presso Università di Cassino e del Lazio Meridionale
Personale di Antonio Poce presso Università di Cassino e del Lazio Meridionale – “Scriptorium” è il titolo della Mostra personale di Antonio Poce che sarà inaugurata Lunedì 7 Ottobre, alle ore 12.00, nello spazio espositivo del Rettorato presso l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale. L’inizitiva, curata da SCIRE, struttura per la diffusione della Cultura e della Conoscenza istituita dallo stesso Ateneo, si inserisce nelle manifestazioni per l’80° anniversario del bombardamento di Montecassino e per l’inaugurazione della nuova sede dell Facoltà di Lettere e Filosofia.
Anche nel sottotitolo, Macchine e Voci dello Spirito, la Mostra di Antonio Poce vuole evidenziare la volontà di rendere omaggio alla Scrittura, cioè all’attività che ha reso il Monastero di Montecassino uno dei centri storicamente più importanti della Cultura europea e dell’intero Occidente.
Per questa occasione verrà presentata “Scriptorium”, un’opera imponente di sei metri per due che ha dato il nome all’intera Mostra.
Come afferma lo stesso Antonio Poce: «Scriptorium è un flusso di memoria storica condensato in pochi fotogrammi di poesia espansa. Un’esplorazione verbovisiva aperta all’ibridazione di tutti i linguaggi. Un’opera intermediale che scaturisce innanzitutto dal desiderio di rappresentare i nodi di una cultura millenaria che in questa Terra ha prodotto, amato e custodito la stessa scrittura.
Non è casuale averne immaginato la prima esposizione proprio all’interno dell’Università di Cassino, avendo individuato in essa gli stessi valori culturali, sociali e morali che, integralmente collegati alla storia dell’Abbazia, hanno esaltato la nostra Civiltà ».
L’impegno nel trasmettere una eredità di valori così elevata rappresenta il dato identitario che l’Università di Cassino ha giustmente voluto richiamare ed evidenziare con un evento assolutamente all’altezza della ricorrenza.
L’invito rivolto all’Artista Antonio Poce dalla Professoressa Ivana Bruno, Delegata dal Rettore per la SCIRE, e sostenuto dal Prof. Luca Palermo, docente di Storia dell’Arte Contemporanea, si è rivelato una scelta quanto mai felice per la riconosciuta qualità qualità della sua opera. E’ il caso di ricordare la sua partecipazione alla Biennale di Venezia nel 2011 e, sia pure indirettamente (in quanto visual artist in collaborazione con il compositore Valerio Murat), alla Biennale di Venezia del 2013.
Dal canto suo Antonio Poce, esprimendo la viva speranza che la sua grande tela “Scriptorium“ possa essere percepita nei suoi significati più profondi e accolta nella pienezza delle sue analogie, ha già annunciato, per il prossimo Anno Santo 2025, un’opera di proporzioni notevolmente più ampie. Si tratta di “Confessiones”, un ciclo di 60 tele dedicate alle Confessioni di S. Agostino, di cui sono visibili alcuni esempi già all’interno di Scriptorium.
La Mostra potrà essere visitata per tutto il mese di ottobre.
ROMA- Parco archeologico del Colosseo inaugurata “Cyprea: La rete di Afrodite”
Roma-Al Parco archeologico del Colosseo è stata inaugurata “Cyprea: La rete di Afrodite”, la mostra internazionale curata da Giorgio Calcara, con la direzione artistica di Stefania Pennacchio e la direzione scientifica di Fulvia Toscano, direttrice del festival Naxoslegge (partner del progetto). L’esposizione, visitabile nelle sale del Museo del Foro Romano fino al 26 novembre 2024, intreccia l’arte contemporanea con l’archeologia, celebrando la figura di Afrodite ed il legame storico-culturale tra Italia e Cipro.
La mostra vede la partecipazione di otto artisti di spicco: Stefania Pennacchio, Nicola Verlato, Rosa Mundi, Gabriels dall’Italia, Vassilis Vassiliades, Panikos Tembriotis, Eleni Kindini e Lefteris Tapas da Cipro.
All’inaugurazione, con il Capo dipartimento per la valorizzazione del patrimonio culturale del MiC e Direttrice del Parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, erano presenti il Ministro per le Pari opportunità e la famiglia, Eugenia Roccella, il Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, il Presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, e l’Ambasciatore della Repubblica di Cipro a Roma, Yiorgos Christofides.
“Cyprea: La rete di Afrodite”
Un ponte culturale tra Italia e Cipro nel cuore di Roma
ILParco archeologico del Colosseo promuove e ospita una mostra internazionale di grande impatto culturale, “Cyprea: La rete di Afrodite“, in programma dal 26 settembre 2024 al 26 novembre 2024 nelle sale del Museo del Foro Romano.
L’esposizione, curata dal Prof. Giorgio Calcara, con la Direzione artistica di Stefania Pennacchio e la direzione scientifica di Fulvia Toscano, direttrice del festival Naxoslegge (partner del progetto), intreccia l’arte contemporanea con l’archeologia, celebrando la figura di Afrodite e il legame storico- culturale tra Italia e Cipro.
La mostra vede la partecipazione di otto artisti di spicco: Stefania Pennacchio, Nicola Verlato, Rosa Mundi, Gabriels dall’Italia, Vassilis Vassiliades, Panikos Tembriotis, Eleni Kindini, Lefteris Tapas da Cipro.
La mostra intende esplorare il tema della “kalokagathia”, la bellezza che unisce etica ed estetica, e che ha ispirato culture e generazioni. Il percorso espositivo si snoda tra Roma, Naxos/Taormina, Pafos e Nicosia, creando un circuito simbolico che rafforza i legami tra i paesi e invita alla riflessione sulla continuità tra la bellezza del passato e l’interpretazione contemporanea dell’arte. L’evento mira a rigenerare e rilanciare i valori e la cultura del Bacino Mediterraneo, coniugando l’eterno con il contemporaneo.
Miti, storie, leggende, attributi e iconografie della divinità greco-romana si intrecciano nella mostra “Cyprea. La rete di Afrodite”, attraverso opere di artisti provenienti da Cipro, l’isola legata all’origine della dea, e dall’Italia, dove in età romana il culto di Venere, scelta da Gaio Giulio Cesare come divina ascendente della Gens Iulia, in quanto madre di Enea, era ampiamente diffuso – commenta Alfonsina Russo, Direttore del Parco archeologico del Colosseo. E non c’è posto migliore per esaltare il vaolore eterno della Dea se non il Museo del Foro Romano rivolto verso la Cella di Roma Aeterna, parte dell’antico Tempio di Venere e Roma, il più grande e monumentale edificio di culto della Roma Imperiale dedicato proprio alla dea Venus Felix, portatrice di buona sorte e a
Roma Aeterna, personificazione della città.
Questo progetto nasce dopo una felice collaborazione artistica tra Italia e Cipro (Kairos, Solo lo spazio ricorda, 2022-2023) dove le connessioni tra i nostri paesi si sono risolti in una mostra itinerante (Milano, Siracusa, Atene, Nicosia). Ma Afrodite chiama a un telaio di rete, nodi, ed intrecci culturali tra le due nazioni. La scelta di raccontare questo mito legato all’amore è un messaggio ad
una maggiore consapevolezza e ancoraggio, a cui la società contemporanea ci ha disabituato – dichiara Stefania Pennacchio, Direttore Artistico dell’evento.
La scelta del titolo Cyprea, oltre ad un rimando alla nascita di Afrodite che emerge dalle acque spumeggianti (anadiomene) davanti all’isola di Cipro, si lega ad un aspetto archetipo ed allegorico. Più di ogni altra conchiglia, la Cyprea è collegata alla vita: l’accoglie, la protegge e così la accresce. Tutti questi elementi necessari per la continuazione della specie rappresentano simbolicamente la donna, quale femmina, madre, creatrice e dispensatrice di futuro – commenta Giorgio Calcara, curatore. Gli artisti selezionati(Gabriels, Rosa Mundi, NicolaVerlato, Stefania Pennacchio, Vassilis Vassiliades, Panikos Tembriotis, Lefteris Tapas, Eleni Kindini) tra le due Nazioni, Italia e Cipro, mostreranno le loro opere sotto il segno della Cyprea, una dimensione archetipa in cui il loro segno presente è uno status tecnico transitorio, che muove da un ideale partenogenesi divina e tende all’infinita fetazione di opera d’arte.
Inoltre, la giornata di studi si terrà presso il Museo del Parco Archeologico di Naxos il 28 settembre, organizzata e promossa dall’evento culturale “Naxoslegge” diretto da Fulvia Toscano, anche direttore scientifico del progetto Cyprea.
La giornata sarà presieduta da illustri personalità quali Alfonsina Russo (Direttore del Parco Archeologico del Colosseo), Gabriella Tigano (Direttrice del Parco Archeologico Naxos Taormina) Theodoros Mavrojannis (Professore di Storia antica all’Università di Cipro), Giorgio Calcara (Curatore), Stefania Pennacchio (Direttore Artistico dell’evento) e Chiara Donà dalle Rose (Presidente della Fondazione Donà dalle Rose).
“Cyprea: La rete di Afrodite” è sostenuta da enti quali il MIC – Ministero della Cultura, Ambasciata di Cipro a Roma, la Regione Sicilia, il Parco Archeologico Naxos/Taormina, il Ministero della Cultura di Cipro, La Rotta dei Fenici – Consiglio Europeo, Federazione Italiana delle Associazioni e Club per l’UNESCO e la Foundation for United Nation SDG – Membro United Nations – Departments of Economic and Social Affairs.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo, stampato da Leucò Art Gallery, che oltre alla riproduzione delle opere esposte ospiterà approfondimenti sull’eternità del genio mediterraneo, tra archeologia e arte contemporanea, passato e futuro.
LE SEDI DELLA MOSTRA
Roma: Chiostro di Santa Francesca Romana – Parco Archeologico del Colosseo
Giardini-Naxos: Parco Archeologico di Naxos/Taormina ***
I PROTAGONISTI
Curatore d’arte contemporanea:
Giorgio Calcara (Roma)
Direzione scientifica:
Fulvia Toscano
Direzione artistica:
Stefania Pennacchio
Artisti italiani:
Arte contemporanea:
Stefania Pennacchio (Scultura); Nicola Verlato (Pittura); Gabriels (Scultura)
Rosa Mundi (Istallazione)
Giorgio Calcara è antropologo e critico d’arte; ha pubblicato saggi – specialistici e divulgativi – a carattere storico e filosofico circa il rapporto tra sacro e profano e il concetto di simbolo, dall’arte preistorica all’arte contemporanea. Da 25 anni cura mostre d’arte e rassegne culturali in musei e luoghi istituzionali in Italia.
Stefania Pennacchio è un’artista dedita all’indagine e alla sperimentazione della scultura ceramica. I materiali prediletti sono le argille, i metalli, le pietre. La scelta non è casuale poiché tutte le loro caratteristiche e qualità vengono tradotte nella complessità della figura femminile raccontata con introspezione attraverso gli archetipi della cultura classica e mitologica occidentale. Apprezzata da critici come Philippe Daverio e Jean Blanchaert, è stata ambasciatrice della cultura italiana nel mondo per EXPO Milano 2015. Le sue opere sono presenti in numerose gallerie e collezioni private (Versace, Blanchaert, Rocco Guglielmo). Ha esposto a Monaco, Nizza, New York, alla Biennale di Venezia, in Cina, Giappone, Cipro e Grecia.
***
ESTRATTI DEL CATALOGO
Dorata e sorridente per Omero nell’Iliade; sguardo veloce, nata dalla schiuma, sorriso amorevole, d’oro, secondo Esiodo, la dea Afrodite è espressione di un ideale, non esclusivamente estetico, in continua trasformazione. Immagine ed essenza divina si fondono in lei, evolvono, assumono mille volti e simbologie attraverso secoli, stili e costumi: dalle fertili Veneri paleolitiche, assimilate a dee madri, al Betilo di Afrodite, antico simulacro aniconico dal tempio di Paphos nell’isola di Cipro, dagli xoana dell’epoca di Dedalo ricordati da Pausania, alle molteplici, celebri tipologie statuarie di età classica, ellenistica e romana – ammantata e solenne come nell’Afrodite Sosandra di Calamide; sacrale nell’ interpretazione di Fidia; nuda nell’atto di immergersi in un bagno sacro in quella di Prassitele; che emerge dalle acque strizzando i capelli, detta Anadiomene; colta nell’atto di scoprirsi e con lo sguardo volto a osservare proprio la parte posteriore del suo corpo, detta Callipigia; accovacciata nella traduzione di Doidalsa; stante e sinuosa nella popolare versione di Alessandro di
Antiochia, l’Afrodite di Melos; mentre tenta di coprire le nudità nell’Afrodite pudica.
[da Cyprea. La rete di Afrodite. Introduzione di Alfonsina Russo]
Ogni conchiglia racchiude un segreto, e rappresenta almeno una metafora della vita.
Da millenni, ormai, si ricorre all’immagine della conchiglia per simboleggiare un significato, evidente o più recondito: in letteratura e in pittura, tra mitologia e storia, questo elemento ricorre frequentemente segnando le straordinarie opere d’arte classica riconosciute oggi come tra le massime espressioni dell’ingegno creativo umano. Altresì, la conchiglia, ispira e si ritrova nel mondo contemporaneo, nell’opera di artisti che più o meno consapevolmente ascoltano le voci antiche della natura provenire dall’interno di quella concavità – kónkhê –, e attratti da quelle forme che sopravvivono dalla notte dei tempi. Fra le migliaia di conchiglie oggi note e catalogate, le cipree hanno un aspetto archetipico, allegorico. Più di ogni altra conchiglia, la ciprea sembra collegata alla vita: l’accoglie e la protegge, e così l’accresce.
[da Cyprea. Il guscio protettivo di un’idea – testo di Giorgio Calcara]
Afrodite, bellezza e amore, armonia e movimento ancestrale di generazione, che nel tempo degli uomini scandisce la possibilità di perpetuare il mito e infondere pienezza. Madre Divina che unisce l’antica Grecia e Roma Aeterna nell’immortalità di ciò che nasce dalle acque, per dare la direzione alle genti mediterranee. Cyprea, conchiglia di vita e di eternità, rende l’Isola di Cipro assoluta poiché divina. Prescelta! Dalla conchiglia al centro del mare, che è di tutti coloro che lo sanno vivere, origina la Dea, che da sempre ha ispirato artisti di ogni tempo e che oggi torna a Roma a questa mostra che ne riattualizza il Mito, come un Rito che, compiuto e officiato nel presente, ne richiama l’originario Simbolo di vita. E in questo ritorno all’Origine, un posto speciale ha anche Naxos, prima colonia greca di Sicilia, approdo sicuro dal quale il destino delle antiche genti giunte per mare, scrisse una nuova storia.
[da Amore e vita: Afrodite ci invita al viaggio più importante – testo di Alberto Samonà] ***
COLOPHON
Alfonsina Russo
Direttore Parco Archeologico del Colosseo
Segreteria del Direttore
Gloria Nolfo Luigi Daniele Fernanda Spagnoli
Funzionario archeologo responsabile del Museo del Foro Romano
Roberta Alteri
Funzionario archeologo responsabile del Tempio di Venere e Roma
Antonella Rotondi
Funzionario architetto responsabile del Tempio di Venere e Roma
Aura Picchione
Servizio Comunicazione e relazioni con il pubblico, la stampa, i social network e progetti speciali
Federica Rinaldi (Responsabile Ufficio Relazioni con la stampa)
Astrid D’Eredità (Responsabile Ufficio Comunicazione, social media e sito web)
Servizio di Valorizzazione, mostre ed eventi
Daniele Fortuna (Responsabile) Andrea Caracciolo di Feroleto Eugenia De Francesco
Camilla Musci
Alice Penconi
Per informazioni e accrediti, contattare:
Parco archeologico del Colosseo
Ufficio per le relazioni con la Stampa
Federica Rinaldi | Astrid D’Eredità
+ 39 0669984443 pa-colosseo.ufficiostampa@cultura.gov.it
mostra “Animali e figure fantastiche tra storia arte e leggenda” aperta sino al 22 ottobre 2024-
A Roma, sabato 28 settembre, si è aperta al pubblico presso l’Archivio di Statola mostra Animali e figure fantastiche tra storia arte e leggenda: un campionario immaginario dell’Archivio di Stato di Roma. Realizzata in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti di Roma, l’esposizione a cura di Nunzia Fatone e di Giovanna Mentonelli sarà allestita dal 28 settembre al 22 ottobre 2024 nella Sala Alessandrina (corso del Rinascimento, 40)del Complesso di Sant’Ivo alla Sapienza.
La mostra prende spunto dal Liber Regulae dell’Ospedale di S. Spirito in Sassia, magnifico codice miniato del Trecento custodito in Archivio, e intende valorizzare il campionario immaginario presente nei documenti dell’Istituto. La rappresentazione di animali e figure dalle forme fantasiose e dallo straordinario cromatismo è il tratto che accomuna fonti d’archivio e di biblioteca di vario genere: dalle miniature in pergamena ai libri antichi, dagli stemmari ai sigilli, dalle incisioni calcografiche alle xilografie, dalle mappe celesti agli atlanti cartografici, dai disegni del Seicento per giungere alle opere grafiche e scultoree di artisti contemporanei. Le creature leggendarie e mitologiche racchiudono nelle loro forme fantastiche una valenza simbolica: già nell’antichità nelle favole di Esopo e Fedro gli animali sono allusione ai vizi e alle virtù dell’uomo, ma è soprattutto nel medioevo che, sul modello del Physiologus, trattato sul regno animale, vegetale e minerale del II sec., si sviluppa il genere del bestiario. Anche nelle sculture e negli affreschi, dal mondo classico all’arte moderna, compaiono figure reali e fantastiche, ibride e mostruose – come draghi, lupi, elefanti, leoni, grifoni, unicorni e sirene – che ancora oggi ispirano artisti e illustratori contemporanei.
La mostra si divide in diverse sezioni tematiche: Le figure fantastiche e mostruose in araldica, Gli animali e le figure fantastiche nelle miniature del Liber Regulae, Le mappe celesti e terrestri, Gli animali e la musica, Gli animali fantastici in letteratura e nei libri del Cinquecento, I disegni e le stampe del Seicento, nelle quali sono presentati i documenti e i volumi dell’Archivio di Stato di Roma.
L’esposizione si arricchisce delle proposte creative degli studenti della Scuola di Grafica d’Arte dell’Accademia delle Belle Arti di Roma e delle creazioni di artisti contemporanei come Eleonora Cumer, Carlo De Meo, Stefano Iori, Rosa Pierno e Sabrina Ventrella.
La mostra a ingresso gratuito è aperta nei giorni:
lunedì e giovedì dalle ore 15 alle 18
martedì dalle ore 10 alle 13.
Per le prenotazioni di visite didattiche per le scuole scrivere a: as-rm.didattica[at]cultura.gov
Arte, lotta, resilienza: rivive nello spettacolo di Controtempo Theatre-
Roma-Controtempo Theatre sarà in scena con lo spettacolo Artemisia Gentileschi il 6 ottobre alle ore 18:00 presso il Teatro Furio Camillo di Roma, con la regia di Lilith Petillo.
Ospite di ExtraOrdinario Live Festival, rassegna artistica multidisciplinare e inclusiva che approfondisce temi quali diversità sociale, culturale, di genere, filosofica; disabilità; ambiente ed ecosostenibilità,
La grandezza di Artemisia non risiede solo nel suo talento di pittrice (o pittora come lei stessa si definiva): è considerata un’icona femminista rivoluzionaria e un’artista innovativa per l’energia travolgente che seppe infondere nella rappresentazione della figura femminile. La formazione di Artemisia avvenne nell’atelier del padre che era frequentato da molti pittori, tra i quali Agostino Tassi. La diciottenne Artemisia è lusingata dalle sue attenzioni, forse si innamora, forse crede alle sue promesse di matrimonio.
In un giorno di maggio del 1611, mentre Orazio lavora sulle impalcature della Loggetta delle Muse, Agostino stupra Artemisia. La Gentileschi decide di denunciare il Tassi per stupro in un’epoca in cui la violenza sessuale non era considerata un reato contro la donna, ma contro l’onore della famiglia. Lo spettacolo teatrale, attuale e profondo, con Lilith Petillo e Venanzio Amoroso, pone la figura di Artemisia in relazione agli uomini che le hanno, in qualche modo, “condizionato” l’esistenza. Sembra quasi trascorrere una vita sotto processo. La troviamo immersa in un contesto “amaro” con le sue paure ed ansie, le sue colpe, a lottare con tenacia per la propria affermazione come donna e come artista. Arte, lotta, resilienza, questi i punti focali della rappresentazione. La regia si concentra sull’aspetto contemporaneo di tale vicenda lasciando un messaggio positivo.
Artemisia ci insegna che il dolore e la vergogna possono essere sublimate in bellezza. La sua vita rappresenta una rivincita contro una società gretta e maschilista. In un mondo in cui la violenza sulle donne è un dramma ancora esistente, storie come la sua possono essere un esempio per tutte le donne, affinché non si perda mai la propria voce e la forza di lottare attivamente contro abitudini tossiche e comportamenti profondamente umilianti.
ExtraOrdinario Live Festival è ideato ed organizzato da Controtempo Theatre. Il progetto è realizzato con il sostegno del Ministero della Cultura – Direzione Generale Spettacolo ed è vincitore dell’Avviso Pubblico Lo spettacolo dal vivo fuori dal Centro -Anno 2024 promosso da Roma Capitale – Dipartimento Attività Culturali in collaborazione con LEA e SIAE.
Gaspara Stampa, una delle più grandi poetesse Rinascimentali–
‘Arsi, piansi, cantai; piango, ardo e canto…” Gaspara Stampa, una delle più grandi poetesse Rinascimentali, dal petrarchismo femminile alla fama ”scandalosa”. Nata nel 1523 a Padova, da Bartolomeo e Cecilia Stampa – suo padre, originario di Milano, era una mercante di gioielli, e morì nel 1531. La vedova Cecilia si trasferì quindi a Venezia – sua città di provenienza – insieme a Gaspara e i suoi fratelli Cassandra e Baldassarre. Qui Gaspara, ragazza vispa e dall’intelligenza acuta, fu allieva insieme ai fratelli del letterato toscano Fortunio Spira, intimo del celebre poeta Pietro Aretino – grazie a lui, tutti i fratelli vengono formati a leggere e scrivere in latino. Gaspara inoltre apprende il liuto dal compositore e musicista fiammingo Perissone Cambio.
All’altissimo e raffinato livello d’istruzione però si avvicenda anche una vita drammatica – l’adorato fratello Baldassarre infatti muore a soli diciannove anni, nel 1544 – il lutto sconvolse l’intera famiglia e Gaspara in particolare, la quale durante un periodo di riflessione quasi si fece suora – tuttavia, passato il lungo periodo di crisi, tornò alla “dolce vita” di Venezia.
Nonostante questa tragedia, la casa degli Stampa divenne un raffinato circolo letterario, frequentato da molti noti scrittori, pittori e musicisti veneziani – tra cui ricordiamo Francesco Sansovino, figlio del grande architetto e scultore fiorentino Jacopo Sansovino e Girolamo Parabosco, celebre compositore e organista a San Marco.
Gaspara, affezionatamente chiamata ”Gasparina”, diventa un’icona nella vivace vita culturale veneziana – la sua bellezza, la sua cultura e la sua intelligenza le valgono moltissimi ammiratori e corteggiatori. La sua vena poetica trovò finalmente sfogo quando incontrò nel 1548 il Conte Collalto di Collaltino, giovanotto garbato, di bell’aspetto e fine letterato. La storia d’amore con il Conte, durata per tre anni, dà a Gaspara l’impulso per lavorare alle sue Rime, in cui la poetessa attraversa tutte gli stadi della passione – evitando artefici retorici – e questo modo di scrivere ”esplicito” la mise al mezzo dello scandalo. D’altronde basta leggere la LXXX delle sue Rime d’Amore, dal sapore piuttosto erotico – Prendi, Amor, de’ tuoi lacci il più possente, / che non abbia né schermo, né difesa, / onde Evadne e Penelope fu presa, / e lega il mio signor novellamente.
Questo genere di poesia come non fu apprezzato dalla ”società bene” così non fu accolto con troppo entusiasmo del Conte, che più volte e a periodi alterni si allontanò da Gaspara, fin quando la relazione non si ruppe completamente nel 1551. Nonostante Gaspara fosse una meritevolissima partecipe dell’Accademia dei Dubbiosi – con lo pseudonimo di Anaxilla – soffrì un lungo periodo di depressione, dal quale uscì proprio con la poesia. Tra il 1552 e il 1553 iniziò una relazione con un altro uomo – sempre senza mai sposarsi – che fu più presente e più attento ai suoi sentimenti rispetto al ”bel Conte”, e ciò le porto un po’ di sospirata serenità.
Purtroppo, l’idillio non durò a lungo, soffrendo di problemi di salute dal 1553, dopo un periodo di cure a Firenze spirò a soli trentun anni a Venezia, a causa di febbri e mal de mare – inteso non come il disagio avvertito durante la navigazione, ma come malattia giunta da oltremare, portata dalle navi.
Giuseppe UNGARETTI-Sentimento del tempo-Vallecchi Editore-Firenze -1933
Articolo scritto da Giuseppe De Robertis per la Rivista PAN diretta da Ugo OJETTI
-Poeta italiano, Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria d’Egitto, l’8 febbraio 1888, da genitori lucchesi, colà emigrati, perché il padre Antonio lavorava come sterratore al canale di Suez. Frequenta l’École Suisse Jacot e si forma sui classici francesi: Baudelaire e Mallarmé soprattutto. Stringe amicizia con Enrico Pea e i fratelli Thuile; con Kavàfis e Zervos (il gruppo di “Grammata”). Nel 1912 U. migra a Parigi, si iscrive alla Sorbona (tesina su Maurice de Guérin con Strowski; segue i corsi di Bergson al Collège de France). Si lega ai futuristi italiani a Parigi – le sue prime poesie appariranno nel 1915 su Lacerba – ma anche ad Apollinaire, Paul Fort, Léger. Nel 1914 rientra in Italia e si arruola come volontario, soldato semplice, sul Carso. Nasce Il Porto Sepolto, stampato a Udine nel 1916. Finita la guerra, pubblica, per impulso di Papini, Allegria di naufragi, presso Vallecchi, 1919. Sposa Jeanne Dupoix, 1920. Si trasferisce a Roma nel 1921, una Roma barocca e cattolica, che fa da sfondo al Sentimento del Tempo, 1933. Nel 1936 si stabilisce a San Paolo del Brasile, ove gli è stata offerta la cattedra di Lingua e letteratura italiana presso l’università. Nel 1937 muore il fratello, nel 1939 il figlio Antonietto; nel 1942 rientra in Italia, ove è nominato “per chiara fama” titolare della prima cattedra di Letteratura italiana contemporanea presso l’università di Roma. Dai lutti privati e collettivi nasce l’esperienza del Dolore, 1947. Dalla vicenda di barbarie della seconda guerra mondiale sorge più alta l’esigenza di raccogliere, nella meditazione dei classici, la memoria della dignità e della tragedia di essere uomini: saranno le mirabili traduzioni dei 40 Sonetti di Shakespeare, delle Visioni di Blake, della Fedra di Racine, delle poesie di Gongora e Mallarmé, dell’Eneide e delle “Favole indie della genesi”. Potrà così compiersi il viaggio e l’ultima ‘mira’: La Terra Promessa, 1950 e Il Taccuino del vecchio, 1960; rielabora poi, ‘a lume di fantasia’, le prose d’arte e di viaggio: Il Deserto e dopo, 1961. Raffinato esercizio di autoesegesi e di poetica sono le quattro lezioni, tenute nel 1964 alla Columbia University, New York, sulla Canzone. Muore a Milano nella notte fra il 1° e il 2 giugno 1970, già accolti, a Capodanno, “Gli scabri messi emersi dall’abisso”, in una poesia che sempre “torna presente pietà” (L’impietrito e il velluto). L’opera di U. è oggi riunita nei volumi Vita d’un uomo. Tutte le poesie (a cura di L. Piccioni, 1969); Vita d’un uomo. Saggi e interventi (a cura di M. Diacono e L. Rebay, 1974); Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni (a cura di P. Montefoschi, 2004). Alla conoscenza del laboratorio giovanile ungarettiano ha contribuito il vol. di Poesie e prose liriche. 1915-1920 (a cura di C. Maggi Romano e M. A. Terzoli, 1989), autografi ritrovati, con le lettere, tra le carte di Papini. In ed. crit. sono apparsi: L’allegria (a cura di C. Maggi Romano, 1982) e Sentimento del tempo (a cura della stessa e di R. Angelica, 1988).
“Amo le mie ore di allucinazione […]. Anche le mie ore di randagio, d’immaginario perseguitato in esodo verso una terra promessa” (G. Ungaretti, lettera a G. Papini del 25 luglio 1916 dalla zona di guerra). Introdurre al Porto Sepolto (1916) con una citazione che presenta il nomade già in viaggio, in esodo, verso una Terra promessa, significa proporre la visione non già di un incipit, ma di un’origine, sempre ricercata e sempre più lontana; attestare non tanto un”opera prima’, ma il nucleo generatore più fecondo dei grandi miti ungarettiani di “riconoscimento” e di “quête” sino – appunto – alla Terra Promessa.
Così, al compimento del proprio percorso di poetica Ungaretti raggiungerà – poeta europeo – i modelli che l’avevano accompagnato, sin dalla Jeune Parque, 1917, di Paul Valéry o dalla Waste Land, 1922, di Eliot ove già si figura nel “drowned Phoenician Sailor” il “Piloto vinto d’un disperso emblema” del Recitativo di Palinuro. E, più ancora, affiora la recente esperienza dei Four Quartets, 1936-42, ove “Moves perpetually in its stillness”, – perpetuamente muove nella sua quiete – il desiderio di forma: “effimero / Eterno freme in vele d’un indugio” (Cori […] di Didone, VIII).
Come nel suo Petrarca, il Triumphus Eternitatis sarà assorbito dal buio nella notte dell’ossimoro: “Mi fanno più non essere che notte, / Nell’urlo muto, notte” (Ultimi Cori per la Terra Promessa, 12; dal Taccuino del Vecchio, 1960), nell’afono vuoto: “Che, dal fondo di notti di memoria, / Recuperate, in vuoto / S’isoleranno presto, / Sole sanguineranno” (ivi, 12). La poesia dell’ultimo Ungaretti si colloca accanto alle voci più nude della desolazione, come quella di Celan, che tradurrà mirabilmente La Terra Promessa (Das verheissene Land) e il Taccuino del Vecchio (Das Merkbuch des Alten). Anche quando non rimanga che “dondolo del vuoto” (L’impietrito e il velluto, 1970), deserto e Lösspuppen, crisalidi di Loess e “impalpabile dito di macigno”, pure, per memoria di forma, il ritorno è, sempre, istante possibile: “Petrarca / ist wieder / in Sicht” (Celan), “Fulmineo torna presente pietà” (L’impietrito e il velluto, clausola), nell’eterno bagliore / abbaglio di illuminazione e miraggio: “Incontro al lampo dei miraggi / Nell’intimo e nei gesti, il vivo / Tendersi sembra sempre” (Monologhetto). L’eterno Ist wieder: è di ritorno, nuovamente, nostra unica eternità, memoria di poesia che rinnova ricreando, unico e solo “diritto di ritorno” – “zurück – und zurückreicht” – che sempre ci resta:
Breve biografia di Giuseppe Ungarettiè nato ad Alessandria d’Egitto l’8 febbraio 1888 e morto a Milano il 1° giugno 1970. Il padre era un operaio dello scavo del Canale di Suez ed è morto quando Ungaretti aveva appena 2 anni.
Breve biografia Corrado Govoni nasce a Tamara, in provincia di Ferrara, nel 1884. Vive per un breve periodo a Milano e poi stabilmente a Roma e muore ad Anzio nel 1965. Appena diciannovenne, esordisce con la raccolta Le fiale (1903). Seguono: Armonia in grigio et in silenzio (1903), Fuochi d’artifizio (1905), Gli aborti (1907), Poesie elettriche (1911), Inaugurazione della primavera (1915), Rarefazioni (1915), Poesie scelte (a cura di A. Neppi, 1918), Tre grani da seminare (1920), Il quaderno dei sogni e delle stelle (1924), La Trombettina (1924), Brindisi alla notte (1924), Il flauto magico (1932), Canzoni a bocca chiusa (1938), Pellegrino d’amore (1941), Govonigiotto (1943), Aladino. Lamento su mio figlio morto (1946), L’Italia odia i poeti (1950), Patria d’alto volo (1953), Preghiera al trifoglio (1953), Antologia poetica (a cura e con prefazione di G. Spagnoletti, 1953), Manoscritto nella bottiglia (con un saggio di G. Ravegnani, 1954), Stradario della primavera e altre poesie (1958), Poesie 1903-1959 (a cura di G. Ravegnani, 1961). È autore di numerosi libri in prosa, racconti, testimonianze, romanzi. Entrato in contatto con Marinetti, si avvicina al futurismo, collaborando ad alcune riviste come “Lacerba”, “La Voce” e “Poesia”, ma ritorna gradualmente alle forme più tradizionali, soprattutto nelle poesie dedicate al figlio, vittima dell’eccidio nazista delle Fosse Ardeatine.
Le cose che fanno la domenica
L’odore caldo del pane che si cuoce dentro il forno.
Il canto del gallo nel pollaio.
Il gorgheggio dei canarini alle finestre.
L’urto dei secchi contro il pozzo e il cigolìo della puleggia.
La biancheria distesa nel prato.
Il sole sulle soglie.
La tovaglia nuova nella tavola.
Gli specchi nelle camere.
I fiori nei bicchieri.
Il girovago che fa piangere la sua armonica.
Il grido dello spazzacamino.
L’elemosina.
La neve.
Il canale gelato.
Il suono delle campane.
Le donne vestite di nero.
Le comunicanti.
Il suono bianco e nero del pianoforte.
Le suore bianche bendate come ferite.
I preti neri.
I ricoverati grigi.
L’azzurro del cielo sereno.
Le passeggiate degli amanti.
Le passeggiate dei malati.
Lo stormire degli alberi.
I gatti bianchi contro i vetri.
Il prillare delle rosse ventarole.
Lo sbattere delle finestre e delle porte.
Le bucce d’oro degli aranci sul selciato.
I bambini che giuocano nei viali al cerchio.
Le fontane aperte nei giardini.
Gli aquiloni librati sulle case.
I soldati che fanno la manovra azzurra.
I cavalli che scalpitano sulle pietre.
Le fanciulle che vendono le viole.
Il pavone che apre la ruota sopra la scalèa rossa.
Le colombe che tubano sul tetto.
I mandorli fioriti nel convento.
Gli oleandri rosei nei vestibuli.
Le tendine bianche che si muovono al vento.
Punta secca
Sei magra e lunga
eppure hai tanta forza plastica
nel corpo gentile
che se abbandoni i gomiti sul pozzo
o contro il muro
del cortile
il bel corpo rovescio
serrati gli occhi
strette le labbra sciolti i ginocchi
con quell’uncino di riccio
nel mezzo della fronte e ad un capriccio
improvviso ti distacchi
t’impenni e via saetti come da fionda
su quegli alti tuoi tacchi
di stella che nel sole
quasi non ti si vede
più tanto sei bionda;
si può giurar per certo
che tu con quel tuo premer duro
un incavo hai aperto
nel docile marmo e nel muro.
Attacchi d’ali strappate
ti palpitan le reni;
così sottile e senza seni
li hai tutti nei ginocchi.
Ma l’orchidea tu l’hai negli occhi.
Paesi
Esplodon le simpatiche campane
d’un bianco campanile, sopra tetti
grigi: donne, con rossi fazzoletti,
cavano da un rotondo forno il pane.
Ammazzano un maiale nella neve,
tra un gruppo di bambini affascinati
dal sangue, che, con gli occhi spalancati,
aspetta la crudele agonia breve .
Gettano i galli vittoriosi squilli.
I buoi escono dai fienili neri;
si spargono su l’argine tranquilli,
scendono a bere, gravi, acqua d’argento.
Nei campi, rosei, bianchi, i cimiteri
sperano in mezzo al verde del frumento.
Naufragio
Sul mio capo di naufrago
galleggiante sul mare nero della vita
afferrato a una tavola sfasciata
materna culla
vedo ancora ondeggiare le stelle
come un tenero ramo di mandorlo.
Luce di fuori mondo
o vertigine
degli abissi incantevoli del nulla?
Ne la corte.Tre stracci ad asciugare
– Ne la corte – Tre stracci ad asciugare
sul muricciuolo accanto il rosmarino.
Una scala seduta. Un alveare
vedovo, su cui giuoca il mio micino.
Un orciuolo che ha sede sul pozzale
di marmo scanalato da le funi.
Dei cocci gialli. un vaso vuoto. Un fiale
che ha vomitato. Dei fogliami bruni.
– Su le finestre – Un pettine sdentato
con due capelli come dei pistilli.
Un astuccio per cipria. Uno sventrato
guancialino di seta per gli spilli.
Una scatola di belletto. Un guanto
mencio. Un grande garofano appassito.
Una cicca. Una pagina in un canto
piegata, da chissà mai quale dito!
– Per l’aria – La docile campana
d’un convento di suore di clausura.
Una lunga monotonia di zana.
Un gallo. Una leggera incrinatura
di vento. Due rosse ventarole
cifrate. Delle nubi bianche. Un treno.
Un odore acutissimo di viole.
Un odore acutissimo di fieno.
Contro corrente come bionde trote
Contro corrente come bionde trote
fendevano la calca cittadina
due fanciulle insolenti di bellezza.
Curiosando strusciarono i musini
di maliziosa cipria qua a un acquario
di lusso di dormenti onde ravvolte
di stoffe per murene ed aragoste,
più in là a un brillante altar di calzature,
spume di cardi rossi per pianelle
di Cenerentola, lustrini e argenti
per taccuini da ballo. Scantonarono
a un tratto e una si chinò nascosta
dall’inquieta compagna ad allacciarsi
la giarrettiera a mezza coscia ignuda.
Le succhiò la corrente cittadina.
Vedo sempre la strada illuminata
da quel fulgore di carne di donna
nel marmo della pioggia settembrina.
Siepe
All’odore crudele
che viene dalle spine della siepe
il tuo sangue amareggia l’amore,
e ti diventan gli occhi
una luce cattiva pigiata.
Sulla tua statua che cammina
aprendo una nuova strada nel vento
invano battono le mie parole
come gocce di rugiada da me scossa.
Prego l’erba dell’argine ti venga incontro
con la lampada avvelenata del gigaro
per far soffrire la tua bocca rossa.
Il lampione
Il crepuscolo si sfogliò
su i tegoli muscosi;
l’ultimo suono di campana si smorzò
ne l’abbandono dei sagrati erbosi.
In una svolta, un fanale
notifica! la sua vittoria
sopra l’ombra cocciuta.
La sua fiamma claustrale
sembra una fiamma provvisoria
ed instabile. Si direbbe che sternuta.
Il fanale s’illude d’essere un sacro lampadario
che nel suo cuore chiude
come in un vaso un elettuario
infiammabile.
Ma il vento precario
lo prende per un disadorno e vitreo erbario
con un gìgaro
friabile che si diverte a gualcire.
Ed il fanale si rassegna
a la notturna passione
senza imbroncire.
Il silenzio, come un cane,
segue le pestè dei rumori.
Il sonno sente a gli occhi dei pizzicori.
E l’alba soffia il dente di leone
del lampione.
Il palazzo dell’anima
Triste dimora! Aborti nelle fiale,
rachitici e verdastri. Sorridenti
bambole sparse ovunque. Sofferenti
in vasi d’ambra fior di digitale.
Campane di cristallo su agonie
di cera, rosee maschere di seta
annegate nell’acqua ovale inquieta
degli specchi, malinconie impagliate.
Laggiù la città bianca col suo rombo
d’api e il suo fiume di ardente piombo,
come un pallido sogno di morfina.
Oh i crepuscoli tristi d’anilina
sulle mura echeggianti di fanfare!
Da una finestra si scorge il mare.
Crepuscolo ferrarese
Il mao si stira sopra il davanzale
sbadigliando nel vetro lagrimale.
Nella muscosa pentola d’argilla
il geranio rinfresca i fiori lilla.
La tenda della camera sciorina
le sue rose di fine mussolina.
I ritratti che sanno tante storie
son disposti a ventaglio di memorie.
Nella bonaccia della psiche ornata
il lume sembra una nave affondata.
Sul tetto d’una prossima chiesuola
sopra una pertica una ventarola
agita l’ali come un uccelletto
che in un laccio per i piedi sia stretto.
Altissimi, per l’aria, dai bastioni,
capriolano fantastici aquiloni.
Le rondini bisbigliano nel nido.
Un grillo dentro l’orto fa il suo strido.
Il cielo chiude nella rete d’oro
la terra come un insetto canoro.
Dentro lo specchio, tra giallastre spume
ritorna a galla il polipo del lume.
La tristezza s’appoggia a una spalliera
mentre le chiese cullano la sera.
Chimerica corriera
Mi sfiorò la corriera all’improvviso,
e prima che pensassi di gridare:
«Ferma! vengo pure io oltre frontiera!».
era passata a volo, sollevando
un turbine di opaco polverone,
scomparendo alla vista: belle ignote,
contro i vetri di bambole le gote,
e il postiglione con la lunga frusta
che fulminava a fuoco la quadriglia…
Passò ancora in un vortice di neve,
e passò nell’estivo polverone.
Poi si fece vederesernpre più rararnente,
con i cavalli alati e il postiglione
un’ornbra con la frusta alta nel cielo;
e quando la rnia voce
fu così forte da coprir le ruote
la frusta e le cantanti sonagliere,
non passò più né lenta né veloce…
Eppure certe sere,
quando sono più stanco e ancor più bianco
e l’antica ferita
rni si torna ad aprire ed a dolere;
se aguzzo un po’ le orecchie
odo ancora venire da lontano,
rna è un sussulto del sangue o forse il tuono,
corne un fievole suono,
dal fondo della via o della rnia vita
che senza averla rnai raggiunta
ho per sernpre srnarrita:
non può esser che il vostro, sonagliere,
in viaggio per chirneriche frontiere.
Breve biografia Corrado Govoni nasce a Tamara, in provincia di Ferrara, nel 1884. Vive per un breve periodo a Milano e poi stabilmente a Roma e muore ad Anzio nel 1965. Appena diciannovenne, esordisce con la raccolta Le fiale (1903). Seguono: Armonia in grigio et in silenzio (1903), Fuochi d’artifizio (1905), Gli aborti (1907), Poesie elettriche (1911), Inaugurazione della primavera (1915), Rarefazioni (1915), Poesie scelte (a cura di A. Neppi, 1918), Tre grani da seminare (1920), Il quaderno dei sogni e delle stelle (1924), La Trombettina (1924), Brindisi alla notte (1924), Il flauto magico (1932), Canzoni a bocca chiusa (1938), Pellegrino d’amore (1941), Govonigiotto (1943), Aladino. Lamento su mio figlio morto (1946), L’Italia odia i poeti (1950), Patria d’alto volo (1953), Preghiera al trifoglio (1953), Antologia poetica (a cura e con prefazione di G. Spagnoletti, 1953), Manoscritto nella bottiglia (con un saggio di G. Ravegnani, 1954), Stradario della primavera e altre poesie (1958), Poesie 1903-1959 (a cura di G. Ravegnani, 1961). È autore di numerosi libri in prosa, racconti, testimonianze, romanzi. Entrato in contatto con Marinetti, si avvicina al futurismo, collaborando ad alcune riviste come “Lacerba”, “La Voce” e “Poesia”, ma ritorna gradualmente alle forme più tradizionali, soprattutto nelle poesie dedicate al figlio, vittima dell’eccidio nazista delle Fosse Ardeatine.
La Trama del dramma scritto da Daphne du Maurier-“Rebecca la prima moglie”-A Montecarlo la narratrice senza nome, una giovane dama di compagnia che lavora per una ricca signora americana, conosce il ricco vedovo Maxim de Winter, dal carattere scostante e misterioso. Dopo due settimane di corteggiamento, Maxim propone molto freddamente alla giovanissima ragazza, appena ventenne, di sposarlo e seguirlo nella sua elegante dimora di Manderley, in Cornovaglia. La protagonista accetta, abbandonando così la sua vita precedente.
Nel trasferirsi a Manderley, tuttavia, la nuova Signora de Winter incontra molte difficoltà nell’adattarsi ad un ambiente talmente raffinato: infatti la sua timidezza e goffaggine stridono con la mondanità, eleganza e bellezza ancora vivi nel ricordo della defunta Rebecca de Winter, la precedente moglie di Maxim morta in un tragico incidente a bordo del proprio panfilo.
La servitù, ancora abituata a gestire la casa come avrebbe voluto Rebecca, coglie immediatamente lo scarto fra le due figure, ma è in particolare la Signora Danvers a spiccare in questo contesto. Infatti la tetra e inquietante governante della casa non si limita a carpire l’inesperienza della seconda Signora de Winter, ma manifesta prima indirettamente, poi più apertamente la sua ostilità nei confronti della giovane narratrice. Infatti, la Signora Danvers sembra alimentare morbosamente il ricordo ossessionante di Rebecca, che aveva accudito fin dalla giovinezza, mantenendo intatta la casa come era stata lasciata dalla donna poco prima di morire. Per tormentare la narratrice, non perde occasioni per sottolineare la sua incapacità ricordandole come Rebecca agisse diversamente nel gestire Manderley, insinuando la sua inferiorità nei confronti della precedente padrona della tenuta.
Il colmo della persecuzione psicologica a opera della Signora Danvers avviene in occasione del ballo in maschera che si tiene ogni anno nella residenza: l’anziana donna consiglia alla sua vittima di indossare un abito ispirato al ritratto di Caroline de Winter, un’antenata di Maxim. La ragazza segue il consiglio della Signora Danvers, senza sapere che quello era proprio il vestito indossato per l’ultimo ballo in maschera organizzato da Rebecca poco prima della sua morte. Nel vedere la sua nuova moglie vestita come Rebecca, Maxim si infuria e le intima di andarsi a cambiare d’abito.
Il giorno seguente la giovane donna confronta la Signora Danvers, che le rivela ormai apertamente che la disprezza perché crede che voglia prendere il posto di Rebecca come nuova Signora de Winter e la incita a suicidarsi gettandosi da una finestra. Ciò viene impedito dalla distrazione causata da dei razzi di segnalazione provenienti dalla spiaggia vicina che attirano l’attenzione delle donne: si scopre infatti che una nave si è arenata per via della nebbia fitta. Durante le operazioni di ispezione dello scafo, un sommozzatore scopre il relitto del panfilo di Rebecca, trovando anche il suo cadavere decomposto nella cabina.
Lo sconvolgente episodio incita Maxim a rivelare alla moglie la verità, ovvero che ha ucciso lui la moglie con un colpo di pistola attraverso il cuore, spostando poi il cadavere sulla sua imbarcazione e affondandola, simulando così un incidente dovuto al forte vento. L’uomo prosegue la sua confessione spiegando di essere stato spinto al delitto per via della sua relazione con la precedente moglie, tutt’altro che romantica: viene infatti rivelato che i due si odiavano profondamente, che Rebecca era una donna falsa e apparentemente innocente, votata in realtà a continue tresche clandestine.
La notte che fu uccisa, la donna aveva provocato il marito dicendogli di essere incinta di un altro e che avrebbe fatto crescere il bambino spacciandolo per un de Winter. La protagonista non sembra essere turbata dal fatto che il marito sia un assassino, ma gli offre invece la sua complicità in quanto moglie. Inoltre, si rivela sollevata che l’unica donna che Maxim avesse mai amato fosse solo lei, fugando tutti i dubbi che aleggiavano nella sua mente riguardo al suo matrimonio con un uomo che credeva l’avesse scelta come moglie solo per colmare la sua solitudine.
Per via delle recenti scoperte, Maxim viene convocato in tribunale per chiudere formalmente le indagini. Viene qui scoperto che l’imbarcazione di Rebecca era stata danneggiata di proposito per farla affondare, ma nonostante la posizione sospetta di Maxim si giunge ad un verdetto di suicidio. Tuttavia, il cugino di primo grado nonché amante di Rebecca, Jack Favell, cerca di ricattare Maxim minacciandolo di rivelare che la donna era stata assassinata, sostenendo di poterlo provare grazie ad un biglietto inviatogli da Rebecca la notte della sua morte.
I tentativi di Favell di ricattare e in seguito di smascherare Maxim falliscono entrambi: si viene infatti a sapere dal dottor Baker, un medico consultato da Rebecca il giorno della sua morte, che la donna era malata terminale di cancro e che per via di una malformazione all’utero non avrebbe mai potuto avere bambini. Viene dunque confermato il verdetto di suicidio, visto come mezzo usato dalla defunta per sfuggire ad una morte lenta. Scagionato dalle accuse, Maxim ipotizza che Rebecca lo avesse usato e incitato di proposito ad ucciderla perché potesse morire in fretta, sapendo con certezza che provocandolo lui le avrebbe sparato.
La narrazione si chiude con il ritorno dei coniugi dalla residenza londinese del dottor Baker a Manderley. Maxim ha un pessimo presentimento e vuole affrettare il suo rientro: le sensazioni infauste dell’uomo vengono confermate, poiché, arrivati in vista di Manderley, vedono la residenza avvolta dalle fiamme nel bagliore distante della notte.
I genitori di Daphne, Gerald du Maurier e Moriel Beaumont, avevano entrambi un passato di attori teatrali[2]. Gerald era stato anche impresario. Seconda di tre sorelle, completa gli studi a Parigi e torna in Inghilterra, per seguire la famiglia in Cornovaglia, a Fowey.
Nel 1931, grazie anche all’aiuto di uno zio editore, Daphne pubblica il suo primo libro Spirito d’amore. Successivamente, mentre gli altri parenti tornano a Londra, decide di rimanere a Fowey. Nel 1932 Daphne sposa sir Frederick Arthur Montague Browning, maggiore dell’esercito. Per la sua attività la coppia si trasferisce nel 1939 ad Alessandria d’Egitto, dove Daphne scriverà Rebecca, la prima moglie, il suo romanzo più conosciuto.
Molti saranno i luoghi in cui il marito verrà assegnato, ma non sempre lei lo seguirà. Nel 1943 i due tornano in Inghilterra e riescono ad affittare un maniero a Menabilly, dove si stabiliscono con i figli. Ma nel 1964, sono costretti ad andarsene. Nel 1965 muore il marito Frederick e Daphne sceglie di vivere in solitudine. Dopo la sua morte, avvenuta il 19 aprile 1989, le ceneri vengono sparse, assecondando i suoi desideri, nei campi che circondano la sua ultima residenza.
Du Maurier era un’amante dei cani e introdusse la razza shih tzu in Gran Bretagna negli anni ’30.
The Apple Tree (1952) (raccolta di racconti uscita negli Stati Uniti con il titolo Kiss Me Again, Stranger e con due racconti aggiuntivi; più tardi ripubblicata con il titolo The Birds and Other Stories)
Roma- Al Teatro Torlonia va in scenala Pulzella d’Orléans, Giovanna d’Arco
Roma-Nello splendido gioiello del Teatro Torlonia, incastonato nel cuore della sua Villa, prende la scena la libertà senza tempo della Pulzella d’Orléans, Giovanna d’Arco, restituita dal 3 al 13 ottobre nella versione “dissidente” della poetessa e studiosa Maria Luisa Spaziani, in cui si ipotizza che l’eroina francese non bruciò sul rogo, ma si salvò sposandosi.
A riportarla a teatro, dopo vent’anni dal debutto, è la regia di Luca De Fusco che, con sguardo intimo, quasi sommesso, antiretorico, nell’interpretazione della giovane Mersila Sokoli, ne fa emergere i versi nella sua purezza immaginando che chi ci parla non sia né una folle né un fantasma inquietante, ma “semplicemente” Giovanna.
Una produzione del Teatro di Roma con il Teatro Stabile di Catania, che apre la nuova Stagione del Teatro Torlonia offrendo al pubblico l’opportunità di vivere un’esperienza teatrale profonda e suggestiva per riscoprire, attraverso la poetica sensibilità di Maria Luisa Spaziani, la figura rivoluzionaria di una donna che si ribella alle norme del tempo trovando il modo di cambiare il suo mondo. Lo spettacolo, infatti, rende omaggio a una delle voci letterarie più preziose del ‘900 italiano per celebrarne nel decennale della sua scomparsa la vita dedicata all’arte della parola, facendola emergere con questo testo che propone una versione alternativa della storia di Giovanna d’Arco, in cui la pulzella non perisce sul rogo, ma si salva sposando Robert des Armoise, per poi vivere nel Castello di Jaulny.
Rimasta affascinata sin dall’infanzia da questa donna e dai racconti che la circondano, l’autrice ritrae nel poema-romanzo in endecasillabi – scritto nel 1990 e la cui ideazione ha occupato cinquant’anni della sua vita – un personaggio femminile moderno, completamente affidato alla voce della poesia, che rinnegando il suo destino conosce il rimorso e la frustrazione, per poi liberarsi dai mali gettandosi volontariamente nel fuoco. Per la poetessa, Giovanna d’Arco è poesia, un mito che continua ad affascinare e a parlare attraverso l’intricato mistero che porta con sé.
Luca De Fusco, nelle sue note di regia, riflette sul legame personale e professionale con il testo di Spaziani: «Questa Giovanna d’Arco di Maria Luisa Spaziani accompagna quasi tutta la mia carriera di direttore di teatro pubblico. Lo spettacolo fu inventato in un bellissimo castello di Vittorio Veneto nel 2004 per il Teatro Stabile del Veneto e aveva protagonista Gaia Aprea. Maria Luisa non lo aveva scritto per il teatro, ma accettò con entusiasmo l’idea che si mettesse in scena questo suo gioiello. Lo pensammo come un colloquio intimo, quasi sommesso, antiretorico. Quasi come se alcune decine di persone si ritrovassero attorno ad un fuoco ad ascoltare una storia.» Inoltre, De Fusco racconta di aver lasciato ambigua volutamente l’identità di chi narra la storia: «Chi è colei che ci parla? Una pazza che si crede Giovanna d’Arco? Il fantasma della pulzella? Lasciammo volutamente nell’ambiguità la risposta. Una volta andati in scena posi più volte la domanda alla Spaziani, che ci seguì al debutto, poi a Venezia, poi a Napoli. All’inizio non mi rispose poi un giorno mi disse semplicemente che ‘è Giovanna’. Nel rimetterlo in scena vent’anni dopo il suo debutto con una nuova giovane attrice Mersila Sokoli, ho ripensato a quella semplice risposta e attenuato quindi ancora di più i toni, cercando di far emergere i versi nella sua purezza e pensando, con Maria Luisa, che chi ci parla non è né una folle né un fantasma inquietante ma ‘semplicemente Giovanna’».
Raffaele Ingegno-IMAGO: MANUALE DI RITRATTO FOTOGRAFICO
– Tecniche e Metodi per raccontare Storie –
IMAGO di Raffaele Ingegno è un testo unico nel suo genere che spiega il ritratto fotografico sotto un aspetto non solamente tecnico. Dopo il successo dell’unico manuale generale sulla luce, “LUX – L’arte di gestire la luce in fotografia”, l’autore torna con un secondo trattato completo ed esaustivo in tutto ciò che riguarda il tema ritratto, affrontando sia la tecnica che il linguaggio.
Il testo è composto da ampie sezioni. Le prime due affrontano la tecnica e la metodologia per la realizzazione del ritratto, con le dovute considerazioni sulle regole maggiormente diffuse, analizzando inoltre una serie di ritratti prodotti dall’autore e abbinando una ricca carrellata di consigli, trucchi e metodi da seguire. La terza parte accompagna il lettore alla scoperta dei personaggi fotografati appositamente per i contributi del libro, realtà differenti e molto particolari, con la spiegazione del perché si sono fatte determinate scelte e come le si sono affrontate in funzione della descrizione del soggetto. Concludono gli approfondimenti e i download di materiali utili.
Con questo libro apprenderai concetti su:
Definizione del concetto di ritratto
Il linguaggio fotografico per il ritratto
Inquadrature e posizionamento nello spazio
Focali da utilizzare
Indicazioni tecniche sulle fonti di luce
Gestione della luce nel set fotografico
Attrezzature ausiliarie
Colore e Bianco e Nero
Gestione del soggetto
Descrizione del soggetto
Il perché delle scelte per realizzare un ritratto
Software per progettare
Software per editing e post produzione
Considerazioni generali per individuare il proprio modo di ritrarre
A PROPOSITO DELLA FORMAZIONE
Sono l’autore dei libri di tecnica fotografica che sono Best Seller su Amazon!
Gestione della luce, del ritratto, dello studio e degli strumenti e molto altro lo troverai nel testo più adatto alle tue esigenze!
L’attiività è nata nel 2020 durante lo stop forzato mondiale, in questo modo sono riuscito ad essere vicino alle personer che volevano studiare la tecnica, senza poter realizzare sessioni in presenza. Sebbene oggi siamo tornati alla normalità e periodicamente realizzo laboratori e workshop, i libri sono per molti un validissimo strumento per la crescita personale e tecnica.
Provare per credere, con la garanzia della gestione di Amazon!
Cerca su Amazon il mio nome e cognome e troverai una selezione di testi, oppure vai direttamente a questo link dove li ho raccolti per te!
IL MIO LAVORO
Dal 2001. mi occupo di rendere tangibili ed eterni:
ricordi, persone, situazioni, capi, accessori, attrezzature, lavori, incontri, tessuti, pellami, oggetti, giocattoli, libri, opere, cibi, bevande, profumi… e tutto ciò che è visibile ed invisibile!
Dal 2003 permetto a fotografi, aspiranti ed appassionati di ricevere tutta la mia esperienza ed il mio approfondimento.
COSA FACCIAMO
Rendiamo fruibili e molto piacevoli, agli occhi di chi guarda, le persone e le cose che fotografiamo per te, rendendole pienamente partecipi dello stile che hai scelto per te o per la tua azienda. Il nostro lavoro serve ad ottenere e derscivere al meglio ciò che hai bisogno di divulgare, mantenendo lo stile che hai scelto o creandone uno insieme. Inoltre ci sentiamo, grazie all’esperienza ventennale, di farti da consulenti per ottimizzare e limitare i budget di spesa, fornendoti soluzioni che arrivano alla produzione perfetta senza alcuno spreco e quindi evitando il troppo che non ti serve oppure fasi del processo di produzione che possono snellire tempi e costi finali.
Di base a Milano, lavoriamo sia presso i nostri studi che presso la tua location.
Avrai a disposizione la nostra esperienza su più campi, la nostra tecnologia in costante rinnovo e la nostra prestazione come partner nel raggiungimento dell’obiettivo, più che come fornitori di servizio!
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.