Gruppo FAI Sabina C’E’ DI NUOVO L’ACQUA ALLA CASCATA DEL POZZO DEL DIAVOLO
Gruppo FAI Sabina
Gruppo FAI Sabina
Michael Sardu:“Le donne non potevano correre la maratona perché “il loro corpo non è in grado di correrla”.
Kathrine Switzer non era d’accordo e, nel 1967, si iscrisse alla maratona di Boston senza rivelare il proprio genere, si presentò alla partenza, si mise il rossetto e iniziò a correre.
Provarono a fermarla: quel signore con la giacca in foto, uno degli organizzatori, le si gettò addosso violentemente per portarla via dalla gara, mentre il fidanzato insieme a un amico della maratoneta la aiutarono a liberarsi.
Tagliò il traguardo, confermò che aveva ragione lei e le cose iniziarono a cambiare. Proseguiamo la sua corsa.“
(Il razzismo non ci piace)
TOFFIA (Rieti)- Fotoreportage dell’Incendio della chiesa parrocchiale accadimento nella notte tra il 31 dicembre del 1981 e il 1 gennaio del 1982-
Toffia , 31 dicembre 1981 e 1 gennaio 1982 –Il report: ”nella notte tra il 31 dicembre del 1981 e il 1 gennaio del 1982 si verifico un incendio di notevoli proporzioni , a seguito del quale sono andati distrutti gran parte degli affreschi, la pala d’altare con una Visitazione di Vincenzo Manenti (1600-1674), il prezioso altare ligneo del 1600 “con sei colonne doriche” di quel Michelangelo da Toffia che aveva realizzato anche il coro dell’Abazia di Farfa, l’organo del seicento, gli stalli del coro, un antifonario del 1500 e molto altro ancora. La chiesa parrocchiale fu riaperta riaperta al culto nel novembre del 1995”.
Foto di proprietà del Sig. IGNAZIO LICATA ex-Presidente della Proloco di TOFFIA
Ricerca foto ed elaborazione dati e notizie a cura dell’Associazione DEA SABINA
Le curve
l’oscurità della notte
il silenzio che taglia le ore
Ci sono strade difficili
da percorrere
e brandelli di vita sospesi
Eppure
basterebbe un niente
un niente
anche solo un bacio.
Foto Paolo D’Angelo
Rinascerò
Ti ho aspettata
sotto la mia pioggia
cuore della tempesta
i miei occhi persi
nelle limpide gocce
sul verde del nostro prato
dove sono tornato
per cogliere
il fiore che i tuoi occhi fissarono
Ma non voglio morire di nuovo
di nuovo nella magia dei tuoi capelli biondi
Nella dolcezza del tuo sorriso
ma non so
non voglio miracoli di palingenesi
perché il mio cuore è vecchio
bianca civetta al limite del sogno.
Paolo Genovesi anni 80
Immagine di Maria Letizia mio il testo
Toffia 8 luglio 2020-E’ nata l’Associazione Culturale DEA SABINA. La nostra Associazione nasce come una “felice anomalia” all’interno del già ricco panorama culturale della nostra Sabina. Le esperienze culturali di noi Soci fondatori sono molto diverse, ma complementari e questo ci ha confermato ch’è possibile soddisfare le esigenze e aspettative di un pubblico , sempre più raffinato, interessato alla Poesia e all’ Arte senza trascurare il cinema e la fotografia. Dea Sabina sarà la casa e la voce di tutti gli Artisti che vorranno condividere i nostri obiettivi . Dea Sabina vuole essere un’infinità di combinazioni artistiche e Casa di tutte le Muse. Inizieremo la nostra storia con l’edizione del “Quaderno n°1” dei Poeti e Artisti sabini. Noi Soci fondatori siamo consapevoli che come ha scritto Kafka:” Da un certo punto in avanti non c’è più ritorno, è questo il punto da raggiungere”.
Soci Fondatori
Presidente –Franco Leggeri;
Vice-Presidente- Rosina Sbordoni;
Segretaria-Rosina Sbordoni;
Ass.Culturale DEA SABINA
Gruppo Facebook-Dea Sabina;
Pagina Facebook-Dea Sabina;
Ufficio Stampa Ass.Dea Sabina
e.mail-ass.cult.deasabina@gmail.com
GENOVA 16 aprile 2017- Si è spento all’età di 92 anni il giornalista Piero Ottone. È morto a Camogli, in casa, davanti al mare che tanto amava.
Pseudonimo di Pierleone Mignanego (Ottone era il cognome della madre), Ottone era nato a Genova nel 1924. Giornalista e scrittore, ha segnato la storia del giornalismo italiano. Inizia la sua carriera al Corriere Ligure, poi alla Gazzetta del popolo, dove, a soli 23 anni, diventa corrispondente da Londra e successivamente dalla Germania. Entra al Corriere della Sera negli anni Cinquanta, come corrispondente da Mosca e inviato speciale, con Mario Missiroli direttore. “Con Piero Ottone se ne va un grande giornalista, elegante, che amava il mare – spiega il direttore della Gazzetta di Mantova, Paolo Boldrini – Oltre ai vari incarichi, culminati con la direzione del Corriere della Sera, ebbe un ruolo di primo piano nella nascita e nello sviluppo dell’Editoriale Le Gazzette e delle Gazzette di Modena, Reggio e poi della Nuova Ferrara. Fu presidente della società nata nel 1981 dopo che la cooperativa Citem cedette la maggioranza delle quote alla Mondadori. Alle riunioni dei direttori che si svolgevano a Mantova Piero Ottone si confrontava con direttori come Rino Bulbarelli e Umberto Bonafini, Antonio Mascolo ed Enrico Pirondini. Al suo rapporto con Bulbarelli dedico’ un articolo nel 2014 per il nostro inserto sui 350 anni della Gazzetta di Mantova. Gli telefonai nella sua casa in Liguria e accetto’ volentieri di scrivere per noi. Rispettò al millimetro la misura indicata e non fu difficile trovare il titolo. Grazie maestro e buon vento”.
Di seguito riproponiamo l’articolo di Ottone pubblicato sulla Gazzetta il 28 giugno 2014 in occasione dei 350 anni del nostro quotidiano.
di PIERTO OTTONE
Questa vostra Gazzetta di Mantova ha, come vi stiamo dicendo con fierezza, trecentocinquanta anni d’età, e di fronte a una simile età il cuore di un giornalista si commuove. Specie in questi nostri tempi, che non sono proprio i migliori per la carta stampata (supereremo anche questa crisi, ne sono certo, quando avremo scoperto che giornali e web sono istituzioni profondamente diverse, non alternative ma diverse l’una dall’altra).
C’è qualche cosa di magico quando si pensa alle vicende di una testata così antica, nata quando i giornali, più di adesso, erano una vertebra della società. Ma mi affretto ad aggiungere che la Gazzetta di Mantova è nata due volte e io ho partecipato ai suoi secondi natali. Ora vi spiego com’ è andata.
Tutto accadeva alla fine degli anni Settanta. Mi ero dimesso dal Corriere della Sera, dove avevo trascorso gran parte della mia vita professionale, perché il mio angelo custode mi aveva gentilmente sfiorato la spalla con un dito e mi aveva mormorato: va’ via, cambia aria, poi capirai perché. Infatti io non lo sapevo (anche se potevo sospettarlo), ma l’angelo sì, sapeva tutto. Ricordate la P2, Gelli, Ortolani? Stavano prendendosi il mio Corriere, come tante altre cose, per smania di potere.
Nel frattempo Mario Formenton, genero di Arnoldo Mondadori e suo successore alla guida della grande casa editrice, chi sa, forse anche lui ispirato dall’angelo, mi aveva proposto di entrare nella famosa e onorata casa editrice, che pubblicava un certo numero di importanti settimanali e cominciava ad avere interesse per i quotidiani: un settore della carta stampata nel quale, da parte mia, avevo accumulato una certa esperienza. Io avevo accettato il suggerimento dell’angelo e l’invito di Mario, anche perché Formenton era un galantuomo, e un caro amico. E dal Corriere aveva dato le dimissioni (fine settembre 1977).
Intanto, per conto suo, un personaggio stava tramando, per tutt’altra ragione, ma a fin di bene. Parlo di Rino Bulbarelli, giornalista: una forza della natura. Mantovano di sangue, conosceva la città (e dintorni) come il palmo della mano e dirigeva l’antica Gazzetta con lo slancio di un ragazzo. Se dicessi che era un uomo di raffinata cultura direi una bugia: gli bastava sapere quel che deve sapere un buon giornalista di provincia. E non aspirava a niente di più. Ma la natura del giornalista in lui era nettamente sopra la media, era eccezionale, perché sapeva che cosa interessa la gente (non solo i lettori di fatto, quindi, ma anche i lettori potenziali) e scriveva i suoi articoli di fondo, questo sì, con una chiarezza e un’efficacia non eguagliata da tanti colleghi di grande cultura. La sua innata modestia, d’altra parte, lo proteggeva dai passi falsi. Insomma, era un giornalista nato. Ed era preoccupato per le sorti della testata a lui affidata, perché i giornali cominciavano ad avere vita grama. Non perdeva denaro perfino il Corrierone, che per tanti anni era stato fonte di ricchezza per la famiglia Crespi, sua proprietaria, e per infinite altre persone?
Ma per fortuna si profilavano all’orizzonte innovazioni tecniche, che semplificavano il processo di stampa. E Bulbarelli vide davanti a sé nuove possibilità, che avrebbero consentito di stampare varie Gazzette, con una parte unificata, quella nazionale, e con pagine locali, che avrebbero aumentato la diffusione. All’origine di ogni ventura editoriale si trova spesso qualche personaggio che ha fatto storia: Rino era uno di quelli. E lui non tardò a scorgere la possibilità di moltiplicare le Gazzette in più testate: con una parte unica, quella nazionale, e una parte locale, che avrebbe aumentato la diffusione in singole città. Non basta. Rino sapeva che la grande Mondadori ambiva ad avere i suoi quotidiani. Che fare, dunque? Lui chiese un appuntamento a Formenton, saltò in macchina, andò a Segrate, sobborgo di Milano, sede della Mondadori, e presentò a Mario Formenton il suo progetto. Risultato: tre Gazzette furono messe in cantiere, per servire Mantova, Modena, Reggio Emilia, pagine nazionali identiche, pagine locali fatte su misura. In rappresentanza della Mondadori, io fui della partita.
Gazzetta di Mantova, Gazzetta di Modena, di Reggio: non dimenticherò mai la serata famosa in cui le varammo, tutte insieme. Non era facile sincronizzare l’operazione dal punto di vista tecnico, forse eravamo stati troppo ambiziosi a voler fare tutto insieme, ma due delle tre uscirono felicemente, e la terza vide la luce il giorno dopo. E i tre quotidiani misero le radici nelle rispettive città, con la collaborazione di tre direttori, uno più bravo dell’altro. Uno dei tre, Bonafini, era anche un grande esperto di musica, nelle pause di lavoro parlavamo di Karajan, sotto la cui direzione, diceva lui, i Berliner Philharmoniker producevano suoni dolci e vellutati come seta… Mi dispiace profondamente che Rino, dopo una lunga malattia, sia mancato pochi giorni fa.
Una forza della natura, ho detto, e un caro amico. E mi offriva sempre, generosissimo, copiosi tortelli di zucca.
RIETI-15 febbraio 2017-Verrà aperta venerdì 17 febbraio alle ore 16 presso l’Archivio di Stato di Rieti la mostra “LA SABINA DI PAUL SCHEUERMEIER. Un pescatore di parole e immagini nella Sabina del primo dopoguerra. I documenti dell’Università di Berna.” Nel 1925 Paul Scheuermeier visitò alcuni centri della provincia di Rieti (Rieti, Amatrice e Leonessa) nel contesto della sua indagine per lo “Sprach – und Sachatlas Italiens und der Südschweiz”, il monumentale atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale , realizzato in base al progetto dei due grandi studiosi, Karl Jaberg e Jakob Jud . Egli effettuò numerosi rilevamenti etno-linguistici e fotografici oggi conservati presso l’Università di Berna insieme al suo diario di viaggio. Grazie alla collaborazione che abbiamo stabilito con l’università di Berna abbiamo riunito questi documenti per farne una mostra e un libro-catalogo edito dall’Archivio di Stato in collaborazione con l’Associazione Storica per la Sabina e l’Istituto Luce.
Dopo la Sabina di Schinkel, arriva ora la Sabina di Paul Scheuermeier – ha commentato il direttore dell’Archivio di Stato Roberto Lorenzetti – dentro un percorso attraverso il quale stiamo riportando in luce documenti storico-iconografici riguardanti il nostro territorio di gran pregio e conservati in varie parti del mondo. Come nel caso dei disegni del grande architetto tedesco
Friedrich Schinkel si tratta di immagini in massima parte inedite. Nel caso specifico riguardano il mondo contadino di alcuni lembi della nostra provincia nel primo dopoguerra. Per spiegare le immagini sono stati utilizzati gli stessi testi di Scheuermeier rintracciati presso l’Università di Berna in lingua tedesca con traduzione in italiano. Alla inaugurazione della mostra e alla presentazione del libro catalogo parteciperanno il prof. Renato Covino dell’università di Perugia e la dott.ssa Patrizia Cacciani dell’istituto Luce.
La mostra resterà aperta fino alla fine di aprile dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14,30 alle 18,30.
Informazioni-
Archivio di Stato di Rieti
Viale Canali, n.7
02100 Rieti
t.0746204297 – fax 0746481
Allegate alcune immagini della mostra
Il Giorno della Memoria si celebra nella maggior parte dei Paesi Europei il 27 gennaio, giorno in cui, nel 1945, furono abbattuti dai soldati russi dell’Armata Rossa, i cancelli del Lager di Auschwitz , il più grande dei Campi di sterminio creati dai nazisti per la “soluzione finale” del problema ebraico e nel quale furono barbaramente trucidati nelle camere a gas e poi bruciati nei forni crematori oltre 2.000.000 di persone, la maggior parte delle quali erano ebrei. Per questo motivo è anche chiamato La fabbrica della morte.
Il Giorno della Memoria è stato istituito in Italia con la Legge 20 luglio 2000 n. 211, approvata all’unanimità dal Parlamento.
Lo scopo della Legge è quello di ricordare non solo la Shoah ( lo sterminio del popolo ebraico europeo da parte dei nazisti) e la persecuzione dei cittadini italiani ebrei, dopo l’emanazione delle Leggi Razziali da parte del regime fascista nel 1938, e la loro deportazione dei Campi di sterminio, ma anche la deportazione in Germania, sia degli oppositori politici catturati durante l’occupazione nazista del nostro Paese, dal settembre 1943 all’aprile 1945, sia dei soldati italiani catturati sui vari fronti di guerra dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.
La Legge si propone inoltre di ricordare “coloro che , anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. Molte di queste persone sono state riconosciute come Giusti dal Governo di Israele ed a loro memoria è dedicato un albero nel Giardino dei Giusti.
La Legge prevede che in occasione del 27 gennaio di ogni anno siano organizzati su quanto è accaduto “cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione” (anche con protagonisti e testimoni di quelle tragiche vicende),” in modo particolare nelle scuole” di ogni ordine e grado, perchè i giovani sono il futuro del Paese, allo scopo di “conservare la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese ed in Europa, affinché simili eventi non possano mai più accadere”. Infatti, chi non conosce la storia è inevitabilmente destinato a ripeterla.
L’esigenza di conservare la memoria è molto sentita ai nostri giorni, dato che cresce l’indifferenza della popolazione, soprattutto delle nuove generazioni, a ricordare quei tragici fatti. Purtroppo, ci sono anche tentativi di revisionismo storico, tendenti a negare addirittura fatti ampiamente documentati, come appunto la deportazione nei Campi di sterminio, dove sono stati barbaramente trucidate oltre 6 milioni di persone.
Le Istituzioni nazionali e locali hanno un importante ruolo da svolgere nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica, soprattutto dei giovani. Al riguardo, è molto meritevole l’attività svolta da alcuni anni dal Comune di Roma che porta ad Auschwitz delegazioni di studenti di oltre 60 scuole superiori cittadine, accompagnati da ex deportati sopravvissuti allo sterminio, i quali hanno la funzione di fare di quegli studenti dei “nuovi testimoni” della barbarie nazista, raccontando ad essi la loro tragica vicenda proprio nel luogo in cui l’hanno vissuta e sofferta.
Nel 2005, l’ONU ha proclamato, con una Risoluzione, il 27 gennaio “Giornata dedicata alla commemorazione di tutte le vittime dell’Olocausto”, chiedendo a tutti i Paesi membri di adottare dei programmi educativi affinché quella immane barbarie non possa più ripetersi.
Quindi, le Istituzioni devono operare concretamente al fine di sensibilizzare soprattutto i giovani, che rappresentano il futuro del Paese, a ricordare le tragedie vissute da tutte le vittime del regime nazista, affinché essi si impegnino a creare una società senza pregiudizi di alcun tipo (né culturali, né religiosi, né politici, né sociali…), nella quale tutti gli individui siano effettivamente “uguali” e quindi non ci siano più persone da discriminare e da perseguitare perchè considerate “diverse” per il colore della pelle, per il credo religioso e per la condizione personale. Purtroppo, questo obiettivo è ancora lontano perché il pregiudizio verso i “diversi” quali gli immigrati extracomunitari, i Rom, gli omosessuali, i diversamente abili, è ancora presente, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Pertanto, si devono ricordare oltre alla Shoah (genocidio degli ebrei) , anche i “genocidi dimenticati”, attuati dai nazisti sui popoli considerati “razzialmente inferiori”, quali i Rom- Sinti, sulle persone ritenute “indegne di vivere”, come i malati di mente ed i diversamente abili, e sugli individui considerati elementi negativi per la Società, come gli omosessuali.
Il Giorno della Memoria però non deve diventare una mera celebrazione retorica ( come purtroppo è accaduto per la Festa della Liberazione del 25 aprile, in cui si ricorda la lotta partigiana per la libertà dall’occupazione nazifascista del Paese). Deve essere non solo un momento per ricordare soprattutto ai giovani quello che è stata la barbarie nazista, ma deve servire, soprattutto, ad evitare, attraverso un adeguato progetto educativo, che simili eventi accadano di nuovo. Ci auguriamo che le Istituzioni ad ogni livello si impegnino in questo scopo.