Storia della XII Brigata Internazionale nella guerra di Spagna-
Editore Kappa Vu
Descrizione
La guerra di Spagna scoppiò nel luglio 1936 dopo un fallito tentativo di colpo di stato militare contro il governo democratico della Repubblica spagnola. In seguito all’intervento dell’Italia fascista e della Germania nazista in appoggio ai militari, si trasformò in una guerra internazionale, militare e politica, che vedeva coinvolte tutte le maggiori potenze dell’epoca. Gli antifascisti italiani combatterono nel corso di quella guerra in prima linea, inquadrati nel battaglione e poi brigata Garibaldi, in seno alle Brigate Internazionali, che rappresentavano gli antifascisti di tutto il mondo, di diverse idee politiche, uniti nella lotta al fascismo. Questo libro racconta quell’epopea, l’eroismo di quei combattenti, ma anche i problemi e le crisi che si trovarono ad affrontare, in una lotta che aveva una valenza assieme nazionale ed internazionale. Quelle vicende fornirono un insegnamento importante qualche anno dopo per la Resistenza italiana.
Questo romanzo trasgressivo e ricchissimo ci restituisce il disagio della pace in agonia in Francia, nell’Europa, nel mondo alla vigilia della seconda guerra mondiale.
«Tutto è gratuito, questo giardino, questa città e io stesso. Quando capita di accorgersene, viene il voltastomaco e tutto comincia ad oscillare; ecco la Nausea.»
Dopo aver viaggiato a lungo, Antoine Roquentin si stabilisce a Bouville, in uno squallido albergo vicino alla stazione, per scrivere una tesi di dottorato in storia. La sera, si siede al tavolo di un bistrot ad ascoltare un disco, sempre lo stesso: «Some of These Days». La sua vita ormai non ha piú senso: il passato è abitato da Anny, mentre il presente è sempre piú sommerso da una sensazione dolce e orribile, insinuante, che ha nome Nausea. Un romanzo trasgressivo e ricchissimo, sempre attuale, che ci restituisce il disagio del mondo in agonia alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Il libro piú libero di Sartre, il piú disinteressato e il piú appassionato insieme.
«Jem, mio fratello, aveva quasi tredici anni all’epoca in cui si ruppe malamente il gomito sinistro. Quando guarì e gli passarono i timori di dover smettere di giocare a football, Jem non ci pensò quasi più. Il braccio sinistro gli era rimasto un po’ più corto del destro; in piedi o camminando, il dorso della sinistra faceva un angolo retto con il corpo, e il pollice stava parallelo alla coscia, ma a Jem non importava un bel nulla: gli bastava poter continuare a giocare, poter passare o prendere la palla al volo.
Poi, quando di anni ne furono trascorsi tanti da poter ricordare e raccontare, ogni tanto si discuteva di come erano andate le cose, quella volta. Secondo me tutto cominciò a causa degli Ewell, ma Jem, che ha quattro anni più di me, diceva che bisognava risalire molto più indietro, e precisamente all’estate in cui capitò da noi Dill e per primo ci diede l’idea di far uscire di casa Boo Radley.
Ma allora, ribattevo io, se si voleva proprio risalire alle origini, perché non dire che la colpa era di Andrew Jackson? Se il generale Jackson non avesse incalzato gli indiani creek lungo il ruscello, Simon Finch non avrebbe risalito l’Alabama con la sua piroga, e dove saremmo noi, a quest’ora? Eravamo troppo grandi, ormai, per risolvere la controversia a botte; consultammo nostro padre Atticus, e lui disse che avevamo ragione tutti e due.
Siccome eravamo nel Sud, per alcuni di noi in famiglia era fonte di vergogna il fatto di non contare antenati che, dall’una o dall’altra parte, avessero combattuto a Hastings. Non avevamo che Simon Finch, un farmacista cacciatore di pellicce venuto dalla Cornovaglia, la cui religiosità era superata soltanto dalla taccagneria. In Inghilterra, a Simon non era piaciuta la persecuzione nei confronti di quelli che si dicevano metodisti per mano dei confratelli più liberali, e poiché anche lui si sentiva metodista, s’era deciso ad attraversare l’Atlantico, era sbarcato prima a Filadelfia, poi in Giamaica e quindi a Mobile, e infine aveva risalito il fiume Saint Stephens. Memore dei rimproveri di John Wesley a chi spreca parole per comprare e vendere, Simon aveva fatto fortuna praticando la medicina, ma anche in questa attività si sentiva infelice perché temeva sempre di cadere nella tentazione di fare qualcosa che non avesse per fine la gloria di Dio, come mettersi addosso ori e abiti sontuosi. Così Simon, dimenticate le parole del suo maestro contro la proprietà di beni terreni, acquistò tre schiavi e con il loro aiuto fondò una fattoria sulle rive dell’Alabama, una quarantina di miglia a nord di Saint Stephens. Ritornò a Saint Stephens una volta sola, per procurarsi una moglie, e con lei originò una discendenza composta in prevalenza di figlie. Simon visse fino a tardissima età e morì ricco.»
da Harper Lee, Il buio oltre la siepe.
Foto: Mary Badham è Jean Louise “Scout” Finch nel film “Il buio oltre la siepe “,1962 di Robert Mulligan.
Il buio oltre la siepe, titolo originale To Kill a Mockingbird, è un romanzo della scrittrice statunitense Harper Lee. Pubblicato nel 1960 ebbe un immediato successo, e nel 1961 vinse il premio Pulitzer per la narrativa.
Lontane dal disastro di questi giorni, le fotografie di Tano D’Amico dalla Palestina
ci raccontano la quotidianità e la bellezza di un territorio martoriato.
DESCRIZIONE
Demonizzati, “diversi” perché espatriati, rinchiusi in lembi di terra martoriata. Agli occhi degli occidentali i palestinesi sono sempre apparsi nel tumulto degli eventi, in una dimensione di lotta, di resistenza attiva, se non di vera e propria guerra.Questo movimento convulso, però, si quieta nelle fotografie di Tano D’Amico che ne ritrae l’esistenza di tutti i giorni. Mentre da fuori incalza rabbiosa la storia, si ha l’impressione che i momenti di vita, catturati dagli scatti di Tano, possano durare l’attimo di un sospiro. Accompagnate da poesie di autori palestinesi, le foto che qui vengono proposte ci parlano della quotidianità, della bellezza e del dolore di un territorio senza pace.
L’Autore
Tano D’Amico, è uno dei più grandi fotografi italiani viventi.Ha realizzato, tra gli altri, reportage in Palestina, Grecia, Irlanda, Germania, Svizzera, Spagna e Portogallo. Con Mimesis ha pubblicato Fotografia e destino (2020), Misericordia e tradimento (2021), Orfani del vento (2022).“Lo strazio della Palestina è la cicatrice impresentabile che unisce i due secoli. Una cicatrice che ci attraversa, che ci chiede conto, che chiama la stessa sete di giustizia di quando eravamo bambini.”
“La Palestina oggi non ha più immagini che la difendano perché ha vinto in ogni ambito l’immagine senza vita, senza astrattezza, senza musica, senza voce. L’immagine morta; l’immagine cosa. Che si può usare a piacimento, che si può riassemblare come si vuole.”
“Un premio Nobel per la letteratura, vero padre nobile del muro che ruba ai palestinesi ancora più terra, ancora più acqua, ancora più vita, ancora più dignità, ancora più felicità, sostiene che le parole in Palestina sono pericolose perché hanno molti significati.
Bisogna stare attenti a pronunciarle; sono di parte. Anche la parola pace è di parte, mi spiegava la direttrice di una delle più grandi agenzie giornalistiche del mondo. È di parte perché con la pace uno dei due popoli ha tutto da guadagnare; l’altro tutto da perdere.”
Marco De Paolis e Paolo Pezzino- La difficile giustizia-
-I processi per crimini di guerra tedeschi in Italia 1943-2013-
Viella Libreria Editrice Roma
SINOSSI
Al termine del secondo conflitto mondiale, l’individuazione degli autori dei gravi crimini commessi durante l’occupazione tedesca in Italia contro le popolazioni civili rimase circoscritta a pochi casi eclatanti: gli Alleati abbandonarono il progetto di punire i massimi responsabili delle forze armate tedesche in Italia, e gli italiani, a parte poche condanne (Kappler per le Fosse Ardeatine, Reder per Marzabotto e altri eccidi), ben presto posero fine a quella stagione processuale. Una nuova se ne aprì invece dopo la scoperta, nel 1994, di quello che una felice intuizione giornalistica definì l’“armadio della vergogna”: in realtà una stanza di Palazzo Cesi, a Roma, sede della Procura generale militare, in cui erano conservati centinaia di fascicoli giudiziari sui crimini di guerra commessi sulla popolazione italiana tra il 1943 e il 1945, illegalmente archiviati dal procuratore generale militare nel 1960.
Ragion di Stato, protezione dei criminali di guerra italiani, culture militari poco sensibili al tema della difesa dei civili in guerra, e attente a proteggere in ogni caso l’immunità dei combattenti in divisa: queste alcune delle cause di una giustizia limitata, tardiva e quindi negata.
INDICE
Paolo Pezzino, La punizione dei crimini di guerra commessi in Italia dai tedeschi (anni Quaranta e Cinquanta)
Marco De Paolis, L’indagine penale sui crimini di guerra in Italia e all’estero dopo il 1994
Documenti
1. Lettera della Procura generale militare di trasmissione dei fascicoli rinvenuti (1994)
2. Circolare della Procura generale militare sui fascicoli crimini di guerra (1966)
3. Articoli di legge
4. Sedi e circoscrizioni dei Tribunali militari territoriali
5. Scheda riassuntiva dei procedimenti e processi su crimini di guerra in Italia
6. Interrogazione parlamentare 2 ottobre 2015 (De Maria e altri)
Indice dei nomi
AUTORI
Marco De Paolis
Marco De Paolis ha diretto la Procura militare della Repubblica di La Spezia dal 2002 al 2008, e qui ha istruito oltre 450 procedimenti per crimini di guerra durante il secondo conflitto mondiale. È stato pubblico ministero, tra gli altri, nei processi per le stragi nazifasciste di Sant’Anna di Stazzema, Civitella Val di Chiana, Monte Sole-Marzabotto, e per l’eccidio di Cefalonia. Attualmente dirige la Procura militare della Repubblica di Roma.
Paolo Pezzino
Paolo Pezzino ha insegnato Storia contemporanea all’Università di Pisa ed è stato consulente tecnico della Procura militare di La Spezia nelle indagini sulle stragi nazifasciste in Italia. Coordina il Comitato scientifico del progetto per un Atlante delle stragi nazifasciste in Italia, promosso dall’Associazione nazionale dei partigiani d’Italia e dall’Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia.
Questo volume fa parte delle iniziative dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia per il settantesimo anniversario della Resistenza ed è stato realizzato con il contributo della Regione Toscana.
Gianluca Scroccu-PIERO GOBETTI NELLA STORIA D’ITALIA-Una biografia politica e culturale-
Editore Le Monnier
DESCRIZIONE
Piero Gobetti (1901-1926) è stato un protagonista nella storia politica e culturale dell’Italia della prima metà del Novecento. La sua figura di oppositore intransigente del regime fascista e di formidabile organizzatore culturale ha destato un interesse costante nella storiografia italiana e anche internazionale. Il volume, che vuole essere il primo tentativo di sistematizzare in un profilo biografico le nuove tendenze interpretative emerse negli ultimi venti anni, analizzando nel capitolo finale anche la fortuna di Gobetti nella politica in età repubblicana sino al 2022, intende ricostruire la sua biografia umana e politica dalla iniziale esperienza di contestazione radicale della scena pubblica italiana post Prima guerra mondiale con la prima rivista «Energie Nove», sino a quelle più mature, elaborate insieme alla sua importante rete di collaboratori, di «La Rivoluzione Liberale» e de «Il Baretti», culminate con la coraggiosa quanto sfortunata opposizione al fascismo sino all’esilio e alla morte in Francia.
Indice
Introduzione; 1. La rigenerazione giovanile: l’esperimento di «Energie Nove»; 2. Il fascismo come autobiografia della nazione. La battaglia della «Rivoluzione Liberale»; 3. Tra politica e cultura: «Il Baretti», la casa editrice e la morte a Parigi; 4. Gobetti oltre Gobetti: il lascito e la fortuna in epoca repubblicana; Note; Bibliografia; Indice dei nomi. pp. VIII-160 isbn: 9788800863940
L’autore
Gianluca Scroccu è professore associato di Storia contemporanea all’Università di Cagliaridove insegna storia contemporanea nel corso di laurea in filosofia, storia dell’Italia repubblicana e storia dell’integrazione europea nel corso di laurea in Storia e società. È autore di numerosi saggi sulla storia del socialismo italiano, sulle figure di Antonio Giolitti, Sandro Pertini, Piero Gobetti, sulla storia della Sardegna contemporanea e sul rapporto fra la religione civile e i presidenti americani. Tra le sue monografie: La sinistra credibile. Antonio Giolitti tra socialismo, riformismo ed europeismo (1964-2010) (Carocci, 2016, premio Fiuggi storia 2016 e premio Matteotti – Presidenza del Consiglio dei Ministri 2017).
Traduttore Marco Bellini- Sellerio Editore-Palermo
DESCRIZIONE
A venti anni dalla sua prima pubblicazione Sellerio ripropone Le rondini di Kabul, il romanzo più amato di Yasmina Khadra che lo ha consacrato come una delle voci più importanti del mondo arabo. Ambientato nella Kabul del 1998 occupata dai talebani, una storia straordinaria che oggi rivela la sua drammatica attualità.
curatore Giovanni Tesio – Interlinea Editore Novara-
DESCRIZIONE
«Il tema delle donne in Pavese è più che mai vivo. La spesso convocata misoginia di Pavese non è altro che la maschera di una solitudine bisognosa di essere colmata, di una ricerca spasmodica di completezza, di una unità mancante, di una amorosa compensazione», come scrive Giovanni Tesio in questa nuova antologia dei testi più belli dedicati all’amore e anche alla morte fin dal più celebre verso: «Verrà la morte e avrà i tuoi occhi». Un’occasione per ritrovare l’energia poetica di Pavese, «la sua ricchezza: la nostra salvezza, la sua dannazione».
titolo
Donne appassionate
sottotitolo
Poesie d’amore e morte
autore
Cesare Pavese
curatore
Giovanni Tesio
Argomento
Letteratura (narrativa, poesia, saggistica…) Poesia italiana
Fine di un matrimonio comincia con la fine del matrimonio tra Berta e Libero. Berta ha una galleria d’arte e Libero ha un’altra. Berta non ascolta cosa le stia dicendo Libero, non capisce perché quest’altra donna di cui non ha mai sospettato nulla, di cui non conosce il nome, appaia e si mangi il suo futuro. Libero, invece, quella sera – in cui tutto finisce e tutto comincia – esce di casa, e scompare. È vero, diceva sempre di essere stanco del suo lavoro e della sua vita, ma che c’entra un’altra donna? Perché ne aveva bisogno? Berta non lo sa, e nel tentativo di capirlo parla d’altro: di sé, del proprio corpo, di cosa può farne adesso che è sola, ha quasi cinquant’anni e non è né giovane né vecchia, adesso che è esattamente com’era prima di sposarsi. Berta racconta la fine del suo matrimonio per iniziare a raccontare se stessa, perché i romanzi – certi romanzi, e di sicuro questo –, proprio come la vita, non sono solo “fatti”: tra una vicenda e un’altra, tra la fine di un matrimonio e l’inizio di qualcosa di diverso, ci sono pensieri, parole, opere e omissioni. Ci sono rimpianti – è tardi per avere un figlio? e per recuperare il rapporto con la propria madre? –, dubbi e paure. C’è il bisogno disperato di dimostrare a se stessi di essere vivi. Innamorarsi, in fondo, è più semplice che tenere in piedi un matrimonio o una relazione, ricominciare è meno faticoso che provare a riparare: questo racconta, a ogni riga, l’esordio di Mavie Da Ponte. O, forse, mostra che definirsi “innamorati” è troppo facile, e per questo non bisognerebbe mai dirlo. Così Berta, quando scegliere non sembra più una possibilità e le difficoltà dei suoi rapporti paiono insormontabili, capisce che frequentare il salone di bellezza di Sara – la chiama così per semplificare, ma quale sarà il suo nome cinese? – ha più a che fare con il pensiero e l’arte che con le unghie: anzi, le unghie e il corpo certe volte possono essere il pensiero e l’arte.
Un romanzo malinconico e buffo, pieno di tenerezza e di sorpresa, la storia di una donna che si piega e si spezza, e non fa niente: essere interi non è il punto, il punto è provare a essere felici.
Mavie Da Ponte- è nata nel 1987, vicino al mare e in mezzo alle storie. Dopo studi linguistici e un dottorato in letteratura francese contemporanea, oggi si dedica alla scrittura. Fine di un matrimonio è il suo primo romanzo.
Suad Amiry- Sharon e mia suocera: Se questa è vita-
Traduttore-M. Nadotti- Feltrinelli Editore
DESCRIZIONE
Una donna palestinese, colta, intelligente e spiritosa, tiene un ‟diario di guerra”. Gli israeliani sparano ma, nella forzata reclusione fra le pareti domestiche, ‟spara” anche la madre del marito, una suocera proverbiale. In pagine scoppiettanti di humour e di lucidità politica e sentimentale, i colpi bassi di Sharon e del suo governo finiscono per fare tutt’uno con le idiosincrasie della suocera petulante, con la quale l’autrice si trova a trascorrere in un involontario tête à tête il tempo dell’assedio. Ma, come la guerra, neanche l’avventura cominciata con Sharon e mia suocera finisce ed ecco che Suad Amiry con Se questa è vita ci regala una nuova puntata del suo irresistibile diario di guerra e di vita quotidiana dai Territori occupati. Con l’indiavolato humour che la contraddistingue e sfoderando un’ormai piena e affilata sapienza narrativa, ci conduce da una stazione all’altra del calvario palestinese, facendoci piangere, ridere, sdegnare, riflettere, connettere, ricordare. Portandoci, con tono lieve e tragicomico, a scoprire i piccoli e grandi contrattempi del vivere nel devastato scenario mediorientale. Al centro del suo affresco narrativo, come sempre, l’ingombrante e svagata suocera Umm Salim, che resiste alla brutalità dell’occupazione militare con abitudini da tempi di pace, orari, buone maniere. Attorno a lei un balletto indiavolato di vicini di casa, parenti, amici, funzionari israeliani, spie e collaboratori, cani, muri in costruzione, paesaggi splendidi e violati, checkpoint e soldati.
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