Alla fine del 1983 prima di iniziare le riprese di “Paris, Texas”, Wim Wenders viaggia per mesi attraverso il West americano, dal Texas all’Arizona, dalla California al New Mexico, munito della sua Makina-Plaubel 6×7. Wenders si lascia catturare dalla straordinaria vastità e bellezza di un paesaggio imbevuto di luce e di colore, sperando di «migliorare la mia comprensione, la mia sintonia con quella luce, quel paesaggio». Lo sguardo professionale del regista e la meraviglia dell’europeo che nel West cerca di cogliere la terra originaria del “sogno americano” costituiscono il fascino di questa raccolta di immagini, singolare e irripetibile. Nel 2001 Wenders torna nella sonnolenta cittadina di Paris e scatta nuove fotografie, questa volta con una Fuji 6×4,5. È la testimonianza di una fascinazione rimasta intatta, un viaggio dell’artista nei propri ricordi. Si aggiunge un nuovo essenziale capitolo al classico Scritto nel West, ora Revisited. Con il poscritto dell autore “I like Paris in the winter”.
Viaggio intorno ai personaggi nelle opere di Verdi, Donizetti, Puccini, Giordano e Leoncavallo
ZECCHINI Editore-Varese
DESCRIZIONE
Le troppe finestre su regge e dimore consentono occhiate su segreti della grande Storia e altrettanto avviene pei modesti spiragli su stanzette e mansarde, pur sempre storia questa, al pari di quella, di un’umanità effettivamente vissuta: che sia stato presso le Corti di Spagna, di Francia o d’Inghilterra, o da uno Chénier poeta di sociali appelli o, non ultimi, da bohémien e guitti dell’umana commedia. È questo che abbiamo inteso fare narrando di un ulteriore gruppo di Reinventati dal Vero, questa volta in chiave anche maschile, condividendo col lettore tanti grandi e piccoli amori, onori e disonori, sollievi e cadute che Verdi, Donizetti, Puccini, Giordano e Leoncavallo hanno eternato per il tramite dell’amata Musica.
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Brighton…..where else could you find such a variety in a small area in a short space of time-
Brighton è una città balneare inglese. Situata a circa un’ora in treno a sud di Londra, è una destinazione molto amata per le gite in giornata. La sua ampia spiaggia di ghiaia è caratterizzata da sale giochi ed edifici in stile regency. Il Brighton Pier, nella sezione centrale del lungomare, è stato inaugurato nel 1899 e ora ha di giostre e punti di ristoro. La città è nota anche per la vita notturna, la scena artistica, i negozi e i festival.
Qualche giorno fa ho incontrato, a Roma, Marino Festuccia, fotografo classe 1984, originario di Rieti, che collabora con studi d’arte ed è molto richiesto per l’ottima qualità del suo lavoro. È un fotografo autodidatta che, nel corso degli anni, ha frequentato altri fotografi e numerosi studi d’arte attingendo a idee nuove e a nuove ispirazioni, imparando direttamente sul campo. Ha trovato particolarmente stimolante, edificante e creativo lavorare con i nudi, partire da essi e “costruire” su di essi, storie, momenti e situazioni.
D: Ciao Marino, vorrei subito chiederti qual è il tuo punto di partenza o di riferimento.
R: La mia base di partenza è il nudo, inteso come una tela bianca dalla quale partire per costruire qualcosa che abbia un’identità specifica e contraddistingua il soggetto fotografato senza alternarne le sue caratteristiche.
D:Perché ritieni il nudo una tela bianca?
R: Perché come in una tela bianca posso aggiungere i miei “colori” che sono accessori ed abiti che parlano della persona che li indossa.
D: Hai mai trovato delle difficoltà in questo senso?
R: Sì, spesso questa “tela bianca” ha bisogno di un aiuto, a volte incontro difficoltà a tirare fuori l’essenza del soggetto dal dettaglio e, in questi casi, supplisco con l’aiuto dell’ambiente. Uno sfondo può dire tanto e quanto un dettaglio, è un asso nella manica che, a volte, utilizzo anche quando ho pochissimo tempo o subentrano altre problematiche.
D: Possiamo quindi dire che il tuo è un lavoro di addizione?
R: Sì, ma è anche di sottrazione e, forse, parto proprio da questo. Io spoglio il corpo e dal nulla incomincio ad aggiungere dettagli chiarificatori che diano identità al soggetto ed evidenzino le sue caratteristiche. Non è un lavoro semplice, lavoro solo con le immagini, e quindi necessito di un processo di rielaborazione completo che parli da sé senza usare le parole. In un immagine si nasconde un gran lavoro sia estetico che meditativo.
D: In questo periodo sei alle prese con un nuovo progetto fotografico. Puoi dirci qualcosa?
R: Certamente. Il progetto è anche visitabile su Instagram alla pagina https://www.instagram.com/younalogue/ che è anche il nome del progetto (Younalogue), nato da poco e che, per la prima volta, nasce direttamente dal nulla ed è il mio primo progetto personale che attraverso il nudo sonda la percezione umana del proprio corpo. Realizzo le foto con pellicole da 35 mm scadute, poiché l’emulsione sulla pellicola diventa instabile e non hai il controllo totale sul risultato, cosa che invece conosci con pellicole normali e non ancora scadute.
D: Chi sono i soggetti scelti per “Younalogue”? Cerchi soggetti con caratteristiche in particolare?
R: No, e forse è questa la particolarità del progetto. Io, per natura, sono una persona molto empatica e la gente, spesso, si apre con me, mi racconta cose private, cerca il confronto. Partendo da questo, e da persone che avevano visto già delle foto, in modo spontaneo e naturale molti soggetti chiedono di poter posare sfidando, a volte, l’imbarazzo della nudità.
D: Puoi spiegarmi meglio questo passaggio?
R: Come ho già detto amo stare in mezzo alla gente, mi piace confrontarmi e dialogare con le persone. Voglio che mi conoscano e voglio conoscerle. A volte il raccontarsi fa crollare delle barriere e infonde coraggio soprattutto in chi non ha un’autostima del proprio corpo. E’ questa la parte più difficile del progetto: entrare in relazione con queste persone e portarle piano piano verso questa esperienza. La maggior parte delle persone mostra un atteggiamento conflittuale con il proprio corpo, vuoi per delle cicatrice, vuoi perché non risponde agli standard che il mondo sembra richiedere. A questo, però, le persone associano un rapporto emotivo con la foto che le fa avvicinare a quest’idea che sto portando avanti. Loro sanno che le foto non sono modificate e, nonostante questo, si spogliano concretamente dei vestiti e metaforicamente delle loro paure. Mostrano i loro inestetismi come segni di battaglie vinte, di periodi bui, diventano i simboli di decine di sfide personali che queste persone hanno affrontato. Vengono fotografati per quello che sono, persone comuni, non cerco modelli. Voglio cogliere quell’imperfezione che unisce tutti gli esseri umani. Con questi scatti, attuano un superamento della loro vergogna e la cicatrice o qualunque altro inestetismo simboleggia una sofferenza relegata al passato.
D: E’ un progetto, quindi, che ha una finalità sociale?
R: No! L’idea è nata come un progetto estetico che, però, con il tempo, ha acquisito moltissime sfumature e questa cosa mi ha dato nuova linfa per continuare allargando il mio raggio d’azione. Se a Roma io come spazio utilizzo lo studio fotografico La Loggia Bianca di Roma Est, sto iniziando a ricevere sempre più richieste da altre regioni d’Italia e, pertanto, sto pensando a dei punti di raccolta in alcune città come Milano, Olbia, Bologna, Firenze, Torino e Napoli, alcune delle quali ancora da definire meglio. Ho fatto questa scelta anche per permettere a chi è più lontano di avere, comunque, la possibilità di far parte di questo progetto che stupisce anche me giorno dopo giorno.
D: Come si avvicinano i potenziali soggetti al progetto?
R: Attraverso la circolazione delle sito e della pagina Instagram molti possono venire a contatto con questo mio lavoro. Ricevo molte telefonate e gli incontri non sono subito finalizzati allo scatto. A volte, delle persone possono incontrarmi più di una volta e solo in un secondo momento, in totale autonomia, decidono di spogliarsi. Io non lo chiedo mai, attendo silenziosamente che la cosa parta da loro, ritenendo questo aspetto fondamentale ed interpretato come un momento di fiducia che loro mi concedono.
D: Come procedi?
R: La base di partenza è un nudo integrale, poi loro in modo spontaneo decidono come posizionarsi. Preferisco che la cosa sia assolutamente spontanea affinché loro si sentano sempre a loro agio. Lo scatto avviene mentre parliamo, raccontiamo storie, aneddoti, o ascoltiamo della musica che fa da sfondo al momento. Poi, però, mi focalizzo su dei dettagli, su scorci del corpo che parlino da sé. E quando sento dire che le foto parlano da sole, nonostante il piccolo dettaglio, sento di aver raggiunto quell’obiettivo di dialogo totale con chi ha posato per me.
D: Questo ti permetterà di fare nuove conoscenze e allargare i tuoi orizzonti.
R: Decisamente sì. Come già detto amo stare tra la gente e poterlo fare mi fa sentire un privilegiato, ringrazio le persone che vengono da me e si aprono, anche se poco alla volta. Grazie a questo progetto sto conoscendo anche una nuova parte di me stesso, il confrontarmi con gli altri mi permette di acquisire nuova esperienza e nuove sfumature. Il mio ulteriore obiettivo è quello di arrivare a spogliami io, sia in senso fisico che emotivo ma, per farlo sento che devo ancora nutrirmi delle esperienze altrui.
D: Prima hai detto che questo è il tuo primo vero progetto. Prima non avevi mai fatto una cosa simile?
R: No, ho lavorato tantissimo con artisti, musicisti, modelle e ho acquisito esperienza. Grazie all’incoraggiamento di alcune persone a me molto vicine ho intrapreso questo viaggio più consapevole dei miei mezzi e contento di creare qualcosa che porti la mia impronta. Ho capito che era arrivato il momento di fare qualcosa di assolutamente personale, una ricerca che andasse al di là della finalità commerciale o lavorativa. L’idea tecnica del progetto è di realizzare 1000 scatti, ovviamente selezionati, per realizzare un’esposizione e poi, magari, un libro.
D: Bene Marino, grazie per il tempo che mi hai dedicato. Devo dire che il tuo progetto ha delle idee davvero interessanti e ti auguro buona fortuna per tutto!
Il confronto con l’inevitabile modello delle tragedie di Corneille e Racine, le raffinate strategie di seduzione del pubblico, i presupposti filosofici di drammi a lieto fine ma ricchi d’ambasce e poveri di letizia, il rapporto con l’opera coeva di Giambattista Tiepolo e l’influenza postuma esercitata sui libretti di Da Ponte sono l’oggetto dei sei densi capitoli di questo saggio dedicato al teatro di Pietro Metastasio (1698-1782). Davanti al lettore sfilano così personaggi e situazioni drammatiche che danno voce e figura alle aspirazioni profonde e ai temuti fantasmi del Rococò, stagione di una civiltà sospesa fra l’eredità tardo barocca e l’annuncio del travaglio di fine Settecento. Espressi in uno stile personalissimo e capace di assorbire con apparente naturalezza tradizioni letterarie diverse, il desiderio e l’impossibilità della trasparenza del cuore, l’utopia di felicità private e dimentiche dei doveri, l’antinomia fra piacere e verità, fra passioni e ordine razionale, sapranno ancora parlare alla sensibilità dei primi romantici prima d’entrare nel lungo cono d’ombra che ancora offusca la ricezione di questo protagonista della cultura europea del Settecento. Con rigore metodologico e apertura interdisciplinare, grazie a una scrittura tersa, severa adesione ai testi e al costante dialogo con la letteratura critica, questo studio, cui una costruzione progressiva e circolare e la frequenza di richiami interni garantiscono unità nella varietà prospettica, restituisce ora una piena intensità di senso all’opera di Metastasio.
AUTORE-GIOVANNI FERRONI (Firenze 1982) è docente e ricercatore di Letteratura italiana presso l’Università degli Studi di Padova. Si è occupato prevalentemente di testi e autori del Rinascimento.
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“Le Sabine” è un dipinto ad olio su tela di grandi dimensioni – misura infatti 385 x 522 – eseguito da Jacques-Louis David tra il 1796 e il 1799 ed esposto a Parigi al Museo del Louvre. Il soggetto non rappresenta il RattodelleSabine da parte dei Romani, tema già trattato da Giambologna e Poussin, per esempio, ma un episodio leggendario delle origini di Roma nell’VIII secolo, di cui parlano Plutarco e Livio (Ab Urbe condita, I, 9, 5-10).Si tratta di un dipinto di genere storico appartenente alla corrente neoclassica, che segna un’evoluzione nello stile di David dopo la Rivoluzione francese e qualificato da lui stesso come puramente greco. David iniziò il dipinto all’inizio del 1796 e la sua realizzazione durò quasi quattro anni. Il maestro fu assistito da Delafontaine, responsabile della documentazione, e da Jean-Pierre Franque, che in seguito fu sostituito da Jérôme-Martin Langlois e da Jean-Auguste-Dominique Ingres. David dipinse Le Sabine senza aver ricevuto da qualcuno la commissione del quadro e alla fine del 1799 espose il dipinto al Louvre nell’ex gabinetto di architettura.
Nonostante la sua mostra fosse a pagamento, LeSabine attirò un gran numero di visitatori fino al 1805.
Anche la scelta di esporre un quadro e di farlo vedere previo pagamento di un biglietto d’entrata, può sembrare a noi moderni un fatto normale ma, nella mentalità del tempo, costituì un importante passo avanti nella definizione della libertà creativa dell’artista, il quale, precedentemente alla Rivoluzione, era stato in qualche modo sottomesso alla volontà della committenza: per la Francia, in particolare, a quella del re. In questa occasione, David scrisse un testo che giustificava sia questa forma di esposizione sia la nudità dei guerrieri che avevano scatenato grandi polemiche.
Dopo l’espulsione degli artisti dal Louvre tra cui lo stesso David, il dipinto fu spostato nell’ex chiesa del Collegio Cluny in Place de la Sorbonne che fungeva ormai da personale laboratorio di David. Nel 1819 David vendette LeSabine e la sua tela gemella LeonidaalleTermopili” ai musei reali per 100.000 franchi. Prima esposto al PalaisduLuxembourg e, dopo la morte del pittore, il dipinto tornò al Louvre nel 1826.
Fazi Editore –Hilary Mantel:”È nelle librerie «La ragazza giusta» un romanzo di Elizabeth Jane Howard, finora inedito in Italia che delizierà tutti i lettori affezionati all’autrice della saga dei Cazalet. Traduzione dall’inglese di Manuela Francescon.
In una Londra di fine anni Settanta trascina i suoi giorni il giovane Gavin, un timido e sensibile parrucchiere di modesta estrazione. Il suo mestiere lo porta a essere il confidente di molte donne: con loro Gavin è brillante e prodigo di consigli, mentre è assai goffo con le ragazze che gli piacciono. Ha anche un caro amico, un ragazzo omosessuale di nome Harry. È proprio lui a rimescolare le carte della vita del giovane aprendogli le porte della mondanità e portandolo a una festa presso una casa aristocratica. La padrona di casa, Joan, è una donna adulta molto carismatica, colta, capace di sfidarlo intellettualmente, e Gavin ne è subito irretito. Quella sera, però, conosce anche la giovanissima Minerva: ricca e infelice, cresciuta in un ambiente indifferente e anaffettivo, ha un disperato bisogno di attenzioni. Dopo aver sperimentato, non senza scottarsi, i due opposti modelli femminili, Gavin sembra finalmente accorgersi dell’esistenza di una ragazza che gli è sempre stata molto vicina…
Elizabeth Jane Howard confeziona una frizzante commedia punteggiata di ironia – all’epoca dell’uscita al terzo posto nelle classifiche inglesi dopo Frederick Forsyth e Wilbur Smith –, da cui fu tratto un film girato da Randal Kleiser, il regista di Grease, con Lynn Redgrave e Helena Bonham Carter.
«Che romanzo fantastico: divertente, commovente e molto intelligente. Molte, molte congratulazioni».
Angus Wilson
«Ciò che affascina Howard sono le bugie e le verità che ci raccontiamo… Il suo tocco abile si sente ancora una volta».
«The Telegraph»
«Elizabeth Jane Howard è una scrittrice che dimostra attraverso il proprio lavoro a cosa serve un romanzo. Ci aiuta a fare quello che è necessario: aprire occhi e cuore».
Articolo di Alfred Einstein per la Rivista PAN n°4 Aprile 1935
Biblioteca DEA SABINA- JOHANN SEBASTIAN BACH e L’ITALIA -Rivista PAN n°4 Aprile 1935
Alfred Einstein (Monaco di Baviera, 30 dicembre 1880 – El Cerrito, 13 febbraio 1952) è stato un musicologo, critico musicale e accademico tedesco naturalizzato statunitense
Biografia
Alfred Einstein, cugino del celeberrimo fisico Albert, iniziò la sua carriera come critico musicale del Berliner Tageblatt nel 1927. Si trasferì prima a Londra, nel 1933, poi in Italia dal 1935 al 1938, e in ultimo negli Stati Uniti a partire dal 1939. Negli USA insegnò presso lo Smith College di Northampton nel Massachusetts, alla Columbia University di New York, ad Ann Arbor, a Princeton e infine alla Julius Harrt School of Music di Hartford in Connecticut. Si ritirò dall’insegnamento nel 1950 per motivi di salute, dopo aver preso la cittadinanza statunitense nel 1945. Fu molto conosciuto all’epoca anche per l’approccio, dai toni spesso forti, tenuto nella sua attività di critico musicale.
Biography
Einstein was born in Munich. Though he originally studied law, he quickly realized his principal love was music, and he acquired a doctorate at Munich University, focusing on instrumental music of the late Renaissance and early Baroque eras, in particular music for the viola da gamba. In 1918 he became the first editor of the Zeitschrift für Musikwissenschaft; slightly later he became music critic for the Münchner Post; and in 1927 became music critic for the Berliner Tageblatt. In this period he was also a friend of the composer Heinrich Kaspar Schmid in Munich and Augsburg. In 1933, after Hitler’s rise to power, he left Nazi Germany, moving first to London, then to Italy, and finally to the United States in 1939, where he held a succession of teaching posts at universities including Smith College, Columbia University, Princeton University, the University of Michigan, and the Hartt School of Music in Hartford, Connecticut.
Einstein not only researched and wrote detailed works on specific topics, but wrote popular histories of music, including the Short History of Music (1917), and Greatness in Music (1941). In particular, due to his depth of familiarity with Mozart, he published an important and extensive revision of the Köchel catalogue of Mozart’s music (1936). It is this work for which Einstein is most well known.[1] Einstein also published a comprehensive, three-volume set The Italian Madrigal (1949) on the secular Italian form, the first detailed study of the subject. His 1945 volume Mozart: His Character, His Work was an influential study of Mozart and is perhaps his best known book.
Saggi e contributi
Revisione del Catalogo Köchel delle opere di Mozart, 1937
Repertorio bibliografico di E. Vogel, 1945-1948
Studio sulla musica vocale profana stampata in Italia dal ‘500 al ‘700, 1945-1948
Opere
Musica tedesca per viola da gamba (Zur deutschen Literatur für Viola da Gamba im 16. und 17. Jahrhundert, Diss. München), 1903.
Geschichte der Musik, Berlin, Teubner, 1917.
Heinrich Schütz, Kassel, Bärenreiter, 1928.
Gluck. La vita – Le opere (Gluck, 1936), Milano, Fratelli Bocca Editori, 1946. – I Dioscuri, 1990.
Breve storia della Musica (A Short History of Music, 1937; rev. 1938; 1947), traduzione di E. Pasquali, Firenze, La Nuova Italia, 1960. – Milano, BUR, 1979; Milano, SE, 2008; Milano, Mondadori, 2011.
Canzoni Sonetti Strambotti et Frottole. Libro Tertio (Andrea Antico, 1513), 1941.
Greatness in Music, Oxford University Press, 1941.
Golden Age of the Madrigal: Twelve Five-Part Mixed Choruses. G. Schirmer, Ney York, 1942.
W.A. Mozart. Il carattere e l’opera (Mozart: His Character, His Work, 1945), traduzione di L. Lotteri, Milano, Ricordi, 1951.
La Musica nel periodo romantico (Music in the Romantic Era: A History of Musical Thought in the 19th Century, 1947, rev. 1949), traduzione di Adele Bartalini, Firenze, Sansoni, 1952.
The Italian Madrigal (3 voll.), Princeton University Press, 1949.
Schubert (Schubert. A Musical Portrait, 1951), Edizioni Accademia, 1970.
Relationship to Albert Einstein
While one source (1980) lists Alfred as a cousin of the scientist Albert Einstein,[2] another claims (1993) that no relationship has been verified.[3] Some websites claim they were both descended from a Moyses Einstein seven generations back, hence they were sixth cousins.[4] In 1991, Alfred’s daughter Eva stated that they were not related.[5] On the other hand, she wrote in 2003 that they were fifth cousins on one side, and fifth cousins once removed on the other, according to research by George Arnstein. They were photographed together in 1947 when Albert Einstein received an honorary doctorate from Princeton, but they did not know that they were distantly related.[6]
Works
Gluck (Master Musicians Series-Series Editor Eric Blom), translated by Eric Blom, J. M. Dent & Sons LTD, 1936
A Short History of Music, translation of Geschichte der Musik, 1937, rev. 1938, 1947
Canzoni Sonetti Strambotti et Frottole. Libro Tertio ( Andrea Antico, 1517). Smith College: Northampton, MA, 1941
Golden Age of the Madrigal: Twelve Five-Part Mixed Choruses. G. Schirmer: New York, 1942
Greatness in Music, translation of Grösse in der Musik by César Saerchinger, Oxford University Press, 1941
Mozart: His Character, His Work, translated by Arthur Mendel and Nathan Broder, Oxford University Press, 1945
Music in the Romantic Era: A History of Musical Thought in the 19th Century, 1947, rev. 1949
The Italian Madrigal, translated by Alexander H. Krappe, Roger H. Sessions, and Oliver Strunk, Princeton University Press, 1949 (3 volumes)
Schubert, translated by David Ascoli, Cassell & Co., 1951
With such credits as the Calvin Klein Eternity campaigns, shooting the first Vogue cover under Editor-in-Chief Anna Wintour, and helping to catapult the ’90s supermodels to mega fortune and fame, Peter Lindbergh has emblazoned his name into the halls of fashion history. The industry quickly became enamored with his almost anti-fashion fashion photography, capturing the spirit of his subjects rather than highlighting impossible ideals. In this book, the influential Lindbergh works to redefine beauty standards with awe-inspiring, never-before-seen images taken at his iconic Pirelli shoot. Beautiful women with beautiful minds are portrayed simply, accessibly, and in breathtaking fashion—unapologetic pores, fine lines, freckles, and all. The only photographer granted permission to shoot the calendar more than twice, Lindbergh leverages the marketing tool as an opportunity to communicate the zeitgeist. In lieu of opting for a traditional nudity-focused aesthetic and flawless supermodel lineup, he casts 14 Hollywood actresses (including 11 Oscar winners) instead. The message? True beauty isn’t perfect; it’s rooted in interest, intelligence, and emotional appeal. The photographer: Peter Lindbergh was born in Lissa, Germany, in 1944. His celebrated work is part of many permanent collections of fine art museums and has been presented in prestigious museums and galleries around the world, from the Victoria & Albert Museum in London to Centre Pompidou in Paris, as well as in solo exhibitions at Hamburger Bahnhof, Museum für Gegenwart, Berlin; Bunkamura Museum of Art, Tokyo; and the Pushkin Museum of Fine Arts, Moscow. Lindbergh lives and works between Paris, New York, and Arles.
ROMA-Santa Passera, la chiesa che ispirò “Uccellacci e uccellini” di Pier Paolo Pasolini-Santa Passera, chiesetta graziosa ma in cattivo stato – fra il Tevere e via della Magliana. Costruita nel V secolo nel luogo in cui le spoglie i santi alessandrini Giovanni e Ciro, in basso a destra, approdarono a Roma, la chiesa fu in seguito intitolata a Santa Passera, santa che non è mai esistita.
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