I dipinti etruschi di Cerveteri in mostra al Museo Archeologico Nazionale di Firenze-
Cerveteri-“Dal 20 dicembre 2024 al 7 aprile 2025 il Museo Archeologico Nazionale di Firenze propone la mostra Visioni di miti e riti etruschi a Firenze, a cura di Daniele Federico Maras etruscologo e direttore del museo. Per l’occasione saranno esposte quattro lastre dipinte intere, risalenti alla fine del VI secolo a.C., recuperate a Cerveteri nel 2019 dalla Guardia di Finanza.
La rassegna è frutto della collaborazione tra il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, la Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura, il Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Roma della Guardia di Finanza – Sezione Tutela Beni demaniali e di interesse pubblico, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale, in accordo con la Direzione regionale Musei nazionali della Toscana.
Le lastre dipinte
Le quattro lastre di terracotta dipinte, ricostruite da una serie di frammenti, furono recuperate nell’estate del 2019 dalla Guardia di Finanza, nel corso di un’operazione di contrasto al commercio clandestino di reperti archeologici. Sono state prodotte negli ultimi decenni del VI secolo a.C. in un’officina della città etrusca di Caere (l’odierna Cerveteri), probabilmente per decorare le pareti di un tempio. Il fregio della parte superiore, comune a tutte e quattro, raffigura un meandro spezzato che incornicia riquadri con uccelli acquatici e motivi floreali a stella. La superficie è stata danneggiata dai maldestri tentativi di pulizia dei ladri d’arte che le hanno strappate al loro contesto.
Una lastra raffigura il duello tra Achille e Pentesilea: l’eroe greco a sinistra, racchiuso in una pesante armatura, si ripara dietro lo scudo e si prepara a colpire la regina delle Amazzoni, che si scaglia verso di lui brandendo una spada insanguinata. Un’altra raffigura un uomo che brandisce un ramo dalle foglie dorate mentre insegue una donna dalla chioma riccia armata di arco: potrebbe trattarsi di Apollo e Artemide con i rispettivi attributi divini, oppure della vergine cacciatrice Atalanta sfidata alla corsa dal suo futuro sposo Melanione, che vinse la gara lasciando cadere tre mele d’oro per distrarla. Un’altra ancora raffigura il Giudizio di Paride: il messaggero degli dèi Hermes, dalle ali variopinte e con in mano uno scettro, precede Hera, prima delle tre dee in lizza per scegliere la più bella tra loro. In origine le altre due dee (Atena e Afrodite) e il giovane Paride chiamato a giudicare erano raffigurati su due lastre adiacenti, purtroppo andate perdute. E infine, sull’ultima lastra è raffigurato un giovane sacerdote dai capelli lunghi che ha appena completato un rito di divinazione osservando gli uccelli con il lituo (il bastone ricurvo che ora tiene sulla spalla) e sta comunicando la volontà degli dèi al suo compagno, il quale si affretta tenendo in mano un ramoscello con dei frutti rossi.
“Grazie a iniziative espositive come questa, che fa seguito a una breve anteprima nella primavera del 2024 a Vetulonia, si porta a compimento il ciclo della tutela per le quattro lastre, dalla protezione (assicurata dalla Guardia di Finanza), alla conservazione (resa possibile dalla Soprintendenza) fino alla valorizzazione (garantita nel contesto del Museo). Solo così lo sguardo etereo di Pentesilea, l’esuberante vitalità della coppia in corsa, l’esplosione di colori delle ali di Hermes, i gesti enigmatici degli aruspici torneranno a svolgere la funzione per cui sono stati creati: comunicare con il pubblico e trasmettere la voce degli artisti del passato”, ha dichiarato Maras, sin dall’inizio all’interno del gruppo di lavoro della Soprintendenza che ha studiato le lastre per renderle visibili al pubblico.
Chiara Colombini-Storia passionale della guerra partigiana-
Editori Laterza-Bari
DESCRIZIONE del libro di Chiara Colombini -Storia passionale della guerra partigiana-A partire dall’8 settembre 1943 fino all’aprile del 1945 migliaia di giovani e meno giovani abbandonarono la loro vita abituale, presero le armi e si gettarono in un’avventura che stravolte la loro esistenza.
Perché lo fecero? Quali furono i sentimenti e le passioni che li spinsero ad un passo del genere e li sostennero in quei venti mesi?
Amore e odio, speranza e vendetta, dolore e felicità: osservare le passioni della resistenza ‘in diretta’ significa avvicinarsi a quella esperienza in modo quasi viscerale ed eliminare le distorsioni prospettiche che inducono a giudicare le scelte di allora con il metro del nostro presente.
Amore e odio, speranza e vendetta, dolore e felicità: osservare le passioni della Resistenza ‘in diretta’ significa avvicinarsi a quella esperienza in modo quasi viscerale ed eliminare le distorsioni prodotte dal passare del tempo.
Le passioni e i sentimenti, lo sappiamo, hanno un ruolo fondamentale nelle nostre vite. Ci fanno compiere scelte improvvise, ci fanno gioire e soffrire. Alimentano un fuoco che non può essere spento. Passioni e sentimenti certamente mossero le donne e gli uomini che scelsero la strada della ribellione e della Resistenza durante la guerra. Possiamo comprenderle davvero noi che viviamo un altro tempo e un’altra storia? È quanto prova a fare Chiara Colombini, cogliendo, attraverso diari, lettere e carteggi, queste passioni ‘in diretta’, nel loro erompere durante quei venti mesi, tenendo sullo sfondo ciò che solo lo svolgersi della storia ha permesso di razionalizzare. In un tempo condizionato dall’eccezionalità che deriva dall’intreccio tra guerra totale, occupazione e guerra civile, i partigiani si innamorano, coltivano ambizioni, si accendono di entusiasmo o si arrovellano nell’insoddisfazione. Una condizione in cui, oltre alla vita, è in gioco ciò che si è scelto di essere. E, a quasi ottant’anni di distanza, emerge intatto il fascino di quell’esperienza così centrale per la storia di questo paese, la sua dimensione di profonda umanità, il prezzo pagato da uomini e donne direttamente nelle loro esistenze, il loro lascito.
L’Autrice
Chiara Colombini-
Chiara Colombini, storica, è ricercatrice presso l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti”.Ha curato, tra l’altro, Resistenza e autobiografia della nazione. Uso pubblico, rappresentazione, memoria (con Aldo Agosti, Edizioni SEB27 2012) e gli Scritti politici. Tra giellismo e azionismo (1932-1947) di Vittorio Foa (con Andrea Ricciardi, Bollati Boringhieri 2010) ed è autrice di Giustizia e Libertà in Langa. La Resistenza della III e della X Divisione GL (Eataly Editore 2015).
Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
Roma via Appia antica
Roma- La via Appia antica vista da due illustri viaggiatori del 1700.
Montesquieu
Montesquieu:“ Avvicinandoci a Roma s’incontrano tratti della Via Appia, ancora integri. Si vede un bordo o margo che resiste ancora, e credo che abbia più di tutto contribuito a conservare questa strada per duemila anni: ha sostenuto le lastre dai due lati ed ha impedito che cedessero lì, come fanno le nostre lastre in Francia, che non hanno alcun sostegno ai bordi. Si aggiunga che queste lastre sono grandissime, molto lunghe, molto larghe, e molto bene incastrate le une nelle altre; inoltre questo lastricato, poggia su un altro lastricato, che serve da base. Le strade dell’imperatore sono fatte di ghiaia messa su una base lastricata, ben stretta e compressa. Dopo, vi hanno messo un piede o due di ghiaia. Questo renderà la strada eterna. C’è da stupirsi che in Francia non si sia pensato a costruire strade più resistenti? Gli imprenditori sono felici di avere un affare del genere ogni cinque anni”.
Montesquieu, Viaggio in Italia, 1728-1729.
Charles de Brosses
Charles de Brosses:“E’ questo, o mai più, il momento di parlarvi della Via Appia, cioè il più grande,il più bello e il più degno monumento che ci resti dell’antichità; poiché, oltre alla stupefacente grandezza dell’opera, essa non aveva altro scopo che la pubblica utilità, credo che non si debba esitare a collocarla al di sopra di tutto quanto hanno mai fatto i Romani o altre nazioni antiche, fatta eccezione per alcune opere intraprese in Egitto, in Caldea e soprattutto in Cina per la sistemazione delle acque. La strada, che comincia a Porta Capena, prosegue trecentocinquanta miglia da Roma a Capua e a Brindisi, ed era questa la strada principale per andare in Grecia e in Oriente. Per costruirla hanno scavato un fossato largo quando la strada fino a trovare uno strato solido di terra……Codesto fossato o fondamento è stato riempito da una massicciata di pietrame e di calce viva, che costituisce la base della strada, la quale è stata poi ricoperta interamente di pietre da taglio che hanno una rotaia. E tanto ben connesse che, nei posti dove non hanno ancora incominciato a romperle dai bordi, sarebbe molto difficile sradicare una pietra al centro della strada con strumenti di ferro. Da ambedue i lati correva un marciapiede di pietra. Sono ben quindici o sedici secoli che non soltanto non riparano questa strada, ma anzi la distruggono quanto possono. I miserabili contadini dei villaggi circostanti l’hanno squamata come una carpa, e ne hanno strappato in moltissimi luoghi le grandi pietre di taglio, tanto dei marciapiedi che del selciato. E’ questa la ragione degli amari lamenti che fanno sempre i viaggiatori contro la durezza della povera Via Appia , che non ne ha nessuna colpa; infatti, nei posti che non sono stati sbrecciati, la via è liscia, piana come un tavolato, e persino sdrucciolevole per i cavalli i quali, a forza di battere quelle larghe pietre, le hanno quasi levigate ma senza bucarle. E’ vero che, nei luoghi dove manca il selciato, è assolutamente impossibile che le chiappe possano guadagnarsi il paradiso, a tal punto vanno in collera per essere costrette a sobbalzare sulla massicciata di pietre porose e collocate di taglio, e in tutti i sensi nel modo ineguale. Tuttavia, nonostante vi si passi sopra da tanto tempo, senza riparare né aggiustare nulla, la massicciata non ha smentito le sue origini. Non ha che poche o punte rotaie ma solo, di tanto in tanto, buche piuttosto brutte”.
In cima al colle Gianicolo (praticamente sotto la statua di Garibaldi) è posto dal 24 gennaio 1904 un cannone che spara, a salve, a mezzogiorno in punto. Lo sparo, nei rari giorni in cui la città è meno rumorosa (particolarmente la domenica, o d’agosto), si può sentire fino all’Esquilino.
La cannonata a salve di mezzogiorno fu introdotta da Pio IX nel 1847, per dare uno standard alle campane delle chiese di Roma, in modo che non suonassero ognuna il mezzogiorno del proprio sagrestano. Il cannone era allora in Castel Sant’Angelo, da dove venne spostato nel 1903 a Monte Mario, per qualche mese, per essere poi posizionato al Gianicolo nella sua collocazione attuale.
L’uso non fu interrotto dall’Unità d’Italia, ma dalla guerra sì. Fu ripristinato il 21 aprile 1959, in occasione del 2712º anniversario della fondazione di Roma.
Attualmente il cannone è un obice 105/22 Mod. 14/61, servito da personale dell’Esercito Italiano.
Nota copiata da Internet. Le foto sono del febbraio 2017-
ROMA-Il cannone del Gianicolo
l Gianicolo è un colle romano, prospiciente la riva destra del Tevere e la cui altezza è 82 metri. Non fa parte del novero dei sette colli tradizionali. La pendice orientale degrada verso il fiume e alla base si trova il rione storico di Trastevere, mentre quella occidentale, meno ripida, costituisce la parte più vecchia del moderno quartiere di Monteverde.
Secondo una delle più antiche leggende della mitologia romana, il colle del Gianicolo avrebbe ospitato la città fondata dal dio Giano, da cui il suo nome. Giano ebbe diversi figli, da uno dei quali, Tiberino, deriverebbe il nome del Tevere (Tiber in latino).Alla estremità del belvedere sono posizionate due grandi riproduzioni di piante di Roma vista dal Gianicolo: quella di Antonio Tempesta e quella di Giuseppe Vasi.
Proseguendo la passeggiata panoraminca lungo via Garibaldi, nello slargo all’altezza della Fontana dell’Acqua Paola, chiamata tradizionalmente “Fontanone”, eretta da Giovanni Fontana e Carlo Maderno per Papa Paolo V (1608 – 1612), si delinea sullo sfondo, nella cornice di Villa Borghese, Villa Medici. Si prosegue verso piazza G. Garibaldi, da cui si gode uno dei più superbi panorami della città: all’orizzonte i colli, sullo sfondo dei quali risaltano le cupole e i campanili delle chiese e le maestose rovine imperiali.
In primo piano si erge il Campidoglio; in fondo, a destra, s’innalzano, bianche come apparizioni, le gigantesche statue della facciata di San Giovanni in Laterano. Tra le architetture dei palazzi si vede scorrere il Tevere.
Proseguendo la nostra passeggiata, nello scendere verso Sant’Onofrio, incrociamo la splendida Villa Lante, dell’architetto Giulio Romano (1518-27), la cui loggia-belvedere si apre verso la città; infine, arrivati nello slargo del Faro di Manfredo Manfredi (1911), è possibile gustare quella che viene ritenuta la più completa visione panoramica di Roma.
Per tutti gli inguaribili romantici che non riescono ad accontentarsi del panorama romano ammirabile dal Pincio o dal Gianicolo, l’alternativa, più intima e raccolta, è quella di accaparrarsi una terrazza affacciata sul centro storico della città eterna. L’impresa non è facile, a meno che non abbiate amici o conoscenti disposti ad ospitarvi per un giro lungo i piani alti del loro palazzo, o vogliate “corrompere” qualche portiere. Per concedersi qualche istante di fronte alle bellezze romane che si perdono all’orizzonte, ogni momento è quello giusto: quindi non preoccupatevi, perché dal tramonto all’alba Roma non perde fascino e rimane lì ad aspettarvi.
ROMA-Il cannone del GianicoloROMA-Il cannone del GianicoloROMA-Il cannone del GianicoloROMA-Il cannone del GianicoloROMA-Il cannone del GianicoloROMA-Il cannone del GianicoloROMA-Il cannone del GianicoloROMA-Il cannone del GianicoloROMA-Il cannone del GianicoloROMA-Il cannone del Gianicolo
di 𝗔𝗹𝗲𝘀𝘀𝗮𝗻𝗱𝗿𝗼 𝗖𝗮𝗿𝘃𝗮𝗿𝘂𝘀𝗼 – Regia 𝗔𝗹𝗲𝘀𝘀𝗮𝗻𝗱𝗿𝗼 𝗖𝗮𝗿𝘃𝗮𝗿𝘂𝘀𝗼 e 𝗣𝗮𝗼𝗹𝗼 𝗠𝗲𝗹𝗹𝘂𝗰𝗰𝗶 – Con 𝗔𝗹𝗲𝘀𝘀𝗮𝗻𝗱𝗿𝗮 𝗗𝗲 𝗣𝗮𝘀𝗰𝗮𝗹𝗶𝘀 e con Francesco 𝗟𝗮𝗽𝗽𝗮𝗻𝗼, Elisa 𝗙𝗿𝗮𝗻𝗰𝗵𝗶, Nicole 𝗠𝗮𝘀𝘁𝗿𝗼𝗶𝗮𝗻𝗻𝗶, Federico 𝗣𝗮𝗽𝗽𝗮𝗹𝗮𝗿𝗱𝗼, Giulia 𝗧𝗮𝗺𝗯𝘂𝗿𝗿𝗶𝗻𝗶, Elena 𝗕𝗮𝗿𝗯𝗮𝘁𝗶, Andrea 𝗟𝗮𝗺𝗶, Greta 𝗣𝗼𝗹𝗶𝗻𝗼𝗿𝗶, Dannis 𝗖𝗮𝗿𝗹𝗲𝘁𝘁𝗮, Jacopo 𝗕𝗮𝗿𝗴𝗻𝗲𝘀𝗶 𝗛𝗮𝘀𝘀𝗮𝗻. Musiche a cura di 𝐅𝐞𝐝𝐞𝐫𝐢𝐜𝐨 𝐏𝐚𝐩𝐩𝐚𝐥𝐚𝐫𝐝𝐨 – Coreografie 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐞𝐬𝐜𝐨 𝐋𝐚𝐩𝐩𝐚𝐧𝐨
Roma-Teatro Arcobaleno “𝐂𝐈𝐍𝐃𝐄𝐑𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐒𝐖𝐈𝐍𝐆”-
Produzione: CTM CENTRO TEATRALE MERIDIONALE
Dopo il grande successo della precedente edizione, torna a grande richiesta 𝐂𝐈𝐍𝐃𝐄𝐑𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐒𝐖𝐈𝐍𝐆, la 𝗰𝗼𝗺𝗺𝗲𝗱𝗶𝗮 𝗺𝘂𝘀𝗶𝗰𝗮𝗹𝗲 ampliata e arricchita di nuovi elementi. La favola di 𝐂𝐞𝐧𝐞𝐫𝐞𝐧𝐭𝐨𝐥𝐚 chi non la conosce? Cosa sarebbe successo se fosse nata nei primi anni del 𝟏𝟗𝟎𝟎? Quale principe avrebbe trovato? Come sarebbe stata la Fata madrina? Narrata in centinaia di versioni in gran parte del mondo, in questa pièce, la celebre favola è ambientata negli anni ‘𝟐𝟎 ’𝟑𝟎 del ‘𝟵𝟬𝟬, in uno 𝐬𝐰𝐢𝐧𝐠 𝐜𝐥𝐮𝐛, dove si cimenterà nel ballo e nel canto una 𝗖𝗲𝗻𝗲𝗿𝗲𝗻𝘁𝗼𝗹𝗮 𝗰𝗵𝗮𝗿𝗹𝗲𝘀𝘁𝗼𝗻, simpatica e intraprendente, che enfatizza il riscatto femminile di una donna che non cede al conformismo e realizza il suo sogno. Le musiche, cantate e suonate dal vivo, animano travolgenti coreografie, che ci riportano nell’epoca d’oro in cui lo 𝘀𝘄𝗶𝗻𝗴 era la colonna sonora. Un’emozionante rivisitazione della favola originale in 𝗰𝗼𝗺𝗺𝗲𝗱𝗶𝗮 𝗺𝘂𝘀𝗶𝗰𝗮𝗹𝗲, dove coreografie, canzoni dal vivo e personaggi esilaranti daranno vita ad uno spettacolo appassionante, pieno di risate, romanticismo e magia!
Roma-Enrico Brignano in “Speciale Capodanno” al Teatro Sistina-
Roma-Enrico Brignano in “Speciale Capodanno” al Teatro Sistina | 31 dicembre 2024 – 1 gennaio 2025
Reduce dal successo de “I 7 re di Roma”, in scena al Teatro Sistina di Roma (dove vi resterà fino a domenica 1 dicembre) Enrico Brignano festeggia con il suo pubblico anche la fine dell’anno e l’inizio del 2025 con “Speciale Capodanno”
Un doppio e unico appuntamento, che andrà in scena il 31 dicembre dalle ore 21.30 (con il brindisi di Mezzanotte) e il 1 gennaio dalle ore 18.
Enrico Brignano torna sé stesso e riveste i panni dello showman a tutto tondo per un Capodanno tra divertimento e spensieratezza. Come ama dire sempre, leggerezza non è superficialità, ma solo un modo per ridere di noi stessi e del nostro modo di essere, non senza qualche spunto di riflessione tra una risata e l’altra. Con la sua band di fiducia, capitanata dall’inseparabile maestro Andrea Perrozzi, Brignano traghetterà il pubblico verso il 202. Non mancheranno i lustrini, non mancherà il buonumore, non mancherà il brindisi di mezzanotte
‘Speciale Capodanno’ è scritto dallo stesso Brignano con Manuela D’Angelo. In scena anche Pasquale Bertucci e Michele Marra. Scene di Marco Calzavara, disegno luci di Marco Lucarelli.
QuandoDal 31/12/2024 al 01/01/2025 31 dicembre ore 21,30 – 1 gennaio ore 18
Roma-Al Teatro Ghione-We call it Ballet: La Bella Addormentata in uno spettacolo di danza e luci-
Roma-Al Teatro Ghione- Preparati per We call it Ballet a Roma! Vivi ‘La Bella Addormentata’ come mai prima d’ora, mentre ballerini in costumi fluorescenti danno vita a questo classico sul palco.
Punti Salienti
🩰 5 straordinari ballerini illuminano il palcoscenico
🌟 I costumi fluorescenti creano uno spettacolare gioco di luci, dando vita alla storia
📖 Un amatissimo classico, La Bella Addormentata, reimmaginato in uno spettacolare splendore
🤩 Una fusione unica tra arte tradizionale e tecnologia moderna
Informazioni generali
📍 Luogo: Teatro Ghione, Via delle Fornaci, 37, 00165 – Roma
⏳ Durata: circa 60 minuti. Le porte aprono 30 minuti prima dell’inizio dell’evento. Non sono ammessi ritardi
👤 Requisito di età: dagli 8 anni in su. I bambini sotto i 16 anni devono essere accompagnati da un adulto
♿ Accessibilità: il luogo è accessibile alle sedie a rotelle
❓ Per maggiori informazioni, consulta le FAQ di questa esperienza qui
✨Se desideri prenotare uno spettacolo privato o acquistare biglietti per un gruppo numeroso (30+ persone), clicca qui
🪑 I posti sono assegnati in base all’ordine di arrivo. Ti consigliamo di arrivare presto.
🎁 Per regalare ad amici e parenti una gift card, fai clic qui
Al Teatro Ghione- Preparati per We call it Ballet a Roma
Descrizione
Vivi La Bella Addormentata come mai prima d’ora in questo spettacolo di danza e luci. Goditi una fusione unica tra balletto classico e tecnologia moderna, dove ballerini locali illuminano letteralmente il palco con coreografie scintillanti e costumi fluorescenti. La storia senza tempo della principessa maledetta risvegliata dal bacio del vero amore prende vita sul palco, mentre piroette e salti mozzafiato creano un caleidoscopio di colori nello spazio. È una produzione bellissima che non vorrai perdere! Acquista ora i tuoi biglietti per We call it Ballet a Roma: La Bella Addormentata in uno spettacolo di danza e luci!
Al Teatro Ghione- Preparati per We call it Ballet a Roma
Roma-Al Teatro Palladium si apre la rassegna Shakespeare Encore-
Roma-Il Teatro Palladium continua a sperimentare e proporre format performativi innovativi, mettendo in dialogo arti, discipline, mondo accademico e pubblico. Dal 18 dicembre 2024, è la volta di “Shakespeare Encore” a cura di Maddalena Pennacchia, docente di letteratura inglese e specialista in studi shakespeariani, presso l’Università Roma Tre: una serie di appuntamenti che, nella storica cornice del teatro della Garbatella, si ispirano al teatro shakespeariano in un viaggio di andata e ritorno tra Italia e Inghilterra. Un viaggio nel tempo e nello spazio per conoscere da vicino, e sotto nuove prospettive, la straordinaria produzione di un autore che ha ‘inventato’ l’umano.
A inaugurare la rassegna sarà “Playing Shakespeare”, spettacolo scritto e diretto da Loredana Scaramella, che trasporta il pubblico nel cuore del teatro elisabettiano attraverso un intreccio di racconto storico e gioco scenico: lo spettacolo, già fortemente voluto da Gigi Proietti per il Globe Theatre di Roma, è un’esperienza che unisce il fascino della narrazione a una dimensione teatrale ludica e interattiva, in cui palco e platea si fondono in uno scambio vivo e vibrante.
Con sei attori, un musicista e una varietà di stili scenici, “Playing Shakespeare” racconta in modo leggero e accessibile il contesto culturale e sociale in cui è nata la produzione shakespeariana. “Il teatro elisabettiano era un laboratorio di creatività collettiva e popolare,” spiega Loredana Scaramella, “un luogo dove si moltiplicavano energie, idee e innovazioni. Questo spettacolo vuole restituire quella vitalità, celebrando il senso del lavoro condiviso e l’eredità che ci è stata tramandata.”
Roma-Teatro Palladium rassegna Shakespeare Encore
Playing Shakespeare mette in scena il mondo elisabettiano unendo l’aspetto divulgativo a quello puramente spettacolare, raccontando come lo spirito di collaborazione e un desiderio di comunicazione trasversale sia alla radice del teatro professionale che prende forma in quegli anni. Con l’aiuto delle musiche, le voci degli attori conducono gli spettatori in viaggio dalle taverne di Eastcheap fino alla vita della magica O di legno e dei suoi frequentatori. Con qualche sorpresa, qualche gioco e molta leggerezza.
Lo spettacolo si propone come un’esperienza, un viaggio. Con una forma leggera, conduce gli spettatori in un’escursione attraverso un’epoca magica e lontana, i cui frutti migliori continuano a essere goduti attraverso le opere che sono giunte fino a noi. L’obiettivo è far scoprire una società che trovava nel teatro il suo momento di incontro comunitario, svelandone gusti, fatiche e piaceri. Attraverso questa rappresentazione, vengono messe in luce le caratteristiche sociali del teatro elisabettiano: la sua straordinaria capacità di stimolare l’immaginazione degli spettatori e di creare un’intensa comunicazione tra attori e pubblico. Con strumenti elementari e propri di uno spazio “povero” – piccole attrezzerie e, soprattutto, le parole di Shakespeare – lo spettacolo lavora per generare interesse e coinvolgimento, trasformando la trasmissione di informazioni e la presentazione del teatro elisabettiano in un autentico viaggio nel tempo e nello spazio, e non in una semplice lezione.
Curata da Maddalena Pennacchia, docente di letteratura inglese presso l’Università Roma Tre, “Shakespeare Encore” nasce dal desiderio di riportare il teatro shakespeariano al centro del dialogo culturale cittadino. “Roma ha bisogno di Shakespeare e di un luogo dove ‘fare Shakespeare’,” afferma Pennacchia. “Questo progetto è un’occasione unica per avvicinare studenti, accademici e pubblico al suo straordinario corpus, esplorando la sua modernità e il suo valore universale“. La scelta di inserire “Playing Shakespeare” nella rassegna è in linea con l’attività dell’Università degli Studi Roma Tre Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere, che nel 2020 ha deciso, in collaborazione con la Politeama Srl, di creare e mettere a disposizione di studiosi e ricercatori un Archivio di dimensioni uniche in Italia, dedicato a questo esperimento di divulgazione del teatro shakespeariano, voluto e realizzato da Gigi Proietti.
Queste “ombre bianche”, cioè “storie brevi, divertimenti e dialoghi; infine occasioni, satire scritte negli ultimi quindici anni” che Flaiano radunò nel 1972 nella certezza che la realtà avesse ormai superato la satira, raccontano di «un “io” che detesta l’inesattezza ed è stato sopraffatto dalla menzogna». Vi ritroviamo dunque il Flaiano più risentito, impassibile e feroce, capace come pochi di mostrarci le allucinazioni di cui siamo vittime: e mentre legge e sorride è come se uno spiffero gelido investisse d’improvviso il lettore, perché nei mostri messi in scena riconosce, non solo la realtà che lo circonda, ma a tratti, e con raccapriccio, un po’ di se stesso.
Ennio Flaiano
Flaiano scrisse all’editor che l’apparente disordine delle parti del libro era voluto, calcolato. Ma così non sembra al lettore.
C’è un fil rouge che è il disincanto, la delusione, l’oppressione della condanna a un’esistenza che, per Flaiano, era diventata una gabbia; quel dolore interno che gli spezzò il cuore insomma.
Ma gli elementi che compongono questo pout-pourri, anche se scritti in un arco di tempo lungo – vent’anni più o meno – hanno in comune il lato lunare del pescarese, la sua famosa malinconia “canina”.
Non mancano guizzo e invenzione linguistica, battute e freddure. Ma prevale lo straniamento: il futuro è impossibile perchè lo sarebbe anche il presente, se non fosse umanizzato dalla parodia. Ed ecco cadere nella pretestuosità la fantasia: si tratti della vita su Marte, della corrispondenza impossibile, della cancellazione degli affetti verso quello che un giorno si immaginava sarebbe stato il mondo futuribile. “Nel duemila (cantava Bruno Martino) noi non mangeremo più le bistecche”, e Flaiano lo scrive e forse lo pensa.
I continui riferimenti erotici appartengono invece al Flaiano cinematografico, mente lucida del Fellini visionario, e gratta gratta anche qui sotto trovi la delusione personale di una vita familiare distrutta.
In sintesi, sembra di leggere il lungo percorso del brillante scrittore che si estingue giorno dopo giorno, non senza lo sberleffo che lo ha reso grande.
Ennio Flaiano
Flaiano scriveva col privilegiato disincanto di chi ormai si sente alieno a ogni passione, affrancato da ogni compromesso in una realtà che è riuscita a superare la satira, vittima di una quotidianità dove consumismo, conformismo e utilitarismo ormai non risparmiano nessuno.
Le sue ombre bianche disegnano sul muro i mostri di una commedia tutta italiana, da cui anche il mondo intellettuale ormai non è più esente, prigioniero di ghetti dorati da Basso Impero, lascivo di interminabili feste da Dolce Vita, dove il profumo delle “rose di Eliogabalo” segna il declino di quella grande bellezza, preda di marziani extraterrestri.
Perché è proprio in quel boom, le cui contraddizioni già denunciava Bianciardi nella sua “Vita agra”, che si intravedono i sinistri squarci di un Mondo Nuovo di barbari costruttori, di iene senza scrupoli a caccia di carogne, dove tutto fa notizia, tendenza, basta premere sull’acceleratore per non essere superati.
Non c’è curaro negli elzeviri di Flaiano, giacché anche il veleno è finito, non c’è speranza, si passa in rassegna ogni vizio endemico per enumerazioni, per mistificazioni, per aforismi. Per sconfinata desolazione, in odor di involontaria chiaroveggenza.
Diane di Prima (Brooklyn, 6 agosto 1934- 25 ottobre 2020), poetessa statunitense della Beat Generation. Nata a Brooklyn, ha studiato allo Swarthmore College; di origini italiane (suo nonno materno, Domenico Mallozzi, è stato un attivo anarchico) cominciò a scrivere da bambina e a diciannove anni conobbe Ezra Pound e Kenneth Patchen.
Diane Di Prima
Abbandonate…
Abbandonate a se stesse, le persone si fanno crescere i capelli.
Abbandonate a se stessesi tolgono le scarpe.
Abbandonate a se stesse fanno l’amore
dormono facilmente
dividono coperte, droga e bambini
non sono pigre o impaurite
piantano semi, sorridono, parlano fra loro. La parola
comincia dentro se stessa: tocco di amore
nel cervello, nell’orecchio.
Ritorniamo con il mare, con le maree
ritorniamo spesso come le foglie, numerosi
come l’erba, gentile e insistente, ricordiamo
il modo in cui i nostri piccoli muovono i primi passi a
piedi nudi attraverso le città
dell’universo.
*
Diane Di Prima
Lettera Rivoluzionaria #1
Ho appena capito che il premio sono io
non ho altro
denaro per riscatto, nient’altro da spezzare o scambiare che la vita
il mio spirito dosato, frammentario, sparso
sul tavolo della roulette, ripago quanto posso
nient’altro da ficcare sotto il naso del maitre de jeu
nulla da spingere fuori dalla finestra, niente bandiare bianche
questa carne è tutto ciò che ho da offrire, fare il gioco con
questa testa qui e ora, e quello che vien dietro, la mia mossa
mentre strisciamo sopra questo bordo, proseguendo sempre
(si spera) fra le righe.
*
Diane Di Prima
Requiem
Penso
che troverai
una tomba
non così bella
baby oh
Ti legano stretta
nel bel
vestito
Ascolto
È freddo
e i vermi e le cose
sono là per ragioni egoistiche
Penso
che tu vorrai
girarti
dalla tua parte
ai tuoi capelli
non piacerà
rimanere a posto
per sempre
ed alle tue mani
non piacerà
essere poste in croce
così
Io penso
che alle tue labbra
non piacerà
per loro stesse
Diane Di Prima
La prima neve,Kerhonkson
per Alan
Questo, quindi, è il dono che il mondo mi ha fatto
(che mi hai fatto)
dolcemente la neve
ammonticchiata in cavità
distesa sulla superficie dello stagno
accoppiata alle mie lunghe, bianche candele
che stanno alla finestra
che brucerà al crepuscolo mentre la neve
riempie la nostra valle
in questa conca
nessun amico vagabonderà
nessuno arriva depresso dal Messico
dai campi di sole della California, portando marijuana
sono dispersi adesso, morti o silenziosi
o inariditi sino alla follia
dalla terribile lucentezza della visione che un tempo ci accomunava
e questo tuo dono –
bianco silenzio che riempie i contorni della mia vita.
Diane Di Prima
Un esercizio d’amore
per Jackson Allen
Il mio amico indossa la mia sciarpa alla cintola
Gli dò le pietre lunari
Lui mi dà una conchiglia & alghe marine
Proviene da una città lontana & gli vado incontro
Pianteremo insieme melanzane & sedano
Lui tesse per me un panno
Molti hanno portato dei doni
Io per il suo piacere uso
seta, & verdi colline
& airone il colore dell’alba
Il mio amico cammina leggero come una tessitura al vento
Lui retroillumina i miei sogni
Ha costruito altari accanto al mio letto
Mi sveglio con l’odore dei suoi capelli e non riesco a ricordare
il suo nome, o il mio.
Canzone buddhista di Capodanno
Ti ho visto in velluto verde, maniche larghe e piene
seduto di fronte a un camino, la nostra casa
resa in qualche modo più elegante, e hai detto
“Nei tuoi capelli ci sono le stelle” – era la verità che
ho rovesciato in me
verso questo luogo tetro e scolorito che dobbiamo indorare
rendere prezioso e mitico in qualche modo, è la nostra natura,
ed è la verità, che siamo approdati qui, te l’ho detto,
da altri pianeti
dove eravamo signori, siamo stati inviati qui,
per qualche scopo
la maschera d’oro che avevo visto prima, che è combaciata
così splendidamente col tuo viso, non è ritornata
né lo ha fatto quel volto di un toro che avevi acquistato
tra le genti del nord, i nomadi, nel deserto del Gobi
Non ho visto di nuovo quelle tende, né i carri
infinitamente lenti sulle pianure infinitamente ventose,
così fredde, ogni stella nel cielo era di un colore diverso
il cielo stesso un arazzo ingarbugliato, incandescente
ma potevo quasi vedere il pianeta da cui eravamo venuti
Non riuscivo a ricordare (allora) quale fosse il nostro scopo
ma rammentavo il nome Mahakala, all’alba
all’alba di fronte a Shiva, la luce gelida
ha rivelato i mondi “partoriti dalla mente”, come questo semplicemente,
Li ho visti propagarsi, defluire,
o, più semplicemente, uno specchio che ne riflette un altro.
poi si sono rotti gli specchi, non eri più in vista
né c’era scopo alcuno, fissavi lo sguardo su questa nuova tenebra
i mondi partoriti dalla mente svanirono, e la mente si diramò:
una follia, o un inizio?
Diane Di Prima
“City Lights” 1961 *
Arrivando lì per la prima volta
era molto più piccolo allora
quel pianterreno affollato pieno di poesia
traboccava di logore rivistine addossate al muro
quei bianchi tavoli traballanti dove la gente si sedeva a leggere/scrivere
Il Vesuvio Cafe era come un ufficio aggiunto
Arrivando di nuovo un anno dopo, con due bambini al seguito
Lawrence mi diede una pila enorme delle sue pubblicazioni
“Ho dei libri” disse “come altre persone hanno i topi”
E North Beach non ha mai smesso di essere misteriosa
quando mi sono trasferita qui nel 1968
quell’ufficio editoriale di Filbert & Grant era una mecca
un posto per incontrarsi con i miei figli se ci fossimo separati
durante una di quelle innumerevoli manifestazioni
(sebbene Lawrence preoccupato, mi dicesse che avrei dovuto tenerli
fuori pericolo, a casa) io pensavo che dovessero imparare
qualsiasi cosa di ciò che stavamo imparando,
Un ufficio proprio dietro l’angolo del negozio di perline
dove mi sono trovata ogni giorno, facendo provviste
Quante notti sul tardi abbiamo visitato il Negozio
acquistando una grande quantità di nuove poesie da tutti gli angoli della terra
poi diretti verso la rivendita della Tower Records tutta la notte piena di travestiti
e rivoluzionari, per acquistare qualche disco
E fare ricerche, City Lights è ancora qui, come un vecchio faro
anche se tutto il resto è andato,
la poesia si è spostata al piano di sopra, pure l’ufficio editoriale
è proprio lì ora & folle di persone
un terzo della mia età o meno ancora consultano le pile di testi
alla ricerca di voci da tutte le parti
del mondo
* “City Lights” è la celebre libreria e casa editrice di Lawrence Ferlinghetti a San Francisco
Diane Di Prima
Lilith delle Stelle
perché c’è un’altra Lilith, non fatta per la terra
di chi si è detto / che quando lei viene vista dagli uomini
è come una visione di fumo / una piaga / una cacofonia
di sole campane / sforzate e straniere, loro inseguono
il suo immateriale scorrere attraverso questo mondo
e il prossimo. Lei è, infatti, l’archetipica
cattiva ragazza delle stelle
sarà il fuoco fatuo dello spazio vuoto
la stagnante luce cosmica dalle sfere celesti
che ci alletta, la nostra casa
per vagare, per sempre, tra i quasar
in opposizione al Suono dei Cristalli Armoniosi
fiore del tempio dell’abisso
Verricello
su cui si è ferita
quella speranza
smisurata.
Nave-Che-Gira-Ad-Un-Angolo
Bianca Ragazza che Salta sopra le Lapidi
Lilith delle Stelle
perché c’è un’altra Lilith, non fatta per la terra
di chi si è detto / che quando lei viene vista dagli uomini
è come una visione di fumo / una piaga / una cacofonia
di sole campane / sforzate e straniere, loro inseguono
il suo immateriale scorrere attraverso questo mondo
e il prossimo. Lei è, infatti, l’archetipica
cattiva ragazza delle stelle
sarà il fuoco fatuo dello spazio vuoto
la stagnante luce cosmica dalle sfere celesti
che ci alletta, la nostra casa
per vagare, per sempre, tra i quasar
in opposizione al Suono dei Cristalli Armoniosi
fiore del tempio dell’abisso
Verricello
su cui si è ferita
quella speranza
smisurata.
Nave-Che-Gira-Ad-Un-Angolo
Bianca Ragazza che Salta sopra le Lapidi
(dal web)
Diane Di Prima
Breve biografia di Diane di Prima (Brooklyn, 6 agosto 1934- 25 ottobre 2020), poetessa statunitense della Beat Generation. Nata a Brooklyn, ha studiato allo Swarthmore College; di origini italiane (suo nonno materno, Domenico Mallozzi, è stato un attivo anarchico) cominciò a scrivere da bambina e a diciannove anni conobbe Ezra Pound e Kenneth Patchen. Fino al 1960 ha vissuto a Manhattan, dove ha preso parte al movimento beat; la sua prima raccolta poetica, This Kind of Bird Flies Backwards, fu pubblicata nel 1958 dalla Totem Press, di Hettie e LeRoi Jones. Nel 1962 conobbe il maestro Zen Suzuki Roshi, grazie al quale si avvicinò al buddhismo. Fondatrice della Poets Press, con Amiri Baraka (LeRoi Jones) ha pubblicato The Floating Bear e fondato il New York Poets Theatre. Nel 1966 si è trasferita a Millbrook, entrando nella comunità psichedelica di Timothy Leary e nel 1969 ha pubblicato il racconto della sua esperienza beat in Memoirs of a Beatnik; trasferitasi nel 1970 in California, dove vive tuttora, qui è entrata a far parte del movimento Diggers ed ha pubblicato il suo lavoro maggiore, il poema Loba, nel 1978. Una selezione di sue poesie è stata raccolta in Pieces of a Song, nel 1990, mentre del 2001 sono le sue memorie, Recollections of My Life as a Woman. (Wikipedia)
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.