Castel di Guido- 8 febbraio 2017-“Scoprire Castel di Guido e la CAMPAGNA ROMANA” è il titolo provvisorio di un volume che sta nascendo a seguito delle mie ricerche storiche. L’obiettivo del mio lavoro è “costruire”-“confezionare” un nuovo e agile strumento per conoscere meglio la nostra Campagna Romana .Le ricerche mi hanno portato in varie biblioteche, pubbliche e private, sia di Roma che in altre parti d’Italia. Questa breve nota per comunicare che, durante una ricerca, ho trovato una foto del Cardinal Eugenio TISSERANT con la dedica alla nostra parrocchia. La foto del Cardinal Eugenio TISSERANT, restaurata, ingrandita è ora visibile nella sacrestia della parrocchia dello Spirito Santo.
La foto è stata dedica e autografata da Sua Eminenza Rev.ma Cardinale EUGENIO TISSERANT esattamente il 18 febbraio 1966, quindi, 51anni or sono.
Il Cardinale Eugenio Tisserant è stato il “Rifondatore” della nostra Diocesi e fu anche uno dei promotori dell’Ente Maremma.
CASTEL DI GUIDO- 5 febbraio 2017-Roma Municipio 13- Villa Romana delle Colonnacce .
Riportati alla luce ambienti con mosaici.
I Volontari del Gruppo Archeologico Romano (GAR), capitanati dal Prof. Gincarlo GAZZETTI ,hanno ripreso, a pieno ritmo, gli scavi nella Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido. La Villa Romana è del II-III secolo d.C. è sita su di un pianoro all’interno dell’Azienda agricola comunale. La Villa ha strutture di epoca repubblicana che sono le più antiche e di epoca imperiale. La villa ha una zona produttiva di e la parte residenziale di epoca imperiale. La parte produttiva comprende l’aia o cortile coperto: il grande ambiente conserva le basi di tre sostegni per il tetto, mentre è stato asportato il pavimento, al centro si trova un pozzo circolare. Vi è una cisterna per la conservazione dell’acqua meteorica, all’interno della cisterna si trovano le basi dei pilastri che sorreggevano il soffitto a volta. A giudicare dallo spessore dei muri e dei contrafforti si può desumere che avesse un altezza di circa 5 metri. Nell’ambiente di lavoro si trovano un pozzo e la relativa condotta sotterranea. Torcular : sono due ambienti che ospitavano un impianto per la lavorazione del vino e dell’olio. Vi era un torchio collegato alle vasche di raccolta, mentre in un ambiente più basso vi era l’alloggiamento dei contrappesi del torchio medesimo ed una cucina con contenitori in terracotta di grandi dimensioni (dolii). La parte residenziale ha un atrio, cuore più antico dell’abitazione romana, in cui si conservava l’altare dei Lari, divinità protettrici della casa. Al centro vi è una vasca ( compluvio) in marmo in cui si raccoglieva l’acqua piovana che cadeva da un foro rettangolare sito nel tetto (impluvio). Sale da pranzo, forse triclinari , ampie e dotate di ricchi pavimenti e di belle decorazioni affrescate sulle pareti. Cubicoli, stanze da letto . Vi erano dei corridoi che consentivano il transito della servitù alle spalle delle grandi sale da pranzo senza disturbare i commensali o il riposo dei proprietari. Il Peristilio o giardino porticato: era l’ambiente più amato della casa, di solito con giardino centrale ed una fontana. Dodici colonne sostenevano il tetto del porticato, che spioveva verso la zona centrale. I volontari del GAR –Zona Aurelio , scavano con perizia e recuperano frammenti, “i cocci”, li puliscono, catalogano e , quindi, li trasportano nella sede di via Contessa di Bertinoro dove vengono restaurati e conservati . Nel 1976 la Soprintendenza Archeologica di Roma recuperò preziosi mosaici e pregevoli pitture che sono ora esposti al pubblico nella sede del museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo. Se la Villa è visitabile e ben conservata lo si deve all’ottimo lavoro dell’Archeologo Dott.ssa Daniela Rossi che la si può definire “Ambasciatore e protettrice del Borgo romano di Lorium “.
Castel di Guido- 31 gennaio 2017- Un bilancio provvisorio. Continua il lavoro di ricerca “archeologia di biblioteca”. Ho iniziato questa ricerca, come ho sempre detto, per curiosità e per attività di “conoscenza”, ma quando ci si trova “sul campo”, con i faldoni e cartelle a portata di mano, la realtà ti prende e ti porta alla “storia successiva”. Quando sei tra gli scaffali di una biblioteca o in un archivio ,non sai mai cosa riserva il faldone polveroso che stai per aprire. Come descrivere la sensazione che si prova quando vai con un’antica carta topografica nella zona, descritta in documento, a verificare “le pietre” o “trovare tracce” di fatti avvenuti secoli addietro.
Delusioni? Tantissime, ma anche piacevoli “scoperte” con “riscontri” di ciò che il manoscritto(fotocopia) che stai leggendo narra. La documentazione archivistica che sto esaminando, con ricerche in varie biblioteche e archivi di Roma e non solo, è molto vasta e si presenta, in molteplici forme, come singoli o gruppi di documenti o da archivi ,più o meno, poderosi con documenti connessi da reciproche relazioni. Sono rimasto colpito nello scoprire la grande varietà degli “ATTI” ,prodotti nei secoli passati, relativi alla Campagna Romana . Ho rivisitato e mi sono soffermato sul significato della definizione di “ARCHIVIO” che molti storici così ne hanno illustrato il significato:” L’archivio rappresenta lo specchio della società che riflette, in realtà, da un archivio concepito e inteso esclusivamente come tesoro del principe si arriva pian piano all’archivio recepito come prodotto dell’attività di un Ente o persona che raccoglie e conserva nel suo archivio i documenti per le proprie finalità pratiche e per la certificazione di diritti o, con il passare del tempo, per la ricerca storica.”Concludo augurandomi che in futuro prossimo , a breve, un sempre maggior numero di persone possa avvicinarsi e contribuire allo sviluppo della storia locale di Castel di Guido, poiché la storia non è stata scritta solo dai “vincitori”, ma spesso da persone umili che nel corso dei secoli hanno cercato di costruire un futuro migliore.
Castel di Guido- 29 gennaio 2017- Laboratorio della memoria -Eseguire una ricerca sui manufatti popolari che incarnano non solo lo spirito religioso ma anche la più antica visione cosmogonica delle comunità rurali, significa provare ad uscire da una lettura stereotipata degli elementi presenti sul territorio per coniugarla alle simbologie dell’immaginario che ancora è possibile trovare nella popolazione anziana locale. Le Croci: in legno, pietra o ferro battuto infisse a terra o su colonne di pietra. La croce sostituisce l’albero sacro, come supporto del divino.
La foto (25 giugno 2015)mostra la Croce Votiva dei Padri Passionisti che si può ammirare all’incrocio tra via Neviani e via Gismondi. La Croce è stata installata nel 1988 come ci dice il Sig. GREGORIO detto e conosciuto come GIOVANNINO e come si legge nella piccola epigrafe in pietra murata ai piedi della Croce. Giovannino si prende cura della pianta di rosa che adorna la Croce, ne cura la potatura nel mese di dicembre . Il Sig. Giovannino , di origine veneta, è orgoglioso della “sua croce” ne allontana chi vuole recidere le bellissime rose ai quali dice:” Le rose si depongono ai piedi della Croce e non si recidono .” prosegue il racconto del Sig. Giovannino :” Delle volte a dicembre la rosa fiorisce, è strano, ma è così, lascio che le rose appassiscono e, solo poi, inizio la potatura.” Ormai la Croce di via Neviani è divenuta parte della storia e del paesaggio di quest’angolo di Castel di Guido.
Articolo e foto di Franco Leggeri -pubblicato il 25 giugno 2015-per “Laboratorio della memoria “
Castel di Guido- 21 gennaio 2017-Il giacimento pleistocenico de “la Polledrara di Cecanibbio” è ubicato a circa 20 km a Nord-Ovest di Roma tra la via Boccea e la via Aurelia , ad una quota di circa 83 metri s.l.m., nell’ambito dei rilievi periferici del Vulcano Sabatino. Il sito, venuto alla luce a seguito dell’erosione naturale di un pendio di collina, è stato parzialmente disturbato dall’aratura moderna. In base ai dati forniti dallo scavo archeologico, iniziato nel 1985 dalla Soprintendenza Archeologica di Roma e tuttora in corso e che ha rimesso alla luce un’area di oltre 700 mq, il giacimento è stato associato al paleo alveo ed ai margini di un piccolo corso d’acqua, presente in un paesaggio a lieve gradiente ,caratterizzato da canali fluviali a percorso instabile e da acque stagnanti . Il tratto dell’alveo conservato, inciso in un banco di tufite granulare compatta, raggiunge la larghezza massima di 40-50 m. Sulla paleo superficie erano irregolarmente distribuiti oltre 9000 (novemila) reperti faunistici fossili associati a circa 400 strumenti litici e a pochi strumenti su osso, attribuibili culturalmente al Paleolitico inferiore.L’associazione faunistica è costituita prevalentemente da Elefante antico e Bue primigenio; scarsa invece la presenza di altre specie quali il cervo, il cavallo, il lupo , il rinoceronte.
Pochi i resti di microfauna e di uccelli acquatici. Le ossa erano accumulate in più livelli nel canale centrale , mentre nelle aree periferiche pianeggianti erano sparse su di un unico livello, con alcune concentrazioni in piccoli avvallamenti . Lo stato di conservazione è ottimo; le ossa presentano un buon grado di fossilizzazione ed un aspetto delle superfici vario, da quello molto fresco nei reperti che hanno subito poco o meno trasporto, a quello fortemente fluitato per quelli di minori dimensioni trascinati dalla corrente . I reperti erano stati successivamente seppelliti, in un tempo relativamente breve, da uno strato di tufite , derivata da prodotti vulcanici rimaneggiati. La distribuzione caotica del materiale, causata dai processi di trasporto e di deposizione che avvengono in un percorso d’acqua, è stata in parte determinata , soprattutto nelle aree marginali, dall’attività di animali da preda quali il lupo , e dall’intervento dell’uomo. Questi doveva avere frequentato le sponde del corso d’acqua , intensamente popolate da animali di varie specie, sia per procacciarsi il cibo , come è testimoniato dalla presenza di strumenti e dalle numerosissime ossa metapodiali di Bue primigenio fratturate per estrarne il midollo . Le ossa di Elefante sono in assoluto le più abbondanti, con la presenza di tutti gli elementi dello scheletro ; alcuni crani quasi completi sono di particolare interesse in quanto offrono una più ampia conoscenza sulla morfologia degli esemplari di Elefante antico nella penisola italiana. Numerose le zanne , le mandibole, i denti isolati e le ossa dello scheletro postcraniale , attribuibili ad almeno 25 individui prevalentemente adulti. Nel corso delle ultime campagne di scavo è stato parzialmente rimesso in luce un microambiente, di poco successivo all’episodio fluviale, caratterizzato da acqua a lentissimo scorrimento. In quest’area sono stati identificati i resti ossei di almeno due elefanti, in parziale connessione anatomica e con le superfici in perfetto stato di conservazione. Finora sono stati rimessi in luce un cranio ed alcune ossa dello scheletro postcraniale : una zampa anteriore, le ossa di una mano, le tibie e peroni, alcune vertebre e costole. Accanto alle vertebre di una degli esemplari vi erano i resti di un lupo , anch’essi parzialmente in connessione. Evidentemente le carcasse degli animali erano rimaste intrappolate nella melma e le ossa non avevano quindi subito spostamenti di rilievo. Sparsi tra i reperti faunistici sono stai raccolti 400(quattrocento) strumenti litici culturalmente riferibili al Paleolitico inferiore.
La materia prima, costituita da piccoli ciottoli silicei e calcareo-silicei di colore variabile dal grigio al grigio scuro, non appartiene all’ambiente fluvio-palustre ricostruito, ed è stata evidentemente trasportata dall’uomo. Questi si procurava il materiale nei livelli a ghiaie attribuibili alla Formazione Galeria, i cui affioramenti sono attualmente individuabili alla quota di 40-45 metri s.l.m. lungo la parte terminale dei fossi Arrone e Galeria, ad una distanza minima di km 3 (tre) dal giacimento de La Polledrara. L’industria è caratterizzata dalla presenza di strumenti su ciottolo, in particolare choppers e raschiatoi , molti dei quali con il margine ottenuto con ritocco erto. Numerosi i denticolati , i grattatoi e gli strumenti con caratteri tipologici non ben definiti. Comunemente i manufatti presentano più margini ritoccati; tale sfruttamento intensivo dei ciottoli era probabilmente dovuto proprio alla difficoltà di reperimento della materia prima. Non sono presenti fino ad oggi strumenti bifacciali , comuni negli altri siti dell’area Nord-Ovest di Roma (Castel di Guido, Malagrotta, Torre in Pietra). Vario è la stato fisico dei manufatti; molti dei quali presentano le superfici alterate dal trasporto in acqua. Alcuni strumenti litici , rinvenuti associati alle ossa di elefante in connessione anatomica nell’ambiente di tipo palustre, presentano invece un aspetto fisico freschissimo e margini taglienti. L’analisi delle tracce d’uso ha permesso di riscontrare la presenza di tracce prodotte dal contatto di tessuti animali (ossa, carne e pelle) nel corso della macellazione delle carcasse. Pochi sono gli strumenti su osso, ricavati tutti da frammenti di diafisi di ossa lunghe di elefante , con estremità o margini laterali resi taglienti mediante il distacco di grosse schegge . In occasione del Giubileo dell’anno 2000 è stata attuata una struttura museale , dell’estensione di 900 (novecento) mq, per la fruizione , da parte del pubblico, della paleo superficie rimessa in luce e restaurata.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Anna Paola Anzidei, Soprintendenza Archeologica di Roma–Foto originali di Franco Leggeri
Dal Volume- CASTEL DI GUIDO dalla Preistoria all’Età moderna. Edizione PALOMBI- ed. 2001-
Foto originali di Franco Leggeri
Bibliografia
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Il giacimento è attualmente aperto al pubblico e può essere visitato dietro prenotazione da effettuare telefonando al numero+39.06.39967700 (lunedì-sabato 9-13.30 e 14.30-17), o collegandosi al sitowww.archeorm.arti.beniculturali.it
Roma, 21 gennaio 2017- – “Accogliamo positivamente la comunicazione ,da parte della Regione Lazio, dell’uscita entro aprile del bando per la riqualificazione della Tenuta agricola di Castel di Guido, azienda che da anni necessità di un’operazione di rilancio. Si tratta di un bene importantissimo per il territorio, con grandi potenzialità inespresse ,che merita di essere valorizzato con serietà e impegno”. Così David Granieri, presidente di Coldiretti Roma e Lazio, ha sottolineato che :”per questo è fondamentale proseguire lungo il percorso già avviato all’insegna della massima condivisione e trasparenza evitando episodi e situazioni che possano inficiare il lavoro svolto finora e i futuri obiettivi di crescita”.
A.M. Radmilli – G. Boschian Gli scavi a Castel di Guido il più antico giacimento Paleolitico nell’Agro romano Firenze 1996
L’Autore descrive il risultato dei suoi scavi nel deposito del Paleolitico inferiore (datato a 350.000 anni) di Castel di Guido (Roma). Particolare rilievo è dedicato ai manufatti su osso, costituiti da un centinaio di bifacciali, oltre ad altri strumenti. I reperti faunistici attestano un clima subcontinentale, con un paesaggio a foresta e radure. Sono stati inoltre ritrovati alcuni frammenti di cranio riferibili ad Homo erectus.
ROMA-18 gennaio 2017 ore 16.08 “Dopo il tavolo tecnico di coordinamento per la valorizzazione della tenuta di Castel Di Guido, una nostra delegazione è stata ricevuta dagli assessori Hausmann e Sartore che hanno ribadito l’intenzione di indire al più presto un bando per la gestione della tenuta”. Così, in una nota , il comitato Campagna Romana Bene Comune che vede tra gli aderenti la Cgil di Roma e del Lazio, la Cgil di Roma nord Viterbo Civitavecchia, la Flai Cgil e l’Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica).
“Tra le criticità emerse – continua la nota – la scarsa chiarezza da parte del Comune di Roma sulla gestione corrente e i piani futuri. Se infatti la proprietà dei terreni e degli immobili é rientrata alla Regione Lazio il 28 dicembre scorso, l’azienda agricola biologica Castel Di Guido é di proprietà del Comune di Roma e quindi personale, macchinari, trattori, animali e fieno per la loro alimentazione sono gestiti dal Comune. Per questo motivo, chiediamo un incontro con l’assessorato competente. Esprimiamo infine la nostra perplessità sulla proposta di valorizzazione di Castel di Guido del presidente della Commissione Ambiente Daniele Diaco e resa nota nei giorni scorsi, in quanto non emerge l’identità agricola della tenuta. E’ per noi fondamentale capire se la posizione di Diaco rispecchi la volontà del Comune di Roma. Per quanto ci riguarda, la mobilitazione continua e a breve terremo un sit in davanti al Campidoglio”
ROMA 16 gennaio 2017-REGIONE LAZIO: BANDO PER VALORIZZAZIONE CASTEL DI GUIDO ENTRO APRILE 2017
“Abbiamo convocato per la prossima settimana il tavolo tecnico di coordinamento per la valorizzazione della Tenuta di Castel di Guido che dovrà definire i contenuti del bando pubblico per il rilancio della Tenuta. E’ previsto per la prossima settimana anche un incontro con l’associazione coinvolta. Il tavolo di coordinamento, composto dalla Regione, Roma Capitale, Mibact – Soprintendenza Area archeologica di Roma, l’Arsial e tre esperti del settore, designati dalla Regione Lazio e dal Comune di Roma in questi mesi ha lavorato alla mappatura dettagliata del bene e ha messo in campo possibili idee di rilancio e di sviluppo dell’area, in vista dell’immissione in possesso della Regione Lazio da parte del Comune di Roma, avvenuta il 28 dicembre, per mezzo del commissario ad acta come previsto dalla legge regionale 14/2008. Il
Bando volto alla riqualificazione del bene sarà pronto entro Aprile 2017”.
Lo dichiarano in una nota congiunta l’assessore regionale al Bilancio, Patrimonio e Demanio, Alessandra Sartore e l’assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca, Carlo Hausmann.
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