La Poesia di MEIRA DELMAR a cura di Martha Canfield e Giulia Spagnesi-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
La Poesia di MEIRA DELMAR
a cura di Martha Canfield e Giulia Spagnesi
Traduzione dallo spagnolo di Giulia Spagnesi
FONTE-Rivista- FILI DI AQUILONE-
Meira Delmar –Olga Isabel Chams Eljach (Barranquilla, 21 agosto 1922 – Barranquilla, 18 marzo 2009), poetessa colombiana di origini libanesi, sin dal 1937 usò lo pseudonimo Meira Delmar. Professoressa di Storia dell’Arte e Letteratura, diresse per molti anni la Biblioteca Pubblica dell’Atlantico. Le sue poesie sono caratterizzate da una sensualità di fondo.
VERDE MARE
1
Dal tanto amarti, mare,
il mio cuore è divenuto
marinaio.
E mi inizia a cantare
sui pennoni d’oro
della luna, nel vento.
Qui la voce, il canto,
il cuore lontano
dove risuonano i tuoi passi
lungo le rive del porto.
Dal tanto amarti, mare,
la tua assenza mi fa soffrire
fin quasi a farmi piangere.
2
Mare!
Ed è come se, all’improvviso,
fosse tutto chiaro.
Angeli nudi. angeli
di brezza e luce. Il canto
dell’acqua che danza
sarabanda di cristallo
Isole, onde, conchiglie.
Bianco grido di sale…
E il cuore, battito
dopo battito, dice Mare!
ELEGIA DI LEYLA KHALED
Ti devastarono l’infanzia, Leyla Khaled.
Come una spiga
o lo stelo di un fiore,
ti infransero
gli anni dello stupore e della tenerezza
e distrussero la porta della tua casa
perché entrasse il vento dell’esilio.
E prendesti a vagare
la patria sulle spalle
la patria divenuta ricordo
di un luogo cancellato dalle mappe
e faceva male ogni ora di più
e diventava più triste del silenzio
e gridava più forte nel castigo.
E un giorno, Leyla Khaled, notte pura,
notte ferita di stelle, ti sei trovata
i campi, i paesi, i sentieri
tatuati sulla pelle del ricordo
muovendosi nel tuo sangue rosso e vivo
riempiendoti gli occhi della loro sete
le mani e le spalle di fucili,
di fiera ribellione le insonnie.
E iniziarono a chiamarti con nomi
amari di ignominia,
ti lanciarono urla come spine
dai quattro punti cardinali,
e marcarono il tuo passo con il ferro
dell’obbrobrio.
Tu, sorda e cieca, in mezzo
agli avidi artigli nemici,
ardevi nel tuo fuoco, camminavi
di frontiera in frontiera,
difendendo il tuo petto dall’odio
con l’incerta certezza del ritorno
alla terra luttuosa di cui fosti
da mille mani straniere derubata.
Ti videro i deserti, le città,
la fretta dei treni, febbricitante,
assorta nel tuo destino guerrigliero,
negandoti l’amore e i singhiozzi,
perdendoti alla fine tra le ombre.
Non si sa, non so, quale è stata la tua direzione,
se giaci sotto la polvere, se procedi
per le valli del mare, profonda e sola,
o ti muovi ancora con il passo
felino dell’animale inseguito.
Nessuno sa. Non so. Ma ti alzi
di scatto nella nebbia dell’insonnia,
iraconda e terribile Leyla Khaled,
pecora in lupa trasformata, rosa
dal dolce tatto in morte trasformata.
IMMIGRANTI
Una terra con cedri, con olivi,
una dolce regione di fresche vigne,
lasciarono vicino al mare, abbandonarono
per il fuoco d’America.
Conservavano tra le labbra
il sapore della resina,
e il fumo profumato del narguileh
negli occhi,
mentre la nave si perdeva tra le onde
lasciandosi dietro le pietre di Beritos,
la valle gioiosa ai piedi delle colline,
e i banchetti del vino attorno alla tavola
preparata nell’estate
sotto il cielo pieno di gemme.
Il mare cambiò nome
una volta, un’altra e un’altra ancora
fino ad arrivare alla scottante riva
dove veloci raffiche
di uccelli dipingevano
di colori e musica improvvisa
l’istante,
e il fragore dei fiumi imitava il ruggito
del giaguaro e del puma
nascosti nella selva.
Su rive e su montagne costruirono case
come in passato la tenda nelle verdi oasi
l’antico avo, e le vecchie parole
iniziarono a scambiare
con le parole nuove
per chiamare le cose,
e seppero condividere il cuore con grandezza
come prima l’otre d’acqua nella sete del deserto.
A volte quando suona il liuto della memoria
e la prima stella
brilla nella sera
ricordano il giorno
in cui il bled scomparve lentamente
dietro l’orizzonte.
CEDRI
I miei occhi di bambina videro
– già molti anni addietro – elevarsi
fino alle nuvole un volo
di verde progressivo
che l’aria intorno
riempiva di balsamo
con tranquilla insistenza.
Il silenzio si percepiva come una
musica interrotta all’improvviso,
e nel mio petto cresceva
lo stupore.
La voce del padre, allora,
si piegò al mio orecchio
per dirmi, sottovoce:
“Sono i cedri del Libano
figlia mia.
Da mille anni, forse
da due volte mille, essi crescono
ai piedi di Dio.
Conserva la loro immagine
nella mente e nel sangue.
Non dimenticare mai
che hai osservato da vicino
la Bellezza”.
E da quel momento
così lontano,
qualcosa in me si rinnova
e trema
quando incontro nelle pagine
di un libro
la loro memorabile immagine.
IL MIRACOLO
Ti penso.
La sera,
non è più una sera;
è il ricordo
di quell’altra, azzurra,
in cui amore
si fece in noi
come un giorno
si fece luce nelle tenebre.
E proprio allora fu più brillante
la stella, il profumo
del gelsomino più vicino,
meno
pungenti le spine.
Adesso
quando la invoco credo
di essere stata testimone
di un miracolo.
Traduzione dallo spagnolo di Giulia Spagnesi
FONTE-Rivista- FILI DI AQUILONE-
Meira Delmar –Olga Isabel Chams Eljach (Barranquilla, 21 agosto 1922 – Barranquilla, 18 marzo 2009), poetessa colombiana di origini libanesi, sin dal 1937 usò lo pseudonimo Meira Delmar. Professoressa di Storia dell’Arte e Letteratura, diresse per molti anni la Biblioteca Pubblica dell’Atlantico. Le sue poesie sono caratterizzate da una sensualità di fondo.
Biografia di Meira Delmar Figlia degli immigrati libanesi Julián E. Chams e Isabel Eljach , iniziò a scrivere poesie all’età di 11 anni. Tra i suoi primi scritti c’è To the Acacias in Bloom. Durante l’adolescenza nutrì una grande adorazione e ammirazione per le grandi poetesse del sud: Gabriela Mistral, Alfonsina Storni, Delmira Agustini e Juana de Ibarbourou
Ha completato gli studi liceali presso la Barranquilla School for Young Ladies e gli studi superiori presso la Scuola di Belle Arti del Centro Studi Dante Alighieri di Roma (Italia). Ha studiato musica al Conservatorio Pedro Biava dell’Università dell’Atlantico e storia dell’arte e letteratura al Centro Dante Alighieri di Roma. Successivamente è stata docente di queste materie presso l’Università dell’Atlantico.
Nel 1937 le sue prime poesie – You Believe Me to Be Made of Stone, Chain, Promise e The Gift of Rain – furono pubblicate nella sezione Poetesses of America della rivista cubana Vanidades. Quando inviò le sue poesie, decise di adottare lo pseudonimo Meira Delmar, principalmente per evitare che i suoi genitori e amici riconoscessero l’autrice dell’opera. Meira è una modificazione del nome Omaira, di origine araba; e Delmar nasce dal suo amore e dalla sua attrazione per il mare. Mesi dopo, il suo lavoro acquistò popolarità e i quotidiani e i media nazionali iniziarono a pubblicarlo.
Su richiesta e insistenza dei suoi amici, Ignacio Reyes Posada, Carlos Osío Noguera, Héctor Rojas Herazo e Alirio Bernal, pubblicò il suo primo libro, Alba de olvido, nel 1942. Il libro fu pubblicato da Editorial Mejoras, in una prima edizione di cinquanta copie[6]. Più di mezzo secolo dopo, la rivista Semana, nel numero 882 del 1999, la incluse in una selezione delle cento migliori opere colombiane del XX secolo; essendo l’unica donna ad apparire nella sezione poesia.
Mesi dopo, decise di inviare una lettera con le sue poesie e il suo primo libro a Juana de Ibarbourou, che all’epoca viveva a Montevideo, per chiederle un parere a riguardo. In seguito la poetessa avrebbe affermato che la bellissima lettera ricevuta in risposta fu il motivo che la spinse a continuare a scrivere.
Nel 1944 pubblicò la sua seconda raccolta di poesie, Site of Love. Due anni dopo, nel 1946, pubblicò il suo terzo libro, La verità del sogno.
Nel 1950 tenne il suo primo concerto pubblico presso la Biblioteca Nazionale della Colombia, nella capitale, su invito di Carlos López Narváez. In questa occasione la regia è di Eduardo Carranza. Un anno dopo pubblicò il suo terzo libro, sempre di poesie, Secret Island, in cui afferma di aver trovato la propria voce.[b]
Nel 1957 pubblicò nella città di Bogotà il libretto di poesie n. 26 nella raccolta Poeti di ieri e di oggi di Simón Latino. Qualche tempo dopo quest’opera sarebbe stata pubblicata a Buenos Aires.
Dal 1958 e per 36 anni fu direttrice della Biblioteca Pubblica Dipartimentale dell’Atlántico; che in suo onore venne chiamata Biblioteca pubblica dipartimentale Meira Delmar. Raggiunse tale incarico su invito di Néstor Madrid Malo, quando era governatore del Dipartimento dell’Atlantico, e lo ricoprì poi in seguito con i successivi ventisette governatori. Attualmente, in suo onore sono stati istituiti il Meira Delmar Women’s Documentation Center presso l’Università dell’Atlantico e la Meira Delmar Reading Room presso la Biblioteca Piloto del Caribe.
Il 18 marzo 2009, nella sua città natale, quando fu candidata al Premio Regina Sofia della corona spagnola, con alte probabilità di ottenere un riconoscimento che viene conferito solo agli autori in vita, iniziò il suo viaggio silenzioso e il suo passaggio attraverso la Terra non lascia nulla dietro di sé, il suo volto in pace, il suo cuore in guerra.