Concerto dell’Orchestra Giovanile di Jazz di Roma(OGJ)
della Scuola Popolare di Musica di Testaccio diretta da Mario Raja
Cantalupo in Sabina (Rieti)-Sabato 10 settembre secondo appuntamento nella Sabina dell’Orchestra Giovanile di Jazz di Roma(OGJ), della Scuola Popolare di Musica di Testaccio diretta da Mario Raja.
CONCERTO
Anfiteatro – via di San Biagio – Cantalupo in Sabina-
Dopo Paganico Sabino è la volta di Cantalupo in Sabina dove l’OGJ si esibirà in concerto presso l’Anfiteatro San Biagioalle ore 18,30.
L’evento è realizzato in collaborazione con il Comune di Cantalupo in Sabina.
Giunta al quinto anno di attività l’OGJ continua il lavoro sulle composizioni originali dei propri componenti e dei grandi jazzisti. Negli anni passati l’orchestra si è cimentata con il repertorio di alcuni tra i più grandi compositori/esecutori che hanno fatto la storia della musica jazz (Duke Ellington, Charles Mingus, Thelonious Monk, Kurt Weill).
Ogni musicista di jazz è un compositore estemporaneo. La pratica dell’improvvisazione, il bagaglio di competenze armoniche e di costruzione formale richieste ad ogni jazzista ne fanno potenzialmente un compositore a tutti gli effetti.
Lo stile di ogni jazzista si rispecchia nelle proprie composizioni in maniera sempre unica e riconoscibile. Il programma darà l’occasione ai giovani musicisti di mettersi in gioco e farà scoprire al pubblico aspetti inediti delle loro personalità.
Mario Raja, tra i più affermati direttori d’orchestra italiani nonché fine arrangiatore, coordina, dirige e arrangia tutti i brani che verranno presentati.
Oltre ad alcune composizioni originali verranno eseguiti brani tra i più significativi tratti dal repertorio ormai consolidato dell’OGJ (Ellington, Monk, Mingus).
L’Orchestra, formata da giovani sotto i 35 anni, è nata nell’anno 2017 per iniziativa della Scuola Popolare di Musica di Testaccio che, dopo aver indetto un bando cittadino, ha selezionato 14 giovani musicisti. Uno degli scopi principali è quello di sviluppare al meglio le potenzialità dei singoli esecutori nell’esperienza collettiva dell’organico, collocandosi come punto di riferimento anche professionale dei giovani musicisti.
Il progetto è sostenuto dalla Regione Lazio con il Fondo Unico 2022 sullo Spettacolo dal Vivo e prevede un programma complessivo di dodici concerti che si svolgeranno dal 6 luglio al 19 novembre nei Comuni di Formia, Paganico Sabino, Bassano Romano, Bassano in Teverina, Calcata, Cantalupo in Sabina, Frascati, Montasola e Roma.
L’Orchestra Giovanile di Jazz di Roma dal 2018 ad oggi ha svolto oltre 50 concerti esibendosi in vari comuni della Regione Lazio (Bassano Romano, Calcata, Civitella D’Agliano, Formia, Terracina, Grottaferrata, Itri, Ariccia, Minturno, Civitella D’Agliano, Artena, Cantalupo in Sabina, Paganico Sabino), a Villa Parisi (Monteporzio Catone) per il festival Dimore Sonore e a Roma (Ostia, Musei Capitolini, Casa del Jazz, Sala Concerti della Scuola Popolare di Musica di Testaccio, Liceo Montale, Teatro Villa Pamphili).
ORCHESTRA GIOVANILE DI JAZZ di ROMA
della Scuola Popolare di Musica di Testaccio
diretta da Mario Raja
OUR SONG 2
Francesco NOTARISTEFANO, clarinetto
Alessandro SOLDANI, clarinetto
Alessio BERNARDI, sax alto
Marta FRATINI, sax alto
Lorenzo BISOGNO, sax tenore
Matteo MARSEGLIA, sax tenore
Lorenzo BATOCCHIONI, sax baritono
Paolo CASETTI, tromba
Ludovico FRANCO, tromba
Aldo TAGGEO, trombone
Simone SANSONETTI, chitarra
Alessandro BINTZIOS, contrabbasso
Andrea SAFFIRIO, pianoforte
Evita POLIDORO, batteria
Mario RAJA, direzione e arrangiamenti
Il progetto è sostenuto dalla Regione Lazio
con il Fondo Unico 2022 sullo Spettacolo dal Vivo
FARFA-4 settembre 2022-𝗟𝗮 “𝗟𝗼𝗿𝗲𝗻𝘇𝗼 𝗕𝗶𝘀𝗼𝗴𝗻𝗼 𝟰𝗧𝗲𝘁 𝗙𝗲𝗮𝘁. 𝗠𝗮𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼 𝗠𝗼𝗿𝗴𝗮𝗻𝘁𝗶” 𝗰𝗵𝗶𝘂𝗱𝗲 𝗶𝗻 𝗯𝗲𝗹𝗹𝗲𝘇𝘇𝗮 𝗶𝗹 𝗙𝗮𝗿𝗮 𝗠𝘂𝘀𝗶𝗰!- Foto: Fara Music Hanno chiuso il 𝗙𝗮𝗿𝗮 𝗠𝘂𝘀𝗶𝗰 𝗙𝗲𝘀𝘁𝗶𝘃𝗮𝗹 e lo hanno fatto in bellezza e sintonia! Quella che li accompagna nei loro concerti ma anche nella vita di tutti giorni che li vede essere soprattutto amici, oltre che professionisti e colleghi.
Nell’accogliente spazio “into the garden” si sono esibiti lo scorso sabato supportati anche dal tempo che questa volta è stato clemente (l’appuntamento era stato rimandato per via della pioggia!) ma la musica va bene sempre, anche nelle giornate più corte. Il pubblico che ama questo genere di musica sa aspettare e torna per ascoltare con attenzione questi giovani – ma già protagonisti – musicisti jazz! Stiamo parlando della band “𝗟𝗼𝗿𝗲𝗻𝘇𝗼 𝗕𝗶𝘀𝗼𝗴𝗻𝗼 𝟰𝗧𝗲𝘁 𝗙𝗲𝗮𝘁. 𝗠𝗮𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼 𝗠𝗼𝗿𝗴𝗮𝗻𝘁𝗶”.
Abbiamo incontrato 𝗟𝗼𝗿𝗲𝗻𝘇𝗼 𝗕𝗶𝘀𝗼𝗴𝗻𝗼 – sassofonista e vincitore del Premio Internazionale Massimo Urbani – e lo straordinario pianista 𝗠𝗮𝗻𝘂𝗲𝗹 𝗠𝗮𝗴𝗿𝗶𝗻𝗶. Lo abbiamo fatto prima dell’entrata in scena. Non un’intervista ma una chiacchierata nella quale hanno dimostrato quello che sono sulla scena: rispettosi delle parti, l’uno inizia quando finisce l’altro, capaci di ascoltarsi suonando e parlando.
𝗦𝗶𝗲𝘁𝗲 𝗺𝗮𝗶 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗶 𝗮 𝗙𝗮𝗿𝗳𝗮?
“E’ la prima volta che vediamo il Borgo e l’Abbazia di Farfa e. E’ tutto meraviglioso! – 𝗹𝗮𝗻𝗰𝗶𝗮 𝘂𝗻𝗮 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 𝗲𝘀𝗰𝗹𝗮𝗺𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗟𝗼𝗿𝗲𝗻𝘇𝗼 𝗕𝗶𝘀𝗼𝗴𝗻𝗼 -. Adesso sono curioso di vederla dentro! Ma già l’atmosfera è coinvolgente e anche suggestiva per la musica che facciamo. E’ sicuramente una bella cornice per questo tipo di concerti, con un pubblico più raccolto ma sicuramente più attento. Uno scenario intimo che è nelle mie corde.”
“D’ispirazione – 𝗮𝗴𝗴𝗶𝘂𝗻𝗴𝗲 𝗠𝗮𝗻𝘂𝗲𝗹 -. Sicuramente ha delle somiglianze con la nostra terra che è vicino Assisi. Per l’esattezza io vivo a Cannara e Lorenzo a Bastia Umbra. Per me la musica è anche un atto spirituale ossia qualcosa che mette in collegamento le persone, che apre i cuori quindi non c’è luogo migliore di un luogo mistico.
E’ ovvio che si può fare musica dappertutto e che il posto è fatto anche dalle persone ma è anche evidente, almeno per me, che quando c’è un luogo come questo anche le persone vengono poste nella condizione migliore e si crea il momento, l’incontro. Anche io incontro Farfa per la prima volta.
Sono stato spesso a Fara durante le scorse edizioni del Festival. Addirittura partecipai al concorso del 2009 mentre facevo gli esami di Stato! Vinsi anche una borsa di studio, mi sembra fosse il 2014 e poi andammo a New York. Però qui è la prima volta ed ero molto curioso di conoscerla perché l’avevo sentita spesso menzionare anche dallo stesso Moccia”.
“Grazie – 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗼𝗻𝗱𝗲 𝗟𝗼𝗿𝗲𝗻𝘇𝗼. Oggi, infatti, è un’anteprima del disco che uscirà prima dell’autunno, registrato dalla Tube Recording Studio di Enrico Moccia. Ma voglio sottolineare l’importanza di questi straordinari amici e musicisti che sono Manuel Magrini al pianoforte, Pietro Paris al contrabbasso, Lorenzo Brilli alla batteria e poi ho coinvolto un grande amico musicista, compositore e trombonista che è il marchigiano Massimo Morganti. Noi quattro siamo tutti umbri. Io e Manuel viviamo vicino ad Assisi mentre Pietro e Lorenzo di Perugia”.
𝗨𝗻𝗮 𝗽𝗶𝗰𝗰𝗼𝗹𝗮 𝗮𝗻𝘁𝗶𝗰𝗶𝗽𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗼?
“Sono per lo più composizioni mie e poi ci sono un paio di arrangiamenti che di altri compositori – 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶𝗻𝘂𝗮 𝗟𝗼𝗿𝗲𝗻𝘇𝗼 -. Però è tutta musica originale. E’ la prima volta che mi cimento da compositore e quindi spero che siano fruibili. Fino adesso è stato così. Nei concerti che abbiamo fatto c’è stato un bel riscontro da parte del pubblico.
Più suoniamo, più ci diverte e più riusciamo a tirar fuori cose nuove. Lo facciamo insieme. E infatti tra i messaggi c’è senz’altro quello dell’amicizia e del lavoro che nasce proprio dalla nostra fusione. Suoniamo insieme da quando eravamo piccoli, dal Conservatorio, per cui nel disco ma anche nei nostri concerti c’è sicuramente la bellezza di un viaggio insieme, tra amici”.
“Di solito è proprio quello che dicono quando ci ascoltano – 𝗮𝗴𝗴𝗶𝘂𝗻𝗴𝗲 𝗠𝗮𝗻𝘂𝗲𝗹 -. Si sente la forza del gruppo. C’è sintonia, cosa non così scontata. La musica jazz si basa su una grande percentuale di improvvisazione, di ascolto e interazione ma, ripeto, non è così scontata.
Molto spesso c’è una separazione tra il solista e gli accompagnatori. Invece tra di noi c’è una fusione profonda e un grande lavoro di squadra. Se il solista fa bene è perché c’è la squadra sotto che fa il giusto lavoro di supporto e quindi penso che questo sia uno dei valori più importanti del gruppo. Lo dico da pianista che sta un po’ in mezzo a tutti e può osservare meglio le dinamiche dell’insieme”.
𝗥𝗶𝘁𝗼𝗿𝗻𝗲𝗿𝗲𝘁𝗲 𝗮 𝗙𝗮𝗿𝗳𝗮?
“Assolutamente sì” 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗼𝗻𝗱𝗼𝗻𝗼 𝗶𝗻𝘀𝗶𝗲𝗺𝗲 𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝘀𝘁𝗼𝗻𝗮𝗿𝗲. “Sicuramente a partire dalla mattina così facciamo una bella passeggiata per visitare l’Abbazia e scoprire i sentieri limitrofi” 𝗰𝗼𝗻𝗰𝗹𝘂𝗱𝗲 𝗟𝗼𝗿𝗲𝗻𝘇𝗼.
ROMA-E’ morto lo scrittore Raffaele La Capria, aveva 99 anni
(ANSA)-Articolo di Paolo Petroni–Era una delle voci più significative della letteratura italiana del secondo ‘900, Raffaele La Capria, che avrebbe compito 100 anni a ottobre e si è spento questa notte nell’ospedale romano Santo Spirito.
Nato a Napoli nel 1922 e dal 1950 che viveva a Roma.
Nel 1961 aveva vinto il Premio Strega con “Ferito a morte”, ritratto di Napoli e di una generazione seguita con complessi sbalzi temporali lungo l’arco di un decennio. Ha ricevuto per la sua carriera il Premio Campiello (2001), il Premio Chiara (2002), il Premio Alabarda d’oro (2011) e il Premio Brancati (2012). Nel 2005 aveva vinto il Premio Viareggio per la raccolta di scritti memorialistici “L’estro quotidiano”.
Con la sua opera di narratore, La Capria ha raccontato i vizi e le virtù della sua Napoli, dove era nato il 3 ottobre 1922. Oltre che scrittore, è stato giornalista, collaboratore di diverse riviste e quotidiani tra cui “Il Mondo”, “Tempo presente” e il “Corriere della Sera” e dal 1990 era condirettore della rivista letteraria “Nuovi Argomenti”.
Trascorse lunghi periodi in Francia, Inghilterra e Stati Uniti, per poi stabilirsi a Roma. Ha collaborato con la Rai come autore di radiodrammi e ha scritto per il cinema, co-sceneggiando molti film di Francesco Rosi, tra i quali “Le mani sulla città” (1963) e “Uomini contro” (1970) ed ha collaborato con Lina Wertmüller alla sceneggiatura del film “Ferdinando e Carolina” (1999).
È stato autore di numerosi romanzi, tra i quali “Un giorno d’impazienza” (1952), “Amore e psiche” (1973), “La neve del Vesuvio” (1988), “L’amorosa inchiesta” (2006); saggi, quali “Letteratura e salti mortali” (1990), “L’occhio di Napoli” (1994), “La mosca nella bottiglia” (1996), “Napolitan Graffiti” (1998), Lo stile dell’anatra (2001) e il saggio-intervista “Me visto da lui stesso. Interviste 1970-2001 sul mestiere di scrivere” (2002).
Ha anche tradotto opere per il teatro di autori come Jean-Paul Sartre, Jean Cocteau, T. S. Eliot, George Orwell.(ANSA)
«Jem, mio fratello, aveva quasi tredici anni all’epoca in cui si ruppe malamente il gomito sinistro. Quando guarì e gli passarono i timori di dover smettere di giocare a football, Jem non ci pensò quasi più. Il braccio sinistro gli era rimasto un po’ più corto del destro; in piedi o camminando, il dorso della sinistra faceva un angolo retto con il corpo, e il pollice stava parallelo alla coscia, ma a Jem non importava un bel nulla: gli bastava poter continuare a giocare, poter passare o prendere la palla al volo.
Poi, quando di anni ne furono trascorsi tanti da poter ricordare e raccontare, ogni tanto si discuteva di come erano andate le cose, quella volta. Secondo me tutto cominciò a causa degli Ewell, ma Jem, che ha quattro anni più di me, diceva che bisognava risalire molto più indietro, e precisamente all’estate in cui capitò da noi Dill e per primo ci diede l’idea di far uscire di casa Boo Radley.
Ma allora, ribattevo io, se si voleva proprio risalire alle origini, perché non dire che la colpa era di Andrew Jackson? Se il generale Jackson non avesse incalzato gli indiani creek lungo il ruscello, Simon Finch non avrebbe risalito l’Alabama con la sua piroga, e dove saremmo noi, a quest’ora? Eravamo troppo grandi, ormai, per risolvere la controversia a botte; consultammo nostro padre Atticus, e lui disse che avevamo ragione tutti e due.
Siccome eravamo nel Sud, per alcuni di noi in famiglia era fonte di vergogna il fatto di non contare antenati che, dall’una o dall’altra parte, avessero combattuto a Hastings. Non avevamo che Simon Finch, un farmacista cacciatore di pellicce venuto dalla Cornovaglia, la cui religiosità era superata soltanto dalla taccagneria. In Inghilterra, a Simon non era piaciuta la persecuzione nei confronti di quelli che si dicevano metodisti per mano dei confratelli più liberali, e poiché anche lui si sentiva metodista, s’era deciso ad attraversare l’Atlantico, era sbarcato prima a Filadelfia, poi in Giamaica e quindi a Mobile, e infine aveva risalito il fiume Saint Stephens. Memore dei rimproveri di John Wesley a chi spreca parole per comprare e vendere, Simon aveva fatto fortuna praticando la medicina, ma anche in questa attività si sentiva infelice perché temeva sempre di cadere nella tentazione di fare qualcosa che non avesse per fine la gloria di Dio, come mettersi addosso ori e abiti sontuosi. Così Simon, dimenticate le parole del suo maestro contro la proprietà di beni terreni, acquistò tre schiavi e con il loro aiuto fondò una fattoria sulle rive dell’Alabama, una quarantina di miglia a nord di Saint Stephens. Ritornò a Saint Stephens una volta sola, per procurarsi una moglie, e con lei originò una discendenza composta in prevalenza di figlie. Simon visse fino a tardissima età e morì ricco.»
da Harper Lee, Il buio oltre la siepe.
Foto: Mary Badham è Jean Louise “Scout” Finch nel film “Il buio oltre la siepe “,1962 di Robert Mulligan.
Il buio oltre la siepe, titolo originale To Kill a Mockingbird, è un romanzo della scrittrice statunitense Harper Lee. Pubblicato nel 1960 ebbe un immediato successo, e nel 1961 vinse il premio Pulitzer per la narrativa.
Castelnuovo di Farfa, La sera con “La V Strada” ovvero “I vecchi amici” in concerto-tributo all’Estate Castelnuovese .
Castelnuovo di Farfa 14 agosto 2021-Piano e forte, dolcezza e energia, questo e molto altro è “La V Strada”, pronta sempre a tornare sulla Piazza Comunale di Castelnuovo. Anche ieri sera sono tornati ad abbracciare i loro fan , vecchi e nuovi, in una dimensione più intima , causa Covid19 e, allo stesso tempo, affascinante . Credo che “La V Strada” sia l’unica cosa che possa e sappia unire le anime dei “DUE CASTELNUOVO”. Credo anche che nessuno possa mettere, per fortuna, “il cappello” su questo “patrimonio culturale castelnuovese ”. A mio avviso, “La V Strada”,è stata la dimostrazione di come noi Castelnuovesi vogliamo e possiamo riprendere il posto nel panorama culturale della Sabina.Ho riascoltato e navigato nell’infinito blu della fantasia con brani che hanno sottolineato, segnato , oramai, tante generazioni di Castelnuovesi. Ho ascoltato brani amati da noi tutti, non come “prodotto secondario” della musica a “buon mercato”, ma , lo confesso, con una velata e dolce malinconia e mi sono così trascinato o cullato all’interno delle estati Castelnuovesi dove ,NOI Tutti Castelnuovesi, eravamo i protagonisti e creatori di Eventi. Grazie alla band musicale “La V Strada”, vero testimonial perfetto per un Castelnuovo che vuole “ ripartire” offrendo il meglio di se stesso nello scenario suggestivo della Sabina ,che ha fatto e farà da cornice a questo “nostro “ ritornare , lo speriamo tutti,ad essere LA PERLA DELLA SABINA. “La V Strada” ha sintetizzato ed è, a mio avviso, la scossa di energia positiva necessaria per lasciare, finalmente, che il tempo riprenda a scorrere e che scandisca attimi e momenti delle nostre vite che entreranno a far parte dei nostri ricordi più belli.
Un GRANDE GRAZIE alla band musicale “LA V STRADA”.
Franco Leggeri, castelnuovese
P.S.La nota negativa della serata è stata, ahimè, un signor NESSUNO il quale come “un sassolino” nella scarpa interveniva a rompere sistematicamente l’atmosfera della dolce serata estiva castelnuovese. Ho chiesto in giro chi fosse questo signor NESSUNO, mai visto nelle manifestazioni e nelle Estati castelnuovesi, ma nessuno lo conosce, appunto, perché mai visto nelle Manifestazioni Castelnuovesi.Per dirla con Fortebraccio quando descriveva un parlamentare italiano, :” Chi è sceso dall’auto del Ministero ?.. il signor NESSUNO”.
Con immensa gioia vi annunciamo che siamo risultati vincitori del bando della Regione Lazio“Officine Teatro Sociale”,col sostegno del Comune di Rocca Sinibalda,sede del nostro teatro.
Presto inizieremo un percorso di scoperta del teatro coi detenuti del carcere di Rieti e con le persone anziane di Rocca Sinibalda; Anna Mingarelli sarà la direttrice artistica e svolgerà i laboratori con Desireé Proietti Lupi, Mattia Caroli si occuperà dell’agenzia stampa.
Dopo il periodo di chiusura dovuto all’emergenza epidemiologica, venerdì 22 ottobre con la proiezione del film “Io sono Babbo Natale”, il Cinema Mancini riaprirà le porte al pubblico per un evento eccezionale. In questi mesi, l’Amministrazione comunale, grazie al lavoro di Riccardo Varone Sindaco, dell’assessora alla Cultura Marianna Valenti Assessora, ha cercato di affiancare, unire e coinvolgere tutte le realtà territoriali e istituzionali interessate a difendere un patrimonio indispensabile per tutta la comunità, per trovare la soluzione giusta che potesse dare nuova vita a un presidio di cultura insostituibile come il Cinema Mancini. Così, grazie alla collaborazione tra Regione Lazio, Festa del Cinema di Roma e Icm Monterotondo, grazie all’impegno e all’encomiabile lavoro della Responsabile Ufficio Cinema – Presidenza della Regione Lazio, Giovanna Pugliese oggi possiamo festeggiare, seppur per una sera, la riapertura del Cinema Mancini. Questa proiezione è un primo passo verso una ripresa definitiva delle attività, che non è un traguardo scontato, il percorso è appena cominciato e c’è ancora un pezzo di strada da fare! Già da venerdì contiamo di poter annunciare importanti novità per il Cinema Mancini. In futuro, però, ci sarà bisogno di tutto il sostegno possibile da parte della cittadinanza, ora che è di nuovo possibile riempire i cinema iniziamo a farlo da quello a noi più caro, torniamo tutti a godere a pieno del fascino del luogo dei film per eccellenza, torniamo alla magia irripetibile del grande schermo. Di seguito tutte le informazione per prenotare il proprio posto per la proiezione di venerdì: 19.00 inizio ingresso 19.30 inizio film 180 posti su prenotazione via e-mail per un numero massimo di 4 biglietti a persona Come si prenota Basta inviare una e-mail a info@folias.it dalle 13.00 di lunedì 18/10/2021 fino alle 13.30 di giovedì 21/10/2021 indicando: Nome e cognome N. Documento Telefono Cellulare (SOLO della persona che invia e-mail) N. di posti che si vuole prenotare (fino a un massimo di 4) Il giorno della proiezione è obbligatorio mostrare all’ingresso: Documento Green pass Conferma della prenotazione e-mail stampata o sul cellulare Solo Per info (e non prenotazioni) 0690085620
Toffia 8 luglio 2020-E’ nata l’Associazione Culturale DEA SABINA. La nostra Associazione nasce come una “felice anomalia” all’interno del già ricco panorama culturale della nostra Sabina. Le esperienze culturali di noi Soci fondatori sono molto diverse, ma complementari e questo ci ha confermato ch’è possibile soddisfare le esigenze e aspettative di un pubblico , sempre più raffinato, interessato alla Poesia e all’ Arte senza trascurare il cinema e la fotografia. Dea Sabina sarà la casa e la voce di tutti gli Artisti che vorranno condividere i nostri obiettivi . Dea Sabina vuole essere un’infinità di combinazioni artistiche e Casa di tutte le Muse. Inizieremo la nostra storia con l’edizione del “Quaderno n°1” dei Poeti e Artisti sabini. Noi Soci fondatori siamo consapevoli che come ha scritto Kafka:” Da un certo punto in avanti non c’è più ritorno, è questo il punto da raggiungere”.
Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
ROMA-Municipio XIII- PIETRO GERMI, Il grande regista, è sepolto nel Cimitero di Castel di Guido
Ricerche bibliografiche e foto originali sono di Franco Leggeri
Il grande regista PIETRO GERMI è sepolto accanto alla sua prima moglie Anna Bancio nel cimitero di Castel di Guido. Pietro Germi volle che fossero incise sulla sua tomba le parole, prese dalla liturgia di Pentecoste: «Vieni, Spirito Creatore. Vieni, Santo Spirito. Vieni, Padre dei poveri. Vieni, luce dei cuori».
«Germi non sa di essere profondamente cristiano, e dire che qui va all’osso del cristianesimo». È il giudizio inaspettato e molto lusinghiero con cui don Zeno Saltini (1900-1981) il leggendario prete di Carpi e fondatore di Nomadelfia salutò la proiezione in anteprima (presente tra gli altri Vittorio De Sica), il 19 ottobre 1950, nel bel mezzo del giubileo pacelliano, del film Il cammino della speranza di Pietro Germi (1914-1974). La pellicola, tratta dal romanzo Cuore negli abissi di Nino Di Maria, narra le disavventure di un gruppo di minatori siciliani nel tragico esodo con i familiari verso la Francia. Un giudizio e una stima che porterà il fondatore di Nomadelfia a intrecciare, da quella data, una lunga amicizia fatta anche di lettere e di biglietti d’auguri con il maestro del neorealismo italiano tra il 1950 e il 1969. Un giudizio, quello di don Zeno, che ci fa tornare con la mente oggi – a cento anni dalla nascita del grande cineasta genovese, avvenuta il 14 settembre del 1914 – alle tante pellicole in cui è presente, a volte sottotraccia, il suo retroterra cattolico da L’uomo di paglia e Il Ferroviere a L’immorale. Pellicole in cui i protagonisti sono quasi sempre dei poveri cristi, dei falliti caduti in un baratro di contraddizioni.
A testimonianza di tutto questo è ancora oggi il ricordo di Carlo Rustichelli, il musicista e compositore italiano autore delle più indovinate colonne sonore dei film di Germi e vero tramite dell’amicizia tra l’artista genovese e il prete “ribelle” di Carpi (per il quale scrisse il famoso Inno di Nomadelfia): «Lui era convinto di essere miscredente ma, verso la fine della sua vita, ho capito che non era vero. Anche nel suo modo di narrare e lavorare alle sceneggiature, ho scoperto solo alla fine che seguiva un binario spirituale, umano in senso religioso, decisamente monoteista.
Avvertiva l’esistenza di qualcosa di superiore e ne L’immorale con Tognazzi, ad esempio, ciò si percepì: fu per me una sorpresa».
E forse non è un caso che lo stesso Germi ammise che proprio in un film come Il cammino della speranza di aver avuto come riferimento ideale «i temi fondamentali della morale cristiana». E sarà lo stesso regista a spiegare in un’intervista del 1949 alla “Rivista del Cinematografo” i suoi punti di incontro con il cristianesimo: «Il cinema italiano, in quanto meno viziato degli altri da conformismo ipocrita, in quanto più degli altri fermentante di problemi morali, in quanto più degli altri capace di una spoglia ed umile attenzione verso gli umili e i sofferenti è senza dubbio tra i più adatti ad esprimere non convenzionalmente i valori del cristianesimo». E rilevante sarà in occasione del referendum del 1946, il suo giudizio su come considera veramente la religione, lontana dai fariseismi di un certo cattolicesimo forgiato sul «Dio dei preti e di certi democristi…».
Probabilmente tutto questo aiuta a spiegare il cemento su cui si plasmò l’amicizia molto intima con un prete “fuori dai canoni tradizionali” come don Zeno Saltini. Tra i due subentreranno, nel corso degli anni, non solo stima ma un costante rapporto epistolare dove affiorerà il consenso del sacerdote emiliano per l’attenzione di Germi al cristianesimo delle Beatitudini, agli umili, ai dimenticati presenti in molte sue pellicole o la sua ammirazione – come racconterà in una lettera – per Francesco d’Assisi. Ma non solo. Germi confiderà all’amico di aver realizzato nel 1944 una sceneggiatura mai utilizzata dal titolo Vita di Gesù.
La scoperta fu fatta, quasi per caso nel 2004, consultando l’archivio di Nomadelfia e sfogliando questo carteggio dallo storico del cinema Marco Vanelli. «Quello che colpisce di questo soggetto – racconta il critico e direttore della rivista “Cabiria” – è la prospettiva con cui viene raccontata la vita di Gesù con gli occhi di Giuda. Il personaggio per come viene qui presentato è un discepolo desideroso di amare il Nazareno, ma incapace di riconoscerlo come Messia».
L’epistolario fa inoltre emergere anche aspetti particolari come l’invito di Germi ai nomadelfi per un impegno concreto al rinnovamento della società italiana o la richiesta di don Zeno, quasi un “tormento” per il regista di realizzare un documentario dedicato a Nomadelfia, sulla falsariga de Il cammino della speranza.
Il rapporto fra il sacerdote e l’artista genovese continuerà per anni. Ne sono testimonianza anche il sostegno economico elargito da Germi a Nomadelfia ma anche i tanti biglietti o piccoli scritti. Come quello del 22 gennaio 1962 in cui il sempre schivo Germi scriverà all’amico per giustificare la sua assenza in occasione del ritorno di don Zeno a celebrare Messa dopo 8 anni: «Ti sono comunque vicino con tutto il mio cuore di miscredente».
Ma l’anima sotterraneamente religiosa di Germi, di un uomo sulla soglia del sacro affiorerà ancora in un’intervista rilasciata a Gideon Bachmann nel 1966 in cui il cineasta genovese affermerà di credere in un modo del tutto personale a una sua «idea di Spirito Santo» e metterà in guardia dai rischi di «indifferenza verso il fatto religioso»; rilevante in quel colloquio saranno le parole spese da Germi per il clero italiano da lui considerato «cemento sociale» per molte regioni italiane e la sua ammirazione per «papa Giovanni XXIII».
Tutto questo forse ci aiuta a capire la scelta dell’artista genovese a partecipare al film di Ermanno Olmi su Angelo Giuseppe Roncalli E venne un uomo (1965) in cui vestirà i panni del padre del Papa Buono, Giovanni Battista Roncalli. «In Germi vive sottotraccia una contrastata spiritualità – riflette il critico cinematografico Vanelli – attestata, ad esempio, dal personaggio da lui interpretato nel film L’uomo di paglia dove di fronte all’edicola di una Madonna non riesce a farsi il segno della croce ma porta la mano destra all’altezza della fronte e poi si aggiusta il cappello. Anche qui non vuole conformarsi alla prassi ufficiale ecclesiale: c’è sempre un uomo che si dichiarava miscredente ma che insegnava le preghiere ai figli. E di tutto questo ho trovato conferma e riscontro nei ricordi della figlia Marialinda». E aggiunge un particolare inedito ai più: «Certamente singolare è stata anche la sua amicizia con un altro sacerdote e parroco a Roma della chiesa di San Lorenzo in Lucina come don Piero Pintus con il quale spesso si è confrontato sui temi della fede e della morale».
-Pietro Germi a Nomadelfia- Articolo pubblicato dal giornale della CEI “l’AVVENIRE”-sintesi e ricerche storiche di Franco Leggeri per l’Associazione CORNELIA ANTIQUA
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