita, costretta a frequenti spostamenti per seguire il padre, lei e il fratello erano costretti a prendere lezioni private; ciò permise loro di essere molto più avanti negli studi dei coetanei che seguivano i corsi normali.
André dimostra un precoce talento matematico e in famiglia è reputato un genio; è André, che per primo le insegna a leggere.
Sin dalla tenera età è sempre stata di salute cagionevole; trascorre spesso periodi di convalescenza a letto e legge moltissimo.
Fra il 1919 e il 1928 studia in diversi licei parigini. Sceglie la filosofia. Nel 1928 è ammessa all’École Normale Supérieure. Attratta da Cartesio, cui dedicherà la propria tesi, studia Marx e mostra un rigore che la distingue dai suoi coetanei.
Simone de Beauvoir, di un anno più anziana di lei che frequenta lo stesso liceo, ammette d’invidiarla, più che per la sua intelligenza, per il suo cuore:
«… pensa alla la Rivoluzione che avrebbe dato da mangiare a tutti».
Ma le due Simone non vanno d’accordo, intellettuale l’una, concreta e materialista l’altra.
Superato l’esame di concorso per la docenza nella scuola media superiore; insegna filosofia fra il 1931 e il 1938 nei licei femminili di varie città di provincia:
Al suo primo insegnamento, genera scandalo distribuendo lo stipendio fra gli operai in sciopero. Decide di vivere spendendo per sé solo l’equivalente di quanto percepito come sussidio dai disoccupati, per sperimentare le medesime ristrettezze di vita.
In quegli anni è vicina ad ambienti trotskisti e anarchici. Nell’agosto del 1932 si reca a Berlino per conoscere il clima nel luogo più scottante del momento; è la vigilia della presa del potere da parte di Hitler.
Nel 1933 scrive articoli, condanna l’avvicinamento dell’Unione Sovietica alla Germania nazista; pensa lo stalinismo una forma di oppressione burocratica analoga al fascismo.
A fine dicembre ospita per alcuni giorni, nel suo appartamento di Parigi, l’esule Lev Trockij, assieme alla moglie. Ma l’esperienza si conclude presto con uno scontro verbale fra i due.
Pur in condizioni di salute precarie, soffre di una forte emicrania cronica, prova a conoscere direttamente la situazione operaia e ne scopre la terribile monotonia. Va come manovale nelle fabbriche metallurgiche di Parigi, ma avendo scarsa dimestichezza coi macchinari, nell’indifferenza dei compagni di lavoro, giunge il licenziamento.
«Laggiù mi è stato impresso per sempre il marchio della schiavitù».
La seconda esperienza di otto mesi, nelle officine Renault, aggrava ulteriormente il suo stato di salute ed è raccontata sotto forma di diario e di lettere nel libro “La condizione operaia”.
Prima di riprendere a insegnare in un liceo di Bourges, si reca in Portogallo, dove conosce e vive la miseria dei pescatori.
L’8 agosto 1936 varca la frontiera spagnola con un lasciapassare da giornalista ed entra come miliziana fra i volontari anarchici. Non essendo capace di usare il fucile, viene assegnata ai lavori in cucina. Ma già in settembre, dubbiosa sull’utilità del conflitto, torna a Parigi.
«Non era più, come mi era sembrata all’inizio, una guerra di contadini affamati contro i proprietari terrieri e un clero complice dei proprietari, ma una guerra tra la Russia, la Germania e l’Italia.»
Anche a causa delle violenze commesse dai repubblicani accantona definitivamente il marxismo, contro corrente rispetto agli intellettuali della sua generazione che lo riscoprono. Nello stesso anno, mentre viaggia per l’Italia, ad Assisi, viene attratta dalla fede cristiana, e riscopre la poesia. Iniziano le sue esperienze mistiche.
Nella primavera del 1940 a causa dell’invasione tedesca, la famiglia abbandona Parigi e trascorre due mesi a Vichy. Durante l’invasione tedesca della Francia, il governo collaborazinista francese si sposta a Vichy.
Con i genitori si sposta prima a Tolosa poi a Marsiglia, dove viene arrestata mentre distribuisce volantini contro il governo di Vichy. Quando il giudice minaccia di chiuderla in cella con delle prostitute, replica di aver sempre desiderato conoscere quell’ambiente. Al che, il giudice la lascia andare credendola matta.
Torna ad insegnare, ma deve dimettersi, in quanto ebrea. Si occupa di procurare documenti falsi ai rifugiati. Dal momento che il padre e la madre non accettano di allontanarsi dalla Francia senza di lei, a maggio giunge con loro a Casablanca, in un campo profughi affollato da esuli ebrei.
In dicembre parte per Londra per unirsi all’organizzazione dei resistenti in esilio France libre. Digiunando, si sente spiritualmente vicina ai connazionali della zona occupata; trascorre giorni senza mangiare. In qualità di redattrice del giornale France libre, scrive vari articoli successivamente inseriti nel volume “Écrits de Londres”.
Tenta di essere inviata con un gruppo di infermiere in prima linea del fronte, ma la cosa viene rifiutata. Impossibilitata a partecipare attivamente alla guerra, la Weil cede a un sentimento di autodistruzione.
Affetta da tubercolosi, aggravata dalle privazioni, muore il 24 agosto nel sanatorio di Ashford, vicino Londra; è epolta nella sezione cattolica del cimitero di Ashford.
È Albert Camus a divulgare originariamente la maggior parte degli scritti della Weil, A parte alcuni articoli, le sue opere vengono pubblicate postume. Le sue opere vengono tradotte in italiano per iniziativa di Adriano Olivetti.
Anselmo Pagani- Margherita Hack-La “Signora delle stelle”
La “Signora delle stelle” non poteva che vedere la luce in via delle Cento Stelle, a Firenze, città del Sommo Poeta che, per sottolineare come le tenebre infernali fossero ormai soltanto un brutto ricordo, tirò un sospiro di sollievo tanto profondo, che pare persino di udirlo, quando finalmente uscì “a riveder le stelle”.
Tuttavia, il filo che legò Margherita Hack, nata il 12 giugno del 1922, agli astri celesti non si ridusse ad un semplice gioco di parole, ma si concretizzò in un connubio destinato a durare per tutta la vita di questa donna che della libertà e della laicità fece i pilastri sui quali poggiare il suo incessante impegno per la promozione dei diritti civili, la tutela dell’ambiente e la cura degli animali.
Figlia di padre protestante e madre cattolica, fu instradata dai genitori, entrambi insoddisfatti delle religioni tradizionali, verso lo studio della teosofia, dottrina filosofico-religiosa che combina la conoscenza mistica con l’indagine scientifica, predicando il rispetto di tutti gli esseri viventi.
Diplomatasi al liceo classico nel 1940, nella sua città natale frequentò i corsi di fisica laureandosi nel 1945 con una tesi sulle Cefeidi, un particolare tipo di stelle da lei lungamente studiate presso l’Osservatorio di Arcetri, dove Margherita ebbe modo di respirare la stessa aria che fu di Galileo, la cui eredità avrebbe enormemente influenzato il suo lavoro.
Sposatasi con Aldo De Rosa, al quale sarebbe rimasta legata per oltre settant’anni, nel 1951 si trasferì a Milano, presso la cui Università vinse un concorso come assistente, iniziando a lavorare all’Osservatorio di Merate, dove a quei tempi si trovava il secondo più grande telescopio d’Italia.
Grazie ai suoi oltre 250 scritti d’astrofisica e radioastronomia, oltre che alle sempre più frequenti collaborazioni con le principali Università del mondo, la Hack a poco a poco si guadagnò una fama planetaria e nel 1964 divenne la prima donna in Italia a dirigere un Osservatorio: quello di Trieste.
I suoi studi sono a tutt’oggi considerati una pietra miliare non solo per la misurazione della distanza degli infiniti spazi interstellari, ma anche per lo sviluppo dell’astronomia a raggi ultravioletti, grazie ai quali è possibile osservare fenomeni altrimenti invisibili quali la nascita e la morte delle stelle.
Oltreché validissima scienziata, Margherita fu anche una grande sportiva che in gioventù giocò a pallacanestro ed eccelse in atletica leggera (specialmente nel salto in alto e in lungo), mentre per tutta la vita sarebbe rimasta un’accesissima tifosa della Fiorentina.
Strenua paladina dei diritti civili, quando ancora di queste tematiche si discuteva sottovoce, si espose in diverse occasioni a chiare lettere in favore dell’eutanasia e dei diritti delle persone omosessuali, affermando fra l’altro che: “E’ un grande segno d’ignoranza discriminare i diversi e non capire che siamo tutti uguali. Il Parlamento dovrebbe avere la capacità di far rispettare la Costituzione, che di per sé garantisce la piena uguaglianza”.
Lo scorso anno, in occasione del centenario della nascita, il Comune di Milano le ha dedicato una statua bronzea che la raffigura in un atto a lei caro, quello di mimare l’osservazione delle stelle con un cannocchiale.
Margherita Hack, scienziata, donna libera e pioniera di tante battaglie non violente ci ha lasciati dieci anni or sono, il 29 giugno del 2013, ma la sua eredità ancora ci accompagna, indicandoci il cammino verso la piena promozione dei diritti civili che, dopo tutto, rimane quello illuminato dalle stelle.
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