Francesco Riccio-Lo rifarei. Vita di partito da via Barberia a Botteghe Oscure –
prefazione di Gianni Cuperlo
DESCRIZIONE-Una serie di racconti, un viaggio nella vita del Partito, del Pci, con il dichiarato intento di rendere omaggio alle donne ed agli uomini, alle compagne e ai compagni con i quali l’autore ha trascorso (da militante-funzionario-dirigente) un importante trentennio. Un omaggio a quelle figure sconosciute al grande pubblico e spesso genericamente indicate come “apparato”, anche con un certo disprezzo. In realtà si trattava di una comunità che ha dedicato la propria vita agli ideali della solidarietà, della difesa dei più deboli, del progresso sociale. Donne e uomini che non avevano nulla di quel grigiore con il quale venivano descritti. Anzi, attraverso la caratterizzazione di ciascuno si disegna il quadro di un popolo che sapeva coniugare la massima serietà dell’impegno politico con lo spensierato divertimento. Certo, c’è nostalgia di quel tempo e di quel popolo. La storia ha assegnato a quella vicenda un esito ben noto. Ciò non può impedire che ciascuno di quelli che l’hanno vissuta avverta un sentimento di nostalgia e di rimpianto. Nella consapevolezza che i sentimenti possono sempre reinventarsi se non si nega il loro valore profondo.
Gianni Cuperlo, che ha curato la prefazione, coglie brillantemente gli aspetti principali del racconto. Bruno Magno, storico grafico del Pci, li sintetizza con maestria nella copertina. Due omaggi all’autore per tanti anni loro compagno in quel viaggio.
Prenota la tua copia
Si può trovare in tutti i principali store on line da Amazon a Libraccio, da Ibs a Feltrinelli-
Prenota la tua copia anche con bonifico bancario
Prenota alla mail libri@strisciarossa.it indicando nome, cognome e indirizzo a cui verrà spedito il libro e allegando la copia del bonifico di 15 euro con causale “donazione libro Lo rifarei” all’IBAN IT05C0200805075000105517700 – Banca Unicredit filiale di Piazza Barberini Roma, Intestato a “Associazione strisciarossa”.
Elenco in aggiornamento delle librerie
LIBRERIE COOP
EMILIA ROMAGNA:
Librerie.coop Esp – Ravenna Centro Commerciale ESP, Via Marco Bussato, 120 – 48100 Ravenna
Librerie.coop Lugo Centro Commerciale IL GLOBO, – Via FORO BOARIO 30 Interno 19, 48022, LUGO (RA)
Librerie.coop Nova Centro Commerciale CentroNova, Via Villanova 29 interno 10, 40055 VILLANOVA DI CASTENASO (BO)
Librerie.coop Ambasciatori via Orefici 19, 40124 Bologna
Ilario Fiore –Partigiano , scrittore e giornalista RAI-
Ilario Fiore (Cortiglione, 14 novembre 1925 – Roma, 12 settembre 1998)–E’ stato partigiano a diciotto anni in una brigata Garibaldi del Monferrato. Ha esordito nel giornalismo accompagnando una nave turca che dalla costa ligure trasportava ebrei superstiti dell’olocausto in Palestina. Ha vissuto sette rivoluzioni: Egitto, Argentina, Algeria, Ungheria, Spagna, Portogallo e Cina. Poi l’America di Kennedy e l’Unione Sovietica di Breznev. Ha lavorato per la RAI come inviato, gestendo le sedi di Mosca, di Madrid e di Pechino. Ha filmato venticinque documentari, primo dei quali la versione televisiva di un suo libro, “L’Italiano di Ponte Cayumba”. E’ autore di numerosi libri ricevendo numerosi riconoscimenti, dal premio “Marzotto” 1957, all’”Estense 1981” all’ “Assisi” 1989. Tra le sue opere più famose : “Tien An Men”, “Rapporto da Pechino”, “La croce e il drago”, “Il Kennediano”, “La nave di seta”. Morì nel 1998 mentre stava lavorando ad un libro sul tentato furto da parte dei russi dei progetti per il Concorde. Fu sepolto nel cimitero di Castel di Guido a Roma.Riportiamo qui di seguito due poesie inedite dello scrittore, entrambe le poesie sono dedicate alla madre.
(A una madre)
La leggenda di Angiolina.
Sei piccola ma mi sembravi grande
quando piangevo per venirti in braccio.
Il canto della tortora nel bosco
ti guidava fuori verso la luce
dove volevi che il figlio vivesse
lontano dai lupi di una favola
vera per te, azzannata com’eri
stata sui pascoli di Vallescura.
Sognavo di diventare scrittore
per metterti in un romanzo d’amore;
e pittore per dipingerti donna
di grandezza sovrannaturale,
oppure musicista per comporre
la canzone che potesse suonare
parole e note col tuo nome,
una gloria più lunga della vita.
Dicevi che dopo al Bambinello
veniva il tuo orfano di padre;
e non sapevi che tanto amore
rompeva quelle catene antiche
che non fecero volare uomini
tanto degni da essere tuoi figli.
La leggenda (2)
Dolorosa gloria della tua vita
ogni giorno dentro di me risuona;
ombra calda di estati lontane
nell’aia sotto l’albero di alloro;
e la nebbia della sera dei Morti
e la tua voce sicura accanto al fuoco
col requieterna sconfiggeva.
Restituivi certezze al bambino
che avevi voluto nella pena,
per dare gioia all’uomo che moriva
sulla Croce fatta con le doghe
della sua bottega di falegname.
Due pale di quercia ti lasciava
per farti più forte della spada
che l’aveva trafitto a Caporetto.
Frammento di quercia di quella croce
e filo di ferro di quella spada,
mi mandavi per le strade del mondo
a difendere le cause dei giusti.
Fino ad oggi nessuno ha saputo
che ignota vittoria amara
aveva arricchito di dolcezza
il latte succhiato dal tuo seno.
Opere
Cose viste in Algeria 1956
Ultimo treno per Budapest 1957
Il Kennediano 1964
La campagna d’Italia fotografata dal pentagono 1965
Donatella Gay Rochat– La Resistenza nelle valli valdesi-
Casa Editrice Claudiana-Torino
Il libro in pillole
L’esordio, le illusioni, le sconfitte, le ritirate, la ripresa e le prime vittorie
La lotta politica che cattolici, agnostici e valdesi vissero fianco a fianco
Libertà di coscienza e lotta di liberazione
DESCRIZIONE.
Una ricerca, basata sul confronto di testimonianze dirette, sul primo periodo della guerra partigiana nelle valli valdesi del Piemonte – teatro di lunghe lotte in difesa della religione protestante – a cui ambiente geografico, economico-sociale e religioso conferirono caratteri specifici.
Indice testuale
Introduzione
di Alberto Cavaglion Prefazione alla prima edizione
di Leo Valiani Premessa
1. L’ambiente
2. L’antifascismo e le Valli valdesi fino al 1943
3. L’estate 1943
4. I giorni dell’armistizio
5. La Resistenza in val Pellice dal settembre al dicembre 1943
6. Val Pellice e val Germanasca dal gennaio al marzo 1944
7. Il rastrellamento di marzo
8. La ripresa (primavera 1944)
9. Giugno-luglio: nuova espansione
10. Brevi cenni sugli avvenimenti dall’agosto 1944 alla liberazione
Appendice prima Lettera di Karl Barth ai protestanti di Francia (dicembre 1939) Appendice seconda «Il Pioniere» Anno I, n. 1 – Venerdì 30 giugno 1944
Biografia dell’autore
Donatella Gay Rochat-insegnante, vive e lavora a Torre Pellice.
Vi sono giorni in cui è dato diventare dei sopravvissuti, e portare sulla schiena l’enigma e il peso della morte. Il primo marzo duemilacinque è uno di questi giorni per Thésée. Al secondo piano di un appartamento parigino, in cui accorre chiamato dal padre, l’irreparabile si schiude davanti ai suoi occhi: suo padre seduto e, disteso sulle mattonelle rosse, suo fratello Jérôme, morto suicida. Che quella scena ubbidisca a una legge crudele destinate a infrangere ogni legame, Thésée lo apprende negli anni immediatamente successivi. La madre e il padre muoiono e tutto il mondo in cui lui ha imparato ad amare sprofonda nel nulla. Che cosa fare quando tutto cade e la vita è maledetta? Quando, nel luogo in cui si è vissuto, non vi sono piú giorni e luce? Che cosa fare se non cercare giorni e luce altrove e lasciarsi alle spalle le tragedie, i lutti, il labirinto del passato?
Thésée giura a sé stesso di non lasciare che il passato infesti l’avvenire. Abbandona la città dell’Ovest e parte con l’ultimo treno verso l’Est, alla volta di un paese in cui respirare aria nuova, in cui nessuno conosce il suo nome. La ferita del passato, però, non scompare affatto quando luoghi e nomi cambiano. La ferita è incisa nel corpo, in quell’involucro in cui le immagini, il verbo e la materia si confondono. Il corpo di Thésée collassa, percosso dalle forze del suo recente passato, e da altre più antiche che gli rivelano una verità inaspettata: che ognuno di noi non è altro che un continuum di disastri e di crolli racchiuso in quella cristallizzazione di legami che chiamiamo Corpo. A nulla vale perciò cercare una vita nuova che volti le spalle al passato. Thésée è costretto a rituffarsi nelle acque del tempo, a intraprendere un viaggio al cuore della notte, nelle pieghe del corpo, nel labirinto del passato, per ritrovare il filo della sua vita e non soccombere.
Romanzo finalista al Prix Goncourt, salutato al suo apparire dai giudizi entusiastici della critica francese, Da una vita all’altra mostra che cosa è davvero la letteratura: un «racconto arcaico» in cui solo è possibile passare da una vita all’altra, riconvocare ciò che è stato e, in qualche modo, riconciliarsi con l’irrimediabile fragilità dell’esistenza. Che cosa resta, infatti, quando tutti i significati della vita e della Storia sembrano perduti se non la potenza della lingua, la sua forza poetica?
Autore -Camille de Toledo è nato a Lione nel 1976. Nel 2004, ottiene una borsa di studio a Villa Medici. Nel 2008, fonda la Société européenne des auteurs. Dal 2012 e dalla sua partenza per Berlino, lavora a forme estese e differenti di scrittura. Da ricordare, in modo particolare, l’opera-video La Chute de Fukuyama, nel 2013, con l’orchestre Philharmonique de Radio France e nel 2015 a Leipzig, presso il Zentrum für zeitgenössische Kunst, il ciclo L’Exposition potentielle, History Reloaded e Europa-Eutopia. Ha scritto cinque romanzi e quattro saggi.
In occasione del ventesimo anniversario della Biblioteca Ennio Flaiano, vi invitiamo a partecipare alla festa che con gioia stiamo organizzando nelle giornate dell’11 e 12 novembre.
Pensiamo che la biblioteca sia un presidio essenziale per questo territorio, anche grazie agli stretti rapporti che nel corso del tempo ha instaurato con le scuole, le associazioni e le tante realtà che la circondano. La festa, fortemente voluta e realizzata in stretta collaborazione con il Municipio III e Demea Eventi Culturali, rappresenta un traguardo importante per la nostra biblioteca e sarà un’occasione in più per trascorrere insieme due giornate all’insegna della cultura e del divertimento per tutte le età.
Il Consiglio Municipale del Municipio III ha votato, all’unanimità, un atto che afferma la forte volontà di celebrare i venti anni di attività con un programma denso che fosse rivolto a tutte le fasce di età e a tutta la nostra comunità territoriale.
Un momento per riflettere sul ruolo della lettura e degli spazi a lei dedicata, tra innovazione e partecipazione, per riconoscere il percorso svolto fin qui e rilanciare la centralità delle biblioteche pubbliche.
A breve troverete il programma completo sulle pagine social del Municipio e di Biblioteche di Roma.
Marco Mondini- Roma 1922 -Il fascismo e la guerra mai finita
Editore Il Mulino
Descrizione
«I fascisti erano ossessionati dal potere, e dalla possibilità di redimere la nazione e di trasformare gli italiani, anche a costo di eliminare tutti quelli che non erano d’accordo con loro. […] Le armi non sarebbero state deposte, fino al compimento di questa missione.» L’ascesa al potere del fascismo e il suo atto culminante, la cosiddetta marcia su Roma, possono essere capiti solo all’interno di un quadro più vasto, quello di un’Europa incapace di chiudere i conti con la Grande guerra. E se furono soprattutto i paesi sconfitti a scoprire che uscire dalla cultura dell’odio e della violenza quotidiana non era facile, frustrazione, scontento e desiderio di rivalsa si impossessarono anche degli italiani che pure – almeno formalmente – la guerra l’avevano vinta. Marco Mondini compone la storia corale e implacabile di un’Italia in cui la lotta politica si trasforma in guerra civile e che scivola via via verso il lungo ventennio della dittatura fascista.
-Interno Poesia Editore-A cura e traduzione di Andrea Sirotti-
Tishani Doshi libro Un dio alla porta–Interno Poesia Editore-traduzione di Andrea Sirotti
Cella
Se anche potessi percorrere i corridoi del tuo corpo, non sapresti in quali stanze entrare, quali siano piene di pietra. Dentro di te c’è tantissima acqua – una catena montuosa a nord per tener lontani gli invasori, un deserto nelle colonie batteriche del sud. Qui ci sono edifici cittadini, ingialliti, senza finestre, occupati nella fabbricazione di vaccini e borse. Qui una doppia elica infilata lungo tutta la tua spina come una sequela di stendardi tibetani. Tra questi avamposti sfrecciano i messaggeri, trasportando tubi di pelle animale, piccioni sulla schiena. C’è chi cavalca arieti, c’è chi viaggia con ombre consorti sui carri attraverso i cieli senza fermarsi una volta a guardare le stelle. Una volta arrivati è quasi sempre lo stesso. Devono togliersi i sandali e aspettare all’ingresso della grotta – la sua piega di pelle, una tenda per intrappolare il vento. Vogliono dirti che i grandi fuochi bruciano ancora, le api non rinunceranno alle loro unioni, il raccolto è sia luna che autunno. Tu non sei sola.
Mandala
Chiunque creda che una foglia sia solo una foglia non coglie il punto. C’è una fotografia in soffitta, un gingko che ingiallisce sempre più, mentre il corpo del gingko rimane sempreverde. Si apre la strada attraverso fumerie d’oppio e bordelli. Ti vorrei dire di non preoccuparti. La realtà sa come sistemare se stessa, ma il panico è contagioso. Lo spavento arriva quando fai i jumping jack o organizzi le posate, in un momento di basso dramma cosmologico. Interrotto dalla scoperta di un nodulo. O dal TG delle 9. Di colpo, ogni maniglia di porta è una sentenza di morte. Quanto si devono essere sentiti soli i primi astronomi, congelati in terrazza, cercando di afferrare la luce di lune lontane. Qualche volta è difficile capire se state rallentando o accelerando. Il trampolino del tempo ci confonde. Cuciamo i nostri giorni e le notti, gli uni alle altre, ed è come ricamare una galassia, ma pure le galassie arretrano l’una dall’altra. Una volta, una donna mi ha suonato il corpo come se fosse un’arpa. Ho dormito su una tavola di legno e lei strimpellava le corde sotto finché non son diventata uno squalo balena, che batte gli oceani. Ne sono riaffiorata come da un tunnel gravitazionale, integra, più o meno. Per giorni ho sentito le pinne al posto delle guance. Parliamo di corpi come se non potessimo comprendere l’universo che hanno dentro, anche se stiamo tutti a bocca aperta davanti al ceppo di un albero e abbiamo capito che il tempo si sposta verso l’esterno in un cerchio. E mentre tutto appare infinito, c’è sempre un anello di una cosa permeabile che ci trattiene dentro. A volte usciamo di casa senza maschera ed è un sollievo fare una pausa da ciò che siamo. Stella nana, campana di preghiera, cervo solitario che si nutre nella ginestra – qualcosa ci terrà uno specchio davanti alla faccia, quando ci serve solo che qualcuno ci porti al piano di sopra.
Macroeconomia
Un uomo siede su un altro se ce la fa. Il cuore di un uomo batte più forte. Un uomo va in miniera perché un altro uomo risplenda. Un uomo muore così la famiglia che vive in cima alla collina può mangiare panini sul prato. Il salvadanaio di un uomo ottiene un bailout. Un uomo rovescia il carretto della verdura di un estraneo. Un uomo resta a casa e gioca a tombola finché tutto questo non si placa. Un uomo si avvia come un pellegrino allo Shambala47, con un bimbo sulle spalle. Un uomo chiede chi andrà fuori a comprare il latte e le uova? La casa di un uomo è oltre l’orizzonte. Un uomo decide di andarci a piedi anche se ci vorranno giorni e notti sull’asfalto con poco cibo e acqua. Un uomo viene fermato per vagabondaggio e costretto a fare piegamenti per penitenza. Un uomo riferisce che i pesci saltano fuori dal mare e succhiano avidamente l’aria. Un uomo mangia la tessera del pane. Uno osserva come gli storni hanno preso il volo come un mal di denti, una bassa fame continua, librandosi attraverso i campi. Un uomo carica la pistola. Un uomo ha in carico l’altalena. Uno vuole ridistribuire le prugne. Uno sa che non esistono pranzi gratuiti. Uno alla fine vede il crepaccio. Uno dà la sua coperta all’uomo seduto nel crepaccio. Uno dice che dovrebbe esserci una tassa per aver fatto una cosa del genere e la riprende. La fossa si allarga.
Forse quello che ti manca sono le cose semplici, che non è l’infanzia, ma quell’uccello rapace che afferra l’aria con gli artigli. Se tu sapessi che non costerebbe nulla tenere le ali aperte come un albatro, che potresti andare per diecimila miglia senza un solo battito d’ali, che deve essere così, questo glissando tra impennata e caduta, potresti impacchettare le tue indignazioni e andare verso la cabina telefonica nel cielo. Un dio alla porta seduto su un bufalo gigante ti offre un sorso di vino per far passare l’amarezza. La tua ultima telefonata è verso il futuro, Stiamo bene, dici. Staremo tutti bene.
Un dio alla porta (Interno Poesia Editore, 2022), cura e traduzione di Andrea Sirotti
DESCRIZIONE
Travolgente, disorientante, genuinamente «civile», la poesia di Tishani Doshi arriva per la prima volta in Italia con un libro in cui intimo, pubblico e sacro si intrecciano e danno vita ad una voce unica e originale. Una lingua composita e meticcia, assertiva, non di rado bizzarra, colta e popolare al tempo stesso, ricca di espressioni e parole che raramente trovano cittadinanza in poesia. Una formidabile eloquenza e vitalità in cui i versi liberi, cadenzati, pensati per essere letti ad alta voce, sono disposti con estro e consapevolezza sulla pagina. Quella di Doshi è una militanza a 360° gradi. Nessuna questione di scottante attualità è esclusa, in India come altrove nel mondo. Le poesie sgorgano dalla cronaca e dalla storia, dalle ultime notizie come dai vecchi rancori e contrapposizioni, lo spunto può essere un articolo di giornale, un video su YouTube, una foto, un dipinto, un libro. Poesie sempre pronte a denunciare le disuguaglianze, il mancato rispetto dei diritti civili. Tra i temi ricorrenti: la condizione della donna, le diseguaglianze economiche e sociali, le trasformazioni esistenziali in tempo di Covid, le relazioni sentimentali, la malattia, le difficoltà quotidiane del singolo individuo; il tutto mediato dalla contrapposizione di due visioni del mondo, tra laica indifferenza e fanatismo religioso, tra spiritualità e materialismo.
Autore: Tishani Doshi
Curatela e traduzione: Andrea Sirotti
Collana: Interno Books
ISBN: 978-88-85583-71-9 Data di pubblicazione: 1 giugno 2022
Pagine: 236
Formato: 15×21 cm
Cell
Even if you could walk through the corridors
of your body, you would not know which rooms
to enter, which were full of stone. Inside you
there is so much water —a mountain range
in the north to stave off invaders, a desert
in the bacterial colonies of the south. Here
are city buildings, yellowed, without windows,
busy with the making of vaccines and handbags.
Here a double helix strung up the length
of your spine like a flurry of Tibetan prayer flags.
Between these outposts the messengers dart,
carrying tubes of animal hide, pigeons on their backs.
Some ride rams, some travel with consort shadows
in chariots across the skies without once stopping
to look at stars. When they arrive it is almost always
the same. They must remove their sandals and wait
by the mouth of the cave —its fold of skin,
a curtain to trap the wind. They want to tell
you the great fires are still burning, the bees
won’t give up their unions, the harvest is both
moon and autumn. You are not alone.
Mandala
Anyone who believes a leaf is just a leaf is missing
the point. In the attic, there’s a picture of gingko
growing steadily yellow, while the body
of gingko remains evergreen. He works his way
through opium dens and bordellos. I’d like to tell you
not to worry. Reality has a way of sorting itself out,
but panic is infectious. The scare arrives when you’re doing
jumping jacks or organising the cutlery, some moment of low
cosmological drama. Interrupted by the discovery of a lump.
Or the 9 o’clock news. Suddenly, every door handle is a death
sentence. How lonely it must have been for the first astronomers,
freezing on their terraces, trying to catch the light of faraway moons.
Sometimes it’s hard to know whether you’re slowing down
or speeding up. Time’s wobbly trampoline confuses us.
We stitch our days and nights, one to the other,
and it’s like embroidering a galaxy, but even galaxies
recede from one another. Once, a woman played my body
as though it were a harp. I slept on a wooden plank
and she strummed the strings below until I became
a whale shark, pounding through the oceans. I emerged
as if out of a wormhole, more or less intact. For days I felt fins
where my cheeks should have been. We talk of bodies
as though we could not understand the universe within them,
even though we’ve all gaped at the stump of a tree
and understood that time moves outwards in a circle.
And while everything seems endless, there’s always a ring
of something permeable holding us in. Sometimes we leave
the house without our masks and it’s a relief to take a break
from who we are. Dwarf star, prayer bell, lone stag
feeding in the gorse—something will hold a mirror
to our faces, when all we need is to be led upstairs.
Macroeconomics
One man sits on another if he can.
One man’s heart beats stronger. One man goes
into the mines for another man to sparkle.
One man dies so the family living at the top of the hill
can eat sandwiches on the lawn. One man’s piggy bank
gets a bailout. One man tips over a stranger’s vegetable cart.
One man stays home and plays tombola till all this blows over.
One man hits the road like a pilgrim to Shambala, child
on shoulders. One man asks who’s going to go out and buy
the milk and eggs? One man’s home is across the horizon.
One man decides to walk there even though it will take days
and nights on tarmac with little food and water.
One man is stopped for loitering and made to do squats
for penance. One man reports fish are leaping
out of the sea and sucking greedily from the air.
One man eats his ration card. One man notices how starlings
have taken to the skies like a toothache,
a low continuous hunger, searing across the fields.
One man loads his gun. One man’s in charge of the seesaw.
One man wants to redistribute the plums. One man knows
there’s no such thing as a free lunch. One man finally sees
the crevasse. One man gives his blanket to the man
sitting in the crevasse. One man says there should be a tax
for doing such a thing and takes it back. The ditch widens.
Maybe what you miss is what’s simple,
which isn’t childhood, but that bird
of prey holding the air with its claws.
If you knew it would cost nothing
to keep your wings open like an albatross,
that you could go ten thousand miles without
a single flap, that it has to be this way,
this glissando between soaring and falling,
you could pack up your indignations
and move towards the phone booth
in the sky. A god at the door sitting
on a giant buffalo offers you a sip
of wine to make the bitterness go away.
Your final phone call is to the future,
We’re fine, you say. We’re all going to be just fine.
Autore: Tishani Doshi
Curatela e traduzione: Andrea Sirotti
Collana: Interno Books
ISBN: 978-88-85583-71-9 Data di pubblicazione: 1 giugno 2022
Pagine: 236
Formato: 15×21 cm
Un inedito sulla dimensione “spettrale” della nuova destra–
Articolo di Sergio Paolo Ronchi
Un inedito sulla dimensione “spettrale” della nuova destra
La contemporaneità trascende il tempo: è l’“attualità” della storia. Ne è limpido esempio un testo di Theodor W. Adorno datato 1967: Aspetti del nuovo radicalismo di destra; sette pagine di appunti e parole-chiave “tradotte” in una conferenza semisconosciuta (conservata solo in forma orale) presso l’Università di Vienna, ora in edizione italiana per i tipi della Marsilio, basata su una registrazione, con una postfazione dello storico tedesco Volker Weiss*.
Esponente di punta insieme a Max Horkheimer della cosiddetta «Scuola di Francoforte», l’Istituto per la ricerca sociale, Adorno intendeva «chiarire a un uditorio austriaco l’emergere nella Repubblica Federale Tedesca dell’NPD [Partito nazionaldemocratico di Germania], fondato nel 1964, il quale registrava significativamente un certo successo come gruppo dell’area di destra». Non poteva certo prevederne la sconfitta alle elezioni federali di due anni dopo. Egli intendeva richiamare l’attenzione sul nazionalsocialismo in un contesto che registrava lo svilupparsi di una formazione politica di destra radicale. «A Vienna – sottolinea Weiss – Adorno non parlava solo in qualità di analista critico della situazione ma anche come testimone del tempo». «La lettura del discorso – prosegue – richiede dunque di distinguere tra ciò che è condizionato dal contesto e ciò che è essenziale. È necessario mettere in relazione l’attualità che produce un effetto profetico con il nucleo storico della sua verità».
Le parole del filosofo tedesco, articolate in una puntuale argomentazione analitica, sono tese a mettere in luce e a collegare quei varî elementi sovracronologici carichi di attualità su cui riflettere con estreme sensibilità e attenzione. Una conferma di quanto esposto in una conferenza del 1959, Che cosa significa elaborazione del passato. In essa, scrive, «ho illustrato la tesi secondo cui il radicalismo di destra, o il potenziale di un radicalismo di questo genere, può essere spiegato con il fatto che, oggi come allora, continuano a sussistere le premesse sociali del fascismo. Vorrei partire dall’idea che, nonostante il loro crollo, le premesse dei movimenti fascisti continuano a sussistere sul piano sociale, se non anche su quello direttamente politico».
Tra le premesse, in prima fila è la «tendenza del capitale alla concentrazione», cifra dello «spettro della disoccupazione tecnologica» che induce alla paura di perdere il proprio status sociale. Poi, il problema del nazionalismo dal «carattere agonistico» comune anche al radicalismo di destra. Il quale si esprime in movimenti «dal basso livello spirituale» o del tutto privi di presupposti teorici: «Sono in linea di principio solo tecniche di potere e non derivano affatto da teorie ben articolate». Al contrario, loro peculiarità è «una straordinaria perfezione dei mezzi, innanzitutto quelli propagandistici in senso lato, combinati con una certa cecità, addirittura un’astrusità degli scopi che vengono perseguiti. In questi movimenti la propaganda costituisce la sostanza della politica»: la verità viene messa al servizio della non-verità decontestualizzando «osservazioni in sé vere e corrette».
Sotto attacco vengono così a trovarsi la cultura in senso lato e gli intellettuali di sinistra – espressioni del «rifiuto dell’argomentazione razionale e del pensiero basato sul discorso». Poi, la ricerca di un capro espiatorio. E qui ci si trova sul terreno dell’antisemitismo, «uno degli “assi della piattaforma”. Se così si può dire, è sopravvissuto agli ebrei, e su questo si basa la sua forma spettrale. Si rifiuterà soprattutto il senso di colpa attraverso una razionalizzazione. Si dirà: “Devono pur aver fatto qualcosa, altrimenti non li avrebbero uccisi». Adorno invoca l’espressione tedesca “metodo del salame”: una questione complessa viene “affettata” fino a banalizzarla. In forza di tale «pedanteria pseudoscientifica» si arriverà persino a mettere in dubbio i numeri della Shoah.
Per fronteggiare detto problema «altamente reale e politico» rappresentato dalla destra radicale, «si deve lavorare contro di esso con la forza d’urto della ragione, con una verità realmente a-ideologica».
Fonte- RIFORMA.IT
* Theodor W. Adorno, Aspetti del nuovo radicalismo di destra. Venezia, Marsilio, 2020, pp. 100, euro 12.00.
Editore Marsilio
Vienna-Il 6 aprile 1967Theodor Adorno tenne una conferenza all’Università di Vienna il cui valore va ben oltre l’aspetto puramente storico e che può aiutarci a comprendere il tempo che stiamo vivendo. Risalendo alle origini del consenso ottenuto dai movimenti radicali di destra, il filosofo intendeva chiarire le ragioni dell’ascesa dell’NPD, formazione di destra che all’epoca stava registrando un certo successo nella Repubblica Federale Tedesca. Adorno mette in luce e collega tra loro in modo inedito vari elementi: il congegno sofisticato della propaganda e l’antisemitismo, il connubio tra perfezione tecnologica e un «sistema folle», l’individuazione di un capro espiatorio e l’odio ostentato verso gli intellettuali di sinistra e la cultura in generale, la tendenza del capitale alla concentrazione e la paura diffusa di perdere il proprio status sociale. Oggi lo «spettro» a cui la conferenza è dedicata non solo non si è dissolto, ma assume nuove e inquietanti sembianze. Diventa dunque ancora più importante prendere coscienza dei meccanismi dell’agitazione fascista e dei fondamenti psicologici e sociali su cui poggia. Nella consapevolezza che «se si vogliono affrontare sul serio queste cose, bisogna richiamare in modo perentorio gli interessi di coloro ai quali la propaganda si rivolge. Ciò vale soprattutto per i giovani che devono essere messi in guardia». La postfazione dello storico Volker Veiss contestualizza il testo e lo inquadra in una prospettiva attuale.
Il racconto si è classificato tra i finalisti del Tagore Short Translated Fiction Award indetto dalla rivista The Antonym- Bridge to Global Literature, che ringraziamo per la segnalazione. La traduzione dal bengalese all’inglese è di Noora Shamsi Bahar e dall’inglese all’italiano di Pina Piccolo.
1.
Il ragazzo più ingenuo del villaggio di Dhabaldhola era stato assassinato. Il corpo decapitato giaceva sulla linea di demarcazione tra il campo di Bangari e il campo di Taro. L’ultima persona morta assassinata in questo villaggio era stato il dottor Mukul, e pure quello, circa un decennio prima. Anche lui era stato trovato decapitato per strada. Era un adultero e doveva affrontare il suo spietato destino. Ma nessuno degli abitanti del villaggio sapeva perché Sadeq fosse stato assassinato. Le loro ipotesi si basavano su altri omicidi verificatisi in precedenza. Tale convinzione venne rafforzata quando l’IS rivendicò la responsabilità dell’omicidio sul proprio sito web, dichiarazione poi trasmessa al telegiornale. Ma l’IS non aveva fornito una motivazione specifica, ragion per cui l’omicidio continuava a rimanere un mistero. Alcuni degli amici di Sadeq se ne stavano a parlare commentando i fatti in cima al muro di cinta mezzo sgarrupato del loro liceo, situato di fronte alla scuola femminile, che era il luogo dove si finivano sempre per ritrovarsi durante l’intervallo prima della fine delle lezioni della giornata.
“Ciò che ha fatto l’IS non è giusto. Avrebbero potuto almeno menzionare il motivo! Così invece ci tocca scervellarci”, disse Shafiq.
“Ascolta, se l’IS uccide, il motivo è chiarissimo. Hai mai sentito parlare dell’omicidio dell’IS per dispute meschine, riscatti o litigi dovuti a storie d’amore? C’è un unico motivo per cui uccidono”, affermò Barkat, il più saggio di tutti.
“Sì, ma quelli decapitati erano tutti atei!”
“Non tutti quanti. Sono stati uccisi anche sacerdoti e figure religiose. Saranno pure stati infedeli, ma di sicuro non erano atei”.
“Stessa cosa. Ma che differenza c’è tra infedeli e atei?”
“Non è l’atteggiamento giusto da tenere, vero, Asad?” lo interpellò Barkat.
“Non so cosa sia giusto o sbagliato. Ho sentito dire che gli indù in India stanno bruciando vivi i musulmani!”
“E allora Shah Rukh Khan, Salman Khan, Amir Khan… poi c’è Yusuf Pathan, Zaheer Khan…? Tutti quanti musulmani. Gli indù praticamente li adorano”, ribatté Akbar, l’idiota del gruppo. Come al solito, Barkat e Asad fecero finta di non sentirlo.
“Va bene, siamo d’accordo che stanno uccidendo infedeli e atei. Ma che dire del professore della Rajshahi University che amava la musica? Non era ateo. Perché è stato ucciso?”
“La musica è proibita nell’Islam. Gli studenti andavano lì per farsi istruire, ma invece quell’uomo insegnava loro a fare musica e gli faceva vedere film stranieri. Sai cosa significa ‘film stranieri’? Ricordi quando con un unico biglietto ci vedevamo due film? Sai di che tipo di film parlo”, aggiunse Habel.
“Non so se la musica è buona o cattiva. Ma negli Hadith, devo ancora vedere una parte in cui il nostro Profeta dice ai Sahabiti : ‘Venite, concediamoci un po ‘ di allegria con un la musica.’ Non c’è scritto nulla del genere da nessuna parte”. Il Magro, alias Chiku Mokles con tali parole rese note le proprie argomentazioni a favore della tesi espressa in precedenza.
“Bene. Ma perché Sadeq? Solo una settimana fa, Sadeq ed io eravamo uno accanto all’altro durante le preghiere del venerdì. Poco prima gli avevo sussurrato: “Oggi è un giorno speciale. Chiunque esegua 50 inchini di rakat di fila durante la funzione vedrà l’ombra di Mika’il nei cieli allo scoccare della mezzanotte.” Mi lanciò un’occhiata piena di stupore, ma non pronunciò una sola parola. Il giorno dopo, andando a scuola, mi corse incontro alzando i pugni come se volesse picchiarmi e mi chiese: “Dove? Non ho visto niente nel cielo di mezzanotte!” Allora dimmi, perché mai una persona così meriterebbe di essere uccisa? Non sapeva nemmeno cantare. Una volta, quando gli è stato chiesto di cantare a scuola, è scappato strappandosi la camicia rimasta impigliata in quella porta scassata sul retro. Non ricordate?” chiese Hadisur.
“Dì pure quello che vuoi. L’IS non è certo un’organizzazione che commette errori quando si tratta dei propri bersagli. Ho sentito che sono perfino più potenti dell’America. I loro bersagli li spiano per anni prima di prendere qualsiasi decisione. Hanno installato chissà quale attrezzatura nei cieli”, disse Habel.
“Hmm. Spiavano il ventunenne Sadeq da venticinque anni ormai!”
“Smettila di prendermi in giro, Barkat. L’IS sta sicuramente ascoltando la nostra conversazione. A me che me ne viene? Non è che sto dicendo qualcosa contro di loro! Non ho niente da temere io!” Habel si fece piccolo piccolo non appena ebbe pronunciato queste parole.
“E allora Shah Rukh, Salman, Amir… poi Irfan, Zaheer?… Sono tutti musulmani. Gli indù li mettono su un piedistallo”. Akbar l’idiota ripeté a se stesso. Ripeterà la stessa cosa ancora un paio di volte. Quando gli viene un’idea, la ripete di tanto in tanto. Gli altri ormai si erano abituati e non ne erano più nemmeno infastiditi dalla cosa. Ma dopo aver sentito il nome del famoso attore Shah Rukh Khan, il re di Bollywood, Asad non riuscì a stare fermo.
“Ehi, ragazzi, avete visto il film Fan ? Ho provato a vederlo diverse volte, ma non riuscivo a starmene seduto e guardarlo fino alla fine. Gli manca dinamismo e pepe!” si lamentò Asad.
“Hmm. Avrebbero potuto far cantare una canzone tutta sua, una specie di sigla identificativa. L’ho visto il film, ma è di una noia mortale. Mastizaade di Sunny Leone è molto meglio!”
“Ma il video ‘Pink Lips’ dei Sunny Leone l’avete visto? Ce l’ho qui sul cellulare “, disse Habel, e fu così che l’interesse dell’intero gruppo si spostò e focalizzò su Sunny.
2.
Venerdì. Gofur Mian, – il padre di Sadeq, era andato in moschea un po’ prima. Gofur Mian è quel tipo di persona che non prega regolarmente. Gli capitava di pregare cinque giorni di fila e poi di non pregare per tre. Era il primo venerdì dopo la morte di Sadeq. Si precipitò in moschea per chiedere all’huzoor di dedicare una preghiera a Sadeq dopo quelle rituali del venerdì. Aveva programmato di sedersi in un angolo e pregare con ardore dopo aver recitato le preghiere del venerdì. Nei giorni passati la polizia e i giornalisti lo avevano tormentato con le loro domande e aveva a malapena avuto la possibilità di piangere il figlio.
La richiesta di preghiere per Sadeq colse di sorpresa l’ huzoor . “Ma sarà la cosa giusta da fare?”, si chiese.
“Perché non dovrebbe essere giusto?” Gofur divenne ansioso. “Perché mai huzoor ?”
“Sai… Non ci sono prove che tuo figlio fosse credente o non credente. Se si scopre che è ateo, che senso ha pregare per lui? La situazione attuale del Paese non è sicura e non voglio essere coinvolto in queste faccende”. Il comportamento dell’huzoor era solo razionale. Non aveva senso insistere. Sconvolto, Gofur terminò le preghiere e tornò subito a casa. Andò in camera sua, chiuse la porta e si sedette sul tappeto da preghiera. Infine uscì dopo il tramonto, con gli occhi gonfi. Aveva pianto, pianto, avrebbe continuato a piangere: questo era il voto che aveva fatto. Era andato dal suo sahib, cioè il parlamentare che rappresentava il suo distretto per chiedere giustizia. Il giorno prima, il sahib aveva dichiarato ai giornalisti che, a prescindere da chi fossero .gli assassini sarebbero stati assicurati alla giustizia. Ma poi aveva convocato Gofur per dirgli qualcosa di completamente diverso: non si sarebbe fatto coinvolgere negli affari di nessun ateo.
“Signore, tutti nel villaggio possono testimoniare che mio figlio era un credente. Non sapevamo nemmeno cosa o chi fossero gli atei!” implorò Gofur.
“Quelli del villaggio testimonieranno, dici? Ma nessuno l’ha ancora fatto! Ogni volta che qualcuno chiede del tuo ragazzo, la gente scappa”.
“Ma Signore, pregava sempre. La gente ha troppa paura per dire qualcosa. Ma Allah mi è testimone”.
“È quello che dico anch’io. Allah sa la verità. Non potrai riportare in vita tuo figlio anche se puoi dimostrare che era credente. Ma se per caso vengono presentate prove che dimostrano che era in realtà un ateo, potrai rimanere nel villaggio? Hai due figlie in età da marito. Riuscirai a farle sposare? Oramai chi è andato è andato. Dì ai giornalisti che hai accettato quello che è successo. Se necessario, farò un annuncio e ti darò diecimila taka. Non ho sempre contanti a portata di mano. Prendi anche due capre. Ti torneranno utili in occasione dei matrimoni delle tue figlie”. Il sahib doveva avere sempre l’ultima parola.
Il giorno in cui Gofur tornò dalla capitale del distretto, ricevette la visita di uno degli uomini del parlamentare, a cui si era anche unito il leader locale del villaggio. Era circa mezzanotte e Gofur era finalmente riuscito a dormire un po’. L’irrequietezza e l’ostilità che gli si erano accese dentro dopo aver ascoltato le parole del parlamentare erano svanite. Aveva giurato di non chiedere giustizia a nessuno all’infuori di Dio, nonostante avesse concluso che neppure guardare al cielo avesse alcun senso. Vedendo questi due uomini potenti entrare in casa non sapeva che contegno tenere.
“Ascolta, Gofur, sei fortunato. Anzi, invidio la tua buona sorte.” Alle parole del leader locale Gofur si agitò. Dopo la morte di suo figlio, parole come ‘buona sorte’ gli sembravano sconosciute. Nessuno gli diceva più queste parole. Il leader locale proseguì: “L’onorevole sahib ha una proposta da farti. Ti consegnerà un negozio in città e, con esso, tutte le merci di cui avrai bisogno. Invece di coltivare la terra di qualcun altro come stai facendo ora, gestirai il tuo negozio. Cosa ne pensi?”
“Sì, bene”, rispose spaventato Gofur.
” Ma che bene, benissimo direi!” Questa era la prima volta che l’uomo del sahib parlava. Gofur non era poi così sicuro che fare il negoziante in città fosse una buona idea.
“Ma dovrai fare una cosa”, disse il leader.
“Una piccolissima cosa”, aggiunse l’uomo del parlamentare. Gofur aspettò in silenzio, ancora diffidente dell’offerta.
“Dovrai solo puntare il dito contro Monsur Mullah come colpevole dell’omicidio di tuo figlio. Faremo noi il resto. Domani dovrai solo andare alla stazione di polizia e accusare gli uomini di Monsur Mullah. Ci penseremo noi a fornire i dettagli della storia. Non dovrai fare altro. Te ne potrai stare comodamente seduto nel tuo negozio.”
“E non osare dire a nessuno quel che ti abbiamo chiesto di fare. È possibile che la gente capisca come sono andate le cose, ma non importa, basta che tieni la bocca chiusa”, aggiunse il leader locale.
“Signore, posso prendermi qualche giorno per riflettere?” chiese Gofur.
“Non siamo venuti qui per darti il tempo di pensare! Non siamo venuti qui per chiedere il tuo permesso. Questo è l’ordine del sahib . Siamo venuti qui per dirti cosa fare”. I leader se ne andarono proprio come erano entrati: in silenzio. La moglie di Gofur era rimasta nascosta in un angolo e aveva sentito tutto. Se non fosse stato per questo, Gofur avrebbe potuto far passare l’intero episodio come un incubo e lasciarselo alle spalle.
“Vendiamo la nostra terra e trasferiamoci in un altro villaggio. Mi pare che qui non possiamo più vivere”, disse Nosiron, sua moglie.
“Non è che possiamo lasciare il Paese! Poi, pensi davvero che possiamo vendere la nostra terra se lasciamo il villaggio? Il presidente sta progettando di costruire una fabbrica qui. Non comprerà la terra e non permetterà nemmeno a nessun altro di comprarla”.
3.
Nel frattempo passarono uno o due mesi. La questione della giustizia per l’omicidio di Sadeq era ben lontana dall’occupare la mente degli abitanti del villaggio; infatti essi avevano concluso che Sadeq doveva essere ateo. Gofur in qualche modo riuscì a lasciare il villaggio. Proprio in quel momento, ci fu un altro incidente. Un Sadeq di un villaggio lì vicino era stato trovato morto, ucciso nello stesso modo. Un Sadeq diverso che aveva studiato in città ed era tornato a casa per le vacanze. Quando l’arma lo colpì al collo, qualcuno sentì uno degli assassini dire: “ Shala, stavolta non abbiamo sbagliato!”
Breve Biografia di Mojaffor Hossainè un giovane autore di narrativa in lingua bengalese contemporanea che ha iniziato la sua carriera come giornalista e ora lavora come traduttore presso l’Accademia Bangla, Dhaka. Ha pubblicato sei raccolte di racconti che negli ultimi anni, hanno riscosso notevoli consensi sia tra pubblico generale che tra i critici letterari. I suoi racconti si distinguono per la loro ambientazione in realtà locali come come villaggi e città del Bangladesh o del West Bengala aggiungendo però sfumature di realismo magico o surrealismo. È stato premiato quattro volte per i suoi racconti. Il suo romanzo d’esordio Timiryatra è stato molto gradito dal pubblico. È anche conosciuto come traduttore e critico letterario e finora ha pubblicato 14 libri.
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.