Gustavo Zagrebelsky-Il diritto mite – Legge diritti giustizia- Piccola Biblioteca Einaudi
Breve descrizione del libro di Gustavo Zagrebelsky-La prima edizione di questo libro risale a trent’anni fa. Oggi si propone una nuova edizione corredata da un’Introduzione dove si cerca di rispondere alle critiche suscitate dalla novità controcorrente della tesi sostenuta.
Gustavo Zagrebelsky-il-diritto-mite
Questa è la tesi: chi maneggia il diritto sa che ciò che è davvero fondamentale sta non nella Babele dei codici, delle leggi, dei regolamenti, ma nelle concezioni della giustizia, in cui il diritto è immerso. I giuristi consapevoli della funzione sociale del diritto non possono ignorare queste radici complicate della loro professione. Il «diritto mite» è una proposta di apertura culturale indirizzata a loro. Ripercorrendo la storia europea fino allo Stato costituzionale di oggi, il libro mostra come le norme di diritto non possano più essere espressione di interessi di parte né formule imposte e subite. L’autorità della legge, infatti, come mostrano tanti esempi in materie che toccano la vita di tutti, entra in contatto con i casi della vita, illuminati dai principî di libertà e di giustizia. L’applicazione della legge da parte dei giudici è oggi ben altro compito che quello di semplici «bocche della legge».
Gustavo Zagrebelsky.Presidente Onorario Libertà e Giustizia
Gustavo Zagrebelsky
Presidente Onorario Libertà e Giustizia
Nato a San Germano Chisone (To) il 1° giugno 1943. Laureato a Torino, Facoltà di Giurisprudenza, nel 1966, in diritto costituzionale, col professor Leopoldo Elia.
Professore di diritto costituzionale e diritto costituzionale comparato alla Facoltà di Giurisprudenza e alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Sassari dal 1969 a 1975.
Professore di diritto costituzionale comparato alla Facoltà di scienze politiche dell’Università di Torino dal 1975.
Professore di diritto costituzionale alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino, dal 1980 al 1995.
Dal 1995 al 2004, giudice della Corte costituzionale, per nomina del Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro e, nell’anno 2004, Presidente della Corte medesima, per elezione dal parte dei suoi componenti Alla scadenza del mandato, è stato nominato giudice e presidente emerito della Corte costituzionale.
Attualmente, è rientrato alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino, dove insegna Giustizia costituzionale.
Collaboratore, prima della nomina a giudice costituzionale, del quotidiano La Stampa e, dopo la scadenza, del quotidiano La Repubblica. Socio dell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Accademia Nazionale dei Lincei; socio corrispondente della Accademia delle scienze del Cile. Dottore honoris causa all’Università di Toulon et Vars.
Componente e collaboratore di numerose riviste scientifiche italiane e straniere, tra cui Giurisprudenza costituzionale, Quaderni costituzionali e Revista Iberoamericana de Derecho Procesal Constitucional.
Socio fondatore del Gerjc (Gruppo di ricerca internazionale sulla giustizia costituzionale) con sede a Aix en Provence.
Federigo Tozzi Ecco i calici d’oro delle rime
si accendono e si spengono, a vicenda,
nel tepore dell’anima sublime,
che parmi, adesso, come una leggenda.
Federigo Tozzi è noto principalmente come narratore, in particolare con i romanzi Con gli occhi chiusi, Tre croci e Il podere. Esordì tuttavia come poeta e tra le sue raccolte compare Specchi d’acqua, di cui recentemente Gianfranco Lauretano ha curato per noi la pubblicazione, affiancata da uno studio sull’autore (G. Lauretano, Federigo Tozzi. Una rivelazione improvvisa, Raffaelli, 2020).Riportiamo alcuni esempi di queste liriche di Tozzi, composte probabilmente tra il 1909 e il 1911, che si addensano intorno a temi presenti anche nella sua prosa: la donna, la natura e il costante dialogo con l’anima. Buona lettura.
Di quando in quando, vedo la tua faccia
come un riflesso bello e inafferrabile,
che si dilegui senza alcuna traccia.
E l’anima diviene quasi labile.
[17].
V’erano sogni troppo sparsi e cose
sempre da dirti, che tu non sapevi.
Ma chi cogliere può tutte le rose?
Amica, i giorni nostri sono brevi;
e mentre che t’illude la bellezza
e l’anima tua trepida rilevi,
né men posso finire la carezza
che nella bocca aspetta e nelle mani.
Noi conosciamo poco l’allegrezza.
T’illudi più se credi che domani
avremo quel che non abbiamo ancora.
I nostri sogni sono più lontani.
L’autunno, lentamente, si scolora
e ci lascia avveduti del destino.
Noi sogneremo, forse, per un’ora.
Tu senti che, se vengo a te vicino,
come una volta più non mi puoi credere.
E diviene il tuo cor quasi indovino.
E tu di mano in mano devi cedere
a qualche cosa che è di noi più forte.
Labili son gli abbracci di queste edere.
È forse il velo eterno della morte,
che s’avvicina senza scampo a noi;
sì che anche le memorie sono corte.
Amica, non ritorna quel che vuoi.
[20]. PIOGGIA AUTUNNALE NEL BOSCO
Poi ch’io aspettavo ogni parola vostra,
ogni goccia su l’anima batteva;
e il bosco intorno, a modo di una chiostra,
il suo silenzio a intervalli schiudeva.
Io vi coglievo tutti i ciclamini,
per toccare così le vostre dita;
ma la pioggia tremava sopra i pini,
come ascosa tremava la mia vita.
Ed il silenzio mi parea una soglia
per l’indugio dell’anima dispersa;
e vidi distaccarsi qualche foglia
come una cosa mia che avessi persa.
[48].
Fra le selci il mio cuore ho ritrovato
sì che appena conoscere lo posso.
Ma quando nella mano mi ha aggravato
ben ho sentito il suo sorriso rosso
come una corsa dentro le mie vene.
Ma come lo perdei non mi sovviene.
Era forse una strana primavera,
ond’egli si sentiva più commosso
plasmandosi sì come fosse cera
sotto il sole che gli scendeva addosso.
Ma non m’avvidi quando si disfece
né di quando il Signore me lo fece.
È il mio cuore da vero, oppure sbaglio?
Io non lo so. Mi pare un cuore nuovo;
e per farmi rispondere, lo taglio
e lo trapasso tutto con un rovo.
Se fosse il cuore mio, con una rosa
io mi farei risponder d’ogni cosa.
Ed ecco che risponde: io sono il cuore,
che come un fiume limpido mi muovo;
io mando, quando voglio, un grande odore;
io sono il cuore che dolcezza piovo.
Ti sembro il cuore tuo che non t’è noto,
il cuore tuo sì inutile e sì vuoto?
Rifatti selce tacita, gli grido.
A me bastano gli alberi ondeggianti
nel vento allegro sì che io pure rido.
Mi bastano le stelle fiammeggianti
nel cielo che mi sembra tutto mio.
Tu non guastar questo sublime oblio.
Sbattiti con le selci quanto vuoi;
a me basta sognare fra i giganti;
e invece, cuore umano, tu mi annoi
e d’essere il mio cuore invan ti vanti.
L’anima è qualche cosa che si perde
e si rinnova come un ramo verde.
Federigo Tozzi
Federigo Tozzi-Scrittore italiano (Siena 1883 – Roma 1920). Dotato di una formazione letteraria da autodidatta, riportò nelle sue opere, spesso ambientate in un mondo provinciale e caratterizzate da accenti autobiografici, i sintomi di quella stessa crisi descritta dai contemporanei I. Svevo e L. Pirandello. Dopo le prose liriche Bestie (1917), pubblicò il romanzo Con gli occhi chiusi (1919) e le novelle poi riunite in Giovani e L’amore (entrambi del 1920), mentre molta parte della sua produzione venne pubblicata postuma.
Vita e opere
Perduta la madre, fece studi irregolari ed ebbe un’adolescenza e una giovinezza inquiete, soprattutto per i violenti contrasti col padre, gestore di una nota trattoria senese (cfr. la raccolta post. delle lettere alla fidanzata, Novale, 1925). Nel 1908 fu impiegato delle ferrovie a Pontedera e poi a Firenze, ma alla morte del padre tornò a Siena per vivere sulle poche terre ereditate. Aveva frattanto cominciato a scrivere poesie (pubbl. in due raccolte: La zampogna verde, 1911, e La città della Vergine, 1913) e racconti (uno dei quali, Ricordi di un impiegato, più tardi rielaborato, sarebbe apparso post. nel 1927) e a collaborare a riviste di provincia. Nel 1913 fondò a Siena, con l’amico D. Giuliotti, una rivistina, La Torre, durata pochi numeri (rist. anast. a cura di L. Giorgi, 1977), ispirata a posizioni spiritualiste e di cattolicesimo reazionario, cui T. era approdato dopo una giovanile adesione al socialismo. Nel 1914, costretto a vendere l’ultimo podere, si trasferì a Roma, dove visse anni assai duri (solo nel 1918 entrò nella redazione del Messaggero della Domenica, conoscendovi O. Vergani e L. Pirandello) ma di intensa creatività: la pubblicazione di Bestie, del romanzo Con gli occhi chiusi (1919, scritto nel 1912-13) e di alcune novelle gli procurò finalmente consensi e autorevoli appoggi, fra cui quello di G. A. Borgese. Un altro romanzo, Tre croci (1920), uscì subito dopo la sua morte, dovuta a un’improvvisa polmonite. Postumi apparvero anche i romanzi Il podere (1921) e Gli egoisti (1923) e il dramma L’incalco (1923). Pur essendosi formato fuori dalle correnti letterarie più vive (culminanti in quegli anni nel movimento della Voce) e su disordinate letture, che dagli antichi scrittori senesi giungevano fino a Verga, Dostoevskij e soprattutto D’Annunzio (i cui echi sono frequenti nelle sue poesie), T. fu tra i primi della sua generazione ad avvertire la necessità di uscire dal dilettantismo delle sensazioni per scavare nella propria coscienza e interrogarsi sul senso delle cose; così come, pur essendo portato a un impressionismo lirico a fondo paesistico (felicemente testimoniato dalle prose di Bestie), per molti aspetti vicino al frammentismo dei vociani, meglio e prima di questi egli sentì che occorreva trasporlo in forme oggettive, in narrazione e personaggi (donde la rivendicazione che del significato della sua opera farà la successiva generazione di narratori). Ma se è vero che un residuo di rancoroso autobiografismo contrasta talvolta con tale ricerca di oggettività, è altresì vero che, nel chiuso mondo provinciale da lui descritto, dove gli antichi valori contadini ancora confliggono con quelli della piccola borghesia cittadina e si soffre per meschini interessi e inconfessabili passioni, nel disagio e nel fallimento esistenziale dei suoi personaggi è possibile cogliere i sintomi di quella stessa crisi, inettitudine e smarrimento che, da altri angoli visuali, venivano scoprendo i contemporanei Svevo e Pirandello. Significativi dei suoi gusti e interessi letterari sono altri lavori di T. (Antologia d’antichi scrittori senesi, 1913; Mascherate e strambotti della Congrega dei Rozzi di Siena, 1915; Le cose più belle di Santa Caterina da Siena, 1918; gli scritti critici raccolti in Realtà di ieri e di oggi, post., 1928), mentre alla sua attività creativa vanno ancora ascritti i Nuovi racconti (1960) e Adele. Frammenti di un romanzo (1979), entrambi a cura del figlio Glauco, nonché i testi teatrali, le prose Cose e persone e altri inediti, riuniti, a cura dello stesso, nell’edizione completa e definitiva delle Opere (5 voll., 1961-81). Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani
Palestrina- La cista di un’elegante donna del III secolo a.C.
torna a Preneste, dove fu prodotta e utilizzata.
Palestrina Con “100 opere tornano a casa” i capolavori dell’arte escono dai depositi e tornano a Palestrina nelle sale dei musei. Grazie al progetto del Ministero della Cultura “100 opere tornano a casa” è tornata oggi a Palestrina dai depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli la Cista Borgiana. L’opera, rinvenuta nel corso del Settecento nel territorio di Palestrina, l’antica Praeneste, appartenne per un periodo a Ennio Quirino Visconti, prima di entrare a far parte della collezione del cardinale Stefano Borgia.
Palestrina (Roma)- La cista del III secolo a.C.
Con la vendita della collezione da parte del nipote Camillo, seguita alla scomparsa del Borgia, la cista confluì insieme ad una parte della collezione nel Real Museo Borbonico, l’attuale Museo Archeologico di Napoli. La cista è un recipiente di forma cilindrica e dotato di coperchio, in uso durante l’antichità per contenere oggetti di toletta o di abbigliamento sia maschile sia femminile. di vita quotidiana molto diffuso, ricopriva anche una funzione rituale legata ai culti dionisiaci: era chiamata cista mystica, e veniva utilizzata per contenere i serpenti sacri da impiegare durante i riti per la divinità. Fra i centri più noti di questa produzione si annovera proprio Preneste (l’odierna Palestrina), antica città del Lazio, che ne realizzò diversi esemplari dal IV secolo in poi. Dopo secoli, la preziosa cista torna quindi nel territorio per il quale era stata creata, destinata ad accompagnare, insieme alle suppellettili che certamente conteneva, l’ultimo viaggio di una sconosciuta donna prenestina, in una delle necropoli presenti nel territorio. Un percorso comune a tante opere prodotte per la ricca Praeneste, andate nel tempo ad arricchire le collezioni di musei in ogni parte del mondo, e che in questo caso ritorna invece nel contesto di provenienza. La cista andrà ad arricchire la Sala delle Necropoli al secondo piano del Palazzo Colonna Barberini, sede del Museo archeologico Nazionale di Palestrina, in coerenza con l’iniziativa promossa dal progetto “100 opere tornano a casa” voluto dal Ministro della Cultura Dario Franceschini per valorizzare il patrimonio storico artistico e archeologico italiano conservato nei depositi dei luoghi d’arte statali e per promuovere i musei più piccoli, periferici e meno frequentati. Hanno accolto l’arrivo dell’opera il Sindaco di Palestrina Mario Moretti, la Direttrice del Museo Marina Cogotti, il Direttore Regionale Musei del Lazio Stefano Petrocchi.
Prof.Carlo Franza-L’Appia consolare (Roma-Brindisi) madre di tutte le vie-
La via Appia-E’ in Campania che staziona la bellissima mostra fotografica, non solo documentaria ma anche multimediale dal titolo “L’Appia ritrovata. In cammino da Roma a Brindisi”; essa riscopre e racconta il percorso della prima grande via europea, da Roma a Brindisi, percorsa a piedi nell’estate 2015 da Paolo Rumiz, Riccardo Carnovalini, Alessandro Scillitani e Irene Zambon. Inaugurata a Roma nell’Auditorium, la mostra è ospitata nel Museo Archeologico dell’antica Capua fino al 25 marzo 2017, rievocando la prima tappa del percorso della Regina viarum. La via consolare fu il tramite per diffondere i principi della civiltà romana, lo strumento che fisicamente collegò il “centro del Potere” con i luoghi strategici della penisola. Appio Claudio nei cinque anni della sua censura tracciò la via da Roma a Capua per 132 miglia. L’Appia fu il tracciato lungo il quale marciò il temuto esercito romano, ma anche la via della condivisione, degli scambi culturali, dei traffici; ma è stata anche la triste strada lungo la quale giungevano a Capua gli schiavi e i gladiatori, dove i 6.000 compagni di Spartaco vennero crocifissi atrocemente e simbolicamente esposti a mo’ di monito. Ed è sempre lo stesso selciato calcato da Paolo di Tarso e dai primi apostoli che, con la loro testimonianza, segneranno la fine dei culti pagani e delle religioni misteriche. Un ulteriore invito a visitare la mostra è offerto da una selezione di iscrizioni, rilievi e sculture provenienti dalla città. Tra questi spicca la statua del Trittolemo, l’eroe ateniese che dispensava il dono dell’agricoltura all’umanità, unico esemplare a tutto tondo finora noto, a simboleggiare la straordinaria fertilità dell’Ager Campanus.
L’Appia consolare
Paolo Rumiz e compagni hanno intrapreso il loro viaggio – conclusosi il 13 giugno 2015 dopo 611 chilometri, 29 giorni di cammino e circa un milione di passi – con l’idea di tracciare finalmente il percorso integrale della madre di tutte le vie, dimenticata in secoli di dilapidazione, incuria e ignoranza. Ecco l’Appia. Ora sono essi stessi a raccontare un’avventura che definiscono “magnifica e terribile, terrena e visionaria, vissuta attraverso meraviglie ma anche devastazioni, sbattendo talvolta il naso contro l’indifferenza di un Paese cinico e prono ai poteri forti, ma capace di grandi slanci ospitali e di straordinari atti di resistenza “partigiana” contro lo sfacelo”. “È compito di ciascuno di noi, come cittadini, – spiegano – restituire alla Res Publica questo bene scandalosamente abbandonato, ma ancora capace – dopo ventitré secoli – di riconnettere il Sud al resto del Paese e di indicare all’Italia il suo ruolo mediterraneo. Appia è anche un marchio, un “brand” di formidabile richiamo internazionale. Un portale di meraviglie nascoste decisamente più vario e di gran lunga più antico del Cammino di Santiago de Compostela. La mostra ci accompagna sui Colli Albani, sotto i Monti Lepini con le fortezze preromane sugli strapiombi, lungo i boscosi Ausoni che hanno dato all’Italia il nome antico e ai piedi dei cavernosi Aurunci dalle spettacolari fioriture a picco sul mare. Ci guida nella Campania Felix, sui monti del Lupo e del Picchio e gli altri della costellazione sannitica, nell’Italia dimenticata degli Osci, degli Enotri e degli Japigi fino all’Apulia della grande sete. In questo itinerario, Paolo Rumiz e compagni non sono stati soli, ma hanno avuto altri compagni d’avventura, da citare in ordine di chilometri percorsi: Marco Ciriello, Sandra Lo Pilato, Michaela Molinari, Mari Moratti, Barsanofio Chiedi, Settimo Cecconi, Giulio e Giuseppe Cederna, Giovanni Iudicone, Franco Perrozzi, Cataldo Popolla, Andrea Goltara e Giuseppe Dodaro, con la partecipazione straordinaria di Vinicio Capossela. La mostra consente di rivivere questa affascinante riscoperta attraverso le fotografie di Riccardo Carnovalini integrate da un reportage di Antonio Politano realizzato per il National Geographic Italia e da istantanee estratte dai filmati “on the road” di Alessandro Scillitani. Nel percorso espositivo, curato da Irene Zambon, con testi e didascalie di Paolo Rumiz, anche alcune immagini dei viaggi di Luigi Ottani sui confini dei migranti e dei sopralluoghi di Sante Cutecchia sulla Regina Viarum, oltre ai filmati di Alessandro Scillitani e le musiche e le installazioni audio di Alfredo Lacosegliaz. Completano il percorso un apparato cartografico curato da Riccardo Carnovalini e Cesare Tarabocchia e il materiale documentario conservato negli Archivi della Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area Archeologica di Roma – Capo di Bove e della Società Geografica Italiana, come fotografie, cartoline d’epoca, mappe antiche e moderne. La mostra è a cura della Regione Campania, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Polo museale della Campania, Scabec Spa, Società Geografica Italiana onlus e Festival della Letteratura di Viaggio. La mostra e le attività connesse, che interesseranno anche ulteriori siti lungo il percorso campano dell’antica Appia, sono realizzate nell’ambito del progetto “Itinerari culturali e religiosi” programmato e finanziato dalla Regione Campania con fondi POC.
Carlo Franza
Carlo Franza
Carlo Franza è Nato nel 1949, due lauree conseguite all’Università Statale La Sapienza di Roma. Allievo di Giulio Carlo Argan. Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea, professore prima a Roma, poi a Torino, oggi a Milano.
Stefano Garzaro – “Per la libertà – Raccontare oggi la resistenza “
Per un nuovo 25 aprile- Articolo di Gian Mario Gillo-Il libro Per la libertà – Raccontare oggi la resistenza di Stefano Garzaro (edito da Piemme) è stato recentemente presentato nei locali della libreria Claudiana di Torino. L’ultima fatica editoriale dell’autore, professionista nel campo dell’editoria scolastica e saggista, è un antidoto alla riscrittura della storia. Ripercorre la tragedia delle ultime due guerre mondiali e si sofferma in particolar modo sulla Seconda, preceduta dal Ventennio fascista che aveva attuato in Italia persecuzioni contro gli oppositori con la promulgazione di leggi “fascistissime”, antiebraiche e razziali, razziste; racconta poi la lotta per giungere alla Liberazione.
Stefano Garzaro – “Per la libertà – Raccontare oggi la resistenza “
Le circa duecento pagine sono anche un omaggio ai tanti martiri della giustizia e della libertà; soprattutto partigiani e partigiane, come ben ricorda nella prefazione la segretaria nazionale dell’Anpi, Michela Cella.
Il libro risponde a domande dirimenti: perché si festeggia il 25 aprile? Che cosa è stata la Resistenza? Chi furono e come operarono i partigiani? Perché l’Italia fascista decise di entrare in guerra? Soprattutto, consegna al lettore tante storie, alcune delle quali inedite. I nomi citati sono un mosaico narrativo dal quale emergono figure importanti legate all’antifascismo.
Dall’opposizione del torinese Gobetti (morto in Francia per le botte prese in Italia) si passa a quella di Giacomo Matteotti (di cui lo scorso anno ricorreva il centenario della morte), un uomo capace di essere la sintesi di qualità diverse in una persona sola: politico, intellettuale, pubblicista antiregime: per questo ucciso dai fascisti nel giugno 1924.
Cita Willy Jervis, il “traghettatore” di perseguitati su irti sentieri di montagna, che, ricercato nella zona di Ivrea, trovò rifugio in val Pellice, dove proseguì l’attività della Resistenza. Il volume ricorda anche aneddoti come quello di Sandro Pertini che, quand’era presidente della Camera dei deputati, non volle ricevere il fascista che lo teneva recluso in confino a Ventotene, all’epoca questore di Milano.
Garzaro racconta anche le tragedie belliche, sociali e antropologiche più dolorose: le stragi naziste contro i civili, come quella di Sant’Anna di Stazzema, e altre, dimenticate dalla storia; entra nell’abisso umano della Shoah, ricorda le deportazioni di politici e di dissidenti, e di coloro che erano considerati diversi.
Il libro è un omaggio al grande valore civile e umano di tante persone. Garzaro ricorda ad esempio Nunziatina, la staffetta partigiana «che visse due volte» perché sopravvissuta alla fucilazione (seppur fucilata), e ancora i due bambini napoletani, che persero la vita per liberare – impugnando le armi – la loro città.
Uno scrigno prezioso di pagine che dona nuova vita a coloro che la persero, proprio per difendere quella che oggi è la nostra libertà. Elenca nomi, fatti, storie che rischierebbero di perdersi. Partigiano della memoria, l’autore, ci regala questo piccolo manuale da leggere tutto d’un fiato come esercizio democratico in vista del prossimo 25 Aprile.
* S. Garzaro, Per la libertà – Raccontare oggi la resistenza. Milano, Piemme, 2022, pp. 192, euro 14,50.
Fonte- Riforma.it- Il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste metodiste e valdesi in Italia.
ROMA Municipio XIII–Castel di Guido – 9 settembre 2022-Articolo e Fotoreportage di Franco Leggeri-Le prime notizie del ponte sull’Arrone si hanno già in un documento dell’XI secolo dove viene citato un “Pons de Arrone”, mentre in una bolla papale del 1019 è citato un “pons marmoreus qui est super Arronem”; si ha notizia del rinvenimento, nelle vicinanze, di una lapide la quale testimonia che un certo “Dorus Latro” aveva restaurato le sponde del fiume, come si legge nella scheda 35 del Quilici .
CASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.Foto B/N anni 1960-
Bibl.: La via Aurelia, scheda 35 ; Quilici, scheda 315; Brunetti Nardi, op.cit.,II,pag.64.
-Notizie Storiche del Fiume ARRONE-
Fiume della Comarca, il quale ha origine dal lago di Bracciano, essendo l’emissario naturale, e si scarica nel mare presso Maccarese. Esce dal lago a settentrione della Terra dell’Anguillara : passa sotto il ponte la Trave serve di limite ai tenimenti di Camoscie e Quarto s.Saba : traversa la via Claudia dopo la Osteria Nuova verso il XIV. Miglio da Roma: scorre sotto il Castello di Galera in un letto molto profondo, servendo di confine al tenimento di questo nome ed a quello di Centrone: traversa quelli di Monte Mario, e Buccèa: passa fra quelli di Testa di Lepre , Torrimpietra, Castel di Guido, e finalmente entra in quello di Maccarese, dove dopo aver servito allo irrigamento de’ campi entra in mare. Il ponte a due archi, sotto il quale attraversa la via Aurelia dopo Castel di Guido è antico e di massi quadrilateri. Quantunque negli scrittori greci e latini non si faccia menzione di questo fiume , null’altro il suo nome risente la origine etrusca, derivando probabilmente dalla stessa radice di ARUNS. Col nome di ARRONE viene ricordato l’anno 1053 in una bolla di Leone IX, nella quale fra i confini dei fondi Camelianum ,Olibula , Angellum, Pinum, Camaranum, Lauretum ec. Si pone così: a quarto (latere)rivum qui vocatur Arrone positum in territorio Galeriae . Veggasi il Bullarium Vaticanum T.L.
Si può vedere(foto allegate) il vecchio ponte dell’Arrone , ormai in disuso , il quale conserva il suo selciato originale .Nel parapetto si trova incorporato un blasone nobiliare medievale in marmo, mentre sono ancora visibili le vecchie paratie metalliche , vera archeologia industriale, le quali servivano per regolare il flusso dell’acqua destinata all’irrigazione della campagna circostante.
Lungo la strada che conduce a Fregene , sulla sinistra ,si vede il laghetto di “Mezzaluna” ed è proprio qui che Guido, Duca di Spoleto, condusse alla vittoria, contro i Saraceni nell856 d.C., le “milizie di Campagna” come le definì lo storico Prudenzio da Troyes.
-CURIOSITA’-
I volontari della Protezione Civile di Castel di Guido ,Capitanata dal Fondatore Attilio ZANIN, durante un lavoro di bonifica del canale di gronda dell’Aurelia che sversa le acque meteoriche nell’Arrone al Bivio di Fregene, hanno effettuato un lavoro di recupero molto interessante cioè quello di riportare alla “luce” le vecchie “CASEMATTE”. Queste strutture in c.a. furono costruite durante l’ultimo conflitto al fine di difendere Roma da possibili attacchi e neutralizzare l’avanzata di colonne motorizzate lungo la via Aurelia. Nota di colore sulla “CASAMATTA “. In una di queste strutture vi ha prestato servizio di guardia il musicista romano ARMANDO TROVAJOLI autore ,tra le altre melodie. della rivista musicale RUGANTINO .
Associazione CORNELIA ANTIQUA-Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
Articolo e Fotoreportage di Franco Leggeri-per Ass.ne CORNELIA ANTIQUA
CASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERI
CASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERIAssociazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.:cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–Roma via Aurelia Bivio di Fregene vecchie “CASEMATTE”-Foto di Franco LeggeriRoma via Aurelia Bivio di Fregene vecchie “CASEMATTE”-Foto di Franco LeggeriRoma via Aurelia Bivio di Fregene vecchie “CASEMATTE”-Foto di Franco LeggeriRoma via Aurelia Bivio di Fregene vecchie “CASEMATTE”-Foto di Franco LeggeriAssociazione CORNELIA ANTIQUA– Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
Pomezia-Pratica di Mare (Roma)-Il Museo Civico Archeologico Lavinium compie 20 anni!-
Pomezia-Pratica di Mare (Roma)-Per festeggiare questo traguardo del Museo Civico Archeologico Lavinium, Sabato 5 Aprile vi invitiamo a trascorrere il pomeriggio al Museo per la presentazione del catalogo della mostra “Frammenti di storia dalla Lavinium imperiale”.
L’appuntamento è alle ore 17:00 nella sala conferenze e numerosi gli interventi, oltre a quelli istituzionali del Sindaco, dell’Assessore alla Cultura e del Funzionario di Soprintendenza.
Entrando nel vivo ci saranno anticipazioni di progetti, idee e cambiamenti per il futuro, a cui farà cenno la Direttrice, Federica Colaiacomo.
Il Prof. Domenico Palombi presenterà il volume “Frammenti di storia della Lavinium imperiale” per dare seguito alla bellissima mostra da poco conclusa (il catalogo sarà a disposizione presso il book-shop del Museo), si concluderà con una visita in alcune sale del museo, accompagnati dal Prof. Alessandro Maria Jaia e naturalmente con un brindisi.
Pomezia-Pratica di Mare (Roma)-Il Museo Civico Archeologico Lavinium
Descrizione
Il Museo Archeologico “Lavinium” si trova a Pomezia (RM) in Via Pratica di Mare, a pochi metri dal Borgo medioevale che sorge sull’antica città di Lavinium fondata dal mitico eroe troiano Enea. Il Museo evidenzia lo stretto legame fra la città di Lavinium e il suo mitico fondatore. A Enea è dedicata un’intera sezione in cui sono illustrate le tematiche del suo viaggio e il tipo di imbarcazione utilizzata dai contemporanei dell’eroe troiano intorno al 1200 a. C. I reperti esposti e gli apparati illustrativi tendono, soprattutto, a sottolineare l’aura di religiosità che circondava l’antico centro laziale. Sono, infatti, i grandi santuari di Minerva e dei XIII altari i principali temi sviluppati nel percorso. Si tratta di un Museo assolutamente innovativo, dove l’esposizione tradizionale convive con le più alte tecnologie multimediali; gli strumenti tecnologici e le ricostruzioni plastiche riescono a mediare tutti i dati storici non visibili, rendendoli al contrario visibili e quindi comprensibili. Il mondo antico è in perfetta sinergia con quello moderno ed ogni reperto archeologico diventa il protagonista di una vera e propria opera di intrattenimento volta alla minuziosa conoscenza del passato.
Pomezia-Pratica di Mare (Roma)-Il Museo Civico Archeologico Lavinium
Pomezia-Pratica di Mare (Roma)-Il Museo Civico Archeologico Lavinium
Pomezia-Pratica di Mare (Roma)-Il Museo Civico Archeologico Lavinium
Museo Lavinium e Area archeologica
Realizzato nel 2005, il museo si trova in località Pratica di Mare nelle vicinanze del Borgo il cui insediamento medievale si erige sulle vestigia storiche dell’Antica Lavinium, Civitas Religiosa dei Popoli Latini la cui fondazione è legata alla figura leggendaria di Enea, figlio della dea Afrodite, considerato il capostipite della stirpe Latina, da cui nasceranno Romolo e Remo, fondatori di Roma.Il complesso espone una parte significativa dei reperti archeologici rinvenuti sul territorio a partire dagli anni ’50 del Novecento e presenta un percorso museale multimediale innovativo in cui la tradizione storica sposa l’alta tecnologia attraverso pannelli esplicativi, proiezioni video, effetti sonori ed ologrammiche contestualizzano i beni rinvenuti e ne specificano i significati, con il fine ultimo di catapultare il visitatore in un passato ambientato nell’antica terra dei latini che ha come protagonisti l’Eroe Troiano, gli abitanti della Città e le loro divinità.
Articolato in cinque sale tematiche, il Museo espone reperti databili tra il X sec. a.C. e l’Età romana. Di pregio e notorietà sono la grande Statua di Minerva Tritonia del V sec. a C. e le statue votive in terracotta provenienti dal santuario della Dea. Suggestiva l’ultima sala dedicata ad Enea ove sono esposti gli oggetti del corredo funerario rinvenuti nel monumento sepolcrale a lui dedicato: la spada, le lance e il coltello sacrificale.
Il museo è progettato per accogliere un pubblico diversificato grazie alle innumerevoli iniziative che si svolgono al suo interno: visite guidate, progetti didattici, mostre e conferenze.
Pomezia-Pratica di Mare (Roma)-Il Museo Civico Archeologico Lavinium
Pomezia-Pratica di Mare (Roma)-Il Museo Civico Archeologico Lavinium
Pomezia-Pratica di Mare (Roma)-Il Museo Civico Archeologico Lavinium
Ricordiamo ai gentili utenti che dal 1° aprile al 30 settembre entrerà in vigore l’orario estivo:
Lunedì e festa patronale (11/7) chiuso Martedì e giovedì: 9.00-13.00 / 15.00 – 18.00 Mercoledì e venerdì: 9.00-13.00 Sabato, domenica e festivi: 10:00-13.00 / 16:00-19.00 La biglietteria chiude 45 minuti prima dell’orario di chiusura
Per restare aggiornati su tutte le attività vi invitiamo
a visitare il nostro sito internet http://www.museolavinium.it
e a seguirci sui nostri social!
Ponzano Romano (Roma)- PRAC –Centro per l’Arte contemporanea – Nel mese del vento-
Ponzano Romano (Roma)-Il PRAC – Centro per l’Arte contemporanea accoglierà il prossimo 30 marzo 2025, a partire dalle ore 10.00, il progetto espositivo dal titolo “Nel mese del vento”, a cura di Graziano Menolascina. La mostra vede protagonisti gli artisti Verdiana Bove, Francesca Romana Cicia, Emanuele Fasciani, Luca Di Terlizzi e Caterina Sammartino, che per la prima volta espongono insieme come collettivo CONDOTTO48.
Il titolo, ispirato al “mese del vento”, ovvero marzo, richiama la forza primordiale del vento, simbolo di rinnovamento e fertilità, capace di stimolare la natura e favorire la crescita e il rinascimento. Marzo è infatti considerato il mese della transizione, come ben sintetizzato da Charles Dickens: “Era uno di quei giorni di marzo in cui il sole splende caldo ed il vento soffia freddo: quando è estate nella luce e inverno nell’ombra”. In questo scenario di rinnovamento, il progetto espositivo si sviluppa attraverso tre installazioni spaziali nelle sale di Palazzo Liberati, dando vita a un viaggio evocativo che invita il pubblico a esplorare una dimensione interiore e spirituale, fatta di memoria e scoperta.
Gli artisti di CONDOTTO48, attraverso le loro opere, esprimono un’emotività comune, nata dalla consapevolezza di una sensibilità condivisa, che li spinge a ricercare o riscoprire una dimensione altra, spirituale e personale. Il percorso espositivo porta il pubblico a intraprendere un viaggio in un mondo lontano, riscoprendo parti di sé stessi o conoscendo nuovi aspetti della propria memoria emotiva.
“Nel mese del vento” non è solo una mostra d’arte contemporanea, ma una riflessione sulla bellezza della trasformazione, sul significato profondo della rinascita e sulla capacità dell’arte di guidare lo spettatore in un’esperienza di scoperta interiore.
Il titolo, ispirato al “mese del vento”, ovvero marzo, richiama la forza primordiale del vento, simbolo di rinnovamento e fertilità, capace di stimolare la natura e favorire la crescita e il rinascimento.
“Misura per misura” una delle commedie più celebri di William Shakespeare
Misura per misura (Measure for Measure) è una commedia di William Shakespeare, scritta nel 1603. A volte quest’opera viene catalogata anche come “problem play” (cioè “opera problematica”) in quanto ha in sé sia elementi di commedia che di tragedia.
“Misura per misura” di William Shakespeare
Trama
Vincenzo, Duca di Vienna, afferma di voler lasciare la città per svolgere una missione diplomatica e incarica Angelo, reputato da tutti un uomo austero e casto, di governare in sua vece.
Claudio, un giovane gentiluomo, è fidanzato con Giulietta, che però rimane incinta prima del matrimonio. Il giovane deve comparire davanti ad Angelo e, pur provandosi disposto a sposare Giulietta, viene condannato a morte. Lucio, amico di Claudio, fa perciò visita alla sorella di quest’ultimo, Isabella, novizia in un convento, e le chiede di intercedere presso Angelo: Isabella ottiene di essere ricevuta da Angelo, e gli chiede la grazia per il fratello. Angelo accetta, ma a una condizione: egli libererà Claudio se Isabella accetterà di avere un rapporto sessuale con lui, dandogli la sua verginità. Isabella rifiuta, e decide di andare a visitare Claudio in prigione, consigliandogli di prepararsi alla morte.
“Misura per misura” di William Shakespeare
Il Duca però non ha affatto lasciato la città. Travestito da frate, col nome di Fra’ Ludovico, è in grado di vedere come vanno le cose, e soprattutto di rendersi conto del modo di governare di Angelo. Il Duca (che Isabella crede un vero frate) diventa confidente di Isabella e le propone due sotterfugi per mandare in fumo i progetti di Angelo: quest’ultimo avrebbe dovuto sposare Mariana, ma si è rifiutato di farlo una volta saputo che la dote della ragazza era stata persa in un naufragio. Isabella perciò dovrà dire ad Angelo che acconsente, ma alla condizione che l’incontro si svolga nel buio più totale. Isabella esegue quanto suggerito; ma al suo posto manda invece Mariana, che ha un rapporto sessuale con Angelo, convinto di averlo avuto con Isabella.
Angelo ritira la parola data, e manda un messaggio alla prigione dicendo che vuole che Claudio venga decapitato. Il Duca dapprima cerca di far giustiziare un altro prigioniero, ma senza risultato; infine Angelo viene accontentato: ma la testa che viene portata ad Angelo non è quella di Claudio, bensì quella di un pirata, morto quel giorno stesso di febbre maligna. L’opera si conclude con il “ritorno” del Duca a Vienna, dove si fa riconoscere nel corso del processo sollevato per le accuse che Isabella e Mariana hanno porto contro Angelo, e condanna Angelo a morte. Mariana però chiede al Duca di avere pietà: egli decide così di graziare Angelo, a patto però che sposi Mariana.
Il Duca quindi propone a Isabella di sposarlo, ma lei non risponde. Al silenzio di Isabella vengono date diverse interpretazioni; la più comune è che si tratti di un assenso.
William Shakespeare
Un intreccio secondario riguarda Lucio, amico di Claudio, che è solito diffamare il Duca nelle sue conversazioni col frate, e nell’ultimo atto diffama invece il frate parlando col Duca. Ne consegue che Vincenzo ne rimane costernato, e mette Lucio nei guai quando si scopre che il Duca e il frate sono la stessa persona. La sua punizione, come per Angelo, è l’obbligo di contrarre matrimonio, nel suo caso con la prostituta Kate Keepdown.
Poesie di Giampiero Neri- Grande solitario della Poesia italiana-
Giampiero Neri – Poeta e critico letterario e all’unanimità considerato uno dei maggiori poeti del Secondo Novecento Italiano nonché il più in ombra dei grandi maestri, come lo definì Andrea Cortellessa.
1. L’aspetto occidentale del vestito
A Giancarlo Majorino
Corso Donati, il metrò
scava diverse gallerie ai giardini
radici che non dissero inutilmente
le ossa di qualche romano in provincia
e una valigia di fibra
la ferrovia della stazione Nord,
ora non ricordo tutti i particolari
un tempo passato corre via dietro gli alberi.
Giampiero Neri
*
2.
La Pavonia maggiore o Saturnia
la farfalla Atropo ed altre specie notturne
sono un notevole esempio di mimetismo.
Si adattano in parte all’ambiente
per il colore più scuro e intenso
grigio bruno sulle ali
ma anche per i continui segni
che vi ricorrono in forma di cerchi
e nel modo uguali.
All’origine di questi ornamenti
si incontra una simmetria,
uno schema fissato in anticipo
muove insieme chi cerca
e chi ha interesse a non farsi riconoscere,
una corrispondenza alla fine.
*
3.
Il cattivo tempo è alle porte e consiglia la prudenza, come comanda nostra madre Chiesa.
In concreto il temporale minacciò di far volare un numero straordinario di carte.
Risultava sempre più difficile incontrare il professore, costantemente impegnato nella correzione di qualche compito.
E avendolo visto per caso:
“Il dottor Livingstone, suppongo” disse, mentre gli tendeva la mano attraversando vasti deserti di tavolini rossi e sedie impagliate.
*
4.
L’osservatore si orienta su alcuni particolari. Il colore delle foglie o la presenza di effimere sulle rive dei torrenti. Strani insetti che hanno breve vita, come dice il nome.
Verso il centro della riserva sta il falco rosso, cacciatore notturno. Durante il giorno è nascosto, ma qualche volta attraversa una valletta o una radura, molestato dai passeri.da: Liceo
5.
Villa Nena
La facciata era sicuramente liberty.
Come onde apparivano i balconi
verso il lago,
in parte nascosti dagli alberi.
Nella casa che è stata abbandonata
cigola la porta non chiusa,
della vecchia proprietà
non si hanno notizie da tempo.
E’ rimasto nel quadro alla parete
un documento del ’43,
un attestato che la signora è cittadina straniera
sotto la protezione del Consolato.
*
6
Due tempi
La civetta è un uccello pericoloso di notte
quando appare sul suo terreno
come un attore sulla scena
ha smesso la sua parte di zimbello.
Con una strana voce
fa udire il suo richiamo,
vola nell’aria notturna.
Allora tace chi si prendeva gioco,
si nasconde dietro un riparo di foglie.
Ma è breve il seguito degli atti,
il teatro naturale si allontana.
All’apparire del giorno
la civetta ritorna al suo nido,
al suo dimesso destino.
*
7
Pesce d’acqua dolce
Lavarello è il nome lombardo di un pesce che vive sul fondo del lago. Ha la testa piccola, come di chi deve pensare poco. Ma per la forma si adatta alla profondità. Il colore è bianco argento. Sta nei confini dell’acqua scura, fredda e si suppone pigro e pacifico.
Sul banco del pescivendolo si vede qualche volta, il corpo coronato dal rosso vivo delle branchie.
*
8
Capitolo ottavo, VII
Lo scrittore di provincia soffriva d’insonnia. Si dedicava a ricerche di interesse storico ma non aveva abbandonato i vecchi progetti letterari.
Stava leggendo il finale del capitolo ottavo “anche tu valoroso Casca, le tue lucertole sul muro”.
*
9
Delle misure, dei pesi, III
Del declinante mondo di Maria Signaroli
che abitava da noi in campagna
non si poteva domandare.
Oscillava fra le finestre della stanza,
qualche volta in giardino,
finché cadde sul pavimento.
Era una mattina se ricordo bene,
l’anno il ’32 o il ’33.
*
Giampiero Neri
10
Sovrapposizioni, I
Piegando indietro la testa, l’ospite imitò il verso di un gufo.
Una nota breve, simile a un abbaiare, a un colpo di tosse.
Aveva una barba rada, gli occhi grandi, giallastri.
*
11
IV
Del gufo reale o Sminteo, distruttore di topi, si può dire che è raro. Vive nei boschi abbandonati ma
imbattersi nel suo sguardo severo, nelle sue penne arruffate, può turbare.
Del suono kiok, kiok, del verso teck, teck.
Procedono dalla forma originaria, senza mutamenti. Segnali di un mondo scomparso.
Qualche volta si sente nella notte un richiamo stridulo, una voce alterata.
da : Dallo stesso luogo
13
Dallo stesso luogo alla memoria di Edoardo Persico
(Napoli 1900 – Milano 1936)
Come l’acqua del fiume si muove
contro corrente vicino alla riva
si disperde dentro fili d’erba
lontana dal suo centro
la memoria fa un cammino a ritroso
dove una materia incerta
torna con molti frammenti.
*
14
Dove il fitto bosco
scendeva con avvallamento profondo
verso un luogo nascosto
a un tratto gigantesco,
appariva mutato l’aspetto degli alberi
in quel punto
prendeva nome di orrido
.
*
15
Quella strana colonia
di rari villeggianti
era dispersa.
Dei loro campi di tennis
e vani conversari
era rimasto un eco di saluti notturni
di biciclette che si allontanavano
.
*
16
Viaggi I
Era una trappola per talpe
che aveva progettato, una tagliola
per la loro sortita allo scoperto
e del fumo insufflato nei cunicoli.
Ma era passato il tempo
si svolgeva un diverso avvenimento
anche noi diventati talpe
per il variare delle circostanze
*
da: Altri viaggi
17
Segnali
Dei vari colori
pericoloso è il giallo
accompagnato al nero
nella forma dell’ape
e di altre specie più rare,
e la diversità dei grigi
dei bianchi specialmente.
*
18
si era fermato e lasciato cadere la bicicletta
sulla strada, l’amico di mio padre
“se tutto doveva finire…” mi aveva detto abbracciandomi,
era stato il commento.
*
19
Variazione
Si nasconde il gufo sul ramo
durante il giorno,
si adatta a una diversa parte
nel suo breve travestimento.
Ma col variare della luce
abbandona la sua muta inoffensiva,
nella sua forma e figura
si presenta al rituale appuntamento.
*
20
Figura
In quella parte del campo
vicino al deposito di legna
si era levata una figura indistinta,
come una macchia più scura
nel buio della sera,
sembrava un cane che volava sopra i tetti.
*
21
Tracce
Presa fra i sassi dove si nasconde
la lumaca fa udire un breve suono
unico segno manifesto
della sua muta esistenza.
Del suo andare solitario
si vede qualche volta una traccia,
come una scia luccicante nell’erba.
Giampiero Neri
Biografia di Giampiero Nerinato a Erba (Como) nel 1927. è morto il 15 febbraio a Milano, dove ha vissuto dal 1950 – Poeta e critico letterario e all’unanimità considerato uno dei maggiori poeti del Secondo Novecento Italiano nonché il più in ombra dei grandi maestri, come lo definì Andrea Cortellessa. Ha pubblicato le seguenti raccolte di poesie: L’aspetto occidentale del vestito (Parma, Guanda, 1976), Liceo (ibid., 1986) e Dallo stesso luogo (Milano, Coliseum, 1992) confluite successivamente in Teatro naturale (Milano, Mondadori, 1988); Erbario con figure (Como, LietoColle, 2000) e Finale (Olgiate Comasco, Dialogolibri, 2002) sono invece parte di Armi e mestieri (Milano, Mondadori, 2004) cui seguono Paesaggi inospiti (Ibid., 2009). Molti gli studi sulla sua poesia ed i volumi pubblicati tra i quali si ricordano Giampiero Neri. Poesie e immagini, regia di Vincenzo Pezzella (Milano, Viennepierre, 2005), Giampiero Neri. Il poeta architettonico, a cura di Pietro Berra (Olgiate Comasco, Dialogolibri, 2005) Giampiero Neri. Il mestiere del poeta, a cura di Massimiliano Martolini (Ancona, Cattedrale, 2009), la traduzione apparsa negli Stati Uniti Natural Theater: Selected Poems, 1976-2009, introduzione e a cura di Victoria Surliuga, traduzioni di Ron Banerjee (New York, Chelsea Editions, 2010) e l’eccellente Giampiero Neri un maestro in ombra, a cura di Alessandro Rivali (Milano, Jaca Book, 2013). L’ultima raccolta di poesia pubblicata da Giampiero Neri è Il professor Fumagalli ed altre figure (Milano, Mondadori, 2012) ed è il volume che segna il distacco del poeta dalla poesia in favore delle prose brevi. Le brevi prose qui proposte sono una anticipazione del nuovo libro.
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.