Biografia di Anise Koltz è nata il 12 giugno 1928 nel quartiere Eich di Lussemburgo. Di nazionalità lussemburghese, unisce nelle sue vene ascendenze ceche, tedesche e belghe. La sua bisnonna materna, inglese, era lei stessa musicista e poetessa. A causa dell’occupazione nazista, Anise Koltz, all’epoca giovane laureata, fu spinta a orientarsi verso la cultura tedesca. Così le sue prime opere saranno scritte in questa lingua: Spuren nach innen e Steine und Vögel, le sue prime due raccolte, pubblicate nel 1960 a Lussemburgo e nel 1964 a Monaco. Dal 1966, tuttavia, i suoi testi fanno il loro ingresso nella prestigiosa collezione bilingue di poeti stranieri «Autour du monde» animata da Pierre Seghers: la raccolta, tradotta da Andrée Sodenkamp, ha per titolo Le cirque du soleil. Progressivamente, Anise Koltz passa al francese fino ad abbandonare del tutto, negli anni ‘80, la sua prima lingua letteraria. Con il succedersi delle raccolte – Den Tag vergraben, Nachahmung des Tages, poi Vienne quelqu’un, Fragments de Babylone, Le Jour inventé –, la sua voce poetica afferma la sua originalità. Nel 1963, Anise Koltz e suo marito, René Koltz, direttore della sanità pubblica del Granducato – che morirà prematuramente a causa delle torture inflitte dai nazisti –, hanno creato le Biennali di Mondorf: «L’esempio di questi Incontri, dice, mi è stato dato dalla mia famiglia, i Mayrisch di Saint-Hubert. Il loro scopo, come il nostro: essere un laboratorio, per quanto modesto, della costruzione di una società multiculturale.» Le Biennali, che dureranno fino al 1974, prenderanno un nuovo slancio dal 1995 al 1999 con le Giornate letterarie di Mondof. Esse si prolungano ancora oggi attraverso le manifestazioni organizzate dall’Académie Européenne de Poésie, presieduta da Anise Koltz, peraltro membro dell’Académie Mallarmé e dell’Institut Grand-Ducal des Arts et des Lettres.
Volo via
con i migratori
M’inserisco nel loro triangolo
Cacciate l’angelo al mio fianco
la sua ombra oscura la mia vita
Dietro il cielo
c’è un altro cielo
Je m’envole
avec les migrateurs
Je m’intègre dans leur triangle
Chassez l’ange à mes côtés
son ombre obscurcit ma vie
Derrière le ciel
il y a un autre ciel
*
Chi sono io?
non sono me
discendo da milioni di antenati
che vegetano nel mio sangue
Essi m’istruiscono
mi allenano a morire
respiro il loro respiro
Straniera per i miei genitori
il mio sangue si è caricato
di fantasmi
che guidano il mio destino
sperando
e disperando in me
Qui suis-je ?
je ne suis pas moi
je descends de millions d’ancêtres
qui végètent dans mon sang
Ils m’instruisent
ils m’entraînent à mourir
je respire leur souffle
Etrangère à mes parents
mon sang s’est chargé
de fantômes
dirigeant mon destin
espérant
et désespérant en moi
*
A volte le lettere cantano
nelle mie poesie
a volte accusano
o consolano
Immagini s’infrangono
si riformano
sogni che ci sognano
trasformando i nostri occhi
in laghi segreti
Parfois les lettres chantent
dans mes poèmes
parfois elles accusent
ou elles consolent
Des images se brisent
se refont
rêves qui nous rêvent
transformant nos yeux
en lacs secrets
*
Tra inizio e fine
la luce si è spenta
Un nome brucia da qualche parte
facendo vorticare il vento
che porterà via le mie ceneri
Entre commencement et fin
la lumière s’est éteinte
Un nom brûle quelque part
faisant tourbillonner le vent
qui emportera mes cendres
*
Il giorno inventa un altro giorno
spazio disseminato d’immagini
che si fanno e si disfano
Brandelli di sogni
strisciano sui nostri volti.
Avvenimenti hanno luogo
prima della loro comparsa
la realtà cambia giorno per giorno
Dove trovare il vero volto
del tempo?
Le jour invente un autre jour
espace parsemé d’images
qui se font et se défont
Des lambeaux de rêves
traînent sur nos visages.
Des événements ont lieu
avant leur apparition
la réalité change jour par jour
Où trouver le vrai visage
du temps ?
Biografia di Anise Koltz è nata il 12 giugno 1928 nel quartiere Eich di Lussemburgo.Di nazionalità lussemburghese, unisce nelle sue vene ascendenze ceche, tedesche e belghe. La sua bisnonna materna, inglese, era lei stessa musicista e poetessa. A causa dell’occupazione nazista, Anise Koltz, all’epoca giovane laureata, fu spinta a orientarsi verso la cultura tedesca. Così le sue prime opere saranno scritte in questa lingua: Spuren nach innen e Steine und Vögel, le sue prime due raccolte, pubblicate nel 1960 a Lussemburgo e nel 1964 a Monaco. Dal 1966, tuttavia, i suoi testi fanno il loro ingresso nella prestigiosa collezione bilingue di poeti stranieri «Autour du monde» animata da Pierre Seghers: la raccolta, tradotta da Andrée Sodenkamp, ha per titolo Le cirque du soleil. Progressivamente, Anise Koltz passa al francese fino ad abbandonare del tutto, negli anni ‘80, la sua prima lingua letteraria. Con il succedersi delle raccolte – Den Tag vergraben, Nachahmung des Tages, poi Vienne quelqu’un, Fragments de Babylone, Le Jour inventé –, la sua voce poetica afferma la sua originalità. Nel 1963, Anise Koltz e suo marito, René Koltz, direttore della sanità pubblica del Granducato – che morirà prematuramente a causa delle torture inflitte dai nazisti –, hanno creato le Biennali di Mondorf: «L’esempio di questi Incontri, dice, mi è stato dato dalla mia famiglia, i Mayrisch di Saint-Hubert. Il loro scopo, come il nostro: essere un laboratorio, per quanto modesto, della costruzione di una società multiculturale.» Le Biennali, che dureranno fino al 1974, prenderanno un nuovo slancio dal 1995 al 1999 con le Giornate letterarie di Mondof. Esse si prolungano ancora oggi attraverso le manifestazioni organizzate dall’Académie Européenne de Poésie, presieduta da Anise Koltz, peraltro membro dell’Académie Mallarmé e dell’Institut Grand-Ducal des Arts et des Lettres.
Breve biografia di Amelia Rosselli (Parigi, 28 marzo 1930 – Roma,11 febbraio 1996), poetessa, nacque in Francia dall’esule antifascista Carlo Rosselli, ucciso nel 1937 dalle milizie fasciste. Perse anche la madre prematuramente nel 1949, rimanendo orfana giovanissima e soffrendo poi a lungo di esaurimenti nervosi e depressione. Visse e studiò in Svizzera e negli Stati Uniti, poi si trasferì in Inghilterra fino al 1946, anno in cui tornò in Italia. Cominciò a lavorare nell’editoria nel 1948, come traduttrice. Fece parte della neoavanguardia letteraria Gruppo 63 e nel 1964 pubblicò la sua prima raccolta di poesie, Variazioni belliche, poi nel 1966 pubblicò una seconda raccolta intitolata Serie ospedaliera. Ma il suo stile è noto principalmente per il plurilinguismo, evidente in raccolte come Sonno-Sleep (1953-1966) e Sleep. Poesie in inglese (1992). Muore suicida l’11 febbraio del 1996, stessa data della morte nel 1963 della poetessa Sylvia Plath, che tradusse e di cui amò profondamente la poetica.
Poesie da “Variazioni belliche” (1959)
la mia fresca urina spargo
tuoi piedi e il sole danza! danza! danza! – fuori
la finestra mai vorrà
chiudersi per chi non ha il ventre piatto. Sorridente l’analisi
si congiungerà – ma io danzo! danzo! – incolume perché
‘l sole danza, perché vita è muliebre sulle piantagioni
incolte se lo sai. Un ebete ebano si muoveva molto
cupido nella sua
fermezza: giro! giro! come tre grazie attorno al suo punto
d’oblio!
*
sereno il suolo mi rendeva
ogni cupidigia, serena la luna mi porgeva
le sue ansie tributarie. Ma se sereno il sole mi porgeva
la sua candela flaccida, allora sereno mi si porgevano
le ali del
nero vasomotorio dubbio del leone che tanto ingrandì che non più la
sua cellula potè fermarlo.
Poesia da “Variazioni” (1960-61)
L’inferno della luce era l’amore. L’inferno dell’amore
era il sesso. L’inferno del mondo era l’oblio delle
semplici regole della vita: carta bollata ed un semplice
protocollo. Quattro lenti bocconi sul letto quattro
amici morti con la pistola in mano quattro stecche
del pianoforte che ridanno da sperare.
Poesia da “Serie ospedaliera” (1963-65)
Primavera, primavera in abbondanza
i tuoi canali storti, le tue pinete
sognano d’altre avventure, tu non hai
mica la paura che io tengo, dell’inverno
quando abbrividisce il vento.
Strappi rami agli orticoltori, semini
disagi nella mia anima (la quale bella
se ne sta in ginocchio), provi a me
stessa che tutto ciò che ha un fine
non ha fine.
Oppure credi di dileguarti, sorniona
nascosta da una nuvola di piogge
carica sino all’inverosimile.
Ma il mio pianto, o piuttosto una stanchezza
che non può riportarsi nel rifugio
strapazza le foglie, che ieri
mi sembravano voglie, tenerezze anche
ed ora sperdono la mia brama.
Di vivere avrei bisogno, di decantare
anche queste spiagge, o monti, o rivoletti
ma non so come: hai ucciso il tuo grano
nella mia gola.
Assomigli a me: che tra una morte
e l’altra, tiro un sospiro di sollievo
ma non mi turbo; o mi turbo? del tuo
sembrare agonizzante mentre ridi.
E bestemmia la gente: è più fiera
di te che dello spazio che ti strugge
portandoti fra le mie braccia. E io
stringo una pallida mummia che non
odora affatto: escono semi dai suoi
occhi, pianti, virgole, medicinali
e tu non porti il monte nella casa
e tu non puoi fruttificare, queste
sorelle che ti vegliano.
Sembri infatti un morto nella cassa
e non ho altro da fare che di battere
i chiodi nella faccia.
Poesia da “Documento” (1966-73)
Se non è noia è amore. L’intero mondo carpiva da me i suoi
sensi cari. Se per la notte che mi porta il tuo oblio
io dimentico di frenarmi, se per le tue evanescenti braccia
io cerco un’altra foresta, un parco, o una avventura: –
se per le strade che conducono al paradiso io perdo la
tua bellezza: se per i canili ed i vescovadi del prato
della grande città io cerco la tua ombra: – se per tutto
questo io cerco ancora e ancora: – non è per la tua fierezza,
non è per la mia povertà: – è per il tuo sorriso obliquo
è per la tua maniera di amare. Entro della grande città
cadevano oblique ancora e ancora le maniere di amare
le delusioni amare.
Questa notte con spavaldo desiderio scesi per le praterie d’un lungo fiume impermeato d’antiche abitudini ch’al dunque ad un segnale indicavano melma, e fiato. Solo sporcizia sì, vidi dall’ultimo ponte, dubitando d’una mia vita ancora rimasta al sole, non per l’arrosto ma per il fuoco è buona: se a tutti divenne già prima ch’io nascessi – indifferente la mia buona o cattiva sorte, dall’altr’angolo che non da questa visione crematorizzata dalla mia e vostra vita terrorizzata se resistere dipende dal cuore piuttosto dalle sottane s’arrota la Mistinguette, la vita sberciata per un attimo ancora, se sesso è così rotativo da apparire poi vano a questo recitativo che mi faceva passare per pazza quando arroteandomi dietro ad ogni scrivania sorvegliavo i vostri desideri d’essere lontani dalla mia, rotativa nella notte specchiata nel lucido del vetro che copre le vostre indifferenze alla mia stralunante morte.
Breve biografia di Amelia Rosselli (Parigi, 28 marzo 1930 – Roma,11 febbraio 1996), poetessa, nacque in Francia dall’esule antifascista Carlo Rosselli, ucciso nel 1937 dalle milizie fasciste.Perse anche la madre prematuramente nel 1949, rimanendo orfana giovanissima e soffrendo poi a lungo di esaurimenti nervosi e depressione. Visse e studiò in Svizzera e negli Stati Uniti, poi si trasferì in Inghilterra fino al 1946, anno in cui tornò in Italia. Cominciò a lavorare nell’editoria nel 1948, come traduttrice. Fece parte della neoavanguardia letteraria Gruppo 63 e nel 1964 pubblicò la sua prima raccolta di poesie, Variazioni belliche, poi nel 1966 pubblicò una seconda raccolta intitolata Serie ospedaliera. Ma il suo stile è noto principalmente per il plurilinguismo, evidente in raccolte come Sonno-Sleep (1953-1966) e Sleep. Poesie in inglese (1992). Muore suicida l’11 febbraio del 1996, stessa data della morte nel 1963 della poetessa Sylvia Plath, che tradusse e di cui amò profondamente la poetica.
L’Olio di Oliva nella Mitologia-Un mito greco attribuisce ad Atena la creazione del primo Olivo che sorse nell’Acropoli a protezione della città di Atene.
La leggenda racconta che Poseidone ed Atena, disputandosi la sovranità dell’Attica, si sfidarono a chi avesse offerto il più bel dono al Popolo. Poseidone, colpendo con il suo tridente il suolo, fece sorgere il cavallo più potente e rapido, in grado di vincere tutte le battaglie ; Atena, colpendo la roccia con la sua lancia , fece nascere dalla terra il primo albero di Olivo per illuminare la notte, per medicare le ferite e per offrire nutrimento alla popolazione.
Zeus scelse l’invenzione più pacifica ed Atena divenne Dea di Atene. Un figlio di Poseidone cercò di sradicare l’albero creato da Atena, ma non vi riuscì, anzi si ferì nel commettere il gesto sacrilego e morì. Al British Museum di Londra si può ammirare una scultura del frontone occidentale del Partenone, dove l’artista Fidia ha rappresentato questo episodio mitologico. Secondo una leggenda riferita da Plinio e da Cicerone, sembrerebbe che sia stato Aristeno lo scopritore dell’Olivo e l’inventore del modo di estrarre l’olio all’Epoca fenicia. Lo stesso Plinio, invece, su altri suoi scritti, parlando dell’Italia, racconta che l’Olivo fu introdotto da Tarquinio Prisco quinto Re di Roma, questa ipotesi è la più verosimile visto che le più antiche tracce archeologiche finora raccolte sull’olivicoltura in Etruria risalirebbero al VII sec. a.C., descrivendo ben 15 metodi di coltivazione di questa pianta, che, ai suoi tempi, rappresentava già la base di importanti attività economiche e commerciali. L’olivicoltura era molto diffusa al tempo di Omero; l’Iliade e l’Odissea narrano spesso dell’Olivo e del suo Olio. A Roma l’Olivo era dedicato a Minerva e a Giove. I Romani, pur nella loro praticità di considerare l’Olio d’Oliva come merce da esigere dai vinti, da commerciare, da consumare, mutuarono dai Greci alcuni aspetti simbolici dell’olivo. Onoravano i Cittadini illustri con corone di fronde di Olivo; così pure gli sposi il giorno delle nozze e della loro prima notte nunziale; ed infine i morti venivano inghirlandati per significare di essere dei vincitori nelle lotte della vita umana. Nell’area islamica molte leggende fanno riferimento all’Olivo e al suo prodotto; tra le tante storie si vuole ricordare quella di Alì Babà ed i suoi 40 ladroni nascosti negli otri che dovevano contenere Olio di Oliva.
Il quadro allegato rappresenta Dispute de Minerve et de Neptune, (1748)-Louvre,Parigi- “… e Atena ottenne di governare sull’Attica, poiché aveva fatto a quella terra il dono migliore, quello dell’ulivo……”
Roma Pittrice- Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo
Al Museo di Roma -25/10/2024 – 23/03/2025-La mostra “Roma Pittrice”si focalizza sulle artiste donne che lavorarono a Roma a partire dal XVI secolo, con un percorso che giunge fino al 1800 e alle nuove modalità di progressivo accesso alla formazione che lentamente si impongono in accordo con il panorama europeo.
Al centro della mostra le tante artiste donne che dal XVI al XIX secolo hanno fatto di Roma il loro luogo di studio e di lavoro con una produzione ricca, variegata e di assoluto rilievo artistico, spesso relegate una sorta di silenzio storiografico.
I diversi linguaggi, generi e tecniche, sono evidenziate nel percorso di mostra da tappe e figure rappresentative.
Il progetto espositivo propone circa 130 opere, eseguite da cinquantasei diverse artiste, attive in città stabilmente o per periodi più o meno lunghi, partendo inizialmente dalle collezioni dei Musei Civici della Sovrintendenza Capitolina (di cui si espongono circa cinquanta opere provenienti dalla Galleria d’Arte Moderna, dal Museo Napoleonico, dalla Pinacoteca dei Musei Capitolini e, soprattutto, dallo stesso Museo di Roma), per poi collegarsi a quelle di molti altri musei e collezioni nazionali e internazionali, tra cui Accademia di San Luca (Roma), Accademia di Brera (Milano), Gallerie degli Uffizi (Firenze), Pilotta di Parma, Musei Reali di Torino, National Portrait Gallery (Londra) e il Museo Thorvaldsen (Copenaghen).
Di queste artiste si vogliono ricostruire vicende professionali e biografiche, spesso ignote a causa della mancanza di documentazione o perché le loro opere erano state attribuite ai lavori di maestri e familiari uomini. Maria Felice Tibaldi Subleyras, Angelika Kaufmann, Laura Piranesi, Marianna Candidi Dionigi, Louise Seidler ed Emma Gaggiotti, le cui opere erano per la maggior parte conservate nei depositi, e altre artiste attive in città, dalle notissime Lavinia Fontana, Artemisia Gentileschi e Giovanna Garzoni, a quelle meno conosciute come Giustiniana Guidotti, Ida Botti o Amalia De Angelis e molte altre, il cui catalogo si sta ricostruendo in questi ultimi decenni di ricerca.
Il percorso, cronologico e tematico, descrive il progressivo inserimento di queste pittrici nel mercato internazionale, e il faticoso conseguimento del pieno accesso alla formazione e alle più importanti istituzioni della città, quali l’Accademia di San Luca e l’Accademia dei Virtuosi al Pantheon.
In questo processo di affermazione, Roma si conferma quale luogo primario di apprendistato. La città non è unicamente intesa come luogo di pratica, formazione e mercato, ma diventa anche personificazione delle tante artiste che, per nascita o scelta, vi hanno lavorato, contribuendo al consolidarsi della sua fama di luogo cruciale per lo sviluppo delle carriere creative attraverso l’età moderna. Il titolo della mostra rimanda alla storiografia sei-settecentesca (a partire dalla Felsina pittrice di Malvasia dedicata a Bologna nel 1678), in un momento in cui le varie scuole pittoriche d’Italia cercano di rivendicare la loro autonomia rispetto all’egemonia fiorentina. Allo stesso modo le artiste, da sempre trascurate dagli studi, rivendicano in mostra la loro presenza nella Roma Capitale delle Arti tra XVI e XIX secolo.
PERCORSO della MOSTRA
Spetta all’enigmatica artista ritratta da Pietro Paolini nei primi decenni del XVII secolo accogliere il visitatore all’ingresso del percorso espositivo. Dall’identità sinora ignota, la giovane pittrice di nature morte guarda intensamente verso lo spettatore mostrando con orgoglio gli strumenti del mestiere.
La prima sala è dedicata alla bolognese Lavinia Fontana, di cui si alternano opere inedite o mai esposte prima, tra cui il primo autoritratto su rame. E, a seguire, occhi puntati su Artemisia Gentileschi, ripercorrendo con tre opere le tappe della sua brillante carriera: della seconda fase romana il dipinto Cleopatra, esemplato sulla statuaria classica, ma drammatico, sensuale, maturo nella resa della nudità; del decennio successivo L’Aurora, opera dall’iconografia inedita; infine, del periodo napoletano Giuditta e la serva con la testa di Oloferne, riproposizione con toni più tenebrosi di un dipinto del padre Orazio.
Importante è la presenza di Giustiniana Guidotti, con l’unica opera sinora nota, che si espone qui per la prima volta. Guidotti vi lascia la firma, strumento di cui le artiste disponevano per rendersi visibili al pubblico.
Sostando ancora nel Seicento una sala è interamente dedicata alla natura morta in cui eccellono Laura Bernasconi e Anna Stanchi. Prestito eccezionale dall’Accademia di San Luca un prezioso album con minuziose miniature di piante, frutti, fiori e animali dell’ascolana Giovanna Garzoni.
Si chiude la sezione dedicata ai secoli XVI e XVII con altre due sale, una riservata a un altro genere molto praticato dalle pittrici, il ritratto, tra cui di particolare interesse è l’unica opera oggi nota di Claudia Del Bufalo che raffigura la sorella Faustina nel suo abito nunziale. Segue un focus sulla grafica, la miniatura e un piccolo affondo sulla famosa architettrice Plautilla Bricci, con alcuni prospetti ottocenteschi del suo progetto più rappresentativo, la Villa del Vascello.
Attraverso cinque dipinti viene illustrato il percorso artistico di Angelika Kauffmann, pittrice internazionale che si stabilisce a Roma, dove la sua casa-atelier diventa un luogo di incontro per tanti intellettuali.
Ampio spazio, poi, all’incisora Laura Piranesi e altre pittrici che, con il loro operato, consolidano la presenza nelle accademie e il successo nel mercato dell’arte, tra cui Élisabeth Vigée, Caterina Cherubini e Maria Felice Tibaldi.
Il racconto attraverso il XIX secolo si snoda con i tanti volti di artiste, autoritratte o raffigurate da altri, ma anche cantanti, attrici, salonnière riprese in iconiche immagini che restituiscono la forza e la determinazione di tutte le donne che hanno contribuito ai tanti cambiamenti della società. Di Emma Gaggiotti si espone per la prima volta il Ritratto di famiglia, oltre alla Venere degli Uffizi e la Sacra Famiglia dei Vaticani, entrambe opere conservate nei depositi e appena restaurate. Mentre l’Autoritratto degli Uffizi ha trovato posto solo recentemente nelle sale degli autoritratti del museo (2023).
Il percorso di visita si conclude con le ultime tre sale, articolate per temi: soggetti religiosi e di storia, ritratto, e infine paesaggio e natura morta. Nella Roma del XIX secolo le artiste godono di maggiori libertà che in passato: rispetto ai secoli precedenti le donne, che si dedicano all’arte, crescono di numero e in molti casi si tratta di figure ancora del tutto da scoprire. Come, ad esempio, Erminia De Sanctis e Virginia Barlocci, di cui si conservano vari lavori nelle collezioni capitoline, ma che riemergono anche dal mercato antiquario e costituiscono un’assoluta novità espositiva.
Chiude infine la mostra una mappa, sia esposta che stampata in un agile depliant, per continuare la visita in città, con le indicazioni di tutte le opere di artiste esposte in luoghi pubblici e accessibili.
CICLO di INCONTRI
A corredo della mostra anche un ciclo di incontri aperti al pubblico dove verranno toccati altri ambiti disciplinari in cui la presenza delle donne è stata rilevante e ha lasciato il segno nel tempo. Saranno presenti ospiti internazionali, studiosi rinomati nel campo dei gender studies e non solo.
ACCESSIBILITÀ
Con la mostra “Roma Pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XVIII secolo” si rinnova l’impegno della Sovrintendenza Capitolina nel rendere accessibili le esposizioni temporanee. La mostra è infatti progettata per essere fruibile dal più ampio pubblico possibile: è prevista infatti la possibilità di ascolto di approfondimenti audio e di fruizione tattile di alcune opere in originale e in riproduzione. Sono inoltre in programma appuntamenti guidati accessibili a persone con disabilità visiva e uditiva.
Luisa Martignoni Bigioli – Story telling > PDF > AUDIO
Voci: Stefano Busoni, Alessandra Cicogna, Isabella Colucci, Laura Panarese, Geo Fiodor Passeo
Registrazioni ed editing audio: Gabriele Catanzaro, Technotown
Catalogo: Officina Libraria
Informazioni
Luogo
Museo di Roma
Orario
dal 25 ottobre 2024 al 23 marzo 2025
dal martedì alla domenica ore 10.00-19.00 Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
24 e 31 dicembre 10.00-14.00 Giorni di chiusura
Lunedì, 25 dicembre
CONSULTA SEMPRE LA PAGINA AVVISIprima di programmare la tua visita al museo.
A cura di
Ilaria Miarelli Mariani (direttrice della Direzione Musei Civici Sovrintendenza capitolina)
e Raffaella Morselli (Sapienza, Università di Roma)
Con la collaborazione di
Ilaria Arcangeli (Ph.D Università di Chieti Gabriele D’Annunzio).
Descrizione del libro di Carmen Laterza :Qui troverai storie di donne che hanno superato gli stereotipi del loro tempo, hanno vinto i pregiudizi di genere, hanno sfidato le aspettative della famiglia e della società. Donne più famose e meno famose, ma non per questo meno intrepide.
Con uno stile fluido e incalzante, in poche pagine per ogni personaggio, Carmen Laterza riesce a far emergere gli eventi salienti della vita di queste donne eccezionali, alternandoli a episodi apparentemente minori, che però dimostrano perché queste donne sono state speciali e perché ancora oggi costituiscono un modello da seguire per le donne moderne che vogliono sfidare il proprio destino e cambiare la propria vita.
Attenzione, però! Non si tratta di donne perfette. Le protagoniste di queste pagine sono donne vere, donne con pregi e difetti, donne a volte difficili, spesso solitarie e controcorrente. In fondo sono donne che hanno agito come avrebbe fatto un uomo al loro posto. E proprio per questo sono Donne Intrepide.
Donne Intrepide – Vol. 1 Regine & Imperatrici
Regine e imperatrici: donne che conquistano il potere, amministrano popoli, guidano eserciti, gestiscono imperi
Elisabetta I di Inghilterra
Livia Drusilla
Caterina II di Russia
Suiko
Maria Teresa d’Austria
Olimpiade
Elisabetta di Baviera
Hatshepsut
Isabella di Castiglia
Agrippina Minore
Cleopatra
Maria Stuarda
Wu Zetian
Elisabetta Farnese
Zenobia
Caterina de’ Medici
Galla Placidia
Maria Antonietta
Teodora di Bisanzio
Vittoria di Inghilterra
Scopri tutti i volumi della collana DONNE INTREPIDE: https://amzn.to/3FnTtaj
CARMEN LATERZA è nata e cresciuta a Pordenone, dove vive tuttora. Nota sui social con il nome di Libroza, ha lavorato a lungo come editor e ghostwriter. Ora si dedica esclusivamente ai propri libri e podcast, che pubblica in modo indipendente.
★ Per essere aggiornato in anteprima su nuovi libri in uscita, sconti ed eventi, iscriviti alla Newsletter di Libroza. Potrai subito scaricare gratis un libro di Carmen Laterza: https://libroza.com/newsletter
LIVIA DRUSILLA
Ambiziosa, intelligente, astuta ma anche spietata e perspicace, LIVIA DRUSILLA, la prima imperatrice di Roma, esercitò una libertà senza precedenti raggiungendo una posizione impensabile per le donne del suo tempo. Nata nel 58 a.C , dopo un matrimonio con il cugino dal quale ebbe Tiberio e Druso, nel 38 a.C si unì ad Ottaviano che per lei abbandonò la moglie Scribonia. Non accettò il ruolo classico delle donne del tempo, voleva avere un posto ben preciso a fianco del marito per il quale divenne indispensabile e anche quando, dopo un aborto, non potrà avere più figli, farà di tutto perché lui non l’abbandoni, perdonando anche le sue scappatelle e assecondandolo nell’adozione di uno stile di vita più parsimonioso. Onnipresente, non potendo emergere politicamente, Livia trovò uno spazio tutto suo, quello religioso, sostenendo il culto della dea Cibele e viaggiando in Oriente dove vennero costruiti templi in suo onore mentre nell’impero furono collocate ovunque statue che la riproducevano. Come una first lady, sapeva bene come muoversi, niente era lasciato al caso e tutto per uno scopo ben preciso: fare in modo che il marito nominasse l’unico figlio rimastole, Tiberio, suo successore. Ma in questa scalata verso il vero obiettivo doveva prima di tutto togliere di mezzo Giulia, figlia di Ottaviano e madre vedova di 5 figli designati eredi, ed obbligò Tiberio a separarsi dalla moglie per sposarla. L’unione fu un fallimento e il giovane si ritirò a Rodi. Quando Giulia fu incolpata di aver organizzato un attacco al padre, Ottaviano la salvò dalla condanna a morte esiliandola con l’accusa di adulterio e Livia lo appoggiò fermamente. L’imperatrice riuscì poi ad allontanare anche il piccolo Agrippa, ultimogenito di Giulia.
L’imperatore Ottaviano Augusto morì nel 14 d. C. e l’imperatrice, che gli fu accanto fino alla fine, ottenne che tutta la sua eredità passasse al figlio che divenne imperatore . Ma Tiberio non volle al suo fianco una madre tanto invadente e vietò al Senato di conferirle il titolo di “madre della patria”. Livia morì all’età di 86 anni e il suo corpo sepolto dopo 8 giorni. Il figlio, trasferitosi a Capri, tornò più tardi e impedì la sua deificazione che avverrà solo con il nipote Claudio, anche lui imperatore.
Da: C. Laterza C., Donne intrepide, regine e imperatrici, vol.1, Libroza, 2021
Dennison M., Livia, trad. di Musilli S., Lit Edizioni, 2013
Immagine: Statua di Livia Drusilla, I sec. d.C., da Paestum. Conservata al Museo Archeologico Nazionale di Madrid. Dal web.
Breve biografia di Antonio Nazzaro (Torino, Italia, 1963). Giornalista, poeta, traduttore, video artista e mediatore culturale. Fondatore e coordinatore del Centro Cultural Tina Modotti. È direttore di diverse collezioni di poesia italiana e latinoamericana per differenti case editrici. Ha pubblicato le sillogi: Amore migrante e l’ultima sigaretta (RiL Editores, Chile, Arcoiris, Italia, 2018), Corpi Fumanti (Uniediciones, Bogotá, 2019) e Diario amoroso senza date, Fotoromanzo poetico (Edizioni Carpa Koi, Italia, 2021), La dittatura dell’amore (Edizioni Delta 3, collezione Aeclanum, Italia, 2022). Un libro di racconti brevi: Odore a (Edizioni Arcoiris, Italia, 2014) e il libro di cronaca e poesia: Appunti dal Venezuela, 2017, Vivere nelle proteste (Edizioni Arcoiris, Italia, 2017). Suoi testi sono stati pubblicati in differenti lingue su riviste e antologie nazionali e internazionali.
adesso che non ho più il silenzio
ma un fischio senza fine
sento solo il silenzio degli altri
quello a fare solitudine
la lingua incagliata tra i denti
della parola non detta
quella di un mondo del lavoro
a negare la dignità senza dire
orfano di terra di madre
parlo con te acufene
un ascoltare te
che non ascolti me
*
sono una conchiglia di terra
muovo passi sul mattino alpino
alla finestra lo sguardo
fa il cielo mare piatto
sono una conchiglia
l’orecchio porta nella testa
l’eco degli oceani e dei mari
tutti quelli possibili dell’emigrante
l’acufene seduto sul lobo
canta mille lingue e terre
in un solo fischio
*
sento il canto delle sirene d’Ulisse
il richiamo dell’onda mediterranea
il frangersi della spuma degli oceani
il muoversi lento del lago
il vento a spazzare le strade d’Europa
il ciclone a scuotere le palme caraibiche
il turbinio delle foglie d’autunno
il pizzicare della cetra sull’incendio di Roma
il ritmo del charango sulla povertà dei barrios
il ballo del tango e delle balere di periferia
il suono dell’arte continuo
come Van Gogh lascio
l’orecchio sul comodino
a sentire lo scorrere del Rodano
a passare senza posa come un acufene
*
non mi perderò nella nebbia densa di Londra
trafitta dal canto perduto di Trafalgar
né in quella spessa dell’Eridano
a riecheggiare le urla della batracomiomachia
né in quella impigliata alle cime andine
attraversata dal fischiettare del Libertador
né in quella versata da Atena sulle coste d’Itaca
a nascondere lo sguardo d’Ulisse
né in quella dolce addormentata sulle Highlands
tessuta dagli elfi dell’acqua
il fedele acufene destriero dello stridio
dalle nebbie richiama alla terra
e non si può perdere il cammino
solo seguire l’infinito sibilo
*
ho un dio nella testa
sicuramente ortodosso
non scende mai dal pulpito
o dal minareto
la sua chiamata è costante
si è rubato il silenzio
confonde le parole sulla lingua
e gioca a girarmi intorno a farmi girare
è un demiurgo che non smette di battere
uno stakanovista dimenticato in miniera
sbatte come il vento le finestre
e si porta via i pensieri
anche quelli amorosi soffia via
lasciandomi in una solitudine piena
piena di lui ovviamente
e non è neanche bello
sembra un neon impazzito
che non smette di vibrare la luce
tutti mi dicono di non pensarci
ma lui non smette di pensarmi
acufene l’allarme che
un ladro non sa spegnere
Biblioteca DEA SABINA-
La rivista «Atelier»
http://www.atelierpoesia.it
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale(marzo, giugno, settembre, dicembre) e si occupa di letteratura contemporanea. Ha due redazioni: una che lavora per la rivista cartacea trimestrale e una che cura il sito Online e i suoi contenuti. Il nome (in origine “laboratorio dove si lavora il legno”) allude a un luogo di confronto e impegno operativo, aperto alla realtà. Si è distinta in questi anni, conquistandosi un posto preminente fra i periodici militanti, per il rigore critico e l’accurato scandaglio delle voci contemporanee. In particolare, si è resa levatrice di una generazione di poeti (si veda, per esempio, la pubblicazione dell’antologia L’Opera comune, la prima antologia dedicata ai poeti nati negli anni Settanta, cui hanno fatto seguito molte pubblicazioni analoghe). Si ricordano anche diversi numeri monografici: un Omaggio alla poesia contemporanea con i poeti italiani delle ultime generazioni (n. 10), gli atti di un convegno che ha radunato “la generazione dei nati negli anni Settanta” (La responsabilità della poesia, n. 24), un omaggio alla poesia europea con testi di poeti giovani e interventi di autori già affermati (Giovane poesia europea, n. 30), un’antologia di racconti di scrittori italiani emergenti (Racconti italiani, n. 38), un numero dedicato al tema “Poesia e conoscenza” (Che ne sanno i poeti?, n. 50).
Direttore responsabile: Giuliano Ladolfi Coordinatore delle redazioni: Luca Ariano
Redazione Online Direttori: Eleonora Rimolo, Giovanni Ibello Caporedattore: Carlo Ragliani Redazione: Mario Famularo, Michele Bordoni, Gerardo Masuccio, Paola Mancinelli, Matteo Pupillo, Antonio Fiori, Giulio Maffii, Giovanna Rosadini, Carlo Ragliani, Daniele Costantini, Francesca Coppola.
Redazione Cartaceo Direttore: Giovanna Rosadini Redazione: Mario Famularo, Giulio Greco, Alessio Zanichelli, Mattia Tarantino, Giuseppe Carracchia, Carlo Ragliani.
Contattaci
http://www.atelierpoesia.it
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale e si occupa di letteratura contemporanea.
direzioneatelierpoesiaonline@gmail.com
Per tutte le comunicazioni e proposte per Atelier Online, sia di pubblicazione di inediti che di recensioni vi preghiamo di scrivere al seguente indirizzo mail di direzione: eleonorarimolo@gmail.com
GHIANNIS RITSOS: POETA DELLA RESISTENZA E DELL’IMPEGNO SOCIALE
Poesie da:”Molto tardi nella notte”-
traduzione italiana di Nicola Crocetti, Crocetti, 2020. Selezione a cura di Dario Bertini.
Ghiannis Ritsos, Poeta greco (Monemvasìa 1909 – Atene 1990). La sua vita, segnata da lutti e da miserie, fu animata da un’incrollabile fede negli ideali marxisti, oltre che nelle virtù catartiche della poesia. La sofferta visione decadente caratterizza costantemente la sua poetica, articolandosi di volta in volta su temi quali la memoria, il fascino delle opere e delle cose, la rivoluzione etica e sociale.
Ghiannis Ritsos-dieci poesie
Da Molto tardi nella notte, traduzione italiana di Nicola Crocetti, Crocetti, 2020. Selezione a cura di Dario Bertini.
Insuccesso
Vecchi giornali gettati in cortile. Sempre le stesse cose.
Malversazioni, delitti, guerre. Che cosa leggere?
Cade la sera rugginosa. Luci gialle.
E quelli che un tempo avevano creduto nell’eterno sono invecchiati.
Dalla stanza vicina giunge il vapore del silenzio. Le lumache
salgono sul muro. Scarafaggi zampettano
nelle scatole quadrate di latta dei biscotti.
Si ode il rombo del vuoto. E una grossa mano deforme
tappa la bocca triste e gentile di quell’Uomo
che ancora una volta provava a dire: fiore.
Karlòvasi, 4.VII.87
Senza riscontro
Grandi camion stracarichi, coperti di tele cerate,
attraversano le strade tutta la notte. Il rumore delle acque
luride
si ode nelle fogne oscure, misteriose
sotto il sonno dei prigionieri. Non è venuto nessuno.
Invano aspettammo tanti anni. La strada punteggiata
di stazioni di servizio e alberelli stenti. Nel cortile della prigione
ciotole vuote di yogurt e certe piume di uccelli. La prima
stella
gridò: “Coraggio, Ghiorghis”, poi tacque. E Petros,
irriducibile sempre, disse: “In materia di musica
prendi esempio dalla diligenza delle piccole rondini”.
Karlòvasi, 5.VII.87
All’ospedale
Pomeriggio tranquillo. Una ciminiera, i tetti, la linea del
colle,
una nube minuscola. Con quanto amore
guardi dalla finestra aperta il cielo
come se gli dicessi addio. E anch’esso ti guarda. Davvero,
che cos’hai preso? che cos’hai donato? Non hai tempo di
calcolare.
La tua prima parola e l’ultima
l’hanno detta l’amore e la rivoluzione.
Tutto il tuo silenzio l’ha detto la poesia. Come si spetalano
in fretta
le rose. Perciò partirai anche tu
in compagnia della piccola orsa ritta
che tiene una grande rosa di plastica tra le zampe anteriori.
Karlòvasi, 5.VII.87
Elusione
Parlava. Parlava molto. Non tralasciava niente
senza che la sua voce lo soppesasse. Quante e quante notti
in bianco
ad ascoltare i treni, le navi o le stelle,
a calcolare la materia e il colore di un suono,
a dare nomi a ombre e nubi. Ora,
quest’uomo cordiale e loquace sta in silenzio,
forse perché sul fondo ha intravisto i fanali spenti, e si rifiuta
di articolare la parola unica ed estrema: “nero”.
Karlòvasi, 7.VII.87
Questo solo
È un uomo ostinato. A dispetto del tempo afferma:
“amore, poesia, luce”. Costruisce su un fiammifero
una città con case, alberi, statue, piazze,
con belle vetrine, con balconi, sedie, chitarre,
con abitanti veri e vigili gentili. I treni
arrivano in orario. L’ultimo scarica
tavolini di marmo per un locale in riva al mare
dove rematori sudati con belle ragazze
bevono limonate diacce guardando le navi.
Questo solo ho voluto dire, se non mi credono fa niente.
Karlòvasi, 7.VII.87
Ricerca vana
La bella donna dai capelli malinconici e i braccialetti nascosti
ora dorme nella stanza di sopra. Non conosce
i nostri vecchi sospetti (benché una volta confessati)
né il nostro attuale oblio. Io scenderò nel seminterrato,
accenderò una candela per cercare qualcosa
che mi avevano tenuto nascosto a lungo. Poi
salirò di sopra e cercherò di svegliare la donna,
quella dai capelli malinconici. Non spegnerò la candela.
Karlòvasi, 18.VII.87
Imbarazzo
Uno salì la scala ansimando. L’altro
uscì in corridoio indifferente. Il terzo
non sa come reggere questo fiore. Ha paura
che lo vedano, che gli chiedano spiegazioni. Perciò
se ne sta alla finestra col pretesto di ascoltare le cicale,
butta via il fiore di nascosto e si accende una sigaretta.
Così, nessuno può essermi d’impiccio.
Karlòvasi, 21.VII.87
Lentezza
Mezzanotte passata. Dove vuoi andare a quest’ora?
I bar del porto sono chiusi. I marinai
si sono tolti le divise bianche. Forse dormiranno. Alcune
chiatte,
pesanti come fossero gravide, cariche di legname,
navigano lente sull’acqua scura con i vetri rotti
della povera luna. L’una e mezzo, le due, le tre e un quarto.
Le ore si trascinano,
e l’odore del legno appena tagliato, umido,
non cancella l’enorme ombra che sta in agguato davanti
alla dogana,
là dove, appena ieri, bei giovani pescatori subacquei
sbattevano sugli scogli i robusti polpi
tra un liquido bianco denso come sperma.
Karlòvasi, 16.VIII.87
Si è fatta notte
La festa di stasera rimandata.
E non sapevamo affatto
cosa avrebbero pianto o festeggiato.
A un tratto le luci si accesero e si spensero.
Dalla finestra vedemmo i musicanti;
attraversarono il viale in silenzio
con in spalla
enormi strumenti di rame.
Rimani qui, dunque,
fuma la sigaretta
in questa grande quiete,
in questo miracolo-niente.
Le statue sordomute.
Anche le poesie sordomute. Si è fatta notte.
Atene, 1.I.88
Qualcosa resta
Dopo tanti bombardamenti a tappeto
rimase intatto soltanto un muro della grande chiesa
con l’alta finestra; intatta anche
la bella vetrata della finestra
con colori viola, arancioni, azzurri, rossi
e raffigurazioni di fiori, uccelli e santi.
Perciò confido ancora nella poesia.
Atene, 2.II.88
GHIANNIS RITSOS: POETA DELLA RESISTENZA E DELL’IMPEGNO SOCIALE
Oggi parliamo di uno dei più grandi poeti greci del ’900, impegnato anche politicamente e socialmente.
La sua vita – ricordiamo la sua nascita a Monemvasia nel Peloponneso il 1º maggio 1909 e la sua morte ad Atene nel 1990- ha attraversato tutte le guerre e i drammi del secolo scorso.
Ma non l’ha fatto certamente da “neutrale”: come ricorda la biografia della Treccani “entrato nelle file della sinistra dopo un’infanzia e una prima giovinezza segnate da gravi lutti familiari e dalla malattia, partecipò alla lotta di resistenza contro i nazisti e poi alla guerra civile, e subì le persecuzioni dei governi dittatoriali o reazionari succedutisi in Grecia tra il 1936 e il 1970”.
La Grecia dei colonnelli
In particolare vogliamo ricordare ai più giovani lettori il fatto che, nella Grecia “culla della democrazia”, il 21 aprile del 1967 un gruppo di ufficiali dell’esercito greco guidò un colpo di stato contro il governo greco democraticamente eletto. Nella notte, carri armati e soldati occuparono tutti i luoghi più importanti della capitale Atene, arrestarono il comandante in capo delle forze armate e tutti i più importanti politici del paese; poi costrinsero il re ad appoggiare il golpe e diedero iniziò a un regime brutale che sarebbe durato per gli otto anni successivi.
Il golpe fu organizzato da una serie di ufficiali di grado intermedio, anche contro le esitazioni dei comandanti in capo, che anzi furono arrestati nelle prime ore del golpe. Per questa ragione il colpo di stato fu soprannominato “dei colonnelli”, e la giunta militare venne ribattezzata “regime dei colonnelli” (“kathestós ton Syntagmatarchón”).
La resistenza “intellettuale”
Appena insediata, la giunta dichiarò decaduti gli articoli della Costituzione che proteggevano la libertà di espressione e quella personale. Tutti i partiti politici furono sciolti e migliaia di politici, attivisti e intellettuali di sinistra furono arrestati e centinaia furono torturati nelle carceri speciali della polizia militare. L’ideologia del regime era basata sul nazionalismo, su un duro anticomunismo e sull’idea che tutte le forze di sinistra, comprese le più moderate, fossero in realtà sostenitrici di una cospirazione comunista. Tra gli intellettuali arrestati, oltre a Ghiannis Ritsos, ricordiamo anche il compositore Mikis Theodorakis, autore di famose colonne sonore come quella del film Zorba il Greco e Z – L’orgia del potere, di Costa-Gavras, in cui viene raccontata la nascita del regime greco (Theodorakis, anche per pressioni internazionali, fu scarcerato e fuggì dalla Grecia, non ritornando fino al termine della dittatura).
La poesia di Ritsos
Per introdurre i lettori alla poesia di Ghiannis Ritsos utilizzeremo un suo libro – Pietre, Ripetizioni, Sbarre, Feltrinelli, 1978 -Edizione italiana tradotta e curata da Nicola Crocetti-.
Le poesie furono scritte negli anni ‘68/’69, durante il periodo del suo internamento. Faremo precedere la nostra proposta di lettura da una introduzione preparata, per una successiva ediziona italiana, da Nicola Crocetti, che non fu solo un suo traduttore ed editore, ma anche amico fraterno, tra i pochi cui riuscì di superare le “sbarre” per andarlo a trovare in prigionia.
L’introduzione di Crocetti
Le poesie di Pietre Ripetizioni Sbarre sono state composte tra il 1968 e il 1969, negli anni in cui Ghiannis Ritsos era confinato nei campi di concentramento sulle isole di Ghiaros e Leros, e poi soggetto a domicilio coatto a Karlòvasi, sull’isola di Samo. Nel suo consueto dialogo con il mito e con la storia, Ritsos racconta la memoria che resiste e che parla attraverso le pietre delle statue e delle colonne spezzate, anche quando gli eroi sono ormai “passati di moda”.
Nei gesti che si ripetono da sempre, incessantemente, gli echi del tempo che è stato diventano immagini di un presente fatto di sbarre, di ricerca della libertà vissuta come un’“immensa, estatica orfanezza”. Nella sua solitudine, destino di tutti gli eroi, il poeta conserva integra la sua dignità e la speranza nell’uomo, e afferma la sua fede nella rinascita e nel potere di redenzione della poesia.
Nel 1969 Ritsos riesce a eludere la censura e a inviare il manoscritto di Pietre Ripetizioni Sbarre a Parigi, dove la raccolta viene pubblicata due anni dopo da Gallimard. Nella prefazione, Louis Aragon definisce Ritsos “il più grande poeta vivente di questo tempo che è il nostro”.
Nicola Crocetti
Da “Pietre ripetizioni sbarre”
Dissoluzione
Forme mobili, dissolute; – l’inquietudine molteplice
e la fluidità insidiosa – udire il rumore dell’acqua tutt’intorno
imponderabile, profondo, incontrollabile; e tu stesso incontrollabile,
quasi libero.
Donne stupite giunsero poco dopo
assieme a certi vecchi, con brocche, pentole, bidoni,
attinsero acqua per le necessità domestiche. L’acqua prese forma.
Il fiume tacque come se si fosse svuotato. Faceva notte. Si chiusero le porte.
Solo una donna, senza brocca, rimase fuori, nel giardino,
diafana, liquida al chiar di luna, con un fiore nei capelli.
15 maggio 1968
A posteriori
Da come sono andate le cose, nessuno, secondo noi, ha colpa. Uno è partito
l’altro è stato ucciso; gli altri – ma è inutile rivangare adesso.
Le stagioni si alternano regolarmente. Fioriscono gli oleandri.
L’ombra fa il giro intorno all’albero. La brocca immobile,
rimasta sotto il sole, è asciutta; l’acqua è finita. Eppure
potevamo, dice, spostare più in qua o più in là la brocca
a seconda dell’ora e dell’ombra, intorno all’albero,
girando fino a trovare il ritmo, ballando, dimenticando
la brocca, l’acqua, la sete – senza avere più sete, ballando.
20 maggio 1968
Mezzanotte
Leggera, vestita di nero, – non s’udì affatto il suo passo.
Attraversò la galleria. Il semaforo spento. Mentre saliva
la scala di pietra le gridarono “Alt”. Il suo volto
vaporava bianchissimo nel buio. Sotto il grembiule
teneva nascosto il violino. “Chi va là?”- Non rispose.
Rimase immobile; le mani in alto; tenendo stretto
Il violino tra le ginocchia. Sorrideva.
15 giugno 1968
Notte
Alto eucalipto e ampia luna.
Una stella trasale nell’acqua.
Cielo bianco, argentato.
Pietre, pietre scorticate fino in cima.
Accanto, nel basso fondale, s’udì
il secondo, il terzo salto d’un pesce.
Immensa, estatica orfanezza – libertà.
21 ottobre 1968 Campo dei deportati politici di Partheni, isola di Leros
Rinascita
Da anni più nessuno si è occupato del giardino.
Eppure
quest’anno – maggio, giugno – è rifiorito da solo,
è divampato tutto fino all’inferriata – mille rose,
mille garofani, mille gerani, mille piselli odorosi –
viola, arancione, verde, rosso e giallo,
colori… tanto che la donna uscì
di nuovo
a dare l’acqua col suo vecchio annaffiatoio
di nuovo bella,
serena, con una convinzione indefinibile.
E il giardino
la nascose fino alle spalle, l’abbracciò,
la conquistò tutta;
la sollevò tra le sue braccia. E allora, a mezzogiorno
in punto, vedemmo
il giardino e la donna con l’annaffiatoio
ascendere al cielo
e mentre guardavamo in alto, alcune gocce
dell’annaffiatoio
ci caddero dolcemente sulle guance, sul mento,
sulle labbra.
Fonte –Blog di Antonio Vargiu
Di che colore è l’amore?
Il tuo corpo tagliato da una lama di luce – per metà carne, per metà ricordo.
Illuminazione obliqua, il grande letto intero, il tepore lontano, e la coperta rossa.
Chiudo la porta, chiudo le finestre. Vento con vento. Unione inespugnabile.
Con la bocca piena di un boccone di notte. Ahi, l’amore.
Ghiannis Ritsos, da AA.VV. Nuove poesie d’amore, Crocetti Editore, traduzione di Nicola Crocetti
La poesia qui sotto mi trasmette, ogni volta che la leggo, una dolcezza infinita
(forse più di tre bignè al cioccolato… che dici, sto esagerando?)
Le poesie che ho vissuto tacendo sul tuo corpo mi chiederanno la loro voce un giorno, quando te ne andrai. Ma io non avrò più voce per ridirle, allora. Perché tu eri solita camminare scalza per le stanze, e poi ti rannicchiavi sul letto, gomitolo di piume, seta e fiamma selvaggia. Incrociavi le mani sulle ginocchia, mettendo in mostra provocante i piedi rosa impolverati. Devi ricordarmi così – dicevi; ricordarmi così, coi piedi sporchi; coi capelli che mi coprono gli occhi – perché così ti vedo più profondamente. Dunque, come potrò più avere voce. La Poesia non ha mai camminato così sotto i bianchissimi meli in fiore di nessun Paradiso.
Ghiannis Ritsos, da Erotica, Crocetti, 2008, traduzione di Nicola Crocetti
Biografia di Ghiannis Ritsos
(in greco: Γιάννης Ρίτσος; Monemvasia, 1º maggio 1909 – Atene, 11 novembre 1990)
Ghiannis Ritsos, Poeta greco (Monemvasìa 1909 – Atene 1990). La sua vita, segnata da lutti e da miserie, fu animata da un’incrollabile fede negli ideali marxisti, oltre che nelle virtù catartiche della poesia. La sofferta visione decadente caratterizza costantemente la sua poetica, articolandosi di volta in volta su temi quali la memoria, il fascino delle opere e delle cose, la rivoluzione etica e sociale.
Vita
Entrato nelle file della sinistra dopo un’infanzia e una prima giovinezza segnate da gravi lutti familiari e dalla malattia, partecipò alla lotta di resistenza contro i nazisti e poi alla guerra civile, e subì le persecuzioni dei governi dittatoriali o reazionari succedutisi in Grecia tra il 1936 e il 1970.
Opere
Dopo le prime raccolte (Τρακτέρ “Trattore”, 1934; Πυραμίδες “Piramidi”, 1935), influenzate dal crepuscolarismo di K. Karyotakis, s’ispirò alla tradizione demotica nei decapentasillabi rimati di ῾Επιτάϕιος (“Epitaffio”, 1936), compianto di una madre per il figlio ucciso dalla polizia durante uno sciopero, cui seguì Τὸ τραγούδι τῆς ἀδελϕῆς μου (“La canzone di mia sorella”, 1937), di schietta intonazione elegiaca. Ma già nelle tre poesie pubblicate con lo pseudonimo di K. Eleftheríu sulla rivista Τὰ νέα γράμματα (“Lettere nuove”) nel 1936, si avverte il tentativo di aderire alla lirica pura, mentre un esito delle ricerche precedenti è rappresentato dalla raccolta Δοκιμασία (“Prova”, 1943), che incorse nella censura tedesca. Nel caso di ῾Αγρύπνια (“Veglia, 1954), pubblicata dopo l’esperienza della deportazione nelle isole dell’Egeo, è invece la fiducia nella vita che rinasce ad essere cantata. Le prove poetiche successive, numerosissime, inclinano talvolta all’enfasi e fanno posto a simbolismi non privi di fumosità: fra queste, anche la celebre Σονάτα τοῦ σεληνόϕωτος (“Sonata al chiaro di luna”, 1956), che inaugurò la serie dei monologhi drammatici nella quale figurano alcuni poemetti ispirati a personaggi mitici assunti a prototipo dell’umanità sofferente (Φιλοκτήτης “Filottete”, ῾Ορέστης “Oreste”, ῾Ελένη “Elena”, Χρυσόϑεμις “Crisotemi”, compresi, insieme con altri, nel vol. Τέταρτη διάσταση “Quarta dimensione”, 1985). Più persuasive, sul piano concettuale e stilistico, opere come ᾿Ανυπόταχτη πολιτεία (“Indomabile città”, 1958), Μαρτυρίες (“Testimonianze”, 1963 e 1966), Δεκαοχτὼ λιανοτράγουδα τῆς πικρῆς πατρίδας (“Diciotto canzonette della patria amara”, 1973), Χάρτινα (“Carta”, 1974), ῾Ιταλικὸ τρίπτυχο (“Trittico italiano”, 1982). Traduttore di poeti stranieri, studioso di Majakovskij, R. ha scritto anche opere drammatiche (Μιὰ γυναίκα πλάϊ στὴ ϑάλασσα “Una donna accanto al mare”, 1959), e si è cimentato con la prosa e con il romanzo (il ciclo Εἰκονοστάσιο ᾿Ανωνύμων ῾Αγίων “Iconostasi di Santi Anonimi”, 1982-86; ῎Οχι μονάχα γιὰ σένα “Non soltanto per te”, 1985). La sua opera poetica, riunita in Ποιήματα (“Poesie”, 10 voll., 1961-89), è stata tradotta in italiano e in altre lingue.
Trevignano Romano è uno dei tre borghi che sorgono sulle sponde del Lago di Bracciano (gli altri due sono per l’appunto Bracciano, che da il nome al lago, e Anguillara Sabazia). La particolarità si Trevignano, rispetto agli altri borghi che si sviluppano anche in altezza, è quella di avere un centro storico quasi interamente al livello del lago, molto comodo se si vuole unire una passeggiata tra i vicoli ad una sul lago senza dover ricorrere alla macchina e senza doversi inerpicare per salite infinite che, sopra tutto con un passeggino al seguito, non sono propriamente comode.Le foto sono state scattate :”Lungo il lago di Trevignano in un luminoso giorno della scorsa primavera ….”
Trevignano Romano
Antico borgo medievale sulle rive del lago di Bracciano-
Trevignano Romano ti aspetta con la sua Natura e la bellezza selvaggia dei sui dintorni, parti da qui per scoprire tutto-Alla scoperta di un borgo medievale sulle sponde del lago, tra cultura, religione e turismo… a Trevignano Romano
DOVE SI TROVA-a due passi dal lago e dalla Capitale
Il centro storico di Trevignano Romano è un piccolo borgo di epoca medievale ad appena 30 min da Roma. Il fascino di questo piccolo centro che si affaccia sul lago, al centro del moderno abitato, ti avvolgerà facendoti sentire in un ambiente familiare e sorprendente.
VIENI A CONOSCERE IL CENTRO STORICO DI TREVIGNANO ROMANO
Passeggia con noi tra i vicoli e ammira gli scorci sul lago
Vieni a conoscere con noi il centro storico, iniziamo da Piazza Vittorio Emanuele III. Nella piazza centrale del paese, catturerà la tua attenzione l’elegante palazzo comunale costruito in epoca rinascimentale, nella facciata trovi lo stemma comunale composto dalle tre vigne, simbolo di uno dei prodotti locali del nostro territorio, le bande araldiche rosse e bianche appartenenti alla famiglia Orsini, antica famiglia romana che possedeva questo territorio ed infine le onde di un lago azzurro sfumato simbolo univoco della nostra cittadina. Ora inizia la passeggiata varcando l’antica porta dell’orologio, porta principale del borgo sovrastata da un antico orologio del XVIII sec., ed entrerai in un mondo nuovo fatto di colori, profumi e sensazioni uniche. Passeggiando lungo la via principale Umberto I, scoprirai come la strada principale si intreccia con le numerose vie e viuzze che ricordano i luoghi simbolo di Trevignano Romano; ad esempio la prima via sulla sinistra prende il nome di Via del castello.
VIA DEL CASTELLO
Alla scoperta delle antiche strade del centro storico di Trevignano Romano
Percorrendo via del castello scoprirai scorci di vita quotidiana e piccoli balconi che guardano direttamente alla piazza principale offrendoti un panorama inedito. Continuando a salire lungo la tortuosa via arriverai appena dietro la chiesa dell’Assunta all’inizio del percorso per raggiungere le antiche rovine del castello, e tanto sarà lo stupore quando capirai di essere al centro della storia.
LUNGO LA VIA CENTRALE
Continua su Via Umberto I e scopri gli antichi mestieri
Continuando sulla via centrale del borgo, sarai meravigliato dai mille colori che arredano le piccole e strette viuzze che scendono verso il lago o salgono verso il monte. A pochi metri dalla porta dell’orologio, sul lato sinistro, incontrerai due botteghe storiche, la prima di uno scultore e la seconda di un rigattiere. Fuori dalla prima bottega il sig. Mariano sarà felice di illustrarti le suo opere di stile moderno ma che tanto ricordano la storia e le tradizioni del nostro paese. Subito dopo, dal sig. Sauro potrai imparare i mille segreti dei pianoforti e di alcuni strumenti antichi indispensabili nei tempi passati. Continua poi lungo la via centrale per raggiungere una piccola piazzetta da cui puoi raggiungere la Chiesa dell’Assunta.
Scopri gli illustri personaggi di Trevignano
Continuando lungo via Umberto I, scoprirai che il tempo in questo piccolo borgo si è fermato all’epoca medievale, dove i portoni d’entrata delle case venivano costruiti rialzati per evitare che la polvere, il fango e la pioggia entrassero nelle case e anche per evitare che le ruote dei carri potessero provocare spiacevoli incidenti; mentre le botteghe avevano l’entrata direttamente a terra per poter meglio ospitare le derrate alimentari e il pescato.
Tommaso Silvestri, il primo educatore italiano dei sordumuti
Continua fino a piazza Tommaso Silvestri.
Proprio in questa piazzetta devi immaginare il nostro illustre compaesano, l’abate Tommaso Silvestri, mentre accoglieva le suppliche dei fedeli che bisognosi di aiuto potevano contare su di lui. Tommaso Silvestri è stato il primo educatore italiano dei sordomuti nato e morto nei palazzi del centro storico di Trevignano. Tommaso Silvestri, abate del nostro piccolo borgo, nacque a Trevignano agli inizi del 1700, ultimo di sette figli fin da bambino sentì la vocazione per la fede. Dopo un apprendistato tra Roma e la provincia, aiutato da un suo amico francese si trasferisce a Parigi per studiare il metodo fonetico, nuovo metodo per aiutare i sordomuti ad interagire con il mondo. Una volta imparato il metodo, tornò a Roma dove proprio il Papa Pio VI gli chiese di aprire una scuola per sordomuti, scuola che ancora oggi esiste. Intorno al 1789, affetto da una grave malattia, tornò a Trevignano per passare gli ultimi mesi della sua vita. Dalla piazzetta scendendo verso il vicolo con l’arco di Truman potrai uscire di fianco al palazzo dove per anni ha vissuto la famiglia di Tommaso Silvestri e dove l’abate ha vissuto gli ultimi giorni della sua vita.
Il nostro borgo, luogo amato dagli stranieri
L’arco di Truman…ma chi è Truman? Truman era un signore americano che negli ultimi anni della sua vita decise di vivere a Trevignano divenendo famoso per i tanti aneddoti che gli piaceva raccontare. Scomparso a 109 anni, il suo spirito continua ad aleggiare nel piccolo borgo, come dimostra la sua sedia rimasta lì dove l’ha lasciata, accanto alla finestrella della bottega dove poteva godere del fresco dell’aria gelida che dagli antichi cunicoli medievali del castello arriva fino in strada…metti la mano nella finestra attraverso la grata, e in alcuni giorni potrai goderne anche tu!
Tanti sono gli abitanti stranieri che amano vivere nel piccolo centro storico, tanti da creare una piccola comunità! Ad esempio proseguendo poco più avanti sulla destra troverai lo studio di un noto pittore francese che compone ed espone opere in tutto il mondo!
LA SALITA VERSO LA CHIESA
Dalla piazzetta centrale del borgo sali verso la chiesa e le rovine del castello
Dalla piazzetta al centro del borgo sali sulla sinistra su Via della parrocchia e potrai arrivare al cortile della chiesa dell’Assunta e all’inizio del percorso per andare sulla Rocca di Trevignano.
La chiesa si staglia davanti a te imponente e maestosa. Al centro della facciata è la porta d’entrata che permette di immergersi in un mondo nuovo, spirituale. La chiesa venne eretta agli inizi del 1500 su un preesistente edificio. Venne eretta a seguito della battaglia di Papa Alessandro VI Borgia che decise di conquistare i territori degli Orsini. Trevignano e la sua popolazione cercarono di contrastare l’imponente esercito ma purtroppo il borgo venne completamente distrutto e il castello messo a ferro e fuoco. Quando gli Orsini tornarono in possesso dei territori decisero di omaggiare la fedele comunità con la costruzione della chiesa.
Entrando dal piccolo portone ti troverai in un ambiente semplice, aulico e la tua attenzione verrà rapita dal grande affresco dell’abside.
RAFFAELLO A TREVIGNANO
L’arte del maestro dalla mano dell’allievo
Di grandi dimensioni, l’affresco venne dipinto da un allievo di Raffaello…Pellegrino da Modena.
Ti colpirà subito l’immagine crudele di un personaggio con le mani tagliate vicino alla vergine. La storia rappresentata è l’antica leggenda aurea che ricorda come due sacerdoti ebrei cercarono di prendere il corpo della Vergine, ma vennero fermati da un angelo che gli tagliò le mani. In alto è dipinta l’incoronazione della Vergine mentre sui lati due profeti tramandano l’accaduto. Interessante è il disegno dell’antico castello dipinto sul lato sinistro appena sopra l’ebreo in fuga.
Le altre opere
Nelle cappelle di sinistra ti segnalo un affresco appena restaurato che rappresenta la Vergine col bambino e donatore accompagnato da due santi. Il donatore potrebbe essere un esponente della famiglia Orsini.
Nella cappella successiva un trittico bizantino forse proveniente da Roma e rappresentante il Cristo in trono con la vergine e San Giovanni Battista. il trittico è composto da tre tavole decorate finemante con colori pregiati su sfondo dorato.
il alto allentrata è l’organo del 1700 da poco restaurato, mentre vicino al portone d’uscita puo nammirare un tabernacolo marmoreo di epoca rinascimentale con al centro la figura di cristo trionfante. nel lato opposto del poertone è, invece, il quadro della Vergine che viene portato in processione il 15 di Agosto, festività molto sentita in paese.
UN PANORAMA MOZZAFIATO
Saliamo sulla Rocca di Trevignano Romano
Uscendo dalla chiesa, alla fine della piazzetta, appena a sinistra segui il percorso che sale verso la rocca. La lunga e comoda passeggiata vi farà raggiungere in pochi minuti le rovine del castello. salendo lungo il percorso ammirate lo splendido panorama che il lago ti offre, sembrerà come poter volare sulle acque cristalline del lago. Ad ogni gradino potrai apprezzare il lago con colori diversi, ottimi per i vostri selfie.
Arriavndo nel castello sarai sorpreso ed emozianato sapendo che in quelle stesse stanze un tempo vivevano i nostri avi.
Rra uno scorcio e laltro potrai scendere seguendo il medesimo percorso dell’andata.
Non ti resta che venire a trovarci, Ti Aspettiamo!!!
Marion Poschmann- Cinque poesie in anteprima da “Nimbus”-
a cura di Paola Del Zoppo- Del Vecchio Editore-Bracciano (Roma)
La Del Vecchio Editoreè stata fondata nel 2007. Nei primi anni si è fatta apprezzare per la scelta di testi di poesia dei maggiori scrittori inglesi. Una più profonda esplorazione della poesia contemporanea è arrivata invece nel 2013, con il prestigioso premio Catullo. Oggi Del Vecchio Editore è una casa editrice indipendente di progetto, che fa ricerca e pubblica letteratura in tre collane: formelunghe, formebrevi, poesia.
“Tante forme ha il mostruoso,
e niente è più mostruoso dell’uomo.”
Sofocle, Antigone
E TENEVO LA NEVE NELLE MANI CALDE
Appena ieri indugiavo tra montagne coperte
di neve. Ora sono spianate, sciolte, pulite
proprio come si sbrina un frigorifero. Ho visto
l’acqua scorrere, ho visto il ghiaccio
staccarsi dalle pareti, cadere tutto
a valle e farsi liquido, farsi valle
e farsi nulla.
Appena ieri adoravo le montagne.
Ho comprato cartoline, da spedire a me stessa,
a casa, per ricordo della distruzione
che compivo, col mio sguardo scaldavo
la Groenlandia scioglievo
i ghiacciai, proprio mentre li scorrevo
con la mente. Il desiderio non è
qualcosa di impossibile, si dice, e se si vuole
si può – rendere l’aria sottile ancora adatta,
obbligare il mostruoso a farsi ancora
più mostruoso, più leggero, come se
dormissimo nella nostra poltrona
immersi nel sogno di un lungo volo.
USANZE KURGAN
Minusinsk, si chiamava, osservazioni sottozero,
in Russia, in fondo la luce di
animali ghiacciati che illumina
da dentro le caverne,
panzer scintillanti intorno a
palle di pelo di cavallo, boli di pelo, materassi
di paglia che emergono dai ricordi,
si scongelano, feticci dei gradi sottozero
nelle tombe, le coppe dei crani
risvegliate a nuova vita
e pelli marcite
in un accappatoio di ghiaccio.
Cosa permane: la luce di animali
Dorati, cervidi, arrotolati, con la testa
schiacciata tra gli zoccoli che
gira all’infinito nell’incanto del sole di Siberia.
NEVE RESIDUA
Ero l’energia oscura dei molti,
alla cui base c’è tutta la luce. Daimon
Berlino, un produttore di batterie,
di torce tascabili, buonsenso industriale.
Ma parliamo di petrolio. Quando il giorno chiaro
precipitò come al solito dalla sua pedana,
mi crebbe una pelliccia di tubi, ero il sole,
e i miei raggi arrivavano fino in Siberia.
Melanconia dell’informe, idolo,
che scorre nei tubi, gocciola in fondo
e lucida a specchio i pantani. La luccicante
intelligenza delle profondità serpeggia
e a ogni curva si inchina.
Cavalcare la tigre. Le sue strisce scivolano
sulla mia gamba come sangue mestruale.
E io avevo splendore, e rabbia.
FORMULE DEL PATHOS
Una porzione di bosco, ancora coperta del grigiore
socialista degli anni Settanta. Il flusso del traffico e
tutto il resto a debita distanza. Campi
bui. Pini che bruciano. Fumo fino a Berlino.
Questa collezione di conifere non poteva
togliergliela nessuno. Abeti nell’ombra.
L’araucaria auracana. Il suo oro nero: tutto
perso nelle fiamme. Il bosco perse il suo posto
per aggirarlo. Pioggia di cenere. Il piano era
tornare nelle paludi di equiseto, ah, nel
carbonifero. I tronchi inceneriti, colli distesi
al cielo degli erbivori e fiamme battenti che
affondavano i loro denti in gole giovani. Anche
lui, il T-Rex, un minuscolo accendino tra gli
artigli dei dinosauri, e intorno a lui il bosco in
frantumi, la storia accartocciata, il più remoto tempo
fluisce e si fissa nel fumo. Questo gli sostituì il
sole alto che mancava. Seccare. Smaterializzare.
PORTALI DI NUBI
Non sul margine dei mari più remoti,
alla fine del mondo non volevo andare,
non lì dove le montagne di ghiaccio
sprofondano e attestano altra grandezza
voglio aspettare qui, sulla spiaggia
dell’esattezza, dove ogni singolo granello
è contato e pagato,
la sabbia su cui alloggiamo quando
proviamo a sentirci a casa
tutelati dall’indignazione del sole cocente,
sotto il cielo che trabocca, affianco
agli ombrelloni che svolazzano, chiusi da tempo.
Il rumore vicino è delle sfere,
impensabile, l’orlo di questo ambiente, da cui
da ogni nuvola precipitano le tempeste
e nell’abisso, nell’abisso scompaiono.
Com’è possibile che io mi tenga qui
a malapena al ciglio, a poco dalla caduta
nel cosmo, cosa mi tiene qui, mentre
so che presto saprò volare.
Ma di giorno mi ripiego come un verme
sull’asciugamano in spiaggia,
avvolta già in sudari in vita,
mescolata col rumore
forse del vento, o dell’acqua
un pianto nella sua forma più astratta,
quando l’umido porta il sale e le cose
si corrodono troppo in fretta.
Nel corridoio di teli ammucchiati,
tra spugne e accappatoi
scivolo con la rotazione terrestre
e mi chiedo
se mi sto muovendo
sull’orlo di questa spiaggia,
non più orientata rispetto ai giorni
della settimana, alla data, al mio nome,
mentre il frastuono del mare mi piomba contro
come se fossi io certezza.
E statica cammino sulla spiaggia
e sento lo scontro, lo scroscio,
il tuono delle onde,
si alzano a torre contro di me
e io ancora aspetto
la tua terribile vicinanza,
che arriva rotolando e si accavalla
e mi trascina con sé
oltre il conosciuto
verso l’interiore.
La Del Vecchio Editoreè stata fondata nel 2007. Nei primi anni si è fatta apprezzare per la scelta di testi di poesia dei maggiori scrittori inglesi. Una più profonda esplorazione della poesia contemporanea è arrivata invece nel 2013, con il prestigioso premio Catullo. Oggi Del Vecchio Editore è una casa editrice indipendente di progetto, che fa ricerca e pubblica letteratura in tre collane: formelunghe, formebrevi, poesia. La prima si concentra sul romanzo: i classici moderni, le grandi scritture contemporanee e nessuna preclusione geografica o ideologica. Alle formebrevi appartengono racconto, novella breve, short story e reportage, raccolte di pensieri e osservazioni, brevi saggi narrativi, ricordi, ritratti e miniature di paesaggio. La collana poesia propone in testo a fronte i maggiori poeti contemporanei internazionali. In una veste grafica di altissima qualità estetica il lettore può farsi un’idea del testo attraverso le parole chiave in quarta di copertina oppure scoprire la chiave di lettura della redazione attraverso le “istruzioni per l’uso”; trovare sempre in cover il nome del traduttore accanto a quello dell’autore e grazie alla sua “scatola nera” seguirne le scelte che lo hanno guidato. Libri di grande significato, senza limitazioni cronologiche o geografiche, ma con una decisa attenzione al Novecento e alla contemporaneità.
Contact Us: info@delvecchioeditore.it
Order Management: ilaria.troncacci@delvecchioeditore.it
ROMA Municipio XIII-La VILLA ROMANA delle COLONNACCE
– Fotoreportage di Franco Leggeri
Roma- Municipio XIII-Castel di Guido- Fotoreportage di Franco Leggeri –I visitatori che in questi giorni , a seguito delle varie manifestazioni organizzate dalla LIPU, sono stati ospiti del GAR a Villa Romana delle Colonnacce e qui guidati dal mitico Archeologo Luca nel tour tra gli scavi archeologici. Durante la visita alla Villa Romana molti ospiti sono stati incuriositi dalla presenza di alcuni alberi , muniti di cartello con la relativa descrizione di Plinio, che si trovano nell’angolo in fondo all’area archeologica sono alcuni esemplari di : CIPRESSO,LECCIO,FRASSINO e NOCCIOLO.
Questi alberi sono qui a testimoniare che, tra fine dell’età repubblicana e primi decenni dell’epoca imperiale, come si può anche leggere nelle Opere di Plinio il Vecchio, Plinio il Giovane, Catone e Columella , il giardinaggio non è più considerato una occupazione produttiva, ma anche attività svolta per piacere e diletto. Celebre il brano di Plinio il Vecchio: “I decoratori di giardini distinguono, nell’ambito del mirto coltivato, quello tarantino a foglia piccola, il nostrano a foglia larga, l’esastico a fogliame densissimo, con le foglie disposte a file di sei” ed ancora: “Esistono anche dei platani nani, che sono costretti artificialmente a rimanere di piccola altezza”.
ROMA – Municipio XIII-Castel Di Guido – Villa Romana delle Colonnacce
Fotoreportage di Franco Leggeri -Anno 2005-
Castel di Guido- La Villa Romana è del II-III secolo d.C. è sita su di un pianoro all’interno dell’Azienda agricola comunale.La Villa ha strutture di epoca repubblicana che sono le più antiche e di epoca imperiale. La villa ha una zona produttiva di e la parte residenziale di epoca imperiale. La parte produttiva comprende l’aia o cortile coperto: il grande ambiente conserva le basi di tre sostegni per il tetto, mentre è stato asportato il pavimento, al centro si trova un pozzo circolare. Vi è una cisterna per la conservazione dell’acqua meteorica, all’interno della cisterna si trovano le basi dei pilastri che sorreggevano il soffitto a volta. A giudicare dallo spessore dei muri e dei contrafforti si può desumere che avesse un altezza di circa 5 metri. Nell’ambiente di lavoro si trovano un pozzo e la relativa condotta sotterranea. Torcular : sono due ambienti che ospitavano un impianto per la lavorazione del vino e dell’olio. Vi era un torchio collegato alle vasche di raccolta, mentre in un ambiente più basso vi era l’alloggiamento dei contrappesi del torchio medesimo ed una cucina con contenitori in terracotta di grandi dimensioni (dolii). La parte residenziale ha un atrio, cuore più antico dell’abitazione romana, in cui si conservava l’altare dei Lari, divinità protettrici della casa. Al centro vi è una vasca ( compluvio) in marmo in cui si raccoglieva l’acqua piovana che cadeva da un foro rettangolare sito nel tetto (impluvio). Sale da pranzo, forse triclinari , ampie e dotate di ricchi pavimenti e di belle decorazioni affrescate sulle pareti. Cubicoli, stanze da letto . Vi erano dei corridoi che consentivano il transito della servitù alle spalle delle grandi sale da pranzo senza disturbare i commensali o il riposo dei proprietari. Il Peristilio o giardino porticato: era l’ambiente più amato della casa, di solito con giardino centrale ed una fontana. Dodici colonne sostenevano il tetto del porticato, che spioveva verso la zona centrale. I volontari del GAR –Zona Aurelio , scavano con perizia e recuperano frammenti, “i cocci”, li puliscono,catalogano e , quindi, li trasportano nella sede di via Baldo degli Ubaldi dove vengono restaurati e conservati . Nel 1976 la Soprintendenza Archeologica di Roma recuperò preziosi mosaici e pregevoli pitture che sono ora esposti al pubblico nella sede del museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo. Se la Villa è visitabile e ben conservata lo si deve all’ottimo lavoro dell’Archeologo Dott.ssa Daniela Rossi che la si può definire “Ambasciatore e protettrice del Borgo romano di Lorium “. Ricordiamo il recente, superbo, lavoro della Dott.ssa Daniela Rossi nel quartiere Massimina sulla via Aurelia. La descrizione della Villa delle Colonnacce sono tratte da un saggio-lezione che la Dott.ssa Daniela.Rossi ha tenuto nella sala grande del Castello nel borgo di Castel di Guido il 18/04/09 .
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.