DEASCRIZIONE-In Metafisica concreta Giovanni Maria Sacco compie un affascinante viaggio fotografico attraverso l’Italia. Il libro è ricco di fotografie in bianco e nero, molte su pellicola di grande formato, che ricostruiscono i tratti dell’architettura razionalista italiana e di luoghi misteriosi e stranianti.
Sono immagini caratterizzate da un forte impatto emotivo, nonostante edifici, monumenti e chiese siano privi di decorazioni, completamente nude, a significare la loro vera essenza, che va oltre il tempo perché la verità delle cose è eterna. L’autore si avvicina alle cose attraverso la fotografia per rivelare ciò che esiste oltre l’apparenza. La metafisica si occupa di ciò che va oltre l’universo fisico che noi percepiamo: in questo lavoro la macchina fotografica diventa uno strumento per creare metafore e per descrivere quella che per l’autore è la metafisica o, come suggerisce il titolo attraverso un ossimoro, una metafisica concreta. I vari archetipi architettonici, dall’arco ai pilastri e le colonne, sono immuni allo scorrere del tempo.
Infine, la condizione umana. Nelle fotografie di Metafisica concreta spiccano le architetture – gli edifici razionalisti di Tresigallo, il cretto di Burri o la terrazza Mascagni di Livorno – ma è assente l’uomo.
Giovanni Maria Sacco (nato a Roma nel 1954) è stato professore universitario di informatica per trent’anni, fino a quando si è dimesso per seguire la sua passione per la fotografia. Le sue fotografie abbracciano molti temi diversi: rovine moderne (grandi fabbriche, soprattutto), architettura, nature morte, ritratti, nudi, ecc. In tutti questi temi, ciò che Sacco cerca è la bellezza che trova sia nell’impermanenza e nel declino delle umane cose, sia nell’impassibilità delle costruzioni architettoniche. Applica alle sue immagini il rasoio di Ockham: tutto e solo ciò che serve, niente di più, niente di meno. La composizione delle sue fotografi e è anche profondamente influenzata dal suo interesse per la pittura, da Duccio ai pittori contemporanei. Nel 2023 ha pubblicato il libro Silent Theaters con Kehrer Verlag. Dal 2015 ha ricevuto più di cento premi nei più importanti concorsi internazionali: Architecture Master Prize, International Photo Awards (IPA), Fine Art Photography Awards (FAPA), Prix de la Photographie Paris (PX3), tra gli altri. Le sue opere sono state esposte a Torino, Milano, Roma, Trieste, Venezia, Arles, Glasgow, New York, Miami, Dali (Cina), Dubai, Tokyo e Zurigo. Utilizza macchine fotografiche digitali e a pellicola da 6×6 a 20x25cm.
Angelo Maria RIPELLINO-“Lo splendido violino verde”
a cura di Umberto Brunetti-Editore Artemide
DESCRIZIONE-“Lo splendido violino verde” è la raccolta della piena maturità di Ripellino, pubblicata con Einaudi nel 1976, due anni prima della morte prematura. Concepito sotto forma di un diario in cui «si riflette, associandosi ai crucci privati, il malessere, l’inclemenza dell’epoca», il libro orchestra i principali Leitmotive dello scrittore siciliano: la teatralità dell’esistenza, la poesia come talismano per ‘tenere a bada’ la morte, la «buffoneria del dolore». Il commento che accompagna i testi, grazie anche alla consultazione delle agende manoscritte di Ripellino, tenta di districare il fitto tessuto di rimandi e citazioni, che sconfinano nelle arti più disparate, dalla pittura di Chagall all’opera lirica di Donizetti, dal teatro di Čechov e Brecht, filtrato attraverso le regie strehleriane, fino al cinema di Keaton, Chaplin e Fassbinder. Alternando slanci di gioia a note di profondo dolore e giocando sul labile confine tra arte e vita, Ripellino intesse una poesia capace di trasformarsi essa stessa in spettacolo e di rifrangere, come un prisma, i raggi del suo sconfinato orizzonte culturale in un «ribaldo trappolío di colori». Con due scritti di Corrado Bologna e Alessandro Fo.
Sergio Solmi-Opere, I – Poesie, meditazioni e ricordi
Tomo I: Poesie e versioni poetiche- A cura di Giovanni Pacchiano-
ADELPHI EDIZIONI
Risvolto del libro di Sergio Solmi “Opere , Poesie e meditazioni”-Con questo volume diamo inizio alla pubblicazione delle Opere di Sergio Solmi, impresa che si propone non solo di presentare sotto un’unica veste scritti che hanno molto sofferto per la dispersione dei luoghi in cui apparivano, ma vuole soprattutto rivendicare l’opera di Solmi come una delle più alte e durature di tutta la nostra letteratura del Novecento. Questo primo volume raccoglie l’intera opera poetica, includendo una importante zona di liriche sparse o inedite e tutte le traduzioni in versi (anch’esse in parte inedite). Come scrisse Solmi stesso in un testo di autopresentazione, «la poesia di Solmi ha avuto il destino di una situazione appartata e solitaria, spesso fraintesa dalla critica per la sua difficoltà a essere classificata, di volta in volta, fra le correnti del tempo». Natura di rêveur nella più limpida accezione romantica del termine, Solmi sembra aver scelto fin dall’inizio un paradossale classicismo in equilibrio sul vuoto – essendo ormai sprofondati i grandi canoni che lo reggevano – sotto la tutela della «cara ombra» di Leopardi e insieme di alcuni grandi maestri del moderno, quali Rimbaud, Mallarmé, Valéry. E grazie a questa scelta, la cui singolarità restò forzatamente mimetizzata durante il periodo ‘rondista’, egli è riuscito col tempo ad assorbire in ugual modo, nella misura del suo verso, i mondi del fantastico (di cui è emblema, nella splendida Levania, una fantomatica reincarnazione lunare del poeta) e della quotidianità più dura (si pensi alle esperienze di carcere del «Quaderno di Mario Rossetti»). Seguendo le più ambigue linee di confine fra le apparenze, abbandonandosi senza contrarsi al «vento improvviso» che muove, talvolta, la vita, ascoltando i desideri «anonimi e diffusi come foglie», questa poesia ha trovato un timbro, una malinconica lucidità, una fluidezza del disegno, dinanzi a una persistente angoscia. Ha scoperto infine un parlare sommesso per dire cose essenziali, che emergono dalla «buca d’ombra» e sostano un attimo alla luce in parole diafane. Le novità presentate in questa edizione, sia nelle poesie giovanili sia in quelle tarde, non faranno che confermare la sconcertante coerenza di quest’opera, così discreta ma così ferma nelle sue inclinazioni e nei suoi rifiuti. «Esule disperato della vita» dicono le prime parole della prima lirica raccolta, che risale al remoto 1917, e danno subito il segno di una poesia che ha sempre un piede in qualche altro mondo. Fra quei mondi molteplici appariranno alla fine, nelle poesie inedite degli ultimi anni, la terra immaginale di Hûrqalyâ, svelata dalla mistica iranica, o i giardini di Babilonia, ma anche la pianura platonica dove l’anima sceglie quel «difficile viluppo» che sarà il suo destino. In questa visione sembra concludersi il lungo itinerario del flâneur cosmico, che si inchina alla necessità mentre contempla, attonito, «la mano che mi scrive».
Breve Biografia di Sergio Solmi– Critico e poeta italiano (Rieti 1899 – Milano 1981); fondatore, con G. Debenedetti e altri, della rivista torinese Primo tempo (1922–23); socio corrispondente dei Lincei (1968). La sua notevole produzione saggistica ha spaziato dalla letteratura francese (Il pensiero di Alain, 1930; La salute di Montaigne e altri scritti di letteratura francese, 1942; Saggio su Rimbaud, 1974) alla paraletteratura (Della favola, del viaggio e di altre cose. Saggio sul fantastico, 1971), da Leopardi (Studi e nuovi studi leopardiani, 1975) alla letteratura contemporanea, che ha penetrato con fine intelligenza (Scrittori negli anni, 1963). È stato poeta tanto originale quanto radicato nella tradizione italiana (Fine di stagione, 1933; Poesie, 1950; Levania e altre poesie, 1956; Dal balcone, 1968; Poesie complete, 1974), nonché felice traduttore (Versioni poetiche da contemporanei, 1963; Quaderno di traduzioni, 1969; Quaderno di traduzioni II, 1977); da ricordare anche la raccolta di prose poetiche Meditazioni sullo scorpione (1972). L’edizione completa delle Opere di S. S. è stata avviata nel 1983 (il 5°vol. è uscito nel 2000).
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Welso Giovanni Mucci (Giòanin per gli amici) nacque a Napoli il 29 maggio del 1911 da Ranieri, abruzzese e maestro di musica nel Regio Esercito, e Domenica Boglione di Bra. Rimase affezionato a questa cittadina tutta la vita, passandovi nell’età matura lunghi periodi.
OTTO DOZZINE DI VERSI PER IL COMPAGNO VENUTO A TENERE LA RIUNIONEI
Il compagno è senza un soldo Senza un soldo di lontano
E’ venuto con la pioggia
Con la pioggia e per le strade Di collina e poi del piano Con la moto e con la giubba Con la giubba sua di cuoio Che è solcata dalla pioggia Come a marzo una vallata
Il compagno è qui venuto
E ha tenuto
La riunione.
II Ha tenuto la riunione
Han parlato dei bollini
Dei bollini delle tessere
Dei problemi del Comune Hanno messo insieme i soldi Per la rata che si deve
Che si deve al fornitore
Che ha fornito il ciclostile
Poi qualcuno ha detto andiamo Chè alle cinque debbo alzarmi.
III Alle cinque hanno da alzarsi Per andare a lavorare
Al padrone non puoi dire Questa notte ho fatto tardi Nel Partito Comunista
Per discuter dei problemi Dei problemi del Comune Dei bollini delle tessere Delle rate da pagare
Se poi dice il ciclostile
Cose invise
Al padrone.
IV Ma quest’anno è un mostro il tempo Se pioveva un’ora fa
Marzo adesso è freddo e nevica
Il compagno che è venuto
Pioggia e fango ha già passati
Con la giubba e con la moto
Fango e pioggia può passare
Ma se nevica è un disastro
E’ un disastro da finire
Da finire dentro un fosso
Con al neve nei due occhi.
V Con al neve nei due occhi
Nei due occhi che hanno sonno Il compagno resta qui
Resta qui ma senza un soldo
A dormire dove va
La locanda che fa credito
Ma il portone già sprangato Sulla via che è bianca, è nero
Il portone, è nero il muro
Il compagno senza un soldo Non può andare
Nell’Hotel
VI Non può andare nell’Hotel Questo è chiaro a tutti quanti
Tutti quanti son persuasi
Che il compagno che è venuto Non può andare e non può stare E continuano a parlare
Dei problemi del Paese
Della guerra e della pace
Del Congresso del Partito
Del Partito dell’Unione
Della Cina
Della vita.
VII Della Cina della vita
Nelle strade che son bianche Lungo i muri che son neri Questi qui vanno parlando Come un tempo già i poeti
I poeti che ora stanno
Chiusi e freddi e muti e stanchi Senza un soldo dentro il cuore Con la resa dentro gli occhi Con la stizza sulla pelle
Di domani
Non si sa.
VIII
Di domani non si sa
Ma lo sanno questi qui Questi qui lo sanno, ché Ogni giorno un po’ lo fanno Il domani un po’ lo fanno Anche adesso che si parla Del lavoro e della vita Mentre portano il compagno A dormire sopra un tavolo Del Partito, con la testa Appoggiata al
Ciclostile.
LETTERA AI MEMBRI DEL CC E DELLA CCC DEL PCI
ascolto i vostri dibattiti come si ascolta il gorgo dei cassoni dell’acqua durante
le notti d’insonnia
reumatica.
(stando al piano delle lavanderie
com’io sto da quando ho memoria
si potrebbe anche tentare d’essere lucidi e assegnare più origini
a questi singulti del ferro
ma tutto
arriva qui col medesimo tuono) scusate dunque
la confusione che i vostri canali mettono nelle mie arterie infreddolite
non è un caso
che proprio il mio reuma più acuto sia accaduto insieme
con i vostri dibattiti
siamo stati aggrediti
da un medesimo vento
che le mie ossa ricevono gelido
e che molti di voi definiscono caldo vedete
che per poco che i miei versi
si prolunghino nella notte
come larve di antichi dolori
c’è rischio che anch’io entri tra voi a dibattere
sulla qualità
da dare
a quel vento
ora
ciò che manca nei vostri dibattiti (perché tutti noi si sappia che fare) è proprio
quel che una gran base
del Partito
vi addita
(se voi foste più logici)
un pizzico di
silenzio dicembre 1961
TEMPO E MAREE –da Continuum 1962-1963
Will it bloom this year?T.S.Eliot
noi viviamo in un tempo
che la Morte è sospesa
vola un piccione grigio alla lavagna
del cielo di Charing Cross
i più vecchi tra noi
hanno strani ricordi
a quest’ora
nella piana di Pimlico
la Luna alza le strade
e sul Ponte di Londra
le acque umane si gonfiano
da un limo all’altro del fiume
se la memoria indugia
è sommersa
questo è l’ultimo tonfo della chiatta
alla chiatta che attracca
c’è il sottoterra e le domeniche
per covare i ricordi
noi viviamo in un tempo
che la Morte è sospesa
e i più vecchi tra noi
non hanno il cuore facile
se qualcuno verrà dopo di noi
in questi cunicoli
dove i treni biforcano
e i nostri giorni in piena ebbero pausa
sotto il crinale
ventoso della brughiera di Hampstead
non badi alle nostre ossa
ma alla vita che avemmo
per toglier di mezzo la Morte
questo è un tempo che torce ogni nostra ora
è lontano lo sparo
del suicida alla prua della sirena
il futuro è a portata di mano
ma nessuno verrà dopo di noi
a ruspare nel limo
delle basse maree vetri di guinness
o qualche magro rame
d’Elisabetta la Seconda
se al pelo morto delle acque
approda solitario un coccio bianco
dell’umano deterrent
corriamo un Sole basso all’orizzonte
sopra spalti di neve e sulla Terra obliqua
un cielo freddo si schiaccia
fino al ventre delle nostre memorie
………………
Londra, gennaio-febbraio 1963
ZONA
Ad Anna.
Nell’officina che ha le finestre sulla campagna
e lontano si vede il muretto
del cimitero ov’è la tua tomba,
quest’oggi tuo padre ed io litigavamo;
tra i ferri e le incudini
noi si gridava e scherzava
con queste giornaliere passioni,
come quando tu eri tra noi
ancora nel giuoco della vita.
Larve inconsapevoli
e accalorate
noi parlavamo di guerre
e di padroni del mondo;
e non capivamo che il tumulto
di questa età
è il rimbombo delle nostre voci
nel cavo del vostro silenzio.
Bra, settembre 1935.
A DORA
Qualche volta un ricordo mi rosica il cuore in silenzio
Puškin
Tu mi domandi perché amor non sciolga
mai la tristezza nel mio solitario
e pigro sangue. Non sai quale ossario
di alterchi è la memoria in me. Si volga
pure ogni anno: non c’è ch’io non mi dolga
di affrettati abbandoni. Era un orario
di scontri e buie morti e di afe il vario
apparir dell’età. Vuoi tu ch’io tolga
melanconica carne ormai dal cuore
che gli anni irosi han chiuso in questa dura
maschera? È segno che scordi il dolore
che mi costò anche il tuo dono; e ho paura,
se tu scordi, che il poco e lento amore
si perda ancor nella mia vita oscura.
Roma, 14 ottobre 1946
ISPEZIONE
Ho fatto per tanti anni la vita di trincea
in camere sudice con qualche libro
e un letto disfatto da mesi,
che neanch’io so più da che parte sia il nemico.
So che se tento un’uscita,
non vedo che facce pronte e ostili
a un mio passo sbagliato.
Né mi è valso mutar stanza e città,
ché mi trovo assediato nella polvere
con un sorso di grappa.
Tuttavia ho sempre guardato con piacere
nel vetro delle finestre
questa dura cosa
che è ancora la vita d’un uomo.
E un giorno
morirò nella strada.
Roma, dicembre 1948
A DORA, DURANTE UNA SUA LONTANANZA
Quando io muoio
vorrei che tu mi chiudessi gli occhi
e mi lasciassi sulle labbra
la pressione di un bacio.
Ci siamo incontrati a vivere
in questi
dei molti anni, da che esiste l’uomo
sopra la Terra;
e abbiamo avuto gli stessi giri di Sole
e le stesse piogge e gl’inverni
e gli umori primaverili.
Con qualche leggera fatica
abbiamo anche avuto gli stessi moti,
poiché insieme imparammo a conoscere
quali sono
questi dei molti
anni da che esiste l’uomo.
Andrò nella terra senza rimpianto.
E se i posteri dei posteri
scaveranno le nostre tombe,
vorrei che trovassero
accanto alla nostra polvere
la palla di gomma con cui giocavamo
un’estate
nelle ore di bassa marea.
Questa mia volontà
anche se immagino che non sarà rispettata,
fa capo al mio più gaio ricordo:
di te che corri lontana sulla riva
e che torni ridendo con gli occhi,
in uno degli anni
che ci siamo trovati a vivere
e a muoverci insieme.
Bra, 15 settembre 1955
DISINTOSSICAZIONE
Uno di questi giorni mi vedrai sparire,
inghiottito dai ricordi.
Quando i veleni quotidiani
cominciano a venir meno,
la memoria diventa un oceano.
Per qualche istante sarò anche buffo da vedere,
mentre mi dimeno
sulla cresta d’un ricordo più alto degli atri;
poi il risucchio sarà così forte,
che colerò per sempre a picco
nelle profondità della memoria.
Novara, aprile 1959
POESIE DI MAO
……………………..
Questa poesia, che tanti voli d’anatre
ha visti ai confini dello sguardo nel sud,
e dal massiccio K’un Lun
da cui il cielo dista non più di tre pollici
ha guardato
tutti i colori e i tempi della Cina,
deve farsi ora più esile e obliqua,
come dopo la pioggia torna obliquo il sole,
per attraversare i gioghi dell’Appennino
e la grigioverde Provenza
e le coste del Levante di Spagna,
fino a posarsi sui tetti infuocati d’Alicante
dove vive il mio amico.
Io da Roma,
quale un agente dei re della droga,
travaso in cartine di sillabe
questa polverina azzurra e dorata.
La poesia di Mao, come la Rossa Armata,
non ha temuto la difficile lunga marcia,
ha passato diecimila fiumi e mille montagne
e ha disteso il volto al sorriso.
Ora però deve ricordare
che la visuale cresce secondo la misura dell’occhio,
e mettersi ancora in cammino
senza perdere un segno
per le forre e le crepe di quelle arse pianure.
MUSEO DELLE FACCE CHE DANNO SPAVENTO AGLI UOMINI
a Bertolt Brecht
…………………………..
In questo Museo
non cercate le facce
di ladri, assassini,
briganti o bari.
Ci sono al mondo, badate,
facce cattive,
facce mostruose,
facce che non promettono nulla di buono,
ma sono facce umane,
facce che si esprimono,
e di fronte alle quali
uno che per disgrazia si trovi a passare
sa subito
che deve difendersi
e magari perire in quel punto
per mano di uno
che porta scritto in viso
il nome della sua solitudine.
Ma di fronte a una faccia
di quelle che danno spavento agli uomini,
non è un solitario, né un misero,
che abbiamo davanti:
è un essere superiore,
che è sicuro di essere meglio
di te e di me,
e sa che ogni ragione
è dalla sua,
perchè sente di avere dietro di sé
una forza, la forza
dei suoi padroni, capace di far prediligere
le sue viltà più discordi,
da chiunque.
Anche se non ricorda,
nel punto che ci schiaccia,
di essere un servo, un braccio, un’unghia
di padroni,
che non vogliono mostrare la faccia
e hanno preso la sua.
E così,
se sorride,
dà spavento agli uomini.
————————-
Ma il giorno che avremo finito
di toglier di mezzo la forza
dei padroni di facce che danno spavento,
e avremo messo le altre
che ancora potrebbero crescere,
a far da custodi
nel Museo delle loro antenate,
con la mansione di tenere,
sia pure di pessimo umore,
spolverate le facce
che diedero spavento agli uomini,
quel giorno i ragazzi,
senza un’ombra,
giocheranno sui prati.
Bra, 29 settembre 1955
DELL’AMORE E DI QUALCHE ALTRA PASSIONE
Il giorno che le mie stanche ossa
e i nervi
cadranno in terra,
alle marcite gore del sangue
andranno i volti amati
e le ore
e i paesi più cari.
Anche se snervi
tutto questo la morte,
è questo il cuore
che sospinto m’avrà
sotto protervi cieli,
che tanto odiai.
Ti perderò per sempre,
amato volto del padre!
E tu
da quell’alba lontana,
che sopra un colle di ulivi
alla piana fresca del mare
il fiato ultimo hai colto,
in fondo agli occhi miei avrai fine.
Ascolto
le tue sbiadite tracce,
in questa frana
che fa il mio tempo;
e se incontro una tana
più calda al viver mio,
qui c’è più folto
un ricordo di te.
Sempre che ai vecchi portici io torni,
troverò ai miei passi
il tuo braccio affettuoso.
Anche al quartiere
dove ira ci spezzò,
son vivi i sassi.
E con noi scherzerà le estreme sere
il calabrone intorno agli arti secchi.
È raro che io t’incontri, o madre.
Vaghi
tu in età più remote;
e se a parlarti mi scopro,
è antico vizio.
Alle tue parti
spira un vento leggero e chiaro:
draghi luminosi di carta, le ansie;
e laghi docili d’acque, i giorni.
Ma se rasento il ciglio ove ti apparti;
giovane madre, e sconsolata indaghi
negli ultimi anni tuoi
cosa è che strugge
la fresca vita,
io ti vedo che ancora
pieghi il capo
a nascondere una lacrima.
Vuoi
che allegri io ricordi gli occhi,
e di acri tuoi pensieri non sappia!
Ma una ruggine
ogni costrutto tuo
presto divora.
——————–
E pur se il capo
ci confuse una tenebra,
or che stesi, e con i corpi stretti,
alle tue palpebre accosto
le mie labbra,
il sangue ha un caldo
che arde anche i più tristi arnesi
delle nostre paure;
e a me fa dolce
il tempo che verrà dopo queste ore,
e il ricordar gli amici che eran vivi
or son pochi anni,
e riguardar le cose
che lasceremo in breve.
Così andiamo alla notte
abbracciati,
o moglie mia;
e io sento ancora il tuo bel viso acceso,
che in me dileguerà l’ora ch’io muoio.
Roma, maggio 1960
QUEST’UOMO
conoscete quest’ uomo
a quale perielio
bruci la domanda
e quale fossa del tempo
sempre un attimo sfiori
conoscete quest’ uomo
quale che sia le tenebra
a cui d’un alito fugge
e da che cieli defunti
guardi ancora la fine
bianca
d’una qualsiasi notte
conoscete quest’uomo
come che sia la specie
ancora accesa e la piazza
dove il saluto o il ricordo sta inciso
nella polvere delle pietre
come un incontro all’angolo
o come una storia estinta
dietro fogli d’alluminio
che presto un vento sopra la città
farà volare pesanti
…………………………
in quale mai folgore di tempo
conoscete quest’uomo
perchè sia necessario entrare
in orbite più minute
o cercare tra rughe
d’uno spazio meno feroce
ognuno potrà a prima vista distinguere
mané i bicchieri toccati al vertice dell’allegria
né le ruote dei primi carri
sapranno da soli tirarci dal groviglio
dei giri
che ci confondono
…………………………..
conoscete quest’uomo
è una domanda che mozza
il fiato delle galassie
e qui scatta a ripetersi
come un segmento
di monotone dinastie terrestri
in cui l’insipienza dei gesti
è il solo universo
cocciuto di qualsiasi gendarme abbia ordine
e maschera
d’intersecare una traccia
……………………..
nell’insieme degli uomini
dalle caverne agli astri
sola grandezza
che le galassie lascino
a ciascuno di noi ch’è niente
tra le scorie
di qualche stagione
che si mescoleranno forse alle ore
sempre incerte da vivere
se non odia e non lotta
con l’insieme degli uomini
a dare fossa
ai secoli che ci dànno la caccia
su un grumo di terra sperduto
in fondo agli universi
per questa nostra folgore di tempo
Parigi-Basilea-Roma, gennaio-febbraio 1962-
Welso Giovanni Mucci (Giòanin per gli amici) nacque a Napoli il 29 maggio del 1911 da Ranieri, abruzzese e maestro di musica nel Regio Esercito, e Domenica Boglione di Bra. Rimase affezionato a questa cittadina tutta la vita, passandovi nell’età matura lunghi periodi.
Da ragazzo dovette seguire le peregrinazioni per tutta Italia del padre, fino a stabilirsi a Torino, dove si laureò in filosofia estetica. Durante il periodo dell’Università giocò nelle riserve della Juventus, bohémien nel cosiddetto fascismo di sinistra. Romano Bilenchi ricorda nel suo libro “Amici” l’epico pestaggio a cui fu sottoposto allora con Primo Zeglio da parte di alcuni esagitati del Guf.
Fu proprio a Torino che esordì sul “Selvaggio” di Maccari come critico musicale (si firmava ancora Welso),e conobbe gli artisti che rimasero i suoi amici per tutta la vita (Spazzapan, Menzio, Cremona, Rosso e tanti altri)
Nel 1934 si trasferì a Parigi, dove aprì con il cugino Sandrino Alberti una libreria antiquaria. Qui tennero anche mostre dei loro amici pittori fino allo scoppio della guerra che pose fine a tutto. A Parigi poterono frequentare le avanguardie artistiche e letterarie del tempo.
Pubblicò in quel periodo i suoi scritti e le poesie giovanili in brochures semiclandestine oggi introvabili.
Ma fu a Roma, nel dopoguerra, che iniziò il suo periodo creativo più felice.
Insieme a Leonardo Sinisgalli, Nicola Ciarletta e Aldo Gaetano Ferrara fondò la rivista bimestrale “Il Costume politico e letterario”, dove per cinque anni raccolse le firme migliori dell’Italia letteraria di allora.
Poi ideò con Dora, la sua moglie-donna-compagna, le tredici superbe cartelle del “Concilium Lithographicum”, dove alle litografie di De Chirico, Maccari, De Pisis, Fazzini e altri erano affiancati gli scritti di Ungaretti, Palazzeschi, Cardarelli, Sinisgalli.. Dora gliel’aveva presentata Maccari nel ’39 a Roma, e lo amò sempre, fino all’ultimo.
La moglie di Sinisgalli, Giorgia de Cousandier, rievocherà nel 1965 in un commosso ricordo di Mucci sulle pagine della rivista “La botte e il violino” anche la gestazione del “Concilium” e del “Costume”.
Sempre negli anni cinquanta venne la sua collaborazione con il ”Contemporaneo”, la rivista politico-letteraria di ispirazione marxista diretta da Antonello Trombadori. (Mucci aveva preso la tessera del PCI nel ’45). Diresse anche “La Voce“ di Cuneo, e pubblicò i suoi saggi nel volume “L’azione letteraria 1.”
Ma fu solo nel 1962 che una grande casa editrice, la Feltrinelli, pubblicò per la prima volta le sue poesie in “L’età della Terra”. Ne scrisse la prefazione Natalino Sapegno, e vinse il premio Chianciano ex-aequo con Andrea Zanzotto. Fu anche in Spagna a prendere contatti per il PCI con l’opposizione antifranchista, e da questo viaggio nacque uno storico numero del Contemporaneo. Sempre nel 1962 fu inviato dall’Unità al Giro d’Italia, e ne fu il cronista attento e polemico.
La sua ultima stagione iniziò a Londra, dove si era trasferito per imparare l’inglese alla perfezione. Ufficialmente era per poter leggere l’Ulisse di Joyce in lingua originale, che aveva già scoperto a Torino in francese tanti anni prima. Il suo vero sogno, però, era di andare come inviato dell’Unità a Pechino. Aveva cominciato a coltivarlo nel ’58 a Tashkent, quando aveva partecipato alla Conferenza degli scrittori afro-asiatici e conosciuto Nazim Hikmet, il grande poeta turco che aveva tradotto in italiano. In quell’occasione aveva conosciuto i compagni del Partito comunista cinese, con i quali aveva fraternizzato.
A Londra scrisse le 200 cartelle del suo romanzo, “L’uomo di Torino”. Ci mise sei mesi, dal 7 novembre del 1963 all’aprile seguente. A maggio lo colse il primo infarto. Dora disse che non smise di fumare dopo questo. Il secondo, la notte fra il 5 e il 6 settembre 1964, gli fu fatale.
Le sue opere uscirono postume, lentamente, nell’arco di quasi quindici anni. Feltrinelli pubblicò nel 1967 “L’uomo di Torino” e l’anno dopo la raccolta di tutte le sue poesie “Carte in tavola”. Nel 1973 uscirono le sue “Carte di un italiano dell’11”, e l’antologia dei suoi saggi filosofici e letterari curata da Mario Lunetta fu pubblicata nel 1977 con il titolo “L’azione letteraria”. Poi più nulla fino al 2009, quando uscì una plaquette con una scelta delle sue poesie a cura di Massimo Raffaeli.
Lo conobbe e lo apprezzò praticamente tutta la critica militante italiana del ‘900, dalla quale non ricevette quasi mai stroncature, anche se lui invece non le risparmiò. Clamorose furono quelle di Louis Aragon che lodava il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa e del Dottor Zivago di Pasternak. Nel 2008 gli fu conferito, postumo, il premio letterario Feronia.
Biografia di Velso Mucci (Napoli, 29 maggio 1911 – Londra, 5 settembre 1964)è stato uno scrittore italiano. Durante gli anni del fascismo, per le idee politiche comuniste, è costretto a peregrinare in molte città italiane dove alternò la passione per le lettere alla professione di libraio. pur nelle difficoltà del periodo, continuò a scrivere (“Scartafaccio” viene pubblicato nel ’48 ma è presumibilmente scritto nei primi anni Trenta), fondando e dirigendo nel ’45 la rivista “Il costume politico e letterario”. Negli anni Cinquanta si trasferisce a Bra dove ha modo di proseguire la sua attività letteraria ed impegnarsi politicamente. Nel 1956 viene eletto consigliere comunale, carica che manterrà fino al 1960, ed è chiamato a dirigere il settimanale politico cuneese “La Voce”. Il suo capolavoro letterario è il romanzo “L’uomo di Torino”, che offre uno spaccato della realtà cittadina ai tempi delle prime industrie conciarie negli anni Venti.
Visse in diverse parti d’Italia a seguito degli spostamenti del padre, militare e maestro di musica, fino a stabilirsi definitivamente nel 1924 a Torino, dove frequentò il Liceo classico Cavour, conoscendovi, tra gli altri, Giancarlo Pajetta. All’inizio degli anni ’30 entrò come critico musicale nella redazione de “Il Selvaggio”, dove conobbe, oltre al direttore Mino Maccari, personaggi come l’architetto Carlo Mollino e artisti come Carlo Carrà, Filippo De Pisis, Giorgio Morandi e Luigi Spazzapan, che ospitò poi nella libreria antiquaria aperta sulla Rive Gauche a Parigi, dove si era trasferito nel 1934. Il suo profilo letterario, legato nelle prime esperienze degli anni ’20 soprattutto alla personalità di Vincenzo Cardarelli, di cui più tardi curerà le edizioni delle Lettere non spedite (Roma, Astrolabio, 1946) e dei Prologhi viaggi favole (Milano, Mondadori, 1946), si arricchì a Parigi grazie alla frequentazione di intellettuali come Paul Éluard, Tristan Tzara, Nazim Hikmet, di cui tradusse più tardi le Poesie (Roma, Editori riuniti, 1960). Dopo la guerra si trasferì a Roma, dove fondò e diresse Il costume politico e letterario, bimestrale dove pubblicarono, tra gli altri, Leonardo Sinisgalli, Umberto Saba, Giorgio Bassani, Mario Tobino, Giuseppe Raimondi, Giuseppe Ungaretti. Nel 1947, dopo essersi iscritto al Partito comunista italiano, entrò in contatto con scrittori quali Niccolò Gallo, Mario Socrate, Giuseppe Dessì, e venne chiamato nel 1958 a far parte del comitato direttivo del Contemporaneo.
Opere principali
Esercizi: 1927-1933 (liriche), Torino, Il Portico, 1935
Le carte (prose e versi liberi), Roma, Il Selvaggio, 1936
Scartafaccio 1930-1946 (versi e prose), Roma, Tip. Ist. Grafico Tiberino, 1948
L’ umana compagnia, con un disegno di Giorgio De Chirico e due incisioni di Mino Rosso, Roma, Il Costume editoriale, 1953
L’ azione letteraria, Roma, Il Costume editoriale, 1958
L’ età della terra (versi), Milano, Feltrinelli, 1962 (premio Chianciano ex aequo con Andrea Zanzotto)
L’ uomo di Torino (romanzo), Milano, Feltrinelli, 1967, ripubblicato nel 2012, Milano, Scalpendi ed.
Carte in tavola (versi), prefazione di Natalino Sapegno, Milano, Feltrinelli, 1968
L’azione letteraria (raccolta di saggi filosofici e letterari, a cura di Mario Lunetta), Roma, Ed. riuniti, 1977
Bibliografia
Dizionario generale degli autori italiani contemporanei, vol. II, Firenze, Vallecchi, 1974, ad vocem
Quest’uomo: Velso Mucci: contributi sulla figura e l’opera, Cosenza, Mondo Nuovo, 1974
Alberto Asor Rosa, Dizionario della letteratura italiana del Novecento, Torino, Einaudi, 1992, ad vocem
Conoscete quest’uomo (Atti del convegno in occasione del centenario della nascita, a cura di Alberto Alberti) Milano, Scalpendi ed., 2012
Mercato delle pulci – Scritti inediti e rari 1930-1963, a cura di Alberto Alberti, prefazione di Massimo Raffaeli, Scalpendi ed., Milano maggio 2015
C’è ancora molto sulla terra – Antologia poetica di Velso Mucci, a cura di Alberto Alberti e Nicola Vacca, Collana “Agorà”, L’Argolibro ed. giugno 2021
Roma va in scena all’ Altrove Teatro Studio “LE SORELLASTRE”
spettacolo scritto da Ottavia Bianchi- regia di Giorgio Latin
Roma-Torna in scena a grande richiesta per la sesta stagione, dall’8 al 10 novembre all’Altrove Teatro Studio, LE SORELLASTRE spettacolo scritto da Ottavia Bianchi e diretto da Giorgio Latini, vincitore del Primo premio nella sezione “Opera teatrale inedita” di “Castrovillari città cultura”; Primo premio alla Drammaturgia Brillante Silvano Ambrogi, Pubblicato dalla Casa Editrice MDS Editore con il patrocinio dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”.
Le Sorellastre è una commedia dai risvolti drammatici che racconta la storia di quattro sorelle Emma, Emilia, Elvira e Ughetta che, lontane e in cattivi rapporti da molti anni, sono improvvisamente obbligate a passare insieme ventiquattro ore in occasione della veglia alla morte della vecchia madre. Infatti è in ballo un’inaspettata eredità che permetterà alle Sorellastre di rimettere a posto alcuni aspetti della loro esistenza. Tuttavia, c’è una condizione per riceverla: dovranno giocare a un gioco inventato dalla madre stessa, una sorta di gioco dell’oca con l’indicazione di cose da fare e cose da dire. L’obbligo è di dire la verità. L’eredità in palio diventa l’innesco di un vero e proprio gioco al massacro fatto di rappresaglie, antichi rancori e desideri di vendetta mai sopiti. Il ritmo è brillantissimo; i colpi di scena si susseguono in modo sorprendente fino a rendere esilaranti e paradossali tutte le enormi e comiche bugie su cui le Sorellastre hanno basato le loro esistenze.
“Il testo è stato in parte ispirato da una serie di interviste molto personali fatte alle attrici stesse della compagnia ma anche a persone di età ed estrazione culturale delle più disparate_ annota Ottavia Bianchi. “ Il risultato di queste intime conversazioni è stata una divertente conferma: la casa natale non è sempre un bel posto dove crescere e imparare le cose del mondo e di questo, per sopravvivere, si può ridere attraverso il meraviglioso genere della commedia. Per famiglia intendo non solo i vincoli di sangue che spesso non rendono giustizia al diritto di ognuno di noi all’amore e all’accoglienza. Famiglia è un qualsiasi gruppo di persone accomunate da un bisogno, un desiderio, un problema importante che le tenga legate. L’essere umano in sé è un animale che repelle e attrae allo stesso tempo proprio perché, nonostante secoli di evoluzione, non ha imparato ancora le regole del vivere. La società cambia, l’uomo no. Le pareti di una stanza chiusa, come chiuso e segreto può essere lo spazio intimo della famiglia, sono il ring ideale per smascherare, attraverso il riso, il mito dell’evoluzione umana.”
LE SORELLASTRE
Venerdì e sabato ore 20
Domenica ore 17
Biglietti: Intero 15€_ Ridotto 10€
Altrove Teatro Studio – Via Giorgio Scalia 53, Roma
Ortona (Chieti)- Bando VII Concorso Internazionale di Canto “F.P.TOSTI”2024-
Ortona( CH), 1-novembre 2024-La grandezza della semplicità, del sentimento d’amore che abbraccia e unisce: c’è nelle Romanze di Francesco Paolo Tosti un’attualità vibrante, sganciata dalle convenzioni e profondamente umana. Così il concorso a lui intitolato dalla sua città natale, Ortona, rappresenta un’opportunità che prova a superare il perimetro della sola qualità tecnica e offrire ai concorrenti il palcoscenico privilegiato della presenza di una giuria con personalità di spicco in diversi ambiti della vita musicale. “Di un concorso è certamente importante il giudizio in gara che determina i vincitori, ma per tutti i concorrenti assume particolare significato anche il rilievo da parte dei giurati del loro talento e delle loro potenzialità, indipendentemente dal risultato e dal fatto che nella competizione, come può succedere, non abbiano dato il meglio di sé”, sottolinea il presidente della giuria Nazzareno Carusi, pianista e consigliere di amministrazione del Teatro alla Scala.
Il concorso di canto intitolato a Francesco Paolo Tosti si svolge ogni quattro anni, e non è un caso. La scelta è ponderata dalla consapevolezza del tempo necessario alla maturazione artistica dei giovani talenti. Il patrimonio universale delle Romanze tostiane, infatti, ha radici profonde nella più alta cultura, non solo musicale. “Tosti sviluppa con assoluta maestria gli insegnamenti della Scuola napoletana – dice ancora Carusi – e dipinge l’animo umano e i suoi sentimenti nelle loro mille sfaccettature, nei toni più luminosi o più oscuri, con melodie e armonie che vestono a meraviglia i testi utilizzati, a cominciare da quelli dell’amico Gabriele d’Annunzio”. Cosa si aspetta dai giovani del concorso? “La preparazione che sola è capace di far brillare il talento”, risponde Carusi. “E poi la semplicità, che è specchio di equilibrio laddove la complicazione non sempre è prova del valore. Tosti ne è perfetto esempio. Poche note e brevi testi rivelano universi dispiegati in ogni canto. Perché se complessa è la natura umana, non deve forzatamente esserlo il suo racconto”. Cosa consiglia a chi vuole iniziare un percorso artistico? “Lo studio senza fine, ma prima sincerandosi d’averne il talento necessario. Il solo impegno, per quanto appassionato, non basta. La qualità musicale, e non solo quella, non è una somma di addendi bensì un prodotto di fattori, dei quali il talento è il primo. Poi, vengono gli altri. Ma se il talento manca, se il talento è zero, per quanto grande voglia essere il numero degli altri fattori, il prodotto sarà sempre e comunque uguale a zero”.
La giuria del settimo Concorso Internazionale “Francesco Paolo Tosti”, presieduta da Nazzareno Carusi è composta da Giorgio Battistelli (compositore, direttore artistico del Festival MiTo e dell’Orchestra Haydn di Bolzano); Eleonora Buratto (soprano); Carlo Fontana (presidente di Impresa Cultura Italia, già sovrintendente del Teatro alla Scala); Michele Gamba (direttore d’orchestra e pianista); Paola Leolini (docente di canto); Alberto Mattioli (critico musicale); Fortunato Ortombina (sovrintendente della Fenice di Venezia e sovrintendente designato del Teatro alla Scala di Milano) e Antonio Poli (tenore).
Le iscrizioni al concorso si possono effettuare solo online al link www.istitutonazionaletostiano.org.
Note biografiche –Francesco Paolo Tosti (Ortona, 9 aprile 1846 – Roma, 2 dicembre 1916) è stato un compositore italiano, conosciuto per essere stato l’autore di celebri romanze da salotto o da camera.
Quinto dei cinque figli sopravvissuti di Giuseppe, commerciante ortonese, studiò col maestro Saverio Mercadante presso il Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, dove si diplomò in violino e composizione nel 1866.
Iniziò a lavorare organizzando spettacoli e dirigendo opere per gli impiegati della ferrovia adriatica, seguendo i lavori tra Ortona e Ancona; si trasferì poi a Roma dove, sfruttando la sua voce tenorile, iniziò ad esibirsi come cantante: grazie a questa attività divenne una celebrità e iniziò a frequentare gli ambienti mondani della capitale, venendo assunto come maestro di canto di Margherita di Savoia, la futura regina d’Italia. Qui strinse amicizia con altri due grandi abruzzesi Gabriele D’Annunzio, uno dei massimi poeti italiani del tempo, e Francesco Paolo Michetti, noto pittore.
Alla fine degli anni 1870 si trasferì a Londra dove, grazie al Lord Mayor e all’appoggio del celebre violoncellista Gaetano Braga, suo corregionale, nel 1880 entrò alla corte della regina Vittoria come maestro di canto: mantenne la sua posizione anche sotto il suo successore, Edoardo VII, che nel 1908 gli conferì il titolo di baronetto: intanto, pur riluttante, aveva accettato anche la cittadinanza britannica (1906). Per tutto il suo periodo inglese continuò ad aver rapporti con l’Italia, dove trascorreva regolarmente alcuni periodi.
Alla morte di Edoardo VII (1910) decise di rientrare definitivamente in Italia e di stabilirsi a Roma, dove morì presso l’Hotel Excelsior nel 1916.
Tra le sue oltre cinquecento romanze per canto e pianoforte, i cui testi vennero scritti anche da poeti come Antonio Fogazzaro, Rocco Pagliara, Naborre Campanini e Gabriele d’Annunzio, e sono stati interpretati dalle voci di Enrico Caruso, Tito Schipa, Giuseppe Di Stefano, Alfredo Kraus, Jussi Bjorling, Luciano Pavarotti, Mina e José Carreras, si ricordano brani tuttora molto eseguiti, quali: L’alba separa dalla luce l’ombra, Malìa, Vorrei morir, Non t’amo più, L’ultima canzone, Ideale e A Marechiare, su testo di Salvatore di Giacomo, divenuto un classico della canzone napoletana.
Città di Latina-Premio COMEL: grande successo per l’inaugurazione di Alluminio, sotto la superficie-
Città di Latina-Inaugurata lo scorso sabato, 26 ottobre 2024, la mostra “Alluminio, sotto la superficie”, fase conclusiva della XI edizione del Premio COMEL, è stata letteralmente un bagno di folla, che si è riversato nella galleria di via Neghelli a Latina. Tantissimi appassionati, artisti del capoluogo e venuti da fuori, esperti del settore, cittadini curiosi di scoprire l’arte in alluminio.
Questa XI mostra del Premio COMEL ne è un bellissimo esempio: 13 opere che utilizzano l’alluminio in 13 modi diversi e scavano nell’intimità del sentire, forti del tema proposto quest’anno che ha invitato i partecipanti ad andare al di là delle apparenze, al cuore delle cose superando ogni esteriorità, ogni finzione. Partendo dalla capacità dell’alluminio di proteggere sé stesso dagli agenti esterni attraverso una patina protettiva, che gli permette di mantenere intatte le sue caratteristiche, gli artisti sono andati oltre questa barriera protettiva, che ricorda le maschere che le persone più sensibili mettono su per proteggere i propri sentimenti, le proprie vulnerabilità.
In queste 13 opere si nota infatti il mettersi a nudo degli artisti partecipanti, il desiderio di vedere la realtà per come si presenta: priva di orpelli e sovrastrutture.
L’acqua, la natura, il magma primordiale da cui nasce la vita, sono i luoghi ideali di queste opere; la mente, i ricordi, i tasselli che compongono l’Io, le esperienze ne sono il contenuto, e la mostra offre un viaggio in 13 mondi differenti, che lavorano il materiale con tecniche e stili diversi, ma tutti di altissimo livello tecnico.
E se l’arte contemporanea è esattamente la sperimentazione, l’ecletticismo, la continua fluidità, si può dire che “Alluminio, sotto la superficie” ne è un felice esempio. Come hanno potuto testimoniare gli artisti e i membri della giuria presenti alla serata: oltre a Giorgio Agnisola che ha introdotto l’esposizione, Bruna Esposito artista di fama internazionale e il critico d’arte Stefano Taccone, che insieme ad Alessandro Beltrami hanno selezionato i 13, tra quasi 400 iscritti, e decreteranno il vincitore della XI edizione.
I visitatori della mostra saranno altrettanto protagonisti perché votando le tre opere preferite potranno scegliere il vincitore del Premio COMEL del Pubblico. L’invito ai cittadini è quello di esserci, passeggiare tra le opere e provare a capire quale mondo interiore in esposizione si avvicina di più al proprio, al personale modo di sentire, alla propria sensibilità e scegliere le tre opere che parlano dirette al loro cuore. Si potrà votare fino al 10 novembre.
In attesa della cerimonia di premiazione che si terrà sabato 16 novembre, la mostra sarà visitabile tutti i giorni (tranne il 1° novembre) dalle 17 alle 20.
I 13 finalisti:
Sasho Blazes (Ocrida, Macedonia); Maria ElenaBonet (Minsk, Bielorussia/Sant’Elia Fiumerapido, FR, Italia); Massimo Campagna (Napoli, Italia); Stefania De Angelis (Roma, Italia); Rebecca Diegoli e Francesca Vimercati (Pavia e Besana in Brianza, Italia); Gianluigi Ferrari (Altilia, CS, Italia), James Fausset Harris (Gedda, Arabia Saudita/Carrara, MS, Italia); Robert Hromec (Bratislava, Slovacchia); Rosy Losito (Bari/Latina, Italia); Dimitar Minkov (Pleven, Bulgaria); Gloria Rustighi (Massa, MS, Italia); Karolina Stefańska (Cracovia, Polonia); Achilles Vasileiou (Atene, Grecia).
INFO
Alluminio, sotto la superficie – Premio COMEL Vanna Migliorin Arte Contemporanea XI edizione
Promossa e organizzata da Maria Gabriella Mazzola e Adriano Mazzola
Dal 26 ottobre al 16 novembre 2024
Inaugurazione: 26 ottobre 2024 ore 18.00
Fine votazioni del pubblico: 10 novembre 2024
Premiazioni: 16 novembre 2024 ore 18.00
Apertura: tutti i giorni dalle 17.00 alle 20.00 eccetto il 1° novembre
Spazio COMEL Arte Contemporanea, Via Neghelli 68 – Latina
Gibellina è la “Capitale italiana dell’Arte contemporanea” per l’anno 2026
Roma – Gibellina è la “Capitale italiana dell’Arte contemporanea”-A proclamarla, oggi 31 ottobre, è stato il Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, nel corso della cerimonia che si è svolta oggi a Roma, nella Sala Spadolini del Ministero, alla quale sono intervenuti il Direttore Generale Creatività Contemporanea, Angelo Piero Cappello, e la Presidente della Giuria, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo.
La cerimonia si è svolta alla presenza dei rappresentanti delle cinque città finaliste: Carrara, Gallarate, Gibellina, Pescara e Todi.
La città vincitrice, grazie anche al contributo statale di un milione di euro, potrà mettere in mostra, per il periodo di un anno, progetti culturali che prevedono attività come mostre, festival e rassegne, oltre alla realizzazione e la riqualificazione di spazi e aree dedicate alla fruizione dell’arte contemporanea.
Queste le motivazioni della scelta della giuria, maturata al termine della procedura di selezione condotta in piena autonomia dai componenti: “La prima ‘Capitale italiana dell’Arte contemporanea’ con la sua candidatura offre al nostro Paese un progetto organico e solido, consegnando all’Italia di oggi un esemplare modello di intervento culturale, fondato su valori e azioni che riconoscono all’arte una funzione sociale e alla cultura lo statuto di bene comune. Per la sua capacità progettuale nel riattivare il suo straordinario patrimonio di opere, coniugando nel presente memoria e futuro, conservazione e valorizzazione, attenzione al locale e ambizione internazionale; per la sua capacità di coinvolgimento delle nuove generazioni e della cittadinanza tutta, interpellando il territorio più ampio sulla base di una comune consapevolezza civica, stringendo alleanze con istituzioni pubbliche e private, nazionali e transnazionali; per il fatto di essere Città pioniera di ciò che oggi definiamo rigenerazione urbana, e per la capacità di essere insieme una città-opera e una città da abitare: per il suo progetto, con il quale la città diventerà un grande laboratorio dove le pratiche e le energie dell’arte contemporanea saranno chiamate a condividere pensieri e soluzioni sui temi dello spazio pubblico, della comunità, del paesaggio, della sostenibilità e del capiente concetto di eredità. Per tutti questi motivi sopra esposti, riteniamo di poter individuare, quale città ‘Capitale italiana dell’arte contemporanea’ 2026 la città di Gibellina”.
“L’istituzione del titolo di ‘Capitale italiana dell’Arte contemporanea’ – ha dichiarato il Ministro Giuli – vuole rendere un nuovo, doveroso tributo alla creatività e al genio italiani, ed è la conferma dell’impegno fattivo del Governo per restituire all’Italia, alle sue città, ai suoi territori e ai suoi abitanti, la consapevolezza di essere l’Italia”.
SINTESI DEL PROGETTO VINCITORE
“Portami il Futuro”: Un progetto ambizioso che si sviluppa attraverso iniziative legate all’arte e alla creatività contemporanea, dalla progettazione culturale alla rigenerazione urbana, al restauro e soprattutto alla costruzione di una visione sul futuro che sappia tener conto della bellezza come valore condiviso e rigenerante.
LA PROCEDURA DI SELEZIONE DEL 2024
23 le città italiane che hanno presentato il dossier di candidatura alla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Ad ottobre sono stati resi noti i nomi delle cinque città finaliste, che la Giuria, presieduta da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e composta da Sofia Gnoli, Walter Guadagnini, Renata Cristina Mazzantini e Vincenzo Santoro, ha scelto dopo aver esaminato le candidature pervenute. Le singole delegazioni hanno successivamente presentato alla Giuria i progetti elaborati per ciascuna nel corso di audizioni pubbliche, che si sono svolte il 25 ottobre a Roma, nella Sala Spadolini del Ministero della Cultura.
IL TITOLO DI CAPITALE ITALIANA DELL’ARTE CONTEMPORANEA
La Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura ha lanciato il 15 aprile 2024 il bando per la designazione della prima “Capitale italiana dell’Arte contemporanea” per l’anno 2026. Il nuovo riconoscimento è istituito per incoraggiare e sostenere la capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della promozione e valorizzazione dell’arte contemporanea.
E se il manoscritto fosse stato davvero ritrovato?
GIOVANNI FIGHERA-Nell’epistolario di Alessandro Manzoni, pubblicato per conto della casa editrice Adelphi, una lettera indirizzata all’amico Tommaso Grossi da Brusuglio recita:
Amico carissimo,
ho preso, non ha guari, una grande e grave risoluzione: voglio scrivere un romanzo. Non avrei mai pensato di divenir romanziere, giacché le mie facoltà intellettuali son troppo limitate e debili: forse tenterò indarno l’arringo in tal genere di letteratura. Senonché mi venne fatto di rinvenire un vecchio autografo dilavato. Lettolo e trovata bella la storia racchiusavi, m’era sorta l’idea di darlo alla luce: ma com’è scorretto! Solecismi e idiotismi lombardi e spagnuoli, goffe declamazioni, sgangherati periodoni: l’autore si mostra infatti un povero secentista educato alla scuola sguaiata di quel secolo. […] Pensai allora di prender dal manoscritto la serie de’ fatti, e ripudiando il suo stile, surrogargliene un altro più forbito e moderno.
Manzoni conclude la lettera affermando che la riscrittura comporterà molta fatica, spera che i risultati siano soddisfacenti e promette di mostrare lo scritto all’amico quando si recherà a Brusuglio.
Non ci è rimasto l’autografo della lettera, che è stata pubblicata sulla rivista «La scintilla» nel 1888. Una nota redazionale dichiara che il testo è senz’ombra di dubbio di Manzoni, come indica il raffronto con altri autografi del romanziere, e tende a datarlo al 1821 (ovvero al principio della stesura del Fermo e Lucia). La lettera proviene dalla collezione di Angelo Maura di Padova.
Dinanzi a questa lettera possono essere avanzate diverse ipotesi.
La prima è che il romanziere abbia raccontato del manoscritto all’amico Tommaso Grossi per indurlo a recarsi quanto prima a Brusuglio.La seconda è che la lettera sia una falsificazione, tesi prospettata da Attilio Momigliano, oltre che da Dante Isella: la forma Maso («Addio caro Maso») al posto di Tommaso (assai insolita) sarebbe uno degli elementi di prova.
Potremmo anche supporre che Manzoni, terminata la stesura del romanzo l’11 marzo 1823, stia pensando ad una prefazione nella quale spiegare le ragioni per cui abbia iniziato a scrivere un romanzo.
E se, invece, Manzoni avesse davvero trovato una storia del Seicento traendone spunto per la realizzazione dei Promessi sposi? Se così fosse, si aprirebbero interessanti ricerche: dov’è finita la presunta lettera autografa di Manzoni? Dove potrebbe trovarsi il manoscritto e qual è il suo reale contenuto? Ovvero quanto è effettivamente già presente nello scritto del secentista e quanto è, invece, totalmente di invenzione manzoniana?
Potremmo anche supporre che Manzoni abbia trovato nella villa di Lecco, che era anticamente di proprietà di Giacomo Maria Manzoni, una storia del Seicento che abbia attirato la sua attenzione.
Potremmo, però, pensare anche ad un’altra ipotesi estremamente affascinante. Si può sospettare che l’idea della stesura de I promessi sposi scaturisca dall’approfondimento delle origini della propria famiglia.
Dai sei anni in poi Manzoni crebbe praticamente orfano. I genitori si separarono. Il conte Pietro inserì il figlio Alessandro in un collegio, mentre Giulia Beccaria, molto più giovane del marito, si trasferì a Parigi in compagnia del nuovo compagno Carlo Imbonati. Alessandro passò da un collegio all’altro, facendo ritorno a Lecco e nei possedimenti del padre durante l’estate. Solo dopo il 1805, quando si trasferì a Parigi, Alessandro conobbe meglio Giulia Beccaria e instaurò con lei un rapporto duraturo. Venne a conoscenza che un antenato da parte della famiglia Beccaria era un certo Bernardino Visconti (l’Innominato). È anche possibile che la scoperta dell’Innominato sia avvenuta attraverso lo studio del Seicento, in particolar modo attraverso la lettura delle Historiae patriae di Giuseppe Ripamonti in cui si faceva riferimento a quel ribaldo. Questa figura è così centrale nel romanzo e all’origine della stesura dell’opera che Manzoni dedicò al personaggio tante pagine anche all’esterno del capolavoro, pubblicate per conto di Sellerio nel saggio Quell’Innominato.
Perché Manzoni aveva desiderio di scoprire quel secolo? Solo perché era un periodo emblematico della corruzione e dell’ignoranza? Perché il letterato avrebbe potuto affrontare la questione dell’unificazione italiana attraverso l’analisi di un secolo passato senza destare sospetti nella censura austriaca?
Forse, alcune ragioni potrebbero essere ricercate anche nella biografia del romanziere. Dopo il 1810 Manzoni tornò in Italia, a Milano e a Lecco. Carlo Imbonati, morendo nel 1805, aveva lasciato la villa di Brusuglio in eredità a Giulia Beccaria. Il conte Pietro Manzoni, morto nel 1807, aveva reso erede universale il figlio Alessandro. Tra le proprietà ereditate c’era la casa di Lecco, il Caleotto: da quella villa lo scrittore vedeva e memorizzava i luoghi del lecchese.
Tra i Manzoni Giacomo Maria fu il primo ad abitarla nel Seicento. Tutti i suoi discendenti abitarono lì, fino al conte Pietro Manzoni che la ristrutturò. Attorno all’abitazione c’era una vasta tenuta con viti e gelsi.
Leggiamo in un documento del 15 agosto 1612 che don Giacomo Maria era «abitante ab Caliotto, territorio di Lecco». L’antenato era un ribaldo, omicida e appaltatore di delitti che si avvaleva di bravi per le sue scelleratezze, processato addirittura come untore, anche se non condannato.
La figura di Giacomo Maria Manzoni può aver offerto una serie di spunti per la stesura del romanzo: la peste, gli untori, i bravi, gli omicidi sono solo alcuni; l’anno in cui Gian Giacomo è processato come untore è il 1630, lo stesso del processo agli untori raccontato nella Storia della colonna infame.
In quel trattato Alessandro Manzoni racconta le ricerche che Pietro Verri condusse per conoscere meglio le famiglie di Piazza e Mora, il barbiere accusato dal commissario di sanità di essere suo complice:
Il Verri, spogliando i libri parrocchiali di San Lorenzo, trovò che l’infelice barbiere poteva avere anche tre figlie; una di quattordici anni, una di dodici, una che aveva appena finiti i sei. Ed è bello il vedere un uomo ricco, nobile, celebre, in carica, prendersi questa cura di scavar le memorie d’una famiglia povera, oscura, dimenticata: che dico? Infame.
La famiglia del povero barbiere, accusato di essere untore, è infame. Anche il quadrisavolo di Alessandro aveva subito la stessa accusa, anche se poi era stato scagionato, mentre i monatti accusati di aver sparso la peste furono condannati a morte nel 1630. Manzoni vendette la casa di Lecco dell’antenato infame, appaltatore di delitti e presunto untore, nel 1818. Solo tre anni più tardi iniziò la stesura del romanzo che riesumava, anche se con nomi differenti e vicende modificate, un Seicento che aveva visto due antenati del Manzoni complici dei misfatti dell’epoca, due antenati che avevano avuto due destini diversi: Bernardino Visconti (nel romanzo l’Innominato) si era convertito e si era dedicato ad opere buone per espiare il male compiuto; Giacomo Maria Manzoni, impenitente fino alla fine, era morto nel 1642, ancora sotto processo, accusato di un altro delitto.
Manzoni provava vergogna per i suoi antenati? Sentiva l’esigenza di espiare il male compiuto dal quadrisavolo? La scoperta delle origini infami della sua famiglia potrebbe essere la scaturigine della composizione del romanzo e della scelta del Seicento come epoca congeniale all’ambientazione della storia. E allora potrebbe sorgere una domanda: se il manoscritto ritrovato alludesse in realtà ai documenti relativi alla storia dell’antenato lecchese?
Sono solo supposizioni non dimostrabili o anche realtà? Forse queste domande possono offrire un terreno nuovo d’indagine sul capolavoro manzoniano. Un fatto è certo: non sono pochi gli spunti che le vite dell’Innominato e di Giacomo Maria Manzoni offrono alla storia.
L’autore di questo articolo ha appena mandato in stampa una nuova edizione scolastica de I promessi sposi (a cura di Giovanni Fighera, edito da Giunti-Treccani-Clio, Firenze 2023).
Prof.GIOVANNI FIGHERA
FORMAZIONE E INSEGNAMENTO
Nato nel 1971, sposato, con due figlie, si è laureato in Lettere moderne (110 e Lode) e ha conseguito una specializzazione e tre perfezionamenti nell’ambito della letteratura e della linguistica. Insegnante di italiano e latino nei licei, collabora con il dipartimento di Filologia moderna dell’Università degli Studi di Milano.
GIORNALISMO
È giornalista e collabora con alcune riviste (tra cui “Studi danteschi”, “Il timone”, “Fogli”) e con quotidiani on line (tra cui “La nuova bussola quotidiana”, “Il sussidiario.net”, “Tempi.it” per cui cura il blog Il sugo della storia).
RADIO
Numerose sono le sue collaborazioni radiofoniche con Rai Radio Uno, Radio 5.9, Radio In Blu, Radio Vaticana, Radio Maria.
Su Radio Maria conduce la trasmissione IN VIAGGIO CON DANTE VERSO LE STELLE il quarto giovedì del mese dalle 10:30 alle 11:15.
Su Radio 5.9 conduce trasmissioni da lui ideate sabato alle ore 10:00. Tra queste ricordiamo: IO CERCO LA FELICITÀ (2018-2019), TRA I BANCHI DI SCUOLA (2019), L’IO, LA CRISI, LA SPERANZA (2019-2020).
LIBRI
Con le edizioni Ares ha pubblicato:
– Che cos’è, dunque, la felicità, mio caro amico? (2008), letto integralmente su Radio Vaticana per tre anni (ottobre 2008, ottobre 2009, febbraio 2012);
– La Bellezza salverà il mondo (2009), anch’esso letto integralmente su Radio Vaticana nel mese di luglio 2010;
– «Amor che move il sole e l’altre stelle». L’amore, l’uomo, l’Infinito (2010), letto integralmente su Radio Vaticana nell’ottobre 2010 e nell’agosto 2015;
– Che cos’è mai l’uomo perché di lui ti ricordi? L’io, la crisi, la speranza (2012), letto integralmente su Radio Vaticana nell’ottobre 2012;
– Tra i banchi di scuola (2014), letto integralmente su Radio Vaticana nel settembre 2014;
– Tre giorni all’Inferno. In viaggio con Dante (2016), oggetto di trasmissione su radio Maria dal 2016 al 2017;
-Il Purgatorio: ritorno all’Eden perduto. In viaggio con Dante (2017), oggetto di trasmissione su Radio Maria dal 2017 al 2018;
-Il Paradiso. Andata e ritorno. In viaggio con Dante (2018) oggetto di trasmissione su Radio Maria dal 2018.
– Pirandello in cerca d’autore. Una rilettura (2019).
Con Itaca edizioni ha pubblicato:
– Il matrimonio di Renzo e Lucia. Invito alla lettura dei Promessi sposi (2015).
Con le edizioni Sugarco ha pubblicato:
-Paradiso. In viaggio con Dante verso le stelle (2019)
Ha collaborato, inoltre:
–a Il romanzo italiano del Novecento (1900-1945), edito nel 2012 (Raffaelli editore);
–al volume La forza delle parole (2012) con la stesura del capitolo «Poesia, bellezza e verità» (Fara editore);
–alla raccolta di poesie Nuovi salmi («I Quaderni di Cntn, 2012);
-alla raccolta di poesie I poeti e la crisi (Edizioni della Libri Thule, 2015);
–al Censimento dei commenti danteschi (Salerno Ed., 2014);
-al Dizionario del liberalismo italiano (Rubbettino ed., 2015)
-ai QUADERNI 10 «PERSONAGGI E DESTINO» (casa editrice Stilgraf, 2013).
PUBBLICAZIONI LIBRI PER LA SCUOLA
Con le edizioni Principato ha scritto:
Divina Commedia (a cura di G. Fighera e di B. Panebianco), 2020.
POESIE
Sue poesie compaiono
–nella raccolta Nuovi salmi («I Quaderni di Cntn, 2012);
-nella raccolta I poeti e la crisi (Edizioni della Libri Thule, 2015).
INCONTRI
In questi anni ha tenuto centinaia di incontri e corsi sull’educazione, sulla letteratura italiana, sulla Divina commedia, su I promessi sposi, sui temi sollecitati dai libri (felicità, bellezza, amore,…), cineforum per adulti e per ragazzi in centri culturali, nei teatri, nelle scuole e nelle parrocchie.
CONVEGNI INTERNAZIONALI
Nel 2015 ha partecipato al Primo Convegno Internazionale della Letteratura dalmata (dove ha presentato Antonio Lubin dantista) e al Convegno Internazionale di Varsavia Il Dante dei moderni. Nel 2017 ha partecipato al Congresso Dantesco Internazionale di Ravenna (24-27 maggio 2017) con la relazione “Foscolo alter Dante: i versi dell’esilio e della patria perduta dagli esperimenti giovanili ai Sepolcri”.
BLOG
Ha due siti blog personali, uno intitolato La ragione del cuore e l’altro Il sugo della storia (pubblicato presso Tempi.it).
PREMI
Ha vinto il Premio Capri San Michele 2013 sezione giovani con l’opera Che cos’è mai l’uomo, perché di lui ti ricordi? L’io, la crisi, la speranza. È stato finalista al Premio Beato Contardo Ferrini 2011 con l’opera «Amor che move il sole e l’altre stelle». L’amore, l’uomo, l’Infinito.
INCONTRI
Un elenco completo si trova sul blog La ragione del cuore (sotto la voce appuntamenti).
Qui ne riportiamo alcuni (sono escluse interviste, incontri trasmessi sulle radio):
– Io cerco la felicità, 10 maggio 2009, organizzato dal Comune dei Giovani di Bassano del Grappa.
– Brindisi, venerdì 27 novembre, alle ore 18.30, nell’Auditorium del Museo provinciale MAPRI di Brindisi, presentazione del libro di Giovanni Fighera “La bellezza salverà il mondo”, promossa dall’Assessorato provinciale alla Cultura, guidato da Paola Baldassarre, oltre che dell’assessore e dell’autore, del poeta Alessandro Rivali. “Questo libro – dichiara l’assessore Paola Baldassarre – rappresenta il punto di partenza di un progetto che accompagnerà gli anni dell’Assessorato provinciale ala Cultura. L’obiettivo è avviare continue e costanti riflessioni su una realtà che percepisce in modo relativo il bene e il male, delegando al desiderio del singolo l’arbitrio di effettuare delle scelte ignorando il bene comune. Proporre un nuovo modello antropologo postula una dimensione relazionale che punti al senso della gratuità e dell’oblatività: in tal modo potremo entrare in una dimensione etica da più parti invocata”.
– Quale bellezza salverà il mondo? Il bello e il vero nella letteratura e nell’arte, venerdì 19 febbraio 2010 ore 18:30. Sala Molinari – Chiostro dell’Immacolata – Piazza S. Francesco – Salerno
– Meeting di Rimini, spazio Clandestino. Martedì 24 agosto alle ore 18 tavola rotonda con Davide Rondoni, Gianfranco Lauretano, Giovanni Fighera su “Letteratura, bellezza e insegnamento a scuola”.
– Concorezzo. L’avventura del viaggio. Inferno ottobre 2010 (4 serate), Purgatorio novembre 2011 (4 serate), Paradiso novembre 2012 (4 serate)
– Busnago. L’Inferno. L’avventura del viaggio (marzo-aprile 2011), Purgatorio (maggio 2012), Paradiso (maggio 2013), Inferno (maggio 2015), Purgatorio e Paradiso (2016). Ciascun ciclo in 4 serate.
– Meeting di Rimini, spazio Clandestino, presentazione di Che cos’è mai l’uomo, perché di lui ti ricordi? 20 agosto 2012.
– Concorezzo, presentazione di 6 dicembre ore 21 Che cos’è mai l’uomo, perché di lui ti ricordi?
-Cesena, martedì 19 febbraio 2013 ore 15 incontro con Gianfranco Lauretano e Giovanni Fighera su “Personaggi e destino nel romanzo del primo Novecento: l’esempio di Mattia Pascal”;
– Sulbiate, Tommaso Moro. La politica e il bene comune, 24 maggio 2013 ore 21;
– Capri. Premio Capri San Michele, Che cos’è mai l’uomo, perché di lui ti ricordi? 27-29 settembre 2013.
– Concorezzo, I promessi sposi (novembre 2013 in 4 serate);
– Cornate, I promessi sposi (febbraio 2014 in 4 serate);
– Cornate, La bellezza salverà il mondo (9 aprile 2014 ore 21)
– 11 maggio 2014 ore 15:30. Vittuone “Cara beltà …”: la passione per il dono che ci è stato fatto.
– Sondrio 28 maggio 2014, ore 15nella Sala dei Balli del Credito Valtellinese su GABRIELE D’ANNUNZIO dal titolo“Ah perché non è infinito come il desiderio, il potere umano?”(tema tratto dalla XIII edizione de I Colloqui Fiorentini).
– Meeting di Rimini (stand rivista Tempi) ì 27 agosto 2014 Tra i banchi di scuola. Un’avventura sempre nuova
– Concorezzo, Che cos’è dunque la felicità (in 4 serate) novembre 2014;
– Prato “La famiglia come luogo di incontro e di dono: itinerario per raggiungere la felicità.”, sabato 25 ottobre;
– VIAREGGIO, La bellezza salverà il mondo, 30 ottobre 2014 ore 21
-TRENTO, “Educare nel tempo della crisi dell’amore” 6 Febbraio 2015 alle 20.30;
– Cornate, “Al cuore di Leopardi” (febbraio 2015 in 4 serate);
– Sulbiate, “Perché è bello studiare?” (20 febbraio 2015 ore 21);
– Trieste, Primo convegno internazionale sulla Letteratura dalmata italiana, presso l’IRCI, Via Torino 8 28 febbraio 2015 ore 10.55 presentazione di Antonio Lubin dantista;
-Orzinuovi, Leggendo, specchiamoci ne i Promessi Sposi (marzo 2015, 4 serate);
– Roma, Palazzo Montecitorio, martedì 3 marzo 2015, presentazione del DIZIONARIO DEL LIBERALISMO ITALIANO (presenti l’editore, il comitato promotore, gli autori);
-Busnago, 10 aprile 2015 ore 21, Perché è bello studiare?
– Prato, sabato 18 aprile ore 17, LA BELLEZZA DELLA SCUOLA E NELLA SCUOLA: UN’AVVENTURA SEMPRE NUOVA;
-Salsomaggiore Terme, venerdì 15 maggio ore 17, “ALLA RICERCA DELLA FELICITÀ”
-Salsomaggiore Terme, Happening dei giovani, lunedì 21 luglio ore 21, La felicità: una questione di sguardo
-Milano Scuola FAES, 15 ottobre ore 18:30, DANTE DI FRONTE ALLA PROVA. LA NECESSITÀ DI UN MAESTRO.
– Concorezzo, novembre 2015 (in 4 serate), Il genio di Pirandello;
– VARSAVIA, Il Dante dei moderni. La Commedia dall’Ottocento ad oggi, CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI DANTESCHI, 2-4 dicembre 2015. Giovanni Fighera presenta “FOSCOLO EXUL IMMERITUS. La presenza della Commedia nella sua opera letteraria”
– Desenzano del Garda, 26 gennaio 2016, ore 20:45, Il matrimonio di Renzo e Lucia. Amore, perdono e misericordia.
– Concorezzo, Venerdì 12 febbraio 2016 ore 21, VALE ANCORA LA PENA SPOSARSI? rileggendo I promessi sposi;
– Orzinuovi, L’inferno di Dante (marzo 2016, in 4 serate), Il Purgatorio (marzo 2017, 4 serate), Il Paradiso (4 serate, marzo 2018);
– Trezzo, Il matrimonio di Renzo e Lucia (aprile 2016, in 3 serate);
– Sulbiate, la donna. Tra arte e letteratura. Incontro con Giovanni Fighera e suor Maria Gloria Riva;
– Madonna di Campiglio, sabato 23 luglio 2016 ore 18:30. L’importanza dell’amicizia nel cammino della vita: la Commedia di Dante;
– Meeting di Rimini, mercoledì 24 agosto 2016 alle ore 12, presso lo Spazio incontri della Libreria del Meeting (padiglione A3), Giovanni Fighera presentazione del libro Tre giorni all’Inferno. In viaggio con Dante (edizioni Ares);
– Cornate, Il Purgatorio. Cantica della libertà e della misericordia, ottobre 2016 (in 3 serate);
– Asiago, 10 settembre 2016 ore 9:00, “la domanda di felicità dell’uomo”;
-Trezzo, Tre giorni all’Inferno (novembre 2016 in 4 serate);
-Prato, Auditorium scuola media Fermi, 11 novembre 2016 ore 21, “Libri e letteratura. Uno strumento educativo all’epoca di internet”.
– Pistoia, 11 Febbraio 2017 “Desiderio d’infinito. Cosa conta davvero nella mia vita?” Salone Scuola Mabellini musicisti della scuola;
-Cantù martedì 7 marzo 2017, Corso di formazione e aggiornamento per i docenti di Lingua e letteratura italiana della scuola secondaria di II grado, La Commedia dantesca come laboratorio di competenze sociali, morali ed esistenziali;
– Desenzano, 14 gennaio 2017, 14 gennaio ore 14:30, Che cosa desidero davvero per i miei figli?
– Torino, Parrocchia di Santa Rita da Cascia, Esercizi spirituali, La Madonna nel canto XXXIII del Paradiso;
– MILANO – TEMPO DI LIBRI, Giovedì 20 aprile ore 17 – Presentazione del volume: Il Purgatorio: ritorno all’Eden perduto – In viaggio con Dante
– Ravenna, FOSCOLO EXUL IMMERITUS. La presenza della Commedia nella sua opera letteraria, venerdì 26 maggio ore 10:30, Congresso Dantesco Internazionale – International Dante Conference. Alma Dante 2017;
– Bassano del Grappa, DOMENICA 2 LUGLIO ore 20.15 presso i campi sportivi di Santa Croce “L’AMORE TRA FEDE E DESIDERIO”;
-Salsomaggiore Terme, mercoledì 25 luglio 2017 ore 21 LA BELLEZZA SALVERA’ IL MONDO. Giotto, Dante e noi moderni;
– Desenzano, LA FIGURA FEMMINILE NELLA COMMEDIA DI DANTE, Lunedì 23 ottobre 2017 ore 20:30, Oratorio Paolo VI;
– Zanica, 9 dicembre 2017 ore 9:30, CENTRO DI SPIRITUALITA’ E CULTURA “LA PREGHIERA NELLA COMMEDIA DANTESCA”;
– Desenzano, Lunedì 23 ottobre 2017 ore 20:30, Oratorio Paolo VI, “È possibile l’amore vero tra i giovani?”
– Desenzano, PIRANDELLO. ALLA RICERCA DEL VERO VOLTO UMANO, mercoledì 24 gennaio 2018, 14:30-16:30.
– Concorezzo, febbraio 2018 (3 serate), Tre giorni con Dante;
– Milano, Tempo di libri. Presentazione di PARADISO. ANDATA E RITORNO venerdì 9 marzo 2018 alle ore 16:00 presso Fieramilanocity – padiglioni 3 e 4;
– POZZOLENGO, venerdì 9 marzo ore 21, “La misericordia nei Promessi sposi”;
– Desenzano, 21 marzo, ore 16:30, Come prepararsi alla prima prova;
-Monza, Parrocchia San Giuseppe, domenica 8 aprile 2018, ore 10, Un’ora con Dante verso le stelle;
– Casatenovo, 10 aprile ore 21, Università di tutte le età, Ungaretti e l’esperienza della trincea;
– Trevi, domenica 19 agosto 2018 ore 21, “Amor che move il sole e l’altre stelle”;
-Sulbiate, 4 ottobre 2018 ore 21, Guareschi.
-Cornate, ottobre 2018, Pirandello. Un personaggio in cerca d’autore (3 serate)
-Trezzo, ottobre 2018 (4 serate), Il paradiso di Dante;
-Bocca di Magra, 12 gennaio 2019 ore 15:30, La fede nella chiesa nella letteratura;
-Verderio, venerdì 15 febbraio ore 21, L’avventura educativa;
-Desenzano 7 marzo 2019, Il viaggio nella letteratura del Novecento
-Nova Milanese, domenica 24 marzo 2019, Sei forte papà;
-Orzinuovi, 20 marzo ore 15 presso la scuola Sacra famiglia Il fu Mattia Pascal, cioè il dramma dell’uomo in attesa;
-Orzinuovi, 27 marzo ore 15 presso la scuola Sacra famiglia, Uno, nessuno e centomila;
– Arcore, venerdì 5 aprile ore 21, al Cineteatro nuovo. Dall’Inferno al Paradiso.
-Desenzano, 3 maggio 2019 ore 15, Come prepararsi alla prima prova;
-Santa Anna d’Alfaedo, venerdì 14 giugno 2019 ore 16, “Gli affetti nella letteratura” (incontro con i maturandi)
– Passo Lavazé, Hotel Corno nero, venerdì 26 luglio 2019 ore 21:00, L’avventura educativa.
-Meeting di Rimini, AVSI e Dante a Kibera;
-Cornate d’Adda, ottobre 2019 (3 serate), Tre giorni all’Inferno;
-Monza, 13 ottobre 2011 ore 10, Io cerco la felicità. L’esperienza della vita e i grandi autori.
– Campofontana, 1 novembre 2019 ore 9:30. La letteratura come occasione per comprendere se stessi;
– Bocca di Magra, 23 novembre 2019 ore 16, La misericordia e la confessione nel Purgatorio di Dante;
-Verona, 2 dicembre ore 21, Davvero la bellezza tornerà a salvare il mondo?
-Pozzolengo, martedì 4 febbraio 2020 ore 21, Parrocchia san Lorenzo martire, Il desiderio umano di felicità infinita;
-Casatenovo, Università di tutte le età, febbraio marzo 202020 (4 serate), Il latino serve a tutti.
Nobuyoshi Araki compiles decades’ worth of images in this ultimate retrospective of his career. First published as a Limited Edition and now in a new, compact format, this collection delves deep into Araki’s best-known imagery: Tokyo street scenes; faces and foods; sensual flowers; female genitalia; and the Japanese art of bondage.
Dopo aver studiato fotografia, cominciò a lavorare per l’agenzia pubblicitariaDentsu, dove conobbe la sua futura moglie, Yoko. Dopo il matrimonio Araki pubblicò una raccolta di fotografie (Sentimental journey, 1971) scattate alla moglie durante il loro viaggio di nozze. Yoko morì nel 1990 di cancro alle ovaie, e le foto dei suoi ultimi giorni vennero pubblicate da Araki in un libro dal titolo Winter journey.
Ha pubblicato più di 350[1]libri ed è considerato uno degli artisti più prolifici di sempre. Ha lavorato anche per riviste come Playboy, Déjà-Vu ed Erotic Housewives. È stato più volte arrestato in Giappone, anche se non è mai finito in carcere, con l’accusa di oscenità; anche il direttore di un museo venne arrestato per aver esposto alcune sue foto.
^ Il numero dipende da come vengono contate le riedizioni di opere già pubblicate. Ma Kōtarō Iizawa ne ha contate 357 in Araki-bon! 1970–2005 / A Book of Araki Books! 1970–2005 (Tokyo: Bijutsu Shuppansha, 2006; ISBN 4-568-12071-3). (Nonostante il titolo alternativo in inglese, il libro è solo in giapponese)
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