Roma Municipio XIII- Il Museo Paleontologico della Polledrara di Cecanibio
IL CIMITERO DEGLI ELEFANTI ANTICHI, TRA LE VIE AURELIA E BOCCEA
Roma Municipio XIII- Il territorio a nord-ovest di Roma, oltre a possedere una notevole valenza dal punto di vista storico, conserva anche importanti testimonianze geologiche e paleontologiche!
Ci troviamo nell’area della campagna romana, a breve distanza dal Vulcano Sabatino, anticamente caratterizzata da una grande abbondanza di vegetazione, con una notevole presenza di corsi d’acqua e ampie zone paludose.
Qui, circa 20 km a nord-ovest di Roma, fra le vie Aurelia e Boccea, si trova il sito della Polledrara di Cecanibbio, uno dei più ricchi depositi paleontologici esistenti!
Un luogo a due passi da casa nostra, in cui è possibile immergersi nella Preistoria ed osservare direttamente testimonianze della presenza umana (Homo heidelbergensis) e animale, risalenti al Pleistocene medio-superiore, circa 300.000 anni fa.
Questo giacimento conserva in una estensione di circa un chilometro quadrato, migliaia di resti fossili!
Esso consiste in un paleoalveo conservato, con una larghezza massima di circa 50 m, che durante il Pleistocene medio-superiore incise il banco di tufite granulare compatta.
All’interno dell’antico tratto di alveo, sono stati rinvenuti numerosi resti faunistici dell’epoca, oltre a strumenti in selce/osso e tracce di macellazione/fratturazione delle ossa, che documentano la presenza umana (testimoniata anche dal ritrovamento di un molare deciduo di bambino, attribuibile a Homo heidelbergensis).
“Sparsi tra i reperti faunistici sono stati raccolti quattrocento strumenti litici, culturalmente riferibili al Paleolitico inferiore. La materia prima, costituita da piccoli ciottoli silicei e calcareo-silicei di colore variabile dal grigio al grigio scuro, non appartiene all’ambiente fluvio-palustre ricostruito, ed è stata evidentemente trasportata dall’uomo. Questi si procurava il materiale nei livelli a ghiaie attribuibili alla Formazione Galeria, i cui affioramenti sono attualmente individuabili alla quota di 40-45 metri s.l.m. lungo la parte terminale dei fossi Arrone e Galeria, ad una distanza minima di tre km dal giacimento de La Polledrara”. (A. P. Anzidei et al., Castel di Guido – dalla Preistoria all’Età moderna, 2001).
La fauna ivi presente, è costituita per la maggior parte da grandi mammiferi, come ad esempio, l’elefante antico (Palaeoloxodon antiquus), il bue primigenio (Bos primigenius) e il cervo elafo (Cervus elaphus). Sono stati trovati anche resti di altri animali, come ad esempio il cavallo, il lupo e molti uccelli acquatici.
I numerosi resti sono dovuti sia al trasporto durante le fasi di piena dell’antico corso d’acqua, con successiva deposizione sul fondo al diminuire della corrente, sia all’intrappolamento diretto dei grandi mammiferi, nel momento in cui tale paleoalveo si era trasformato in una zona di paludosa, ricca di fango e con acque stagnanti.
“Lo stato di conservazione è ottimo; le ossa presentano un buon grado di fossilizzazione ed un aspetto delle superfici vario, da quello molto fresco nei reperti che hanno subito poco o meno trasporto, a quello fortemente fluitato per quelli di minori dimensioni trascinati dalla corrente.
I reperti erano stati successivamente seppelliti, in un tempo relativamente breve, da uno strato di tufite, derivata da prodotti vulcanici rimaneggiati” (A. P. Anzidei et al., Castel di Guido – dalla Preistoria all’Età moderna, 2001).
Questo importantissimo sito archeologico, uno dei più ricchi e meglio conservati del pianeta e, sicuramente, il più grande d’Europa ma, ahimè, attualmente risulta chiuso al pubblico.
Mentre in precedenza infatti, erano previste delle aperture del Museo , in occasione di visite guidate programmate, all’interno della struttura museale (costruita in occasione del Giubileo dell’anno 2000), al momento invece, non è più accessibile e fruibile ai cittadini.
Noi dell’Associazione Culturale Cornelia Antiqua, ci auguriamo che torni al più presto ad essere aperto ai visitatori, in modo che finalmente potremo tornare tutti a beneficiare di questa grande testimonianza storica presente nel nostro territorio!
Articolo di Tatiana Concas-Foto di Franco Leggeri per l’Associazione Cornelia Antiqua
Roma –Castel di Guido :Sit-in delle Associazioni per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia.
Roma Municipio XIII-Castel di Guido 26 giugno 2022-Si è svolto puntualmente , sulla piazza del Borgo, il sit-in organizzato dalle Associazioni Cornelia Antiqua e Castel di Guido e altro . Il Presidente, Cristian Nicoletta, organizzatore dell’evento, aprendo la manifestazione, ha ringraziato le tantissime Associazioni e i Cittadini presenti per aver risposto all’appello di Cornelia Antiqua a partecipare a questo sit-in al fine di salvare e riqualificare il sito Archeologico della Bottaccia , sottolineando:” che la concretezza operativa, ha iniziato a smuovere qualcosa e, finalmente , i vari “bla-bla” sembrerebbero destinati a finire nella cartella delle inutili promesse ”.
Il Presidente Cristian ha ringraziato la Presidente Diana Calcagni e i Volontari di Retake che proprio oggi , ancora una volta, hanno pulito la via di Castel di Guido e ,come fanno da anni, l’area antistante il Casale . Ha preso poi la parola il dott. Alessio De Cristoforo, funzionario della Soprintendenza responsabile per il Municipio XIII, sotto cui ricade il sito Archeologico della Bottaccia . Il dott. De Cristoforo ha illustrato ,con chiarezza, la Convenzione di Faro (Portogallo) del 2005, recentemente ratificata anche dal nostro Parlamento.
Il Vice-Presidente di Cornelia Antiqua, Gianluca Chiovelli nel suo intervento ha voluto evidenziare il ruolo delle Associazioni con queste parole :”Per riuscire a centrare l’obiettivo è necessario creare una rete di Associazioni e coinvolgere i Cittadini perché-chiosa Chiovelli-le Istituzioni devono essere sollecitate nelle azioni di recupero e valorizzazione dei Siti Archeologici e conservarli come eredità per le generazioni future”. Sono intervenuti dal podio tutti i Presidenti delle Associazioni presenti e che sono attivamente impegnate nella tutela e salvaguardia della nostra Campagna Romana.
ROMA Municipi XIII-XIV –Il 26 giugno 2022 Sit-in nel Borgo di Castel di Guido:
” SALVIAMO IL SITO ARCHEOLOGICO del CASALE della BOTTACCIA”
ROMA Municipio XIII-XIV- Le Associazioni:Cornelia Antiqua e Amici di Castel di Guido, con i rispettivi Presidenti: Cristian Nicoletta e Fabio Scaccia rinnoveranno l’Appello per il salvataggio ed il restauro dell’Antichissimo Casale della Bottaccia.
Saranno Presenti –Alberto Barbattini ,Presidente della Coop. IL PARCHETTO, Luigi Conti, Priore del Palio dei Fontanili di Testa di Lepre, La Dott.ssa Gianna Capannolo per Amici di Castel di Guido ed altre Associazioni che lavorano per il Bene Comune nei Municipi XIII e XIV-
Il Presidente di Cornelia Antiqua, Cristian Nicoletta,rivolge un Appello a tutti gli amanti della Storia e della Campagna Romana:” Supportate questa iniziativa!!! Oltre alle Associazioni è importante la presenza dei Cittadini romani. Proprio in questi giorni i nostri Fotoreportage, relativi al Casale della Bottaccia, sono stati ripresi e pubblicati da molti organi d’informazione”.
L’Appuntamento è per le ore 19:00 presso la Piazza del Borgo di Castel di Guido .
Al termine dell’incontro le Associazioni offriranno un piccolo buffet .
Biblioteca DEA SABINA-Associazione Cornelia Antiqua
– Franco Leggeri –
Ricerca storica “Origini della Diocesi di Porto e Santa Rufina”
Biblioteca DEA SABINA– Franco Leggeri –Ricerca storica “Origini della Diocesi di Porto e Santa Rufina”-La Diocesi di Porto con le altre di Ostia, Albano, Palestrina, Frascati e Sabina fa parte delle sedi suburbicarie. Fino al 1120, epoca in cui Callisto II unì alla diocesi di Porto quella delle Sante Rufina e Seconda, le diocesi suburbicarie furono sette. I vescovi suburbicari hanno grado di cardinali ed occupano il primo luogo ne sacro Collegio. La circoscrizione delle diocesi di Porto, dopo l’unione con quella delle Sante Rufina e Seconda, comprendeva i seguenti abitati e tenute: Porto-Maccarese-Palo-Santa Severa-Santa Marinella-Palidoro – Castel di Guido- Cerveteri-Ceri-Sasso- Giuliano- Santa Maria di Galera-Casaccia-Cesano- Isola Farnese-Storta-San Nicola-Olgiata-Vaccareccia-Riano-Primaporta-Bottaccio-Testa di Lepre-Leprignano-Castiglione Ricci-Tragliata-Magliana-Massimilla-Massimina-Pescaccio-Pisana-Ponte Galeria-Buccea-Porcareccia-Torrimpietra-Pisana.Castelnuovo. La Diocesi ebbe anche giurisdizione episcopale nel Rione Trastevere, e, dopo la ricordata unione con Santa Rufina, anche nella città Leonina. Sulle origini della sede Vescovile di Selva Candida e delle Ss.Rufina e Seconda il Moroni dà le seguenti notizie:” Nel martirologio di Adone, in Tillemont, T.4,p.5, ed in Bollando, T.3, Julii,p.28, si leggono gli Atti delle Sante Sorelle Rufina e Seconda vergini e martiri. Nate da Asterio ed Aurelia di stirpe romana, illustre e senatoria, furono fidanzate e promesse spose ad Armentario e Verino, i quali apostarono il cristianesimo nel 257 0 260 per la persecuzione di Valeriano e di Gallieno. Rufina e Seconda rigettarono con orrore la proposta che loro fu fatta di abiurare anch’esse la fede di Gesù Cristo. Volendosi rifugiare in una loro terra in Toscana, per delazione de’ due apostati furono inseguite da Archesilavo conte, e arrestate al 14° miglio della via Flaminia. Ricondotte in Roma dinanzi al prefetto Giunio Donato, questi, prima con le lusinghe , poi colle minacce di fieri tormenti, fece battere Rufina alla presenza della sorella per intimorirla, la quale invece si gravò perché a lei non fosse concesso tanto onore di patire per Gesù. Riportate in tetra prigione , ivi fu bruciato letame perché rimanessero , dal puzzo e dal fumo, soffocate, invece comparve splendida luce e si sentì in soave odore. Indispettito il prefetto le fece gettare in ardente bagno, dal quale uscite illese, ordinò che si precipitassero, con grosse pietre al collo, nel Tevere, ove un Angelo le prese , sciolse e condusse a riva. Allora Giunio le consegnò di nuovo ad Archesilavo perché o le facesse morire o le lasciasse libere a sua arbitrio. Ma il crudele conte le fece condurre in una selva folta ed oscura , perché appena vi penetrava il sole, chiamata Selva Nera, nel fondo di Busso o Buxo o Boccea nella via Aurelia o Cornelia, che conduceva a Porto e Civitavecchia, 10 miglia lontano da Roma (circa 8 delle moderne miglia). Ivi fece loro troncare le teste, lasciando i loro corpi insepolti esposti alle fiere. Comparse in visione a Plautilla matrona romana e signora del territorio, sebbene ancor gentile, l’esortarono a farsi cristiana ed a seppellirle. Tutto Plautilla eseguì, e trovati i cadaveri incorrotti diè loro sepoltura in onorevole monumento. Pel concorso de’ fedeli a venerarle , reso chiarissimo il luogo pel martirio più tardi patito anche dai SS.Marcellino e Pietro (V.Chiesa dei SS. Marcellino e Pietro) e pei miracoli da Dio operati, fu denominato Selva Candida, Sylva Candida. Vi fabbricò una magnifica basilica San Giulio I papa del 336, vi ripose i corpi delle dette Sante e Santi (secondo Piazza, che però nell’Emerologio di Roma dice che i corpi dei SS. Marcellino e Pietro furono sepolti nel Cimitero di Tiburzio in sontuoso mausoleo da Sant’Elena), ed in loro onore la dedicò prevalendo il nome delle Sante Rufina e Seconda, chiesa che San Damaso I nel 367 terminò. Frequentando la chiesa i cristiani, a poco a poco si fabbricarono abitazioni e si formò una popolata e nobile città, che meritò la Sede vescovile immediatamente soggetta alla Santa Sede, la seconda delle Suburbicarie dopo quella di Ostia. La città prese il nome delle Sante Rufina e Seconda e di Selva Candida, come vescovato.
Ricerca e trascrizione dal testo originario di Franco Leggeri
Foto originali di Franco Leggeri
Testi consultati,Papiri Diplomatici,Le origini delle Diocesi in Italia,Sedi Episcopali nell’antico ducato di Roma,Storia dell’Agro Romano.
ROMA -Municipio XIII-CASTEL di GUIDO -Prima della Storia, il Paleolitico –
Associazione Cornelia Antiqua
Riassunto –In questa Ottava Campagna di scavo sono stati scoperchiati 70 mq della superficie frequentata dall’Uomo durante il Paleolitico inferiore ed i risultati conseguiti sostanzialmente non modificano quanto era stato notato in precedenza.-(Atti Soc. Tosc. Sci.Nat.,Mem.,Seria A,95 (1988)-
Abstract – The eight excavation at the Palaeolithic site 01 Castel di Guido. This excavation brought to light 70 p/m of an area which was frequented by human beings during the Lower Palaeolithic. The results of such an excavation do not alter what was previously pointed aut.
Nel mese di settembre del 1988 ha avuto luogo l’ottava campagna di scavo nella stazione del paleolitico inferiore sita a Castel di Guido, a circa venti km da Roma sulla Via Aurelia. Hanno preso parte a questa campagna di scavo il tecnico del Dipartimento di Scienze Archeologiche Ivano Bigini, una decina di studenti dell’Università di Pisa e di Roma, alcuni membri dell’Archeo-Club pisano e il geologo Dott. Giovanni Boschian di Trieste.
Si è proceduto con gli operai ad asportare, su un’area di 70 mq, il deposito a tufite in direzione della presumibile testata della vallecola, tufite che copriva per circa un metro di spessore la superficie di calpestio dell’uomo del paleolitico inferiore. Questa tufite, nella campagna precedente non era stata asportata con i mezzi meccanici perché conteneva parte di almeno due carcasse di elefante antico, i cui resti erano disposti caoticamente, generalmente in posi-zione inclinata ; si rinvennero pure alcune zanne che con un’estremità arrivavano a contatto con la formazione a sabbia che costituisce, come noto, il piano di calpestio dei cacciatori del paleolitico inferiore.Lungo la zona situata alla base della parete est del deposito era- no presenti numerosi grossi clasti di tufo a scorie nere, alcuni giacenti direttamente sulla sabbia, al di sopra di uno stradello di tufite e infine alcuni sovrapposti. Questo fatto lascia adito all’ipotesi che l’alto morfologico naturale non debba distare molto dalla superficie di scavo ed inoltre dopo la formazione della valle per sgretolamento in diversi momenti del tufo, si sia avuta la deposizione di detti clasti sino alla copertura del deposito con la tufite la quale avrebbe trascinato gli ultimi frammenti di tufo che troviamo sovrapposti. In questa parte dello scavo vi sono scarsi i reperti lasciati dall’uomo che, pur giacendo direttamente sopra la sabbia, erano contenuti in una formazione di circa cinque cm di spessore, costituita da sabbie più o meno “ferrettizzate” e da minuti clasti lacustri, condizione di giacitura questa, per la quale si potrebbero anche avanzare alcune ipotesi. Allo stato attuale della ricerca preferisco, però, attendere lo scoperchiamento completo dell’alto sul lato est, che certamente porterà dati utili per l’interpretazione di questa situazione caotica rispetto alla regolare sedimentazione che si nota nella parte centrale e comunque distante dai due alti morfo- logici che delimitano ad est e ad ovest la vallecola. La superficie a sabbia presenta una lieve inclinazione, che era già stata notata nella campagna precedente (MALLEGNI et alii, 1986), da sud verso nord- est dove si nota una faglia inversa che ha determinato uno scalino di circa venti cm nella formazione a sabbia.
I dati emersi da questa ottava campagna di scavo nulla aggiungono, di nuovo, a quanto era stato rilevato con gli scavi del 1985 in merito al meccanismo di deposizione dei resti lasciati dall’uomo e precisamente «l’aspetto del giacimento quale noi lo conosciamo è in realtà l’assetto finale risultato di una dinamica evolutiva dipendente da un processo erosivo differenziale continuato; questo ha mantenuto esiguo lo spessore del giacimento asportando i materiali più sottili, sabbiosi, distruggendone altri, e provocando magari a più riprese il disseppellimento degli oggetti più grossolani. Questo processo avrebbe avuto come risultato una sorta di «compressione» dello spessore del giacimento: oggetti cronologicamente differenti, anche se culturalmente omogenei, verrebbero oggi a trovarsi affiancati; si potrebbe così spiegare la grande variabilità nell’aspetto superficiale»(PITTI et alii, 1986). Infatti, come già si è detto nelle precedenti Comunicazioni, (LONGO et alii, 1981; FORNACIARI et alii, 1982; PITTI et ahi, 1983, 1984, 1986; RADMILLI, 1985), spesso si rinvengono nei frammenti ossei e negli strumenti ricavati da osso caratteri superficiali completamente diversi che vanno da una patina molto fresca ad una patina che denota un alto grado di alterazione chimica. È verisimile, però, che l’alterazione chimica sia soprattutto dovuta al “percolato”, nel tempo, delle acque che attraversarono la tufite che ricoprì la superficie frequentata dall’uomo, anziché al fattore tempo, perché anche se non siamo in grado di valutare quanto a lungo la valle sia stata un luogo, seppure stagionale, di sosta dei cacciatori paleolitici è, altresì ,probabile che questo sito non sia stato frequentato per millenni.
Le caratteristiche fisiche superficiali degli oggetti avevano fatto dubitare, inizialmente, della loro posizione in sito, quindi, si è avuto il modo di accertare, data la vasta area finora scavata, che i reperti, siano essi manufatti o frammenti ossei, sono depositati direttamente sulla formazione a sabbia, cioè sulla superficie di calpestio dei cacciatori del paleolitico inferiore, che hanno una posizione orizzontale, in alcuni casi le ossa sono in connessione anatomica. Inoltre è molto significativo il fatto che ,spesso, gli strumenti ed i ciottoli calcarei sono stati rinvenuti in un’area ristretta. L’assenza degli scarti di lavorazione viene a documentare, come già si è detto (RADMILLI, 1985),che siamo in presenza di una stazione usata dai cacciatori paleolitici come luogo per la macellazione degli animali e ciò, fra l’altro, si rileva da alcune ossa che presentano i caratteristici segni dovuti alla macellazione, oltre al fatto che, per la posizione che occupavano nell’animale vivente, le ossa finora rinvenute vengono a documentare una selezione, ad opera dell’uomo, di parti dell’animale abbattuto che, staccate dal corpo, venivano portate nell’«accampamento».
Questa situazione, si capisce, non esclude la possibilità che alcune delle ossa provengano dalla tufite soprastante che aveva trascinato quanto rinveniva nel suo movimento, ivi compresi i resti ossei ed i manufatti, culturalmente omogenei a quelli della nostra stazione, che erano presenti sulla superficie soprastante la nostra valle. Infatti, anche se con una percentuale minima (2%) (controllabile perché su di ogni reperto è stato posto un segno distintivo della sua giacitura) la posizione verticale o inclinata, la giacitura seppure su un sottile velo di tufite di alcune ossa e manufatti, la posizione di alcune zanne di elefante che furono trovate al di sopra di alcune ossa più piccole direttamente a contatto con la sabbia, sono tutte prove della provenienza di alcuni oggetti dalla tufite.
Ma da questa situazione al dire, com’è stato detto agli studenti da un mio amico geologo “Quaternarista”, che la tufite è paragonabile alla pasta di una torta nella quale i pinoli vanno sempre a fondo (non i pinoli, in realtà, ma l’uvetta) e pertanto non si tratta di una giacitura primaria dei reperti poggianti sulla formazione a sabbia, bensì della loro provenienza dalla tufite è se non altro azzardato, perché il nostro geologo «ghiottone» visitò lo scavo quando i reperti erano stati asportati e pertanto non ha avuto il modo di accertare le condizioni della loro giacitura, ché ,altrimenti, avrebbe certamente emesso un altro giudizio, non lasciando, così, nell’incertezza alcuni studenti e purtroppo anche alcuni dei miei collaboratori.
Lo scavo ha restituito cinquecento settantuno reperti tra frammenti ossei e manufatti e questi ultimi costituiscono il 10% sul totale degli oggetti rinvenuti. Le ossa appartengono in prevalenza ad un elefante antico, quindi, al bove primigenio, al cavallo ed a rari cervi, cioè a specie la cui presenza, con le stesse percentuali, era stata notata già nelle precedenti campagne di scavo. I reperti provenienti dalla tufite sono rappresentati, per la loro caratteristica deposizione, da due zanne di elefante, da un frammento di cranio e una mandibola ,sempre di elefante, da due frammenti ossei di Bos e da tre manufatti. Tutti gli altri oggetti sono in sito.
Nella categoria degli strumenti sono presenti manufatti su calcare selcioso, su selce, questi ultimi generalmente di piccole e piccolissime dimensioni quali un bifacciale di selce il cui asse maggiore è di 4,4 cm, e su osso. Per la lavorazione degli strumenti su osso venivano usati “scheggioni” staccati da ossa lunghe di elefante ed in due bifacciali il tallone laterale presenta le tipiche caratteristiche della tecnica del distacco di tipo clactoniano. Quest’anno sono stati rinvenuti cinque bifacciali, di cui quattro con patina fresca, ed il quinto con superficie alterata per azione chimica. Mentre nei bifacciali su osso, che erano stati rinvenuti nelle precedenti campagne di scavo, era sempre presente il tallone conservato, quest’anno, invece, due esemplari presentano il tallone asportato mediante distacco di schegge ed in tutte e cinque gli esemplari la lavorazione conferisce loro un profilo lievemente sinuoso (Fig. 3). Abbiamo così ancora una volta la prova che per avere una conoscenza quanto più vicina alla realtà sulle caratteristiche della tipologia e della tecnologia dei manufatti necessita scavare su un’area quanto più vasta possibile. I bifacciali finora rinvenuti a Castel di Guido, sia quelli su osso, che quelli su calcare selcioso rientrerebbero, per la tecnica di lavorazione, nell’acheuleano medio ma oggi noi sappiamo, soprattutto dopo lo studio dell’industria acheuleana di Torre in Pietra come per la distinzione in acheuleano antico, medio e superiore o evoluto non siano sufficienti le sole caratteristiche tecnologiche e tipologiche, perché proprio a Torre in Pietra sono stati trovati associati bifacciali che per la loro tecnica di lavorazione apparterrebbero sia all’acheuleano medio che a quello superiore.
Fra gli strumenti ossei sono presenti alcuni che hanno un ritocco molto scadente lungo uno dei margini e alcuni esemplari confermano il distacco delle schegge dalla diafisi mediante la tecnica clactoniana. Nell’industria litica, oltre ai consueti ciottoli non lavo- rati, alcuni di siltite, e quindi in cattivo stato di conservazione, sono stati trovati una ventina di strumenti ricavati da piccoli ciottoli, per la cui definizione tipologica mi sembra necessario sia opportuno ultimare lo scavo e avere così una visione completa di questa «micro industria» che sappiamo accompagnare i “macro strumenti” in alcune industrie del paleolitico inferiore. Sono stati, inoltre, rinvenuti alcuni ciottoli rotti a metà lungo l’asse minore, un chopper, un chop – ping tool, quattro ciottoli con ritocco lungo un margine ed un bifacciale su calcare selcioso. Un altro esemplare proviene dalla tufite soprastante . Anche quest’anno, come nelle campagne precedenti, alcuni brevi tratti della superficie di calpestio erano privi di reperti ed il significato di questa assenza probabilmente si potrà conoscere a scavo e studio ultimati.
BIBLIOGRAFIA
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FORNACIARI G., MALLEGNI F., PITTI C., RADMILLI A.M. (1982) – Seconda campagna di sca- vo nella stazione del paleolitico inferiore a Castel di Guido presso Roma. Atti Soc. Tosc. Se. Nat., Mem., Ser. A, 88, 287-301.
PITTI C., RADMILLI A.M. (1983) – Terza campagna di scavo nella stazione del paleolitico inferiore a Castel di Guido presso Roma. Atti Soc. Tosc. Se. Nat., Mem., Ser. A, 89, 179-187.
MALLEGNI F., MARIANI-COSTANTINI R., FORNACIARI G., LONGO E., GIACOBINI G., RAOMILLI A.M. (1983) – New european fossi! hominid material from an acheulean site near Rome (Castel di Guido). Am. lour. Phys. Anthrop., 62, 263-274.
PITTI C., RAOMILLI A.M. (1984) – Quarta campagna di scavo nella stazione del Paleoliti- co inferiore a Castel di Guido presso Roma. Atti Soc. Tosc. SCoNat., Mem., Ser. A, 90, 319-325 .
PITTI C., RAOMILLI A.M. (1984a) – La stazione del Paleolitico inferiore a Castel di Guido presso Roma. Atti XXIV Riun. Sco 1st. It. Preist. Protostoria, Lazio 8-11 ottobre 1982, 119-129.
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PITTI C., RAOMILLI A.M. (1986) – Sesta campagna di scavo nella stazione del Paleolitico inferiore a Castel di Guido presso Roma. Atti Soc. Tosc. SCo Nat., Mem., Ser. A, 92, 339-350.
MALLEGNI F., RAOMILLI A.M. (1987) – Settima campagna di scavo nella stazione del Paleolitico inferiore a Castel di Guido presso Roma. Atti Soc. Tosc. SCoNat., Mem., Ser. A, 93, 235-251.
MALLEGNI F., RAOMILLI A.M. (1988) – Human temporal bone from the lower Palaeolithic site of Castel di Guido, near Rome, Italy. Am. lourn. Phys. Anthrop., 76, 175-) 82.
(ms. preso il 15 dicembre 1988; ult. bozze il 31 dicembre 1988)
Ricerca in Biblioteca di Franco Leggeri per l’Associazione Cornelia Antiqua
Riccardo Lupino-Arare umano est. Flessioni e riflessioni agricole nella civiltà moderna-
FIRENZE –Riccardo Lupino–Raccolte in un libro Flessioni e riflessioni agricole nella civiltà moderna. Si tratta di “Arare umano est” (Aska) di Riccardo Lupino, un contadino del secondo millennio.
Marcello è il primo essere umano della storia ed è anche il primo contadino dell’umanità. Il libro ripercorre tutta la storia dell’umanità vista attraverso gli occhi e le gesta di Marcello, che inventa prima l’agricoltura, perché si rende conto di non essere adatto a quel mondo primordiale e selvaggio, poi il fuoco, per cucinare il primo cinghiale che riesce a catturare dopo che l’ungulato gli ha distrutto le prime coltivazioni, dando così il via a tutta l’umanità, fino ai giorni nostri. Scopriremo come nasce la zappa e l’importanza fondamentale che tale strumento avrà nella nostra evoluzione, ma si parla anche del problema legato alla comparsa sul pianeta dei primi esseri “Non Contadini” che di fatto cambieranno totalmente gli equilibri e la vita di Marcello che, sempre più disorientato, senza rendersene conto si troverà in una società totalmente scollegata dalla natura e dalla terra, una società che diviene “moderna”, nella quale i supermercati nascono ovunque e si moltiplicano a dismisura grazie anche ai loro reparti di “Sfrutta e Verdura”.
Si vedrà Marcello alle prese con i vegani armati di seitan fino all’arrivo sulla scena di Carlo Cracco e la sua cucina stellata, che darà il colpo finale al capostipite dei contadini e ad una storia durata millenni. Le vicende di Marcello si alternano con le “flessioni e riflessioni agricole” dell’autore, un contadino del secondo millennio che con ironia e leggerezza tenta di portare avanti la propria personale idea di umanità, cercando di trattare temi anche molto seri come il valore dei prodotti agricoli e lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura. L’idea di umanità che l’autore tenta di presentarci viene definita da lui stesso come “Naturale”, fermo restando che di “Naturale” nell’essere umano c’è ben poco. Se è vero che errare ed arare sono le caratteristiche che più di tutte differenziano l’essere umano dagli animali, non riesco a capire perché tutti quanti errano ma soltanto in pochissimi arano!
Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
Roma Municipio XIII, Perché il nome Castel di Guido?
Se percorri la strada con l’auto in corsa vedi solo una tabella che indica Castel di Guido-Comune di Roma e non ti chiedi dove sei ed il perché del nome del Borgo medioevale che attraversi così velocemente. Io me lo sono chiesto ed ho iniziato a fare delle ricerche per mio conto ed ho sbagliato subito l’approccio perché , ingenuamente, sono andato a consultare il libro di Cicerone “ LA TOPICA”, sempre perché qualcuno mi aveva detto che questo è un sito che nell’antichità era denominato LORIUM. Ma poi mi sono reso conto che molto spesso i nomi che vengono dati ad un territorio , borgo ecc derivano da eventi accaduti molti secoli prima, dunque se questo luogo all’epoca dell’antica Roma era chiamato Lorium ,dovevo spostare le mie ricerche verso l’anno mille e finalmente ci sono arrivato. Tra i vari documenti che ho consultato, il più esaustivo è stato quello che ho trovato scritto negli annali di Prudence de Troyes dove si legge testualmente” Guy, magravede Spolète accurt l’appel du Pape avec le concurs des Romaines il reporte une grande victoire sur les mecreants, battus par les milicies de la campanie romaine”. Trad. “ Guido, margrave di Spoleto, accorse all’appello del Papa, e con il concorso dei Romani riporta una grande vittoria sui miscredenti, battuti con l’aiuto delle milizie della campagna romana”. I fatti narrati avvennero nell’anno 846. La vittoria suscitò ammirazione tra i Romani che iniziarono a chiamare questi luoghi Castrum Guidi, in ossequio a Guido I Duca di Spoleto e Camerino, quindi è questa l’origine del nome CASTEL di GUIDO. Dopo questa breve ricostruzione mi sono domandato:” Ma i Saraceni superstiti dove sono andati a finire ?” Sembrerebbe nella località sita sulla via Tiburtina che prese appunto il nome di SARACINESCO. (F.L.)
Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
ROMA-Municipio XIII- PIETRO GERMI, Il grande regista, è sepolto nel Cimitero di Castel di Guido
Ricerche bibliografiche e foto originali sono di Franco Leggeri
Il grande regista PIETRO GERMI è sepolto accanto alla sua prima moglie Anna Bancio nel cimitero di Castel di Guido. Pietro Germi volle che fossero incise sulla sua tomba le parole, prese dalla liturgia di Pentecoste: «Vieni, Spirito Creatore. Vieni, Santo Spirito. Vieni, Padre dei poveri. Vieni, luce dei cuori».
«Germi non sa di essere profondamente cristiano, e dire che qui va all’osso del cristianesimo». È il giudizio inaspettato e molto lusinghiero con cui don Zeno Saltini (1900-1981) il leggendario prete di Carpi e fondatore di Nomadelfia salutò la proiezione in anteprima (presente tra gli altri Vittorio De Sica), il 19 ottobre 1950, nel bel mezzo del giubileo pacelliano, del film Il cammino della speranza di Pietro Germi (1914-1974). La pellicola, tratta dal romanzo Cuore negli abissi di Nino Di Maria, narra le disavventure di un gruppo di minatori siciliani nel tragico esodo con i familiari verso la Francia. Un giudizio e una stima che porterà il fondatore di Nomadelfia a intrecciare, da quella data, una lunga amicizia fatta anche di lettere e di biglietti d’auguri con il maestro del neorealismo italiano tra il 1950 e il 1969. Un giudizio, quello di don Zeno, che ci fa tornare con la mente oggi – a cento anni dalla nascita del grande cineasta genovese, avvenuta il 14 settembre del 1914 – alle tante pellicole in cui è presente, a volte sottotraccia, il suo retroterra cattolico da L’uomo di paglia e Il Ferroviere a L’immorale. Pellicole in cui i protagonisti sono quasi sempre dei poveri cristi, dei falliti caduti in un baratro di contraddizioni.
A testimonianza di tutto questo è ancora oggi il ricordo di Carlo Rustichelli, il musicista e compositore italiano autore delle più indovinate colonne sonore dei film di Germi e vero tramite dell’amicizia tra l’artista genovese e il prete “ribelle” di Carpi (per il quale scrisse il famoso Inno di Nomadelfia): «Lui era convinto di essere miscredente ma, verso la fine della sua vita, ho capito che non era vero. Anche nel suo modo di narrare e lavorare alle sceneggiature, ho scoperto solo alla fine che seguiva un binario spirituale, umano in senso religioso, decisamente monoteista.
Avvertiva l’esistenza di qualcosa di superiore e ne L’immorale con Tognazzi, ad esempio, ciò si percepì: fu per me una sorpresa».
E forse non è un caso che lo stesso Germi ammise che proprio in un film come Il cammino della speranza di aver avuto come riferimento ideale «i temi fondamentali della morale cristiana». E sarà lo stesso regista a spiegare in un’intervista del 1949 alla “Rivista del Cinematografo” i suoi punti di incontro con il cristianesimo: «Il cinema italiano, in quanto meno viziato degli altri da conformismo ipocrita, in quanto più degli altri fermentante di problemi morali, in quanto più degli altri capace di una spoglia ed umile attenzione verso gli umili e i sofferenti è senza dubbio tra i più adatti ad esprimere non convenzionalmente i valori del cristianesimo». E rilevante sarà in occasione del referendum del 1946, il suo giudizio su come considera veramente la religione, lontana dai fariseismi di un certo cattolicesimo forgiato sul «Dio dei preti e di certi democristi…».
Probabilmente tutto questo aiuta a spiegare il cemento su cui si plasmò l’amicizia molto intima con un prete “fuori dai canoni tradizionali” come don Zeno Saltini. Tra i due subentreranno, nel corso degli anni, non solo stima ma un costante rapporto epistolare dove affiorerà il consenso del sacerdote emiliano per l’attenzione di Germi al cristianesimo delle Beatitudini, agli umili, ai dimenticati presenti in molte sue pellicole o la sua ammirazione – come racconterà in una lettera – per Francesco d’Assisi. Ma non solo. Germi confiderà all’amico di aver realizzato nel 1944 una sceneggiatura mai utilizzata dal titolo Vita di Gesù.
La scoperta fu fatta, quasi per caso nel 2004, consultando l’archivio di Nomadelfia e sfogliando questo carteggio dallo storico del cinema Marco Vanelli. «Quello che colpisce di questo soggetto – racconta il critico e direttore della rivista “Cabiria” – è la prospettiva con cui viene raccontata la vita di Gesù con gli occhi di Giuda. Il personaggio per come viene qui presentato è un discepolo desideroso di amare il Nazareno, ma incapace di riconoscerlo come Messia».
L’epistolario fa inoltre emergere anche aspetti particolari come l’invito di Germi ai nomadelfi per un impegno concreto al rinnovamento della società italiana o la richiesta di don Zeno, quasi un “tormento” per il regista di realizzare un documentario dedicato a Nomadelfia, sulla falsariga de Il cammino della speranza.
Il rapporto fra il sacerdote e l’artista genovese continuerà per anni. Ne sono testimonianza anche il sostegno economico elargito da Germi a Nomadelfia ma anche i tanti biglietti o piccoli scritti. Come quello del 22 gennaio 1962 in cui il sempre schivo Germi scriverà all’amico per giustificare la sua assenza in occasione del ritorno di don Zeno a celebrare Messa dopo 8 anni: «Ti sono comunque vicino con tutto il mio cuore di miscredente».
Ma l’anima sotterraneamente religiosa di Germi, di un uomo sulla soglia del sacro affiorerà ancora in un’intervista rilasciata a Gideon Bachmann nel 1966 in cui il cineasta genovese affermerà di credere in un modo del tutto personale a una sua «idea di Spirito Santo» e metterà in guardia dai rischi di «indifferenza verso il fatto religioso»; rilevante in quel colloquio saranno le parole spese da Germi per il clero italiano da lui considerato «cemento sociale» per molte regioni italiane e la sua ammirazione per «papa Giovanni XXIII».
Tutto questo forse ci aiuta a capire la scelta dell’artista genovese a partecipare al film di Ermanno Olmi su Angelo Giuseppe Roncalli E venne un uomo (1965) in cui vestirà i panni del padre del Papa Buono, Giovanni Battista Roncalli. «In Germi vive sottotraccia una contrastata spiritualità – riflette il critico cinematografico Vanelli – attestata, ad esempio, dal personaggio da lui interpretato nel film L’uomo di paglia dove di fronte all’edicola di una Madonna non riesce a farsi il segno della croce ma porta la mano destra all’altezza della fronte e poi si aggiusta il cappello. Anche qui non vuole conformarsi alla prassi ufficiale ecclesiale: c’è sempre un uomo che si dichiarava miscredente ma che insegnava le preghiere ai figli. E di tutto questo ho trovato conferma e riscontro nei ricordi della figlia Marialinda». E aggiunge un particolare inedito ai più: «Certamente singolare è stata anche la sua amicizia con un altro sacerdote e parroco a Roma della chiesa di San Lorenzo in Lucina come don Piero Pintus con il quale spesso si è confrontato sui temi della fede e della morale».
-Pietro Germi a Nomadelfia- Articolo pubblicato dal giornale della CEI “l’AVVENIRE”-sintesi e ricerche storiche di Franco Leggeri per l’Associazione CORNELIA ANTIQUA
Franco Leggeri Fotoreportage ”Palio dei Fontanili” 2019
Borgo Testa di Lepre-FIUMICINO (RM)
–Seconda edizione ” Palio dei Fontanili il -5-6- 7-8- settembre 2019″
-foto e articolo di Franco Leggeri-
Al “Palio” si duellerà a “colpi” di storia-Il tema sarà :“… la Dama fu rapita dai Saraceni mentre si bagnava nel fiume Arrone …”
Testa di Lepre 19 luglio 2019-La sceneggiatura del palio, Edizione 2019, è ispirata al madrigale del Tasso che fu musicato dal Monteverdi-:” Ecco mormorare le acque e tremare i ramoscelli e gli alberelli alla brezza mattutina, e cantare dolcemente i soavi uccelli sopra i verdi rami e risplendere il cielo ad oriente . Ecco che ormai appare l’alba e si specchia nel mare e rasserena il cielo, e la delicata rugiada rende perlate le campagne e colora d’oro gli alti monti. O bella o dolce Aurora, la brezza è tua messaggera, e tu lo sei della brezza che conforta ogni cuore d’oro.”
I Costumi-
Per la realizzazione dei costumi ,che saranno indossati dalle Dame, Cavalieri e Figuranti, le Sarte delle Contrade, le favolose Sarte-Modiste del Borgo , si sono ispirate al famoso quadro di Giovan Battista Salvi “Betsabea al bagno”.
La Taverna del Palio-
La sera ,alla Taverna del Palio ,sarà ricordato agli avventori la famosa teoria della Scuola medica Salernitana e che recita, vado a memoria, così: ”è molto dannoso a chi mangia bere acqua, poiché lo stomaco si raffredda, e il cibo riesce indigesto”.
Il Borgo di Testa di Lepre è il luogo ideale per riscoprire la bellezza del contatto con la natura perché è una “Favola” immerso nella Campagna Romana e da questa e per questa incantevole e invidiata posizione che il Borgo è conosciuto come:” Testa di Lepre la Perla della Campagna Romana”. Al fine di valorizzare e mettere in risalto il Borgo ,l’Associazione Pro Loco di Testa di Lepre , nel prossimo mese di settembre nei giorno -5-6- 7-8- , aprirà le porte alla II^ edizione del “Il Palio dei Fontanili”.
Il Presidente Luca Calderoni ci chiarisce e spiega lo spirito dell’evento: “Il Palio ha un “carattere aperto” che consentirà, a tutti i Cittadini , di viverlo nel modo partecipato e permettendo e dando spazio alla creatività di tutti.” Chiosa il Presidente:” Il Borgo di Testa di Lepre, durante la manifestazione del Palio dei Fontanili, sarà animato da una serie di iniziative ed eventi alla scoperta dell’arte, delle tradizioni , della cultura, della gastronomia tipica della nostra Campagna Romana, degli Antichi Mestieri e delle musiche popolari, quindi, il nostro Palio sarà un appuntamento per chi ama le cose semplici e genuine. L’iniziativa della Proloco risponde alla sempre più crescente domanda di “vecchi sapori tradizionali” e ha lo scopo di valorizzare e promuovere il patrimonio eno-gastronomico dell’intero territorio e di conservare la memoria storica legata alle condizioni ambientali, alle consuetudini e alle tradizioni della popolazione locale. Il piccolo Borgo ,sito nel cuore della Campagna Romana, apre le porte per un viaggio “sensoriale” tra i sapori e la storia di questa terra. “
Il Priore Luigi Conti interviene evidenziando gli aspetti storici e le radici su cui si richiama e ispira Il Palio dei Fontanili :”nel Borgo il Palio rappresenta il Medioevo e un tuffo nel passato, dove i colori ed i suoni di quell’epoca tornano a vivere in questa suggestiva cornice. Ci si immerge per questa ricorrenza in un ritratto vivace e vitale della realtà di questa Valle dell’Arrone milleduecento anni fa nella famosa battaglia dell’846 d.C. in cui la Milizia Contadina riportò una strepitosa e inaspettata vittoria contro i saraceni ,che- prosegue il Priore Luigi- erano sbarcati alla foce del fiume Arrone a Fregene, e si apprestavano a marciare verso Roma.”
La Proloco di Testa di Lepre invita tutti i Cittadini alla partecipazione e ringrazia quanti vorranno lavorare con entusiasmo e determinazione per realizzare questo evento: il “PALIO DEI FONTANILI 2019”.
Ricordiamo che La Proloco , motore del Palio, non ha scopo di lucro, ma promuove e valorizza, come BENE COMUNE, il Borgo di TESTA di LEPRE il suo territorio, le risorse naturalistiche, storiche e le doti artistiche e imprenditoriali di TUTTI i cittadini” .
Pro loco del Borgo Testa di Lepre: conclusa la sfilata dei carri allegorici.
Articolo e foto sono di Franco Leggeri
Testa di Lepre- 3 marzo 2019-Tutto perfetto per la prima edizione del Carnevale del Borgo organizzato dalla Pro Loco di Testa di Lepre. Entra nel clou la kermesse con la sfilata dei carri che partita puntualissima alle ore 15:00 dal campo sportivo fino a raggiungere la piazza principale del Borgo. Nel corso della sfilata i carri hanno fatto sosta davanti al palco della Giuria carri, dove i gruppi mascherati si sono esibiti in balli molto belli e apprezzati dal numeroso pubblico presente . La Contrada Malvicina , gia vincitrice del Palio dei Fontanili 2018, è la vincitrice del Primo Carnevale del Borgo di Testa di Lepre.
La presentazione dei Carri ci è stata fornita da Priore Luigi Conti della Pro Loco di Testa di Lepre che, quindi, trascrivo fedelmente:
I carri erano quattro uno per ogni Contrada del Borgo-
Contrada Malvicina-Titolo del carro: “Salviamo le api.”
Che è stato così descritto:
Per il loro lavoro laborioso non vogliono l’uomo velenoso.
Ispirandoci al cartoon “Winnie the Pooh” abbiamo rappresentato l’orsetto che è golosissimo di miele circondato da api e ape Regina.Si vuole sensibilizzare l’uomo a non essere velenoso inquinando e usando pesticidi.Le api sono a rischio di estinzione per questi motivi.Le api sono le impollinatrici naturali di moltissime piante e garantiscono la biodiversita delle piante stesse.Quindi winnie per essere felice ed avere il suo miele ha bisogno che le api continuano a
sopravvivere senza che l’uomo sia velenoso….
La Contrata Prataroni ha presentato il carro dal titolo : “La Campagna Romana”:
Uno sguardo al passato a quando le pianure maremmane erano aride ed incolte e che, grazie ai giganti del l’aria, i mulini a vento, diventarono le fertili terre che ancora oggi coltiviamo.
Abbiamo voluto omaggiare uno degli elementi fondamentali dei nostri casali: “la stalla” dove nonni e zii hanno passato la maggior parte delle loro albe e tramonti per darci il buon latte, che per un lungo periodo è stato uno dei tratti distintivi di Testa Di lepre.
Non poteva mancare “il fontanile” simbolo del nostro Palio e delle nostre terre, indispensabile per assicurare l’acqua agli animali al pascolo. Ed ancora tutto quello che la campagna può dare all’uomo che la ama e la coltiva: gli ulivi, la vigna, i campi di grano e di mais, gli alberi da frutto e gli ortaggi. Solo Attraverso la dedizione e la cura amorevole della terra, degli animali e dei suoi frutti, oggi come allora, possiamo ritrovare e condurre una vita sana e genuina in comunione con la natura, insegnando ai nostri figli a vivere al ritmo del tempo scandito dalle stagioni!
La contrada Colonnacce ha presentato il carro dal titolo:
“Lo sbarco dell’uomo sulla Luna.”
Il 50* anno dallo sbarco dell’uomo sulla luna (un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per lumanità). Era il 21 luglio del 1969 quando l’impresa dei tre astronauti della missione apollo 11 sbarcò sulla Luna ed il comandante Neil Armstrong lasciò la prima impronta umana sul polveroso suolo lunare. Dalla NASA alla nostra piccola comunità il messaggio è che l’uomo è fantastico e con impegno e dedizione non esistono progetti “irrealizzabili”
La Contrada Borgo ha presentato il carro dal titolo:
”Il Re Leone”
Questo film di animazione è ricco di significati profondi, per noi è stato difficile scegliere quello a cui dare più rilevanza, ne citiamo solo due:
Il primo: Il cerchio della vita, nel quale ogni creatura è connessa l’una con l’altra, formando un delicato equilibrio che va tutelato costantemente, rispettando ciò che ci circonda in natura senza consumare in modo scellerato, le risorse che essa ci offre.
chi sei tu? Non dimenticare le nostre origini rimanendo fedeli a noi stessi.
Al termine della sfilata la Contrada Malvicina risultata la vincitrice del Primo Carnevale del Borgo di Testa di Lepre.
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