René De Ceccatty présente Alberto Moravia à travers ses livres
Paris -Jeudi 7 décembre, de 19h à 21h, la Mairie du 13e arrondissement de Paris vous convie à une soirée très italienne autour d’Alberto Moravia. A l’occasion de cette rencontre littéraire, Jacqueline Zana-Victor, chargée de projets culturels de la Mairie, recevra René De Ceccatty, traducteur du grand écrivain.
Alberto Moravia
Écrivain italien parmi les plus célèbres de l’après-guerre en Italie, auteur de nombreux best-sellers, beaucoup très bien adaptés au cinéma (Godard, Bertolucci, De Sica, Comencini…), Alberto Moravia (1907-1990) a régné sur son époque et a acquis à travers le monde une notoriété exceptionnelle, par ses fictions romanesques, son art de la nouvelle, son esprit d’observation de la société et de la politique mondiale, ses récits de voyage, sans oublier ses amours avec Elsa Morante. René De Ceccatty dressera un «portrait global» de Moravia, amoureux, novelliste et romancier à travers trois de ses livres sortis en avril dernier aux éditions Bouquins.
Que vous puissiez ou non assister à cette rencontre, nous tenions à vous signaler ces trois ouvrages :
LE CONFORMISTE (un ouvrage qui regroupe quatre de ses livres de sa période la plus glorieuse, la décennie 1947-1957: La Belle Romaine, La Désobéissance, Le Conformiste et La Ciociara)
QUAND TU REVIENDRAS, JE SERAI PRESQUE HEUREUX (Lettres à Elsa Morante). Inédite en France à ce jour, cette correspondance traduites et postfacées par René de Ceccatty nous plonge dans l’univers intime d’un couple mythique de la littérature italienne.
L’IMMORTEL (ensemble de textes fictifs et autobiographiques qui offre un excellent aperçu de l’œuvre et de l’univers du grand romancier.)
N’hésitez pas à cliquer sur les titres pour en savoir + sur le site de l’éditeur.
Giovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITT
Articolo dalla Rivista PEGASO diretta da Ugo Ojetti-N°1 del Gennaio 1932
Giovanni Pascolipittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITT
Giovanni Pascoli
Biografia di Giovanni Placido Agostino Pascoli nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855.All’età di dodici anni perde il padre, ucciso da una fucilata sparata da ignoti; la famiglia è costretta a lasciare la tenuta che il padre amministrava, perdendo quella condizione di benessere economico di cui godeva. Nell’arco dei sette anni successivi, Giovanni perderà la madre, una sorella e due fratelli. Prosegue gli studi prima a Firenze, poi a Bologna. Nella città emiliana aderisce alle idee socialiste: durante una delle sue attività di propaganda nel 1879 viene arrestato. Consegue la laurea in Lettere nel 1882.
Inizia a lavorare come professore: insegna greco e latino a Matera, Massa e Livorno; suo obiettivo è quello di riunire attorno a sè i membri della famiglia. In questo periodo pubblica le prime raccolte di poesie: “L’ultima passeggiata” (1886) e “Myricae” (1891). L’anno seguente vince la prima delle sue d’oro al concorso di poesia latina di Amsterdam; parteciperà varie volte negli anni, vincendo in totale 13 medaglie d’oro.
Dopo un breve soggiorno a Roma si trasferisce a Castelvecchio di Barga, piccolo comune toscano dove acquista una villetta e una vigna. Con lui vi è la sorella Maria – da lui affettuosamente chiamata Mariù – vera compagna della sua vita, considerato che Pascoli non si sposerà mai.
Ottiene un posto per insegnare all’università, prima a Bologna, poi a Messina e infine a Pisa. In questi anni pubblica tre saggi danteschi e varie antologie scolastiche.
La produzione poetica prosegue con i “Poemetti” (1897) e i “Canti di Castelvecchio” (1903). Convertitosi alle correnti nazionaliste, raccoglie i suoi discorsi sia politici, che poetici e scolastici nei “Miei pensieri di varia umanità” (1903).
Ottiene poi la prestigiosa cattedra di Letteratura italiana a Bologna, prendendo il posto lasciato da Giosuè Carducci.
Nel 1907 pubblica “Odi ed inni”, a cui seguono “Canzoni di re Enzo” e i “Poemi italici” (1908-1911).
La poesia di Pascoli è caratterizzata da una metrica formale fatta di endecasillabi, sonetti e terzine coordinati con grande semplicità. La forma è classica esternamente, maturazione del suo gusto per le letture scientifiche: a tali studi si ricollega il tema cosmico di Pascoli, ma anche la precisione del lessico in campo botanico e zoologico. Uno dei meriti di Pascoli è stato quello di rinnovare la poesia, toccando temi fino ad allora trascurati dai grandi poeti: con la sua prosa trasmette il piacere delle cose semplici, usando quella sensibilità infantile che ogni uomo porta dentro di se.
Pascoli era un personaggio malinconico, rassegnato alle sofferenze della vita e alle ingiustizie della società, convinto che quest’ultima fosse troppo forte per essere vinta. Nonostante ciò, seppe conservare un senso profondo di umanità e di fratellanza. Crollato l’ordine razionale del mondo, in cui aveva creduto il positivismo, il poeta, di fronte al dolore e al male che dominano sulla Terra, recupera il valore etico della sofferenza, che riscatta gli umili e gli infelici, capaci di perdonare i propri persecutori.
Nel 1912 la sua salute peggiora e deve lasciare l’insegnamento per curarsi. Trascorre i suoi ultimi giorni a Bologna, dove muore il 6 aprile.
Opere principali di Giovani Pascoli
1891 – Myricae (I edizione della fondamentale raccolta di versi)
1896 – Iugurtha (poemetto latino)
1897 – Il fanciullino (scritto pubblicato sulla rivista “Il Marzocco”)
1897 – Poemetti
1898 – Minerva oscura (studi danteschi)
1903
– Canti di Castelvecchio (dedicati alla madre)
– Myricae (edizione definitiva)
– Miei scritti di varia umanità
1904
– Primi poemetti
– Poemi conviviali
1906
– Odi e Inni
– Canti di Castelvecchio (edizione definitiva)
– Pensieri e discorsi
1909
– Nuovi poemetti
– Canzoni di re Enzio
– Poemi italici
1911-1912
– Poemi del Risorgimento
– Carmina
– La grande proletaria si è mossa
Biografia Antony De WITT
pittore Antony De WITT
Antony De witt, Nacque a Livorno il 22 febbraio 1876 da Vittorio Antoni e da Palmira De Witt, proprietari di un’agenzia marittima, e trascorse l’infanzia tra Livorno e le colline pisane. Dal 1910 decise di adottare il cognome della madre, discendente da un’antica famiglia di feudatari borgognoni trasferitisi in Toscana e qui imparentati con gli Antoni di Pisa. Studiò presso il Liceo G. B. Niccolini di Livorno, dove ebbe come insegnante Giovanni Pascoli. Appassionatosi alla pittura, iniziò a frequentare Angiolo e Adolfo Tommasi e strinse amicizia con Fattori e Lega. Giovanissimo, esordì alla Promotrice di Torino del 1891 con il dipinto “Ruscello in primavera”, che ricevette le lodi di Signorini e fu acquistato dal re, che lo donò alla Galleria d’Arte Moderna di Firenze. In seguito partecipò alle Promotrici di Genova, Firenze e Torino e alla Triennale di Brera. In questo periodo realizzò alcune tempere dedicate al Pascoli e alcune illustrazioni per la terza edizione di Myricae (1894). Fu lo stesso poeta ad ampliare l’orizzonte delle sue conoscenze presentandolo ad Adolfo De Bosis, direttore della rivista “Il Convito”, a Lorenzo Viani e a Giacomo Puccini, di cui frequentò la casa di Torre del Lago. All’attività artistica affiancò gli studi scientifici, che portò a termine nel 1897, conseguendo la laurea in scienze fisiche e naturali presso l’Università di Pisa sotto la guida di Sebastiano Richiardi. Nello stesso anno partecipò alla Biennale di Venezia con due disegni, oggi dispersi, dal titolo “Raccolta di impressioni” e pubblicò una serie di articoli dedicati all’esposizione sulla rivista “La Tribuna”, scritti in collaborazione con Domizio Torrigiani. Verso il 1901 si trasferì a Cagliari, dove per necessità intraprese l’insegnamento scolastico delle scienze. Nel 1903 espose nuovamente a Venezia; in questa occasione il suo dipinto “Pomeriggio di primavera in Sardegna” fu acquistato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel 1907 sposò Carlotta Palombella San Juste, con la quale rientrò a Livorno nel 1910, per stabilirsi successivamente a Lucca, nel 1913. In questo periodo realizzò un numero limitato di dipinti e disegni, più numerose furono invece le incisioni, acqueforti e xilografie. Nel 1912 iniziò a collaborare con l’Eroica, diretta da Ettore Cozzani, ed entrò a far parte della Corporazione degli Xilografi Italiani, con cui espose, nel 1912, alla Mostra Internazionale di Xilografia di Levanto, alla Biennale veneziana del 1914 e alla Secessione romana 1915. Nel 1919 fu pubblicato un intero fascicolo della rivista a lui dedicato. Nel 1920 si recò in Argentina, dove iniziò a scrivere il romanzo “Estancia” (pubblicato a Milano nel 1925). Nel 1924 compì un lungo viaggio in Eritrea, poi in Germania, in Olanda e in Norvegia. Nel 1928, infine, si stabilì a Firenze, dove ricoprì la carica di direttore del Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi. Nel 1932 sposò la norvegese Sigrid Ferrè; nello stesso periodo compì un secondo viaggio in Argentina e nel 1938 si recò a Oslo (qui alcuni suoi dipinti furono acquistati dalla Galleria Nazionale) e Brekkesto, stringendo rapporti con l’ambiente artistico locale. A partire degli anni Venti rallentò l’attività espositiva, eccezion fatta per la partecipazione alle Biennali veneziane del 1928 e del 1930. Dopo la guerra riprese ad esporre in occasione della VI, VII e IX edizione del Premio Nazionale del Fiorino di Firenze (1955, 1956, 1958), della VII Quadriennale romana (1955-56), e di due personali alla Strozzina di Firenze (1954 e 1957). Nel 1962 fu chiamato ad esporre al Centro Culturale Olivetti di Ivrea. A partire dal 1965 eseguì le illustrazioni per l’edizione nazionale della Divina Commedia, in occasione delle Celebrazioni del centenario dantesco, e nel 1966 quella per la Gerusalemme Liberata. Numerose le collaborazioni con riviste e testate giornalistiche, tra cui La Nazione, Emporium, Pegaso, Dedalo, ecc. e le pubblicazioni a carattere storico artistico. Nel 1948 e nel 1949 affiancò C. L. Ragghianti nell’organizzazione delle mostre Nuova Arazzeria Artistica Fiorentina e l’Opera grafica di Munch. Nel 1955 pubblicò il secondo romanzo, “L’ora delle serve”. Morì a Firenze il 13 giugno 1967.
Personalità colta ed eclettica, alternò l’attività artistica con quella letteraria, con la critica d’arte e con interessi scientifici. Rivestono particolare importanza, per la ricostruzione della sua figura, l’antologica tenutasi a Firenze nel 1975, in Palazzo Strozzi, lo studio sulla sua opera grafica curato da G. L. Mellini (1976) e il catalogo della mostra a cura di Francesca Cagianelli, Antonio Antony De Witt: 1876-1967 (cat. della mostra, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti) Firenze, Artificio, 1998.
Fonte- Archivio degli Artisti Lucchesi della Fondazione Ragghianti.
Giovanni PascoliBiblioteca DEA SABINA-Rivista PEGASO –Giovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITT
Biblioteca DEA SABINA Pino Miglino “Il lavoro in via di estinzione”
Primamedia editore
DESCRIZIONE
Ridurre l’orario di lavoro per salvarsi da automazione e intelligenza artificiale. Lo slogan in voga negli anni ’70 per combattere la disoccupazione, Lavorare meno lavorare tutti, è tornato prepotentemente di moda e sembra essere l’unico modo per salvarsi da automazione e IA in un mondo del lavoro in profonda e continua trasformazione. Anche perché, dopo anni di oblio, con l’avvento dell’intelligenza artificiale il rischio è di aprire una nuova era economica composta sempre più da macchine e sempre meno da lavoratori. Si intitola “Il lavoro in via di estinzione” (primamedia editore) ed è l’ultimo saggio di Pino Miglino in uscita il 29 novembre, in cui il giornalista analizza in forma di cronaca la disoccupazione intesa come malattia strutturale, il ruolo dei sindacati e della politica, ma anche gli esperimenti in corso nei principali paesi occidentali, il cambiamento imposto dalle crisi globali e dalla pandemia, oltre alla necessità di una rivoluzione culturale che porti a lavorare per vivere e non a vivere per lavorare.
Un quadro che si articola e si sviluppa anche attraverso interviste inedite a Pierre Carniti, Piergiovanni Alleva, Agostino Megale, Susanna Camusso e l’ultima intervista rilasciata da Domenico De Masi secondo cui “Non ridurre l’orario di lavoro non solo comporta rinunciare ad assorbire la disoccupazione presente e quella futura causata dall’automazione ma comporta anche danni collaterali. Insomma, – spiega De Masi all’autore – se l’imperativo è creare lavoro, allora non si tratta più di lavorare per produrre ma di produrre per lavorare. Si rischia inoltre di adottare un’organizzazione del lavoro adeguata al progresso tecnologico e all’enorme crescita della produttività solo sotto la pressione di sollevazioni violente, così come si è sperimentato in fretta e furia lo smart working solo sotto la frusta del Covid. Insomma, la nuova sfida che segnerà il XXI secolo è come inventare e diffondere una nuova organizzazione capace di elevare la qualità della vita riducendo il lavoro e facendo leva sulla forza silenziosa della felicità”. “L’occupazione si trova oggi a navigare tra Scilla e Cariddi. Dove Scilla è la scandalosa disuguaglianza che riduce la domanda dei consumatori. E Cariddi è l’automazione che, contrariamente al passato, non riesce a creare un numero equivalente di posti rispetto a quelli che distrugge. Due, dunque, sono le strategie su cui agire. Una più convenzionale e cioè la redistribuzione della ricchezza e l’altra quasi ignorata ma decisiva e cioè la redistribuzione dell’orario di lavoro” spiega l’autore. Il volume fa parte della collana Scritti&Resoconti diretta dal docente Francesco Ricci.
Contiene interviste a Pierre Carniti, Piergiovanni Alleva, Domenico De Masi, Agostino Megale, Susanna Camusso-
Pino Miglino
L’autore – Pino Miglino, già caporedattore de La Nazione, ha cominciato la carriera a Tv Libera Livorno. Ha quindi vinto una borsa di studio della Federazione editori (Fieg) e del sindacato dei giornalisti (Fnsi) che gli ha consentito uno stage retribuito a Panorama e a La Nazione, dove poi è stato assunto. Ha lavorato anche per Il Telegrafo e collaborato col magazine Economy. Sì è occupato principalmente di economia e di politica. Attualmente scrive per la rivista Storia e Storie di Toscana e ricopre l’incarico di fiduciario per la Toscana di Casagit, la mutua integrativa dei giornalisti.
Yasar Kemal è uno degli scrittori più importanti del nostro tempo è nella Black list curda-
Fonte-Il Manifesto
Yasar Kemal
-Una pagina nera della storia della Svezia-
Black list curda e Nato. Yasar Kemal è uno degli scrittori più importanti del nostro tempo. Lascia che i cardi brucino! , il suo libro d’esordio deve essere stato letto da milioni di persone
Olle Svenning *
Yasar Kemal è uno degli scrittori più importanti del nostro tempo. Lascia che i cardi brucino! , il suo libro d’esordio deve essere stato letto da milioni di persone. Kemal, cresciuto in una famiglia curda.
È stato perseguitato, imprigionato e picchiato dai servizi di sicurezza e dall’esercito turchi.
Lui, comunista e attivista per la libertà dei curdi, è stato bollato come terrorista. Kemal
fu costretto all’esilio e fu ricevuto dalla Svezia nel 1977 e poté trasferirsi ad Årstavägen 29 a Stoccolma.
La strada per un immaginario successore di Kemal è chiusa oggi. Il governo svedese ha promesso al governo, simile a una dittatura, di Erdogan che Säpo, in collaborazione con il servizio di sicurezza turco, monitorerà i curdi, con particolare energia quelli che sono politicamente di sinistra e lavorano per un Kurdistan indipendente. Chi deve essere definito un “terrorista” e quindi può essere espulso dalla Svezia è deciso di concerto con Erdogan e il suo clan.
Nessun ministro svedese ha menzionato il terrorismo di Stato che la Turchia sta compiendo su larga scala contro i suoi cittadini.
Anche la libertà di stampa è sotto il controllo turco: nessuno è autorizzato a diffondere informazioni sugli attivisti curdi in Svezia.
Anche la politica dei partiti è regolata da Erdogan. Ai socialdemocratici non dovrebbe essere consentito di contribuire a un’organizzazione curda che è membro dell’Internazionale socialista e che ha combattuto l’Isis con grande successo.
Il periodo di questi scandali svedesi può essere associato al periodo più nero che abbiamo vissutodurante e dopo la seconda guerra mondiale.
Il governo ha fatto alcuni calcoli politicamente molto facili da capire: per essere protetti dall’ombrello nucleare degli Stati Uniti contro l’aggressione e la guerra russa, dobbiamo difendere e quasi elogiare un’autocrazia come la Turchia.
Il governo socialdemocratico non si è solo adattato alla Nato; ha anche sbriciolato o distrutto tutti i suoi documenti precedentemente critici sulla Turchia di Erdogan. Quel governo è stato presentato solo un paio di anni fa in un documento pubblico di 24 pagine del ministero degli Esteri. Scelgo alcune opinioni chiave: «la Turchia erode il rispetto dei diritti umani, pratica leggi di emergenza. La magistratura è erosa. La corruzione è diffusa. I diritti del sindacato fuori gioco.
Centrale è la seguente frase nel documento del ministero degli Esteri: «Le leggi contro il terrorismo ei crimini contro lo Stato, così come le calunnie del presidente, servono a mettere a tacere dissidenti e critici del regime».
Questi silenziosi e perseguitati, spesso imprigionati, includono i procuratori dell’opposizione democratica, la stragrande maggioranza della società civile, la stampa, la vita culturale e le persone Lgbtqi.
È con questo Paese, così ben presentato dal Ministero degli Affari Esteri, che stipuleremo un’alleanza militare, con la quale condivideremo una strategia sulle armi nucleari e alla quale invieremo armi senza alcuna restrizione.
Prezzo che il governo paga volentieri per l’adesione alla Nato. L’Alleanza della Difesa, che è il termine lusinghiero per questa alleanza militare che è in guerra da oltre mezzo secolo. La seconda forza militare dell’Alleanza atlantica, quella turca, si prepara a lanciare nuovi attacchi terroristici contro i curdi nel nord-est della Siria.
Mentre i principali eventi e guerre internazionali sono in corso, potrebbe comunque valere la pena porre una domanda importante a livello nazionale: quanti voti di sostegno riceveranno quest’autunno gli oppositori della NATO al Partito dei Verdi?
* È stato stretto collaboratore di Olof Palme e direttore di “Aftonbladet ”. Il testo per gentile concessione dell’autore, è tratto dal sito di “Aftonbladet”.
Prof.Giovanni Fighera-100 ANNI DI CALVINO/ Come vedere la città invisibile
La vera città è per Calvino civitas, luogo di condivisione e spazio di umanità in cui le persone collaborano per vivere insieme in una condizione migliore, non urbs, ovvero il complesso delle mura e degli edifici costruiti all’interno.
Ne La giornata di uno scrutatore, alla fine di una giornata di osservazione al Cottolengo, una vera e propria città all’interno di Torino, Amerigo Ormea può riflettere con maggiore lucidità sulla convivenza umana e comprende che la città dell’homo faber rischia sempre di scambiare le sue istituzioni per il fuoco segreto senza il quale le città non si fondano né le ruote delle macchine vengono messe in moto; e nel difendere le istituzioni, senza accorgersene, può lasciar spegnere il fuoco.
Assistendo ad una scena commovente e piena di carità, Amerigo comprende che «anche l’ultima città dell’imperfezione ha la sua ora perfetta, […] l’ora, l’attimo, in cui in ogni città c’è la Città».
L’interesse di Calvino per le città è pressoché costante; le sue considerazioni non riguardano soltanto l’urbanizzazione con i relativi problemi dell’inquinamento e dello sviluppo delle megalopoli ma anche la dimensione dell’umano. La riflessione di Calvino, conclusasi ne La giornata di uno scrutatore con la provocazione sulla presenza della perfezione anche in un mondo apparentemente imperfetto come il Cottolengo, prosegue negli anni successivi: lo scrittore è in costante ricerca e sempre in attesa di una risposta. Calvino non aveva visto al Cottolengo la bellezza che ivi era presente fino a quando non ha iniziato a guardare. Ma anche guardare non è spesso sufficiente. Occorre molte volte compiere prima un’altra operazione. Quale?
In un’intervista rilasciata all’Espresso Calvino lo esplicita chiaramente: «Dietro la città che si vede ce n’è una che non si vede ed è quella che conta». Per vedere la città che si nasconde dietro l’apparenza è necessario togliere prima ciò che impedisce di vedere bene. Solo così si rivelano Le città invisibili. L’opera viene pubblicata nel 1972. Come nasce? Calvino risponde: «È un libro che mi porto dietro da alcuni anni, ogni tanto scrivevo una pagina, cioè una città. Uno stato d’animo, una riflessione, una lettura, una suggestione visiva, mi veniva di trasformarli in un’immagine di città» (intervista all’Espresso, 1972).
Calvino scrive prima le descrizioni delle città, come fossero quadri poetici: «Le città invisibili sono nate come poesie. Poesie in prosa, poesie che quasi sempre si sviluppano come brevi racconti, perché io scrivo racconti da anni, che anche quando vorrei scrivere una poesia mi salta fuori un racconto». Ad un certo punto il romanziere ha pensato di dare forma unitaria al testo, strutturandolo anche in forma numerica: «La posizione in cui viene a trovarsi ogni racconto deve rispondere a funzioni diverse, molto difficili da combinare» (intervista all’Espresso, 1972). Non è un vero e proprio romanzo, secondo Calvino. Certamente è un libro unitario, che contiene molti racconti dedicati a città immaginarie, non reali. Il libro nasce dall’idea di riscrivere Il Milione. Calvino cerca nuove modalità narrative e, al contempo, intende cimentarsi nel rifacimento di opere già scritte. I racconti delle città sono legati da una cornice sottolineata dall’uso del carattere corsivo. Il narratore è Marco Polo che è arrivato in Estremo Oriente dall’imperatore Kublai Khan e nel suo viaggio prende nota di tutte quelle città che vede fino ai lontani confini e racconta tutto all’imperatore.
Cinquantacinque sono i capitoli come altrettante sono le città descritte. L’autore non attribuisce loro nomi cinesi o orientali, perché non è suo intento indagare l’Oriente. Sceglie tutti nomi di donna, magari di imperatrici bizantine o nomi medioevali. Calvino riflette sulle città, perché «la vita urbana è diventata talmente disagevole che si sente il bisogno di interrogarci su cos’è, su cosa dovrebbe essere la città per noi». Calvino non crede che le megalopoli rappresentino la fine della città, anzi «il suo contrario» (intervista all’Espresso, 1972). Calvino non intende soffermarsi sulla «futurologia apocalittica», che pur sfiora nell’opera. Dopo Le città continue si trovano, infatti, Le città nascoste: «Una città infelice può contenere, magari solo per un istante, una città felice; le città future sono già contenute nelle presenti come insetti nella crisalide».
Calvino non intende neanche soffermarsi sull’attualità di questo o di quel paese, vuole documentare la realtà della vita in comune, «di che cosa è stata la città degli uomini, come luogo della memoria e dei desideri, e di come oggi è sempre più difficile vivere nelle città anche se non possiamo farne a meno» (Italo Calvino parla del suo nuovo libro «Le città invisibili», 1972).
Memoria e desiderio sono le due modalità per vivere intensamente il presente, senza cadere nella trappola del passato, come avvertiva già Amerigo Ormea ne La giornata di uno scrutatore: «Il passato (proprio per il fatto d’avere un’immagine così compiuta nella quale non si poteva pensare di cambiar nulla come in questo dormitorio) gli pareva una gran trappola. E il futuro, quando ci se ne fa un’immagine (cioè lo si annette al passato), diventava una trappola esso pure».
La memoria è un fecondo rapporto con le proprie radici, consapevole dei doni da custodire che la tradizione ci ha affidato. Il desiderio è lo spazio del cuore che si spalanca ad una creatività figlia di sogni che diventano realtà, se gli diamo spazio. Passato e futuro possono essere nel presente solo nello spazio della memoria e del desiderio.
Centenaire de la naissance d’Italo Calvino, un festival d’événements à Paris pour le fêter
Autrice dell’Articolo – Evolena
N’OUBLIEZ PAS ! Le 15 octobre, 100 ans se seront écoulés depuis la naissance d’Italo Calvino (à Cuba). Par sa riche production littéraire, la profondeur de sa pensée, il est considéré comme un pilier de la littérature du XXe siècle en Italie et au-delà. Calvino était et continue à être une référence pour la culture italienne et parmi les auteurs les plus lus, y compris dans les écoles à tous niveaux. Romancier, écrivain, journaliste, personnalité marquante pour son engagement politique et civique, intéressé par le monde du théâtre, du cinéma, de la musique, de la bande dessinée et de l’art. Calvino est un monde en soi. Sans cesse, de nouvelles suggestions et de nouvelles interprétations émergent, comme le démontrent les nombreuses initiatives organisées en Italie et à l’étranger pour célébrer ce Centenaire. Il a vécu 13 ans à Paris, de 1967 à 1980, et ces années ont été fondamentales pour lui. Il n’est donc pas étonnant que la communauté italienne de Paris s’associe aux célébrations de ce Centenaire. Pour vous permettre de vous orienter plus facilement dans cette riche actualité calvinienne, Altritaliani vous propose un récapitulatif chronologique des événements parisiens qui nous ont été signalés et de saisir ces occasions pour lire, relire l’oeuvre d’Italo Calvino.
Mardi 3 octobre – Maison de l’Italie à la Cité universitaire, 7a Bd Jourdan, 75014 Paris A 19h00 Vernissage de l’exposition « Calvino à la Maison » avec Andrea Kerbaker, Commissaire de l’exposition, Claudia Vena, responsable de l’installation et Fabio Gambaro, auteur de «Lo scoiattolo sulla Senna. L’avventura di Calvino a Parigi ». L’exposition est réalisée par le centre culturel Kasa dei Libri de Milan avec la Maison de l’Italie, en partenariat avec l’Institut Culturel Italien de Paris et la Monte Paschi Banque.
Réservation obligatoire pour le vernissage : https://my.weezevent.com/calvino-a-la-maison-vernissage-exposition
L’exposition sera ouverte du 4 octobre au 6 novembre avec deux autres temps forts. Vous pouvez découvrir le programme complet sur le site de la Maison de l’Italie : https://maison-italie.org/wordpress/index.php/calvino-a-la-maison/
Mardi 10 octobre – Maison de la recherche (4, rue des Irlandais 75005) A partir de 9h00une journée d’étude consacrée à Italo Calvino «Méditations parisiennes de Calvino. Perspectives littéraires, philosophiques et historiques».
Cette journée, qui se veut interdisciplinaire, propose la rencontre avec des spécialistes de l’œuvre calvinienne, des historiens de la culture, des philosophes et des sociologues.
PROGRAMME EN PDF A TELECHARGER ICI
A suivre une présentation du livre de Fabio Gambaro «Lo scoiattolo sulla Senna. L’avventura di Calvino a Parigi ». Une table ronde avec Yves Hersant, Christophe Mileschi et Martin Rueff, viendra clore la journée.
Cet événement est ouvert à tous et est organisé par l’association Italiques en partenariat avec le LECEMO (CIRCE) – Sorbonne Nouvelle Paris 3 et Historia Magistra.
Réservation obligatoire pour la journée : https://my.weezevent.com/calvinojour
Mercredi 11 octobre – Librairie italienne La Tour de Babel 10, rue du Roi de Sicile 75004 Paris M Saint-Paul A 19h30 présentation du livre de Fabio Gambaro Lo scoiattolo sulla Senna. L’avventure di Calvino a Parigi (Feltrinelli). Ce livre retrace les 13 années pendant lesquelles Italo Calvino a vécu à Paris de 1967 à 1980. C’est à cette époque, marquée par la révolte étudiante et par les dernières avant-gardes européennes, que l’auteur italien entre en contact avec les représentants de l’Oulipo, ce qui façonnera de manière significative sa production, notamment Les villes invisibles,Le château des destins croisés et Si une nuit d’hiver un voyageur.
Vendredi 13 octobre – Librairie italienne La Tour de Babel 10, rue du Roi de Sicile 75004 Paris M Saint-Paul A 19h30. Mise en espace de quelques nouvelles de Gli amori difficili (Les amours difficiles) par Bruno La Brasca et Serena Rispoli
L’amour et l’absence au centre des contes de ce recueil sont interprétés par la voix et les gestes de Bruno La Brasca et Serena Rispoli.
mardi 17 octobre à 19h30 | PARIS/INVISIBILE | Mairie du 9ème arrondissement – Salle du Conseil
Une mise en espace/installation créée à l’occasion du centenaire de la naissance du grand écrivain Italo Calvino « Imprégnés de Calvino, fuyant la représentation, on a suivi un sentier oulipien qui nous a permis de pénétrer la ville, les villes, Paris, par le prisme de l’invisibilité. Plus que le récit d’une aventure, l’aventure obscène d’un récit. J’habite Paris ou j’habite à Paris? »
Avec : Bruno La Brasca, Gerardo Maffei, Gaspard Njock
Mise en scène : Gerardo Maffei
Installation visuelle : Gaspard Njock
Dramaturgie : Bruno La Brasca, Gerardo Maffei
Production et organisation : Les Ateliers de CriBeau
Entrée libre dans la limite des places disponibles, Réservation préférable : lesateliersdecribeau@gmail.com
Mercredi 18 octobre – Librairie italienne La Tour de Babel 10, rue du Roi de Sicile 75004 Paris M Saint-Paul A 19h30 Calvino et la Ligurie
Avec Martin Rueff, traducteur du livre Liguries(Editions Nous) et Gianmarco Parodi, auteur de Nella città invisibile – Viaggio nei luoghi calviniani (Ed. Piemme)
Dans Liguries, on découvre un Calvino arpenteur minutieux des paysages, homme de l’espace et non du temps, animé par une pulsion de voir et de décrire qui fut aussi forte que celle de raconter. Liguries est constitué de cinq proses et d’un ensemble de poèmes (les « Eaux fortes de Ligurie », rédigés pendant la période de la Résistance)
Au fil des pages, Gianmarco Parodi part quant à lui à la découverte des lieux (réels)
qui ont inspiré la création littéraire de l’un des écrivains contemporains les plus marquants de notre époque.
Dans cet itinéraire, la ville de Sanremo en Ligurie (où Parodi est né) occupe une place centrale, revenant à plusieurs reprises dans les livres de Calvino.
Maison de l’Italie à la Cité universitaire, 7a, Bd Jourdan, 75014 Paris Jeudi 19 octobre à 19h, Christophe Mileschi et Martin Rueff présentent le livre Le métier d’écrire. Correspondance (1940-1985), une récolte de plus de trois cents lettres choisies d’Italo Calvino (Gallimard, sortie prévue le 5 octobre 2023).
Plus de trois cents lettres choisies d’Italo Calvino dessinent le portrait complexe et attachant, inattendu et captivant de cet écrivain si bien connu et si secret. Les premières missives de la jeunesse, adressées aux parents et aux amis, laissent progressivement la place aux lettres consacrées au métier d’écrire. C’est que Calvino, par son activité d’écrivain, comme à travers sa profession d’éditeur, n’a cessé de s’adresser aux auteurs et artistes de son temps qu’il lisait et qui le lisaient : Pavese, Vittorini, Morante, Ortese, Pasolini, Antonioni, Sciascia, Moravia, Eco, Magris, et bien d’autres. La vie culturelle et littéraire italienne du siècle dernier nous est ainsi offerte dans ses tensions, ses constructions, ses réalisations.
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Jeudi 19 octobre – La Libreria, 89, rue du Fbg Poissonnière 75009 Paris (M°Poissonnière) A 19h Présentation du livre illustré et adapté par Sara Colaone, Il Barone rampante d’Italo Calvino (Mondadori) – Romanzo a fumetti, en présence de l’autrice et en compagnie de Domenico Biscardi
L’univers de Calvino en images, une évidence et une source féconde d’inspiration. Et ce soir-là, ce sera pour La Libreria une joie de recevoir Sara Colaone, talentueuse autrice de bandes dessinées, qui s’est attaquée avec fantaisie et respect au merveilleux Baron perché d’Italo Calvino : le résultat est un album enchanteur à mettre entre les mains de lecteurs de tous âges.
Vous pourrez également admirer ses planches ainsi que celles d’autres illustrateurs de Calvino à l’Institut culturel italien dans la cadre de l’exposition « Calvino imaginaire. Les mondes de Calvino (ré)interprétés par les bandes dessinées et les illustrateurs » qui ouvre la veille
jeudi 19 octobre à 18h30| Calvinologie. Lecture musicale |Mairie du 9ème arrondissement – Salle du Conseil – 6 rue Drouot
Eva, la cinquantaine, vit cloîtrée dans son luxueux appartement de Manhattan du fait d’une étrange affection. Chaque année, à la même période, le mal la rattrape, inexorable, et étend un peu plus son empire. Impossible d’arriver quelque part…
Le 18 septembre 1985 le téléphone sonne et un mystérieux interlocuteur demande à parler à Eva. C’est Italo Calvino qui appelle, de l’hôpital de Sienne où il vit ses dernières heures. Il le sait, il ne passera pas la nuit, et prie Eva de sortir de chez elle pour récupérer le texte d’une conférence qu’il doit donner le lendemain à Harvard, et de la prononcer à sa place. Eva panique, terrifiée à l’idée d’affronter le dehors. Et pourquoi l’écrivain l’a-t-il choisie, elle, parfaite inconnue ?
Avec : Maria Laura Baccarini (voix et chant), Manuel Magrini (piano)
Texte : Yann Apperry
Musique : Massimo Nunzi
Entrée libre dans la limite des places disponibles, Réservation préférable : lesateliersdecribeau@gmail.com
Lundi 30 octobre – Institut culturel italien, 50 rue de Varenne, 75007 Paris A 19h, projection du film Italo Calvino. Lo scrittore sugli alberi, de Duccio Chiarini, 2023, 76′ (Prix Italia 2023) en présence du réalisateur
’aventure de l’écrivain italien le plus indéfinissable du XXe siècle est racontée dans ce documentaire qui relit son parcours artistique à travers l’une de ses œuvres les plus connues, « Il Barone Rampante ». Le défi du film est d’offrir un nouveau regard sur l’auteur le plus connu du XXe siècle, notamment grâce à des séquences inédites, des photos et des lettres autographes qui lui ont été accordées en exclusivité. Ce documentaire utilise le livre peut-être le plus symbolique d’Italo Calvino comme un prisme à travers lequel reconstruire le rapport entre l’œuvre de l’auteur et les contextes historiques et politiques qu’il a traversés, dans sa recherche constante de la bonne distance par rapport aux choses du monde.
Mardi 6 novembre – Maison de l’Italie, 7a, Bd Jourdan, 75014 A 19h, finissage de l’exposition « Italo Calvino à la maison » avec une nouvelle présentation du livre Lo scoiattolo sulla Senna de Fabio Gambaro à la présence de l’auteur et de Andrea Kerbaker, conservateur de l’exposition.
Michèle Gesbert est née à Genève. Après des études de langues et secrétariat de direction elle s’installe à Paris dans les années ’70 et travaille à l’Ambassade de Suisse (culture, presse et communication). Suit une expérience associative auprès d’enfants en difficulté de langage et parole. Plus tard elle attrape le virus de l’Italie, sa langue et sa/ses culture(s). Contrairement au covid c’est un virus bienfaisant qu’elle souhaite partager et transmettre. Membre-fondatrice et présidente d’Altritaliani depuis 2009. Coordinatrice et animatrice du site.
Ci ha lasciato il 13 ottobre 2023, all’età di ottant’anni
Poesie di Louise Glück
Il papavero rosso
Il massimo
è non avere
mente. Sentimenti:
oh, quelli ne ho; mi
governano. Ho
un signore in cielo
che si chiama sole, e mi apro
per lui, mostrandogli
il fuoco del mio cuore, fuoco
come la sua presenza.
Che altro può essere una simile gloria
se non un cuore? Oh, sorelle e fratelli,
eravate come me una volta, tanto tempo fa,
prima di essere umani? Vi
concedeste di aprirvi
una volta per poi non aprirvi
mai più? Perché in verità
adesso io sto parlando
come voi. Io parlo
perché sono distrutta.
Louise Glück
Vespro
Una volta credevo in te; ho piantato un fico.
Qui, in Vermont, paese
senza estate. Era una prova: se l’albero viveva,
allora tu esistevi.
Questa logica dice che non esisti. O esisti
esclusivamente nei climi caldi,
nella torrida Sicilia, in Messico, in California,
dove crescono inimmaginabili
albicocche e fragili pesche. Forse
vedono la tua faccia in Sicilia; qui, vediamo appena
l’orlo del tuo vestito. Devo addestrarmi
a dare una parte dei pomodori a John e a Noah.
Se c’è giustizia in qualche altro mondo, a quelli
come me, che la natura spinge
a vite di astinenza, dovrebbe toccare
la parte più abbondante di tutte le cose, di tutti
gli oggetti della fame, l’insaziabilità
essendo lode di te. E nessuno loda
più appassionatamente di me, con
desiderio più dolorosamente frenato o più merita
di sedere alla tua destra, se esiste, partecipando
del perituro, il fico immortale,
che non viaggia.
I gigli bianchi
Mentre un uomo e una donna fanno
un giardino tra loro come
un letto di stelle, qui
fanno passare la sera d’estate
e la sera diventa
fredda del loro terrore: potrebbe
finire, sarebbe capace
di devastazione. Tutto, tutto
può perdersi, nell’aria odorosa
le strette colonne
che salgono inutilmente e, di là,
un ribollente mare di papaveri –
Taci, mio amato. Non mi importa
quante estati vivo per tornare:
questa sola ci ha dato l’eternità.
Ho sentito le tue mani
seppellirmi per liberare il suo splendore.
(Traduzione di Nicola Gardini da The Wild Iris 1992).
Louise Glück
Approccio all’orizzonte (18)
Una mattina mi sono svegliata incapace di muovere il braccio destro.
Avevo sofferto periodicamente di notevoli
dolori su quel lato, il mio braccio da pittrice,
ma in questo caso non c’era dolore.
In effetti, non c’era sensibilità.
Il mio medico è arrivato entro un’ora.
Ci fu subito la richiesta di altri dottori,
vari test, procedure —
Ho mandato via il dottore
e invece ho assunto il segretario che trascrive queste note,
le cui capacità, mi è stato assicurato, sono adeguate alle mie esigenze.
Si siede accanto al letto a testa bassa,
possibilmente per evitare di essere ritratto.
Quindi iniziamo. C’è un senso
di allegria nell’aria,
come se gli uccelli cantassero.
Dalla finestra aperta arrivano ventate di aria dolce e profumata.
Il mio compleanno (ricordo) si sta avvicinando velocemente.
Forse i due grandi momenti collideranno
e vedrò me stessa incontrarsi, andare e venire –
Naturalmente, gran parte del mio io originale
è già morto, quindi un fantasma sarebbe costretto
ad abbracciare una mutilazione.
Il cielo, ahimè, è ancora lontano,
non proprio visibile dal letto.
Esiste ora come ipotesi remota,
un luogo di libertà del tutto svincolato dalla realtà.
Mi ritrovo a immaginare i trionfi della vecchiaia,
immacolati, visionari disegni
fatti con la mia mano sinistra –
“Sinistra”, anche, come “residuo”.
La finestra è chiusa. Di nuovo silenzio, moltiplicato.
E nel mio braccio destro, ogni sensibilità scomparsa.
Come quando la hostess annuncia la conclusione
attraverso l’audio del servizio di bordo.
La sensibilità è scomparsa – mi viene in mente
che sarebbe una bella lapide.
Ma ho sbagliato a suggerire
che questo sia già accaduto.
In effetti, sono stata perseguitata dalla sensibilità;
è il dono dell’espressione
che così spesso mi ha delusa.
Mi ha delusa, mi ha tormentata, praticamente per tutta la vita.
Il segretario alza la testa,
pieno di astratta deferenza
ispirata dall’approccio della morte.
Non può aiutare, realmente, ma essere emozionante,
questo emergere della forma dal caos.
Una macchina, vedo, è stata installata vicino al mio letto
per informare i miei visitatori
del mio progresso verso l’orizzonte.
Il mio stesso sguardo continua a spostarsi su di essa,
linea instabile delicatamente
ascendente, discendente,
come una voce umana in una ninna nanna.
E poi la voce si ferma.
A quel punto la mia anima si sarà fusa
con l’infinito, rappresentato
da una linea retta,
come un segno meno.
Non ho eredi
nel senso che non ho nulla di sostanziale
da lasciare.
Forse il tempo attutirà questa delusione.
Per chi mi conosce bene non sarà una novità;
Lo capisco. Quelli a cui
sono legata dall’affetto
perdoneranno, spero, le distorsioni
imposte dall’occasione.
Sarò breve. Così si conclude,
come dice la hostess,
il nostro breve volo.
E tutte le persone che non si conosceranno mai
si affollano nel corridoio e vengono tutte incanalate
nel terminale.
Louise Glück, Faithful and Virtuous Night, Farrar, Straus and Giroux. 2014
traduzione di Marcello Comitini
Louise Glück
La spada nella roccia
Il mio analista alzò brevemente lo sguardo.
Naturalmente non potevo vederlo
ma avevo imparato, nei nostri anni insieme,
a intuire questi movimenti. Come al solito,
si è rifiutato di ammettere
se avessi ragione o meno. La mia ingegnosità contro
la sua evasività: il nostro giochino.
In quei momenti, ho sentito l’analisi
affiorare: sembrava far emergere in me
un’astuta vivacità ero
incline a reprimerla. L’indifferenza
del mio analista per le mie esibizioni
era adesso immensamente rilassante. Un’intimità
era cresciuta tra noi
come una foresta intorno a un castello.
Le persiane erano chiuse. Vacillanti
barre di luce avanzavano sulla moquette.
Attraverso una piccola striscia sul davanzale della finestra,
ho visto il mondo esterno.
Per tutto questo tempo ho avuto la vertiginosa sensazione
di fluttuare sopra la mia vita. Quella vita
scorreva lontana. Ma stava
ancora scorrendo: questa era la domanda.
Fine estate: la luce stava svanendo.
Scintille sfuggite guizzarono sulle piante in vaso.
L’analisi era al suo settimo anno.
Avevo ricominciato a disegnare –
piccoli schizzi modesti, casuali
costruzioni in tre dimensioni
modellati su oggetti funzionali —
Eppure, l’analisi richiese
gran parte del mio tempo. A cosa
questo tempo fu sottratto: questa
era anche la domanda.
Mi sdraio, guardando la finestra,
lunghi intervalli di silenzio si alternano
a riflessioni un po’ svogliate
e domande retoriche –
Il mio analista, ho sentito, mi stava guardando.
Così una madre, nella mia immaginazione, fissa il suo bambino addormentato,
il perdono che precede la comprensione.
O, più probabilmente, così mio fratello deve avermi guardato –
forse il silenzio tra noi prefigurava
questo silenzio, in cui tutto ciò che rimaneva non detto
era in qualche modo condiviso. Sembrava un mistero.
Poi l’ora finì.
Scesi come ero salita;
il portiere aprì la porta.
Il clima mite della giornata persisteva.
Sopra i negozi erano state spiegate le tende a strisce
a proteggere la frutta.
Ristoranti, negozi, chioschi
con gli ultimi giornali e sigarette.
Gli interni diventavano più luminosi
mentre l’esterno diventava più scuro.
Forse i farmaci stavano funzionando?
Ad un tratto si sono accesi i lampioni.
Ho sentito, improvvisamente, la sensazione che telecamere iniziassero a riprendere;
ero consapevole del movimento intorno a me, i miei simili
guidati da un insensato feticcio per l’azione —
Quanto profondamente ho resistito a questo!
Mi sembrava superficiale e falso, o forse
parziale e falso —
Invece la verità … beh, la verità come la vedevo io
si esprimeva come immobilità.
Ho camminato un po’, fissando le vetrine delle gallerie …
i miei amici erano diventati famosi.
Potevo sentire il fiume in sottofondo,
da cui proveniva l’odore dell’oblio
intrecciato con le erbe aromatiche in vaso dei ristoranti—
Avevo deciso di unirmi a una vecchia conoscenza per cena.
Eccolo al nostro solito tavolo;
il vino fu versato; era impegnato con il cameriere,
discutendo dell’agnello.
Come al solito, durante la cena è nata una piccola discussione, apparentemente
riguardante l’estetica. C’era libertà di espressione.
Fuori, il ponte luccicava.
Le auto correvano avanti e indietro, il fiume
brillò dietro, imitando il ponte. Natura
che riflette l’arte: qualcosa di simile.
Il mio amico ha trovato l’immagine potente.
Era uno scrittore. I suoi numerosi romanzi, all’epoca,
sono stati molto lodati. Uno era molto simile a un altro.
Eppure il suo compiacimento mascherava la sofferenza
come forse la mia sofferenza mascherava la compiacenza.
Ci conoscevamo da molti anni.
Ancora una volta lo avevo accusato di pigrizia.
Ancora una volta, ha respinto la parola …
Sollevò il bicchiere e lo capovolse.
Questa è la tua purezza, ha detto,
questo è il tuo perfezionismo
Il bicchiere era vuoto; non ha lasciato segni sulla tovaglia.
Il vino mi era andato alla testa.
Tornai a casa lentamente, meditabonda, un po’ ubriaca.
Il vino mi era andato alla testa, o no
la notte stessa, la dolcezza di fine estate?
Sono i critici, ha detto,
i critici hanno le idee. Noi artisti
(includeva me): noi artisti
siamo solo bambini con i nostri giochi.
Louise Glück
(TRADUZIONE DI MARCELLO COMITINI)
Louise Glück
cinque poesie da Averno e L’iris selvatico di Louise Glück, Edizione Il Saggiatore
da Averno(2006)
La stella della sera
Questa sera, per la prima volta in molti anni,
mi è apparsa di nuovo
una visione dello splendore della terra:
nel cielo del crepuscolo
la prima stella sembrava
crescere in luminosità
mentre la terra si oscurava
finché in ultimo non poté essere più scura.
E la luce, che era la luce della morte,
sembrava restituire alla terra
il suo potere di consolare. Non c’erano
altre stelle. Solo quella
di cui sapevo il nome
poiché nella mia altra vita le avevo fatto
torto: Venere,
stella del crepuscolo,
a te dedico
la mia visione, poiché su questa superficie vuota
hai gettato luce sufficiente
a rendere il mio pensiero
nuovamente visibile.
Averno
1.
Muori quando il tuo spirito muore.
Altrimenti, vivi.
Puoi non farcela al meglio, ma tiri avanti —
non hai altra scelta.
Quando lo dico ai miei figli
non prestano attenzione.
I vecchi, pensano —
fanno sempre così:
parlano di cose che non si vedono
per coprire tutti quei neuroni che perdono.
Ammiccano fra loro;
senti il vecchio, parla di spirito
perché non ricorda la parola per sedia.
È terribile essere soli.
Non intendo vivere soli —
essere soli, dove nessuno ti sente.
Ricordo la parola sedia.
Voglio dire — è solo che non mi interessa più.
Mi sveglio pensando
devi prepararti.
Presto lo spirito si arrenderà —
tutte le sedie del mondo non ti aiuteranno.
So cosa dicono quando sono nell’altra stanza.
Dovrei vedere uno specialista, dovrei prendere
uno dei nuovi farmaci per la depressione?
Li sento che discutono, sottovoce, come dividere le spese.
E voglio gridare
vivete tutti in un sogno.
Basta e avanza, pensano, vedermi perdere colpi.
Basta e avanza senza le lezioni che gli faccio questi giorni
come se avessi diritto a nuove informazioni.
Bene, loro hanno lo stesso diritto.
Stanno vivendo in un sogno, e io mi sto preparando
a diventare un fantasma. Voglio gridare
la nebbia si è diradata —
È come una vita nuova:
non dipendi dalla conclusione;
conosci la conclusione.
Pensaci: sessant’anni seduta su sedie. E ora lo spirito mortale
che vorrebbe così apertamente, così temerariamente —
Sollevare il velo.
Vedere a cosa stai dicendo addio.
3.
Da un lato, l’anima erra.
Dall’altro, gli esseri umani che vivono nella paura.
In mezzo, il pozzo della scomparsa.
Alcune ragazze mi chiedono
se sarebbero al sicuro nei dintorni dell’Averno —
hanno freddo, vogliono andare a sud per un po’.
E una dice, come scherzando, ma non troppo a sud —
Io dico, al sicuro come da qualsiasi parte,
il che le rende felici.
Intendo dire che niente è sicuro.
Sali su un treno, scompari.
Scrivi il tuo nome sul finestrino, scompari.
Ci sono luoghi come questo ovunque,
luoghi in cui entri come ragazza,
da cui non ritorni mai.
Come il campo, quello che è bruciato.
Dopo, la ragazza sparì.
Forse non esisteva,
non abbiamo prove in un senso o nell’altro.
Tutto ciò che sappiamo è:
il campo bruciò.
Ma questo lo vedemmo.
Quindi dobbiamo credere nella ragazza,
in quello che ha fatto. Altrimenti
sono solo forze che non capiamo
a governare la terra.
Le ragazze sono felici, pensando alle vacanze.
Non prendete il treno, dico.
Scrivono i loro nomi nella condensa sul finestrino di un treno.
Voglio dire, siete brave ragazze,
che cercate di lasciare i vostri nomi.
Louise Glück
Persefone l’errante
Nella seconda versione, Persefone
è morta. Lei muore, sua madre piange —
i problemi della sessualità
qui non ci concernono.
Ossessivamente, nel lutto, Demetra
percorre la terra. Non ci aspettiamo di sapere
cosa Persefone stia facendo.
È morta, i morti sono misteri.
Abbiamo qui
una madre e un enigma: questo
corrisponde precisamente all’esperienza
della madre quando
guarda in faccia alla bambina. Pensa:
ricordo quando non esistevi. La bambina
è perplessa; più tardi, l’opinione della bambina è
che è sempre esistita, proprio come
sua madre è sempre esistita
nella sua forma attuale. Sua madre
è come una figura a una fermata d’autobus,
un pubblico per l’arrivo dell’autobus. Prima di questo,
lei era l’autobus, una temporanea
casa o comodità. Persefone, protetta,
guarda fuori dalla finestra del carro.
Cosa vede? Una mattina
all’inizio della primavera, ad aprile. Ora
tutta la sua vita sta iniziando — sfortunatamente
questa sarà
una vita breve. Conoscerà, a fondo,
solo due adulti: la morte e sua madre.
Ma due è
due volte ciò che ha sua madre:
sua madre ha
una bambina, una figlia.
Come dea, avrebbe potuto avere
mille bambini.
Cominciamo a vedere qui
la profonda violenza della terra
la cui ostilità suggerisce
che non desidera
continuare come fonte di vita.
E perché questa ipotesi
non è mai considerata? Perché
non è nel racconto; essa solamente
crea il racconto.
Nel lutto, dopo che la figlia muore,
la madre vaga per la terra.
Sta studiando il suo caso;
come un politico
lei ricorda tutto e non ammette
niente.
Per esempio, la nascita
di sua figlia fu intollerabile, la sua bellezza
fu intollerabile: questo lo ricorda.
Ricorda di Persefone
l’innocenza, la tenerezza —
Cosa progetta, mentre cerca sua figlia?
Sta manifestando
un avvertimento il cui messaggio implicito è:
cosa stai facendo fuori dal mio corpo?
Ti chiedi:
perché è sicuro il corpo della madre?
La risposta è
questa è la domanda sbagliata, poiché
il corpo della figlia
non esiste, se non
come un ramo del corpo della madre
che deve essere
ricongiunto a ogni costo.
Quando un dio piange significa
distruggere gli altri (come in guerra)
mentre allo stesso tempo chiede
di ribaltare i patti (anche come in guerra);
se Zeus la recupera,
l’inverno finirà.
L’inverno finirà, la primavera ritornerà.
I venticelli irritanti
che amavo tanto, gli idioti fiori gialli —
La primavera ritornerà, un sogno
fondato su una falsità:
che i morti ritornano.
Persefone
era abituata alla morte. Ora sempre e poi sempre
sua madre la trascina di nuovo fuori —
Devi chiederti:
i fiori sono veri? Se
Persefone «ritorna» sarà
per una di due ragioni:
o non era morta o
viene usata
per sostenere una finzione —
Penso di poter ricordare
l’essere morta. Molte volte, d’inverno,
ho avvicinato Zeus. Dimmi, gli chiedevo,
come posso tollerare la terra?
E lui diceva:
tra poco tempo sarai di nuovo qui.
E nell’intervallo
dimenticherai tutto:
quei campi di ghiaccio saranno
i prati dell’Eliso.
da L’iris selvatico (1992)
Mattutino
Padre irraggiungibile, quando all’inizio fummo
esiliati dal cielo, creasti
una replica, un luogo in un certo senso
diverso dal cielo, essendo
pensato per dare una lezione: altrimenti
uguale — la bellezza da entrambe le parti, bellezza
senza alternativa — Solo che
non sapevamo quale fosse la lezione. Lasciati soli,
ci esaurimmo a vicenda. Seguirono
anni di oscurità; facemmo a turno
a lavorare il giardino, le prime lacrime
ci riempivano gli occhi quando la terra
si appannò di petali, qui
rosso scuro, là color carne —
Non pensavamo mai a te
che stavamo imparando a venerare.
Sapevamo solo che non era natura umana amare
solo ciò che restituisce amore.
Fine dell’estate
Dopo che pensai tutte le cose,
pensai il vuoto.
C’è un limite
al piacere che trovavo nella forma —
In questo non sono come voi,
non mi appago in un altro corpo,
non ho bisogno
di un riparo fuori di me —
Mie povere ispirate
creazioni, siete
fastidi, in fondo,
mera limitazione; siete
alla fine troppo poco simili a me
per piacermi.
E così candide:
volete essere ripagate
della vostra scomparsa,
pagate tutte con qualche parte della terra,
qualche ricordo, come una volta eravate
compensate per il lavoro,
lo scriba pagato
con argento, il pastore con orzo
per quanto non è la terra
a durare, non
queste scaglie di materia —
Se apriste gli occhi
mi vedreste, vedreste
il vuoto del cielo
specchiato in terra, i campi
di nuovo nudi, senza vita, coperti di neve —
poi luce bianca
non più travestita da materia.
traduzione di Massimo Bacigalupo.
Louise Glück
APRILE
Nessuna disperazione è come la mia disperazione…
Non c’è posto in questo giardino
di pensare cose simili, producendo
i fastidiosi segni esteriori; l’uomo
che strappa ferocemente un’intera foresta,
la donna che zoppica, rifiutando di cambiar vestito
o lavarsi i capelli.
Pensate che mi importi
se vi parlate?
Ma voglio che sappiate
mi aspettavo di più da due creature
che furono dotate di mente: se non
che aveste davvero cura l’uno dell’altro
almeno che capiste
che il dolore è distribuito
tra voi, tra tutti i vostri simili, perché io
possa riconoscervi, come il blu scuro
marchia la scilla selvatica, il bianco
la viola di bosco.
Buon compleanno a Louise Glück, nata oggi nel 1943
Una poesia di Louise Glück, Premio Nobel
Legge non scritta
Interessante come ci innamoriamo: nel mio caso, in modo assoluto. In modo assoluto e, ahimè, spesso – così era nella mia gioventù. E sempre con uomini piuttosto giovanili – immaturi, imbronciati, o che prendono timidamente a calci foglie morte: alla maniera di Balanchine. Né li vedevo come ripetizioni della stessa cosa. Io, con il mio inflessibile platonismo, il mio fiero vedere solo una cosa alla volta: ho decretato contro l’articolo indefinito. Eppure, gli errori della mia gioventù mi rendevano senza speranza, perché si ripetevano come è di solito vero. Ma in te sentii qualcosa oltre l’archetipo – una vera espansività, un’esuberanza e amore della terra profondamente estranei alla mia natura. A mio merito, benedissi la mia buona fortuna per te. La benedissi in modo assoluto, alla maniera di quegli anni. E tu nella tua saggezza e crudeltà mi hai gradualmente insegnato l’assenza di senso di quel termine.
DaNuovi poeti americani (Einaudi, 2006).
Mezzanotte –
Alla fine la notte mi circondò;
ci galleggiavo sopra, forse dentro
o mi trasportava come un fiume trasporta
una barca, e allo stesso tempo
vorticava sopra di me,
costellata di stelle ma comunque oscura.
Questi erano i momenti per i quali ho vissuto.
Ero, mi sentivo, misteriosamente elevata al di sopra del mondo
e quell’azione che alla fin fine era impossibile
rendeva il pensiero non solo possibile ma illimitato.
Non aveva fine. Non ho bisogno, ho sentito,
di fare qualcosa. Qualsiasi cosa
sarebbe stata fatta per me, o fatta a me,
e se non fosse stata fatta, non era
essenziale.
Ero sul mio balcone.
Nella mano destra tenevo un bicchiere di scotch
in cui si stavano sciogliendo due cubetti di ghiaccio.
Il silenzio era entrato in me.
Era come la notte e i miei ricordi — erano come le stelle
in quanto erano fissi, sebbene ovviamente
se si fossero potuti vedere come fanno gli astronomi
si sarebbe visto che sono fuochi senza fine, come i fuochi dell’inferno.
Ho appoggiato il bicchiere sulla ringhiera di ferro.
Sotto, il fiume scintillava. Come ho detto,
tutto brillava — le stelle, le luci del ponte, gli importanti
edifici illuminati che sembravano fermarsi al fiume
per riprendere di nuovo, il lavoro dell’uomo
interrotto dalla natura. Di tanto in tanto ho visto
le imbarcazioni da diporto serali; poiché la notte era calda,
erano ancora piene.
Questa è stata la grande escursione della mia infanzia.
Il breve viaggio in treno che culmina in un tè di gala in riva al fiume,
poi quello che mia zia chiamava la nostra passeggiata,
poi la barca stessa che navigava avanti e indietro sull’acqua scura –
Le monete in mano a mia zia passarono nella mano del capitano.
Mi è stato consegnato il biglietto, ogni volta un nuovo numero.
Quindi la barca si è immessa nella corrente.
Ho tenuto la mano di mio fratello.
Abbiamo visto i monumenti che si susseguivano
sempre nello stesso ordine
e così ci siamo spostati nel futuro
dove si sperimentano ricorrenze perpetue.
La barca risalì il fiume e poi tornò indietro.
Si è spostata nel tempo e poi
attraverso un’inversione di tempo, anche se la nostra direzione
era sempre avanti, la prua continuava
a tracciare un sentiero nell’acqua.
Era come una cerimonia religiosa
in cui la congregazione stava
aspettando, vedendo,
e questo era l’intero punto, il contemplare.
La città andava alla deriva
metà a destra, metà a sinistra.
Guardate com’è bella la città,
ci diceva mia zia. Perché
era illuminata, immagino. O forse perché
qualcuno l’aveva detto nell’opuscolo stampato.
Successivamente abbiamo preso l’ultimo treno.
Spesso mi addormentavo, anche mio fratello dormiva.
Eravamo bambini di campagna, non abituati a tante emozioni.
Voi siete ragazzi esausti, disse mia zia,
come se tutta la nostra infanzia fosse a questo proposito
una qualità esaurita.
Fuori dal treno, il gufo stava chiamando.
Quanto eravamo stanchi quando siamo arrivati a casa.
Sono andata a letto con i calzini.
La notte era molto buia.
La luna è sorta.
Ho visto la mano di mia zia afferrarsi alla ringhiera.
Con grande eccitazione, applausi e ovazioni,
gli altri salirono sul ponte superiore
a guardare la terra scomparire nell’oceano –
Louise Glück
(TRADUZIONE DI MARCELLO COMITINI)
Louise Glück
BIOGRAFIA
Glück Louise-Premio Nobel per la Letteratura 2020. Nata a New York nel 1943, Louise Glück è una poetessa statunitense. La sua poesia evoca schegge memoriali rielaborando temi come l’isolamento e la solitudine, in un tono insieme colloquiale e meditativo. Vincitrice del premio Pulitzer con L’iris selvatico (The Wild Iris, 1993), ha convinto i critici per lo stile controllato ed elegante con cui assorbe lunghe sequenze narrative di tratto confessionale che ricordano la poesia di R. Lowell, S. Plath e A. Sexton. In Meadowlands (1997) rievoca figure mitiche come Ulisse e Penelope all’interno di una scrittura molto moderna, che racconta di un matrimonio che sta per finire. Nel 2020 vince il Nobel per la letteratura per “la sua incofondibile voce poetica che con austera bellezza rende l’esistenza individuale esperienza universale”. Louise Glück è una poetessa statunitense. La sua poesia evoca schegge memoriali rielaborando temi come l’isolamento e la solitudine, in un tono insieme colloquiale e meditativo. Vincitrice del premio Pulitzer con L’iris selvatico (The Wild Iris, 1993), ha convinto i critici per lo stile controllato ed elegante con cui assorbe lunghe sequenze narrative di tratto confessionale che ricordano la poesia di R. Lowell, S. Plath e A. Sexton. In Meadowlands (1997) rievoca figure mitiche come Ulisse e Penelope all’interno di una scrittura molto moderna, che racconta di un matrimonio che sta per finire. Nel 2020 vince il Nobel per la letteratura per “la sua incofondibile voce poetica che con austera bellezza rende l’esistenza individuale esperienza universale”.
Nel 2020 per il Saggiatore vengono pubblicati: Averno e L’Iris Selvatico. A queste segue Ararat (2021).
Un cigno nella bruma. Immagini sulla poesia di Louise Glück
Articolo di ENZA SIRIANNI
Esordisco con l’ammettere che il nome di Louise Glück mi è giunto completamente nuovo alla notizia del conferimento del Nobel. Non sono un’esperta della poesia americana contemporanea, ma ne sono attratta e, umilmente, vado esplorandola. Mai incrociata. Rovistando nelle mie cartelline, ho scoperto in un link un accenno alla poetessa, un guizzo appena, subito sommerso da una sequela di nomi soprattutto maschili, alcuni dei quali segnalati come le voci più rappresentative della odierna poesia statunitense.
A dire il vero, autori di spicco, quando la materia è ispirata da Calliope, Euterpe e Erato, in lingua straniera peraltro, per ragioni editoriali che hanno a che fare con il venale costi/ ricavi di prudentissimo calcolo, è più facile reperirli pubblicati singolarmente o in raccolte antologiche.
Può capitare di trovarli tradotti e diffusi in blog e siti vari. Ma della nostra Louise quali le tracce? Sporadiche. Chiudendo sul link menzionato, sono andata a scavare come un cane da tartufo in cerca di una rarità quale è emersa nel mercato dell’editoria italiana, la Glück. Per quanto mi riguarda, questo dato ha attenuato in me una sorta di senso di colpa per non conoscerla prima del Nobel.
Del resto, non per consolarmi, lei non era nota a tanti, un nome inatteso, che ha colto di sorpresa gli addetti. Tanto rara che non si trova un suo libro in Italia oggi, neanche a pagarlo a peso d’oro mentre, prevedibilmente, si sta provvedendo a ristamparla. Eh, sì, a parte Minimum Fax nel 2003 e Einaudi che nel 2006 l’avevano inserita in una antologia di poeti americani contemporanei (la prima a cura di Mark Strand e Damiano Abeni, la seconda a cura di Elisa Biagini) due piccole impavide case editrici italiane, Giano e Dante & Descartes, avevano osato pubblicarla senza tante storie di convenienza, in riconoscimento alla sua voce poetica. Lungimiranti o sognatori? Più la seconda. Giusto per ricordare e sottolineare quanto fosse ignorata la professoressa della Yale University che ha vinto il Pulitzer, il National Book Award, che è stata poeta laureata, che ha all’attivo parecchie raccolte di poesie. Sul numero esatto non riesco ad essere precisa, oscillando, secondo le mie informative, da quindici a undici. I francesi concordano su dodici, anche loro in difetto di conoscenza più manchevole del nostro, non avendo mai pubblicato un’antologia della poetessa newyorkese. In Francia, infatti, si trovano solo liriche sparse tradotte in riviste specializzate.
La mia ricerca, tuttavia, non è stata infruttuosa seppur indubbiamente non completa. Ho potuto leggere molti componimenti della Glück, soprattutto grazie a Massimo Bacigalupo che ha tradotto The Wild Iris e Averno. Ma ho trovato poesie tradotte da altri in raccolte più recenti. Mi sono accostata con interesse, curiosità ma con la consapevolezza che «ogni poesia è misteriosa; nessuno sa interamente ciò che gli è stato concesso di scrivere», come dice Jorge Luis Borges nel prologo di “Carme presunto e altre poesie”.
Che la Glück abbia dichiarato, non appena le hanno comunicato di essere stata insignita del premio, che con i soldi che riceverà potrà finalmente acquistare una casa nel Vermont che molto ama, me l’ha resa familiare e vicina.
Una donna che a 77 anni coltiva sogni semplici come potere avere un rifugio in mezzo ai boschi nel The Green Mountain State, è sicuramente già per questo una poetessa. Cos’è la Poesia che ci aiuta ad attraversare la bellezza e il dolore della vita, se non avercela nel cuore e nella mente, intimamente a noi connaturata, in quella sorgente inspiegabile di pensieri vaghi, erranti, gentili, gioiosi, malinconici, vibranti di emozioni che ci suggeriscono di levarci in volo, non schiacciati dalle paure, dalle angustie, dalle ambasce che solitamente affliggono la nostra specie? L’immagine che ho in mente è quella di un cigno nella bruma che si libra su uno stagno freddo, rischiarando con la sua bianca luminiscenza la nebulosa aria intorno. Ecco, per me, Louise assomiglia a questo essere alato, lei che in una delle liriche di Averno, attraverso la voce di Proserpina, esprime il desiderio di non avere più braccia ma ali.
E a lei mi piacerebbe chiedere perché la mattina vorrebbe svegliarsi contemplando abeti a perdita d’occhio, tinte di smalto nella chiarità di quiete albe, colori crepuscolari sui declivi dei monti, distese di scille azzurre, il sole frantumato in polvere d’oro tra milioni di rami, orme di una lepre sui piumoni di neve, fasci di luna sulle margherite del giardino? Se mi dicesse che la risposta la conosco già, mi sentirei a lei sorella più di quanto non lo sia per l’appartenenza allo stesso genere e per la grazia che promana dai suoi versi. Femminile. Senza concessioni a melense tentazioni, con lo sguardo asciutto e coraggioso sulle perdite che vivere comporta. Ciò che avremmo voluto e non è stato. Ciò che pensammo di avere raggiunto e si è dissolto. Ciò che invano trattenemmo e si è allontanato. Ciò che doveva accompagnarci e ci ha lasciato soli. Distacchi, separazioni.
L’amore, il più vulnerabile ai conflitti, alla fine.
Ma in te sentii qualcosa oltre l’archetipo –
una vera espansività, un’esuberanza e amore della terra
profondamente estranei alla mia natura. A mio merito,
benedissi la mia buona fortuna per te.
La benedissi in modo assoluto, alla maniera di quegli anni.
E tu nella tua saggezza e crudeltà
mi hai gradualmente insegnato l’assenza di senso di quel termine.
da Legge non scritta
Nella tenda, Achille
piangeva con tutto il suo essere
e gli dèi videro
che era un uomo già morto, vittima
della parte che amava,
la parte mortale.
da Il trionfo di Achille
E la morte? Quella fisica che più addizioniamo giorni di vita, più ci sottrae persone che conosciamo, che amiamo? Achille piange sconsolato il compagno Patroclo, Demetra è disperata per sua figlia Persefone rapita da Ade, Orfeo è impazzito di dolore per la sua Euridice morsa da un serpente.
Miti famosi che la Glück riprende dando ad ognuno l’interpretazione secondo il suo vissuto che, nella sua unicità e irripetibilità, ha l’impronta dell’universale. Del resto, il mito, con i suoi archetipi, giace come parte costitutiva dell’essere umano, dei suoi sentimenti, dei suoi sogni, delle sue paure, delle sue sfide, dei suoi limiti. Siamo fatti di fragilità e di forza. Di dolore e gioia. Di frustrazione e riscatto. Siamo una antinomia che genera dubbi, domande, spinte contrastanti dal buio alla luce e viceversa. Nascondersi, un impulso infantile mai soppresso, è una resa all’incomprensione degli altri, un riparo alla solitudine che si cura con la poesia. La terapia della “solità” in un ventre sotterraneo:
Prendevo
la metropolitana col mio libretto
come per difendermi
dallo stesso mondo
non sei sola
diceva la poesia,
nel buio del tunnel
da Ottobre
Eppure Louise bussa alle porte del Mistero in cui avverte siamo avvolti. Lo interpella, lo sfiora, gli bisbiglia, conscia che mai a lei né ad alcun altro sarà dato di comprenderlo. Non qui. Forse neanche dopo. Gli echi dickinsoniani che la critica ha rilevato nella sua poesia, restano su questo limen. Non lo oltrepassano. L’incontro che la poetessa di Amherst riteneva certo con l’Immortalità, è dubbioso per la Glück. Dio è irraggiungibile da quando fummo esiliati dal Giardino. Un Padre che imparammo a venerare ma non ad amare. Forse per questo non è della «natura umana amare ciò che ci restituisce amore».
Padre irraggiungibile, quando all’inizio fummo
esiliati dal cielo, creasti
una replica, un luogo in un certo senso
diverso dal cielo, essendo
pensato per dare una lezione: altrimenti
uguale… la bellezza da entrambe le parti, bellezza
senza alternativa… Solo che
non sapevamo quale fosse la lezione. Lasciati soli,
ci esaurimmo a vicenda. Seguirono
anni di oscurità; facemmo a turno
a lavorare il giardino, le prime lacrime
ci riempivano gli occhi quando la terra
si appannò di petali, qui
rosso scuro, là color carne…
Non pensavamo mai a te
che stavamo imparando a venerare.
Sapevamo solo che non era natura umana amare
solo ciò che restituisce amore.
Mattutino
Il giardino che è così ricorrente nei temi della Glück tanto da divenire il suo interlocutore privilegiato nella raccolta “L’Iris selvatico”, è un luogo di domande, di interrogativi sulla sua vita, su quella dei mortali, di affetti, ricordi, potature, sradicamenti, recisioni. Una metafora vegetale della nostra esistenza, eco dell’Eden da cui fummo cacciati, in cui vi è il segreto dell’origine e della fine. Nulla finisce ma tutto si trasforma in una circolarità biologica. Questa idea non elimina la difficoltà ad accettare la morte che non trova attenuazioni escatologiche né dolci segnali dall’aldilà. Duro è il richiamo della madre di Louise che cammina sui corpi dei genitori, cresciuti in erba, in Paesaggio aborigeno.
Stai calpestando tuo padre, disse mia madre,
e in effetti ero in piedi nel centro esatto
di un manto erboso, talmente curato da poter essere
la tomba di mio padre, anche se nessuna lapide lo diceva.
Stai calpestando tuo padre, ripeté,
stavolta più forte, e io cominciai a trovarlo strano
perché era morta anche lei; l’aveva ammesso persino il dottore.
Mi spostai un po’ più in là, dove
finiva mio padre e cominciava mia madre.
Tuttavia, nella medesima raccolta L’iris selvatico, quasi adirata, la Glück nega anche questa possibilità. Se la vita è una incessante rigenerazione, non è sorte che tocchi agli umani. Siamo imperdonabili, senza assoluzione che ella non concede prima di tutto a se stessa. Queste oscillazioni, non contraddizioni, sono di una donna inesausta nelle domande durante il viaggio che è la vita e in cui gli stati d’animo variano dall’entusiasmo alla delusione.
Qualsiasi cosa abbiate sperato,
non troverete voi stessi nel giardino,
fra le piante che crescono.
Le vostre vite non sono circolari come le loro:
le vostre vite sono il volo dell’uccello
che inizia e finisce nell’immobilità.
da Vento calante
E quale luogo migliore se non il giardino, riflesso del primigenio Eden, per chiedere a Dio se esiste in una domanda controsenso? E poi il puntuale ritorno alla realtà, alla sua disciplina, alle sue necessità.
Una volta credevo in te: piantai un fico.
Qui, in Vermont, terra
senza estate. Era una prova: se l’albero sopravviveva,
voleva dire che esistevi.
Secondo questa logica, non esisti. O esisti
esclusivamente in climi più caldi,
la fervente Sicilia, il Messico, la California,
dove si coltiva l’inimmaginabile
albicocca e la fragile pesca. Forse
vedono la tua faccia in Sicilia; qui a stento vediamo
l’orlo della tua veste. Devo disciplinarmi
per dividere con John e Noah il raccolto di pomodori.
da Vespro
Ma Louise, che si dibatte tra la durezza della vita e il bisogno di smussarla, accarezza l’idea di giungere alla fine credendo ancora in qualcosa. Un privilegio non concesso a tutti, nonostante siamo una somma di perdite, nonostante ci abbandoni anche il corpo. Ad esso dedica una lirica struggente, lei che lo ha maltrattato tante volte con la sua anima paurosa e brutale. Il riferimento all’anoressia di cui soffrì da giovane, pare evidente.
Corpo mio, ora che non viaggeremo più molto a lungo insieme
comincio a provare una nuova tenerezza verso di te, molto cruda e inconsueta,
come i ricordi che ho dell’amore quand’ero giovane –
l’amore che era così spesso sciocco nei suoi intenti
ma mai nelle sue scelte, nelle sue intensità.
Troppo chiedere in anticipo, troppo che non poteva essere promesso –
La mia anima è stata così paurosa, così violenta:
perdona la sua brutalità.
Come fosse quell’anima, la mia mano si muove cauta sopra di te,
non volendo recare offesa
ma impaziente, finalmente, di raggiungere l’espressione come sostanza:
non è la terra che mi mancherà,
sei tu che mi mancherai.
Il congedo dal corpo, che nell’età tarda ci denuncia la sua stanchezza, non è un congedo dalla vita, dalla poesia, dai suoi lettori. La Gluck continua con noi i suoi colloqui lucidi, visionari, confidenziali. Tanto sussurrati da planare verso il silenzio da lei amato, in cui mi sembra di udire il fugace fruscio di un cigno bianco nella bruma.
ALBA(CN)-Domenica 24 settembre 2023, nei luoghi più significativi per la relazione tra la narrativa fenogliana e la Resistenza albese, eravamo in tantissime e tantissimi a dare voce alle parole di Beppe.
La scelta di diventare partigiano o partigiana, le conseguenze della scelta e la volontà forte e cristallina di seguirla fino alla fine.
Grazie a chi ha partecipato, ai lettori e alle lettrici che hanno letto con passione e grazie sopra tutto a Giorgio Fontana, ai Contratto Sociale Gnu-Folk e a Alberto Visconti per averci accompagnato in questa decima maratona di letture!
ALBA (CN)-Centro studi Beppe FenoglioALBA (CN)-Centro studi Beppe FenoglioALBA (CN)-Centro studi Beppe FenoglioALBA (CN)-Centro studi Beppe FenoglioALBA (CN)-Centro studi Beppe Fenoglio
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