ROMA Municipio XIII-Restauro della statua Vergine Lauretana –
Chiesa della Madonna di Loreto di via Boccea ,
il restauro della statua raffigurante la Vergine Lauretana
Articolo e foto di Tatiana Concas
ROMA- 16 ottobre 2023-Lungo la via Boccea, all’altezza del numero civico 1417, immersa nel paesaggio della campagna romana, si trova la chiesa della Madonna di Loreto.
Questa piccola accogliente chiesa, rappresenta un luogo di silenzio e di preghiera, un rifugio spirituale, per tutti coloro che sentono il bisogno di avvicinarsi a Dio, seguendo l’esempio di umiltà della Santissima Vergine Maria.
La chiesa di Santa Maria di Loreto, è stata recentemente trasformata da parrocchia a rettoria e il sacerdote al quale il Vescovo ha affidato la cura della rettoria è don Biagio Calasso.
Nella comunità della chiesa si percepisce un forte clima di unione e condivisione, incoraggiato anche dall’esempio di don Biagio, che esercita con grande ardore il suo ministero di preghiera, a sostegno di tutte le persone che stanno attraversando un periodo di sofferenza spirituale.
I fedeli partecipano con gioia, anche alla cura della Chiesa, mettendo a disposizione il loro tempo e le loro abilità.
Un esempio è fornito da una coppia di sposi che, chiedendo di restare anonimi, si sono offerti volontari, a titolo gratuito, per restaurare alcune opere scultoree presenti all’interno della rettoria.
Tra le opere da loro restaurate, merita particolare attenzione la statua della Madonna di Loreto, a cui sono stati restituiti luce e colore, riportandola allo splendore iniziale.
La statua raffigurante la Madonna di Loreto, si trova racchiusa in una nicchia dietro l’altare ed è rappresentata con il caratteristico manto ingioiellato detto Dalmatica.
Essa è ispirata alla Vergine Lauretana ed appare quindi, di colore nero, perché secondo le cronache dell’poca, la scultura della Vergine venerata nella Santa Casa, era scolpita in Ebano, un legno dal colore notoriamente scuro.
Il volto della Madonna però, a differenza della statua originale, è sorridente e con il braccio destro, nascosto sotto la dalmatica, sorregge Gesù Bambino.
Il braccio sinistro della Vergine Maria invece, fuoriesce dal mantello e tiene nella mano una sfera, simbolo del Mondo.
Il bambino infine, mostra tra le dita della mano destra, una pietra di colore chiaro, che rappresenta probabilmente, la pietra della casa di Nazaret.
La statua della Madonna di Loreto ci ricorda il mistero dell’incarnazione di Gesù, che si è fatto carne ed è venuto al mondo per salvare l’umanità.
Ringraziamo pertanto, la coppia di sposi anonimi, volontari, che guidati dalla fede, hanno restaurato con maestria questa bellissima statua raffigurante la Vergine Maria, nella cui maternità, come dice Papa Francesco, “vediamo la maternità della chiesa che riceve tutti, buoni e cattivi”.
Castel di Guido- 19 giugno 2016-Un bilancio provvisorio. Continua il lavoro di ricerca “archeologia di biblioteca”. Ho iniziato questa ricerca, come ho sempre detto, per curiosità e per attività di “conoscenza”, ma quando ci si trova “sul campo”, con i faldoni e cartelle a portata di mano, la realtà ti prende e ti porta alla “storia successiva”. Quando sei tra gli scaffali di una biblioteca o in un archivio ,non sai mai cosa riserva il faldone polveroso che stai per aprire. Come descrivere la sensazione che si prova quando vai con un’antica carta topografica nella zona, descritta in documento, a verificare “le pietre” o “trovare tracce” di fatti avvenuti secoli addietro.
Delusioni? Tantissime, ma anche piacevoli “scoperte” con “riscontri” di ciò che il manoscritto(fotocopia) che stai leggendo narra. La documentazione archivistica che sto esaminando, con ricerche in varie biblioteche e archivi di Roma e non solo, è molto vasta e si presenta, in molteplici forme, come singoli o gruppi di documenti o da archivi ,più o meno, poderosi con documenti connessi da reciproche relazioni. Sono rimasto colpito nello scoprire la grande varietà degli “ATTI” ,prodotti nei secoli passati, relativi alla Campagna Romana . Ho rivisitato e mi sono soffermato sul significato della definizione di “ARCHIVIO” che molti storici così ne hanno illustrato il significato:” L’archivio rappresenta lo specchio della società che riflette, in realtà, da un archivio concepito e inteso esclusivamente come tesoro del principe si arriva pian piano all’archivio recepito come prodotto dell’attività di un Ente o persona che raccoglie e conserva nel suo archivio i documenti per le proprie finalità pratiche e per la certificazione di diritti o, con il passare del tempo, per la ricerca storica.”
Concludo augurandomi che in futuro prossimo , a breve, un sempre maggior numero di persone possa avvicinarsi e contribuire allo sviluppo della storia locale di Castel di Guido, poiché la storia non è stata scritta solo dai “vincitori”, ma spesso da persone umili che nel corso dei secoli hanno cercato di costruire un futuro migliore.
FIUMICINO-Borgo PALIDORO-Torre Perla sarà il museo Salvo d’Acquisto
Torre Perla di Palidoroospiterà il museo dedicato a Salvo d’Acquisto. Lo ha deciso la Regione Lazio approvando una specifica richiesta avanzata i primi di ottobre dal comune di Fiumicino.
“Siamo davvero felici, ha detto ieri il Sindaco di Fiumicino, Esterino Montino che la Giunta Regionale abbia approvato la delibera con cui autorizza la concessione della Torre di Palidoro, a favore di questa Amministrazione. Il 7 ottobre 2015 avevo scritto all’assessore regionale alle Politiche del Bilancio e Patrimonio, Alessandra Sartore, chiedendo la concessione della Torre, dell’area circostante e dei fabbricati prospicienti. Con il provvedimento firmato oggi il Comune di Fiumicino, d’intesa con il Comando generale dei Carabinieri, porrà le basi per la costituzione di un museo dedicato al vicebrigadiere Salvo d’Acquisto, medaglia d’oro al valor militare e figura che il nostro territorio vuole celebrare come merita”.
Salvo d’Acquisto:«Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte: Dio è con me e io non ho paura!»
La Torre-
La torre, a pianta quadrata e alta circa 20 metri, risale al periodo delle invasioni saracene e serviva, insieme a diverse altre torri costiere, tutte erette tra l’VIII e il IX secolo, ad avvistare l’avvicinarsi delle navi nemiche. La torre di Palidoro, nota anche come torre Perla, è una fortificazione costiera di avvistamento realizzata tra l’VIII ed il IX secolo a difesa del territorio dell’Agro romano dalle scorribande saracene che a partire dall’VIII secolo d.C. flagellarono le coste del Tirreno fino a giungere a minacciare Roma. Proprio davanti alla torre il 23 settembre 1943, il vicebrigadiere dei Carabinieri Salvo d’Acquisto, comandante della stazione locale sacrificò la propria vita per salvare 22 persone rastrellate dopo un attentato contro le truppe tedesche e per questo destinate alla fucilazione.
Giacomo Leopardi :“L’uomo si allontana dalla natura, e quindi dalla felicità, quando a forza di esperienze di ogni genere, ch’egli non doveva fare, e che la natura aveva provveduto che non facesse (perché s’è mille volte osservato ch’ella si nasconde al possibile, e oppone milioni di ostacoli alla cognizione della realtà); a forza di combinazioni, di tradizioni, di conversazione scambievole ec. la sua ragione comincia ad acquistare altri dati, comincia a confrontare, e finalmente a dedurre altre conseguenze sia dai dati naturali, sia da quelli che non doveva avere. E così alterandosi le credenze, o ch’elle arrivino al vero, o che diano in errori non più naturali, si altera lo stato naturale dell’uomo; le sue azioni non venendo più da credenze naturali non sono più naturali; egli non ubbidisce più alle sue primitive inclinazioni, perchè non giudica più di doverlo fare, nè più ne cava la conseguenza naturale ec. E per tal modo l’uomo alterato, cioè divenuto imperfetto relativamente alla sua propria natura, diviene infelice.L’uomo può essere anche infelice accidentalmente per forze esterne, che gl’impediscano di conformar le azioni alle credenze, cioè di far quello ch’egli giudica buono per lui, o non far quello ch’egli giudica e crede cattivo. Tali forze sono le malattie, le violenze fattegli da altri individui, o da altre specie, o dagli elementi ec. ec. ec. Quest’infelicità non entra nel nostro discorso. Essa è appresso a poco l’infelicità antica”.
TRAMA-E se un giorno un politico cominciasse a dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità? Il politico in questione si chiama Michele Spagnolo, un nome forte, di quelli che comandano, ed ha tre figli: Riccardo, medico integerrimo e socialmente impegnato; Susanna, attrice di fiction senza alcun talento; Valerio, un buonannulla in carriera che deve tutto al padre. In oltre trent’anni di onorata carriera Michele ha sempre anteposto i suoi interessi personali a quelli della collettività ed è passato indenne attraverso i mille scandali che hanno flagellato il nostro paese. L’ultima cosa al mondo che dovrebbe succedere ad un uomo del genere è dire la verità…Eppure, dopo una notte trascorsa con una “promettente” soubrette televisiva, Michele viene colto da un malore, si salva, ma non senza conseguenze. L’apoplessia ha colpito proprio la parte del cervello che controlla i freni inibitori ed ora il politico dice tutto ciò che gli passa per la testa, fa tutto quello che gli va e non ha la minima cognizione della gravità delle sue azioni.
• ANNO: 2012
• REGIA: Massimiliano Bruno
• SCENEGGIATURA: Massimiliano Bruno, Edoardo Falcone
• ATTORI: Raoul Bova, Michele Placido, Rocco Papaleo, Ambra Angiolini, Alessandro Gassmann, Edoardo Leo, Maurizio Mattioli, Sarah Felberbaum, Isa Barzizza, Rolando Ravello, Imma Piro, Camilla Filippi, Barbara Folchitto, Nicola Pistoia, Valerio Aprea, Ninni Bruschetta, Stefano Fresi, Sergio Fiorentini, Remo Remotti
• • FOTOGRAFIA: Alessandro Pesci
• MONTAGGIO: Patrizio Marone
• MUSICHE: Giuliano Taviani, Carmelo Travia
• PRODUZIONE: Italian International Film
Borgo Testa di Lepre-IL PALIO DEI FONTANILI – Guido da Spoleto e l’importanza della MILIZIA DI CAMPAGNA- Piccola ricerca storica per la ProLoco di Testa di Lepre-
Articolo di Franco Leggeri
Testa di Lepre- 12 luglio 2018- Guido da Spoleto e l’importanza della MILIZIA DI CAMPAGNA-
Ricerca Storica, di larga massima, sull’impiego delle Milizie della Campagna Romana-Milizie Rusticane. I fatti narrati avvennero nell’anno 846 d.C.
E’ a Lorium, nella Valle dell’Arrone zona fontanile di MezzaLuna e laghetti di MezzaLuna è intitolata una delle battaglie dimenticate dell’ antichità. Qui nell’ 846 d.C. i saraceni venivano sconfitti da “milizie della Campagna Romana” (come le definisce lo storico francese Prudenzio da Troyes)
Tra i vari documenti che ho consultato, il più esaustivo è stato quello che ho trovato scritto negli annali di Prudence de Troyes dove si legge testualmente:” Guy, magravede Spolète accurt l’appel du Pape Sergio II avec le concurs des Romaines il reporte une grande victoire sur les mecreants, battus par les milicies de la campanie romaine”.
Traduzione di Franco Leggeri: “ Guido, margrave di Spoleto, accorse all’appello del Papa Sergio II , e con il concorso dei Romani riporta una grande vittoria sui miscredenti, battuti con l’aiuto determinante delle Milizie della Campagna Romana-Milizie Rusticane”.
La vittoria suscitò ammirazione tra i Romani che iniziarono a chiamare questi luoghi Castrum Guidi, in ossequio a Guido I Duca di Spoleto e Camerino, quindi è questa l’origine del nome CASTEL di GUIDO. E a memoria del fatto che questa fu zona di pirateria restano le torri di avvistamento sparse nella campagna , denominate TORRI SARACENE-
La ProLoco di Testa di Lepre organizza il Primo Palio dei Fontanile al fine di rievocare la vittoria sui saraceni da parte delle Milizie contadine della Campagna Romana guidate da GUIDO I Duca di Spoleto e Camerino.
P.S. Voglio aggiungere una nota sull’impiego e importanza della MILIZIA CONTADINA-
La battaglia del Fiume TREBBIA. Dell’889 d.C. tra Berengario e Guido II da Spoleto –
Trascrivo la cronaca della seconda giornata, della guerra tra Berengario e Guido da Spoleto si legge testualmente Guerra del TREBBIA del’889 d.C:” Dopo una tregua, nella quale Guido poté rifare più numeroso e potente il suo esercito. La seconda giornata fu combattuta sul fiume Trebbia: stavano per Guido cinquecento fanti francesi capitanati da Ascanio di lui fratello, seicento cavalli sotto gli ordini di un Guaisino e di un Uberto, una schiera di giovani toscani, mille fanti di Camerino, cento pedoni guidati da un Alberico: un Ranieri guidava un’altra banda , trecento corazze un Guglielmo, e altre trecento un Ubaldo: seguivano parecchie migliaia di uomini di campagna( MILIZIA DI CAMPAGNA) più usati ,avvezzi, all’aratro che alle armi.Anche Berengario aveva con se tremila Friulani capitanati da Gualfredo, a cui aveva ceduto o promesso il marchesato del Friuli, mille e cinquecento corazze guidate da Unroco, mille e duecento cavalli tedeschi, altri cinquecento cavalli sotto gli ordini di un Alberico e una forte schiera di fanti e milizie rusticane.
Il figlio di Guido I, Guido II aveva imparato dal padre l’importanza della Milizia di Campagna per vincere le battaglie come dimostra la cronaca sopra riportata.
Articolo di Franco Leggeri
NOTA IMPORTANTE Questo è un post per la pagina facebook CAMPAGNA ROMANA, quindi, non è esaustivo, analiticamente, storicamente, ma la ricerca più articolata e analitica la consegnerò alla ProLoco di Testa di Lepre.
N.B.Foto di Franco Leggeri- Le foto sono a disposizione di TUTTI e libere .
Altre foto sono su Facebook-CAMPAGNA ROMANA BENE COMUNE
TESTA di LEPRE-Edicola Madonnina degli Allevatori- via Arrone-BIVIO di FREGENE- Fiumicino (RM)
Piazzale Coop. Allevatori Bestiame TESTA di LEPRE–Edicola Madonnina degli Allevatori.
Testa di Lepre- 25 giugno 2018- Laboratorio della memoria -Eseguire una ricerca sui manufatti popolari che incarnano non solo lo spirito religioso ma anche la più antica visione cosmogonica delle comunità rurali, significa provare ad uscire da una lettura stereotipata degli elementi presenti sul territorio per coniugarla alle simbologie dell’immaginario che ancora è possibile trovare nella popolazione anziana locale. Le Croci: in legno, pietra o ferro battuto infisse a terra o su colonne di pietra. La croce sostituisce l’albero sacro, come supporto del divino.
EPIGRAFE “ LA NOSTRA MADRE CELESTE CI HA GUIDATI NELLA LUNGA E TORMENTATA VICENDA PER LA DIFESA DEI DIRITTI SULLE QUOTE LATTE DI TUTTI NOI ALLEVATORI-1997-2000”
Franco Leggeri–Ricerche per un Saggio Storico sulla Campagna Romana–
Fonti :
Ministero Beni Culturali-MIBAC;
Biblioteca Nazionale ;
Biblioteca Privata dei Principi ()-
Cartografia:
– EUFROSINO DELLA VOLPAIA 1547;
-Catasto Alessandrino;
-CABREO ;
RICERCHE SPECIFICHE :
-Storia dei fontanili e dispute sull’Acqua nel medioevo;
-Tasse e tributi nel medioevo ;
-Studi sulla condizione contadina nel medioevo.
Il lancio del trattore 180-90, uno dei modelli base di quella che viene definita “la serie 90 alta” di Fiatagri, risale al 1984. Fu senza dubbio il modello di maggior successo della gamma, elegante, aggressivo e potente, grazie al motore Fiat-OM 8365.25 a 6 cilindri turbo oilcooler da 8.102 centimetri cubi.
Questo motore, tarato in fabbrica a 180 cavalli a 2.200 giri, aveva un “difetto” particolare: poteva essere facilmente manipolato e portato a potenze ben superiori ai 200 cavalli. Ne furono trovati alcuni con 220 CV alla presa di forza, che corrispondevano a circa 240 CV al volano. Chiaramente, una trasmissione tarata per un massimo di 200 CV non poteva non risentire di tale sbalzo di potenza e questo spiega perché una parte di contoterzisti non “manipolatori” non abbia mai avuto problemi di affidabilità, mentre altri sì. Anche non manipolato il 180-90 “tirava” sul serio, e non era neppure asssetato di carburante: test ufficiali attestavano un consumo di 32 kg di gasolio per ora alla potenza massima, e di 23 a coppia massima: un buon risultato per un motore di 8,1 litri con quel rendimento.
Al momento del suo lancio erano offerte due trasmissioni meccaniche a marce e gamme sincronizzate: una 24+8 con superriduttore, con velocità da 0,2 a 31 km/h, oppure una 16+16 con inversore al posto del superriduttore e velocità da 2,2 a 31 km/h. Tuttavia i concorrenti in questa fascia di potenza, quasi tutti americani, offrivano già cambi idraulici in powershift, meno efficienti ma più moderni e versatili. Per questo motivo, a due anni dal lancio, alla Fiera di Verona del 1986, la Fiatagri aggiornò la serie 90 gamma alta rendendo disponibile a richiesta il cambio in powershift, il sollevatore elettronico e la presa di forza con sollevatore anteriore. Il powershift consentiva di inserire le quattro marce di ogni gamma sotto carico, in movimento, senza l’uso della frizione, e di adattare istantaneamente il trattore alle variazioni di sforzo di trazione, con vantaggi anche per l’affidabilità del cambio e per il comfort di guida.
della VILLA ROMANA delle COLONNACCE di Castel di Guido-
Fotoreportage di Franco Leggeri Associazione CORNELIA ANTIQUA-
ROMA MUNICIPIO XIII- Castel di Guido-I visitatori , anche a seguito delle varie manifestazioni organizzate dalla LIPU, ospiti del GAR nella Villa Romana delle Colonnacce, sono stati guidati dal mitico Archeologo Luca nel tour tra gli scavi archeologici. Durante la visita alla Villa Romana, molti partecipanti sono stati incuriositi dalla presenza di alcuni alberi con alla base un cartello con la descrizione dell’essenza tratta dalle Opere di Plinio. Gli alberi costituiscono una riproduzione di un”GIARDINO ANTICO” e si trovano in un angolo in fondo all’area archeologica. Ne elenco alcuni esemplari : CIPRESSO,LECCIO,FRASSINO e NOCCIOLO.
Questi alberi sono qui nella antica Villa Romana delle Colonnacce a testimoniare che, tra fine dell’età repubblicana e primi decenni dell’epoca imperiale, come si può anche leggere nelle Opere di Plinio il Vecchio, Plinio il Giovane, Catone e Columella , il giardinaggio non è più considerato un’occupazione produttiva, ma anche attività svolta per piacere e diletto. Celebre il brano di Plinio il Vecchio: “I decoratori di giardini distinguono, nell’ambito del mirto coltivato, quello tarantino a foglia piccola, il nostrano a foglia larga, l’esastico a fogliame densissimo, con le foglie disposte a file di sei” ed ancora: “Esistono anche dei platani nani, che sono costretti artificialmente a rimanere di piccola altezza”.
Articolo e foto sono di Franco Leggeri per l’Associazione CORNELIA ANTIQUA-
Nuraghi e pascolo arborato: alla scoperta del paesaggio culturale sardo-
Articolo di Elena Colombo per greenreport.it
Una nuova ricerca mostra come 4.000 anni fa la civiltà nuragica abbia contribuito a plasmare i servizi ecosistemici della Sardegna di oggi
[19 Maggio 2023]-Natura e cultura: quante volte le abbiamo pensate separate? Eppure, questa dicotomia non riflette né il mondo di oggi, né quello di ieri. Viviamo nella natura e siamo parte di essa, anche se non abbiamo una casa in campagna e non sappiamo distinguere una primula da un gelsomino. Lo sa bene la rivista People and nature – il cui nome stesso ci ricorda che le persone sono allo stesso livello della natura –, che di recente ha pubblicato una ricerca sui legami tra la civiltà nuragica e la vegetazione nel territorio sardo.
Vanno prima chiariti alcuni punti. Il nostro legame con la natura è in primo luogo dato dai servizi ecosistemici, cioè tutti quei benefici che l’umanità trae dal sistema naturale. Un esempio? La legna che viene poi usata per il camino.
Ogni ecosistema offre diversi tipi di risorse, che l’umanità sfrutta con maggiore o minore intensità. La situazione ideale per noi umani si crea quando siamo in grado di trarre dei vantaggi da un ecosistema senza alterarne l’equilibrio; non è così che ci siamo comportati negli ultimi decenni, ed eccoci qui, con una grave crisi climatica in corso.
Come rispondere per progettare un futuro migliore? Può essere utile dare uno sguardo al passato. La ricerca firmata da Marco Malavasi, Manuele Bazzichetto, Stefania Bagella, VojtěchBarták, Anna Depalmas, Antonello Gregorini, Marta Gaia Sperandii, Alicia T. R. Acosta e Simonetta Bagella fa un salto indietro e approfondisce la conoscenza della civiltà nuragica e di come sfruttava le numerose risorse del territorio sardo.
Lo studio, reso possibile dalla collaborazione con l’Università degli studi di Sassari, parte da una mappa, quella dei nuraghi, le antiche costruzioni in pietra che hanno dato il nome al popolo vissuto sull’isola nell’età del Bronzo.
«Osservando la mappa, abbiamo notato che la distribuzione dei nuraghi non è uniforme, ma è molto densa in alcune zone e meno in altre – spiega Marco Malavasi, ecologo e autore dell’articolo – perciò ci siamo chiesti come mai. I nuragici avevano delle preferenze? Abbiamo quindi testato in termini geostatistici la loro distribuzione nel territorio sardo e non è risultata casuale. Questa è la prova che ci sono dei criteri dietro le scelte nell’edificazione dei nuraghi. E se tra questi ci fosse anche la vegetazione?».
Perciò, sono state sovrapposte le mappe della biodiversità con le mappe che illustrano la presenza dei nuraghi in Sardegna. Ne sono risultate alcune corrispondenze interessanti: i nuraghi si trovano soprattutto all’interno di alcune “serie di vegetazione”, quelle delle querce da sughero e roverelle. Se ne deduce che la civiltà nuragica prediligeva questo tipo di flora per situare i propri insediamenti.
Secondo la ricerca, inoltre, sarebbe stato lo stesso popolo nuragico a plasmare il paesaggio sardo, creando il “pascolo arborato”, una condizione ambientale di alternanza tra strati erbacei e arborei.
«I nuragici – argomenta Malavasi – facevano agricoltura, pastorizia e raccolta della legna e dei frutti in un unico luogo, il pascolo arborato, senza fare agricoltura intensiva. Hanno quindi contribuito alla formazione di questo habitat, che è estremamente sostenibile in termini ambientali ed ecologici».
In altre parole, il sistema agrosilvo-pastorale oggi presente in Sardegna è stato quindi influenzato dalle scelte fatte dal dei nuraghi 4.000 anni fa.
L’impronta nuragica è pertanto visibile tuttora nel paesaggio sardo: il pascolo arborato è infatti un ambiente familiare a ogni abitante della Sardegna. “Quando il sardo vede il pascolo arborato, o dehesa, si sente a casa”: queste le parole usate da Marco Malavasi per spiegare l’importanza di un “paesaggio culturale”, così definito perché fornisce un senso di identità e connessione con l’ambiente. La differenza tra cultura e natura si fa quindi sempre più sottile, fino a diventare quasi invisibile.
La scoperta è rilevante anche perché, purtroppo, del popolo nuragico si sa ben poco, poiché non disponevano di un sistema di scrittura. Molto di ciò che conosciamo relativamente alle loro abitudini di vita sono deduzioni fatte a partire da scoperte archeologiche. In questo caso, è stata la collocazione dei nuraghi a testimoniare il ruolo essenziale delle sugherete come servizio ecosistemico per gli antichi abitanti sardi.
Il popolo dei nuraghi infatti traeva la legna dai sughereti, la usava come combustibile e pare che la sfruttasse anche per isolare i muri dei nuraghi e per conservare il cibo. Le aree naturali che circondano i nuraghi sono tra le migliori per l’agricoltura e venivano inoltre usate per la raccolta dei frutti e per la pastorizia, fondamentale risorsa per il popolo sardo – di ieri e di oggi.
Il pascolo arborato era ed è tuttora un sistema sostenibile con un alto livello di biodiversità. In queste aree coesistono moltissime specie, non c’è erosione del suolo né desertificazione, le falde acquifere rimangono ricche di nutrienti.
Negli ultimi anni, però, il pascolo arborato sta progressivamente scomparendo, minacciato dai cambiamenti climatici, culturali e sociali. I pascoli vengono abbandonati e il rischio è che si perda una preziosa interazione di uomini e animali. La ricerca ha tra i suoi obiettivi quello di ampliare la prospettiva dei decisori politici, per stimolare una visione più sostenibile sul lungo termine.
In questa ricerca troviamo uno dei primi esempi di un uso non convenzionale delle mappe della biodiversità, nato dall’idea di un “ecologo annoiato dagli approcci settoriali”, come si autodefinisce Malavasi, e di Simonetta Bagella, anch’essa ecologa e autrice dell’articolo.
Mescolare le mappe richiede cautela, perché «tutte le mappe hanno dei rischi, contengono degli errori. La mappa è un testo e in quanto tale è retorico: implica una selezione dei contenuti, che non è neutrale», ci ricorda Malavasi.
Per raccogliere questi dati, dunque, l’archeologia ha avuto un ruolo di primo piano. Si tratta di una novità importante, perché legare archeologia e servizi ecosistemici non è impresa facile. «Per scrivere il paper ho dovuto studiare: per sei mesi sono diventato un po’ un archeologo», sottolinea Malavasi. La comunicazione tra ecologi e archeologi non è sempre stata semplice: questi ultimi hanno collaborato come garanti, dando conferme e smentite laddove necessario.
L’approccio transdisciplinare può essere un percorso in salita: «Nel processo di revisione ci sono state alcune critiche che denotavano una scarsa conoscenza dell’ecologia. Per capirle ho dovuto fare un passo indietro: è stato faticoso, ma il paper finale ne è uscito molto arricchito. Essere tolleranti per capire il punto di vista dell’altro: questa è la transdisciplinarietà», osserva Malavasi.
Per chi ha la fortuna di conoscere la lingua sarda, e vuole approfondire l’argomento, c’è qualcosa in più. Per la prima volta, l’abstract dell’articolo di ricerca, ovvero la breve sintesi dei contenuti che accompagna l’articolo stesso, non è riportato solo in inglese, ma è stato tradotto in Limba Sarda Comuna. Perché anche la lingua è un’espressione della biodiversità, questa volta in ambito (bio)culturale: e come dice Malavasi, «tutto ciò che è biodiverso è sempre sano».
Articolo di Elena Colombo per greenreport.it
Rielaborazione del research article: Malavasi, M., Bazzichetto, M., Bagella, S., Barták, V., Depalmas, A., Gregorini, A., Sperandii, M. G., Acosta, A. T. R., &Bagella, S. (2023). Ecology meets archaeology: Past, present and future vegetation-derived ecosystems services from the Nuragic Sardinia (1700–580 BCE). People and Nature, 00, 1– 12. https://doi.org/10.1002/pan3.10461
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