Castel di Guido- 29 gennaio 2017- Laboratorio della memoria -Eseguire una ricerca sui manufatti popolari che incarnano non solo lo spirito religioso ma anche la più antica visione cosmogonica delle comunità rurali, significa provare ad uscire da una lettura stereotipata degli elementi presenti sul territorio per coniugarla alle simbologie dell’immaginario che ancora è possibile trovare nella popolazione anziana locale. Le Croci: in legno, pietra o ferro battuto infisse a terra o su colonne di pietra. La croce sostituisce l’albero sacro, come supporto del divino.
La foto (25 giugno 2015)mostra la Croce Votiva dei Padri Passionisti che si può ammirare all’incrocio tra via Neviani e via Gismondi. La Croce è stata installata nel 1988 come ci dice il Sig. GREGORIO detto e conosciuto come GIOVANNINO e come si legge nella piccola epigrafe in pietra murata ai piedi della Croce. Giovannino si prende cura della pianta di rosa che adorna la Croce, ne cura la potatura nel mese di dicembre . Il Sig. Giovannino , di origine veneta, è orgoglioso della “sua croce” ne allontana chi vuole recidere le bellissime rose ai quali dice:” Le rose si depongono ai piedi della Croce e non si recidono .” prosegue il racconto del Sig. Giovannino :” Delle volte a dicembre la rosa fiorisce, è strano, ma è così, lascio che le rose appassiscono e, solo poi, inizio la potatura.” Ormai la Croce di via Neviani è divenuta parte della storia e del paesaggio di quest’angolo di Castel di Guido.
Articolo e foto di Franco Leggeri -pubblicato il 25 giugno 2015-per “Laboratorio della memoria “
Roma- 21 gennaio 2017-In Italia le fattorie sociali sono circa 3mila, danno lavoro a 30 mila persone e fatturano intorno ai 200 milioni di euro l’anno. Di questa rete di cooperative e contadini inclusivi racconta storie, esperienze, progetti e speranze il nuovo libro di Altreconomia: L’agricoltura è sociale, Le radici nel cielo: fattorie sociali e nuove culture contadine, curato da Roberto Brioschi, attivista della terra e membro di Rete dei Semi Rurali.
«L’agricoltura sociale – spiega il fondatore della Rete Fattorie Sociali, lo studioso Alfonso Pascale – recupera il senso originale dell’agricoltura, il suo legame con la comunità perché oltre a produrre cibo fornisce “servizi” per il benvivere, quali la cura alla persona, l’ospitalità, le attività di insegnamento, la tutela della fertilità del suolo: ciò che oggi chiamiamo multifunzionalità».
Il libro racconta le molteplici forme di agricoltura sociale, un modello economico e culturale, antico e innovativo allo stesso tempo, ma soprattutto inclusivo, perché nella sua dimensione sociale coinvolge ogni cittadino e comparto della società. «L’agricoltura (…) è sociale perché chi ci lavora ritorna padrone del proprio tempo di vita, costruisce modelli di comunità inclusivi, crea filiere corte legate al territorio, biologiche ed etiche – spiega Roberto Brioschi – e diventa così uno dei motori dello sviluppo sostenibile, promuove integrazione e salute, sviluppa capacità collettive e individuali, produce lavoro e reddito, restituisce scopo, senso e felicità all’esistenza».
Oggi le fattorie sociali sono riconosciute grazie alla legge 141 del 2015. Ne fanno parte anche le cooperative di economia carceraria o le imprese agricole di migranti emancipati dal caporalato. Partecipano dello spirito dell’agricoltura sociale, perché giovano alla comunità, anche l’agricoltura
biodinamica e biologica, concetto espresso nei contributi fondamentali di Carlo Triarico, presidente dell’Associazione Nazionale Agricoltura Biodinamica e Federico Marchini, presidente dell’associazione Anabio. È sociale perchè relazionale anche l’esperienza dei wwoofers, raccontata da Claudio Pozzi,
coordinatore di Wwoof Italia. È sociale perchè popolare la riscoperta delle erbe spontanee spiegata da Fabio Taffetani docente all’Università Politecnica delle Marche.
Castel di Guido- 21 gennaio 2017-Il giacimento pleistocenico de “la Polledrara di Cecanibbio” è ubicato a circa 20 km a Nord-Ovest di Roma tra la via Boccea e la via Aurelia , ad una quota di circa 83 metri s.l.m., nell’ambito dei rilievi periferici del Vulcano Sabatino. Il sito, venuto alla luce a seguito dell’erosione naturale di un pendio di collina, è stato parzialmente disturbato dall’aratura moderna. In base ai dati forniti dallo scavo archeologico, iniziato nel 1985 dalla Soprintendenza Archeologica di Roma e tuttora in corso e che ha rimesso alla luce un’area di oltre 700 mq, il giacimento è stato associato al paleo alveo ed ai margini di un piccolo corso d’acqua, presente in un paesaggio a lieve gradiente ,caratterizzato da canali fluviali a percorso instabile e da acque stagnanti . Il tratto dell’alveo conservato, inciso in un banco di tufite granulare compatta, raggiunge la larghezza massima di 40-50 m. Sulla paleo superficie erano irregolarmente distribuiti oltre 9000 (novemila) reperti faunistici fossili associati a circa 400 strumenti litici e a pochi strumenti su osso, attribuibili culturalmente al Paleolitico inferiore.L’associazione faunistica è costituita prevalentemente da Elefante antico e Bue primigenio; scarsa invece la presenza di altre specie quali il cervo, il cavallo, il lupo , il rinoceronte.
Pochi i resti di microfauna e di uccelli acquatici. Le ossa erano accumulate in più livelli nel canale centrale , mentre nelle aree periferiche pianeggianti erano sparse su di un unico livello, con alcune concentrazioni in piccoli avvallamenti . Lo stato di conservazione è ottimo; le ossa presentano un buon grado di fossilizzazione ed un aspetto delle superfici vario, da quello molto fresco nei reperti che hanno subito poco o meno trasporto, a quello fortemente fluitato per quelli di minori dimensioni trascinati dalla corrente . I reperti erano stati successivamente seppelliti, in un tempo relativamente breve, da uno strato di tufite , derivata da prodotti vulcanici rimaneggiati. La distribuzione caotica del materiale, causata dai processi di trasporto e di deposizione che avvengono in un percorso d’acqua, è stata in parte determinata , soprattutto nelle aree marginali, dall’attività di animali da preda quali il lupo , e dall’intervento dell’uomo. Questi doveva avere frequentato le sponde del corso d’acqua , intensamente popolate da animali di varie specie, sia per procacciarsi il cibo , come è testimoniato dalla presenza di strumenti e dalle numerosissime ossa metapodiali di Bue primigenio fratturate per estrarne il midollo . Le ossa di Elefante sono in assoluto le più abbondanti, con la presenza di tutti gli elementi dello scheletro ; alcuni crani quasi completi sono di particolare interesse in quanto offrono una più ampia conoscenza sulla morfologia degli esemplari di Elefante antico nella penisola italiana. Numerose le zanne , le mandibole, i denti isolati e le ossa dello scheletro postcraniale , attribuibili ad almeno 25 individui prevalentemente adulti. Nel corso delle ultime campagne di scavo è stato parzialmente rimesso in luce un microambiente, di poco successivo all’episodio fluviale, caratterizzato da acqua a lentissimo scorrimento. In quest’area sono stati identificati i resti ossei di almeno due elefanti, in parziale connessione anatomica e con le superfici in perfetto stato di conservazione. Finora sono stati rimessi in luce un cranio ed alcune ossa dello scheletro postcraniale : una zampa anteriore, le ossa di una mano, le tibie e peroni, alcune vertebre e costole. Accanto alle vertebre di una degli esemplari vi erano i resti di un lupo , anch’essi parzialmente in connessione. Evidentemente le carcasse degli animali erano rimaste intrappolate nella melma e le ossa non avevano quindi subito spostamenti di rilievo. Sparsi tra i reperti faunistici sono stai raccolti 400(quattrocento) strumenti litici culturalmente riferibili al Paleolitico inferiore.
La materia prima, costituita da piccoli ciottoli silicei e calcareo-silicei di colore variabile dal grigio al grigio scuro, non appartiene all’ambiente fluvio-palustre ricostruito, ed è stata evidentemente trasportata dall’uomo. Questi si procurava il materiale nei livelli a ghiaie attribuibili alla Formazione Galeria, i cui affioramenti sono attualmente individuabili alla quota di 40-45 metri s.l.m. lungo la parte terminale dei fossi Arrone e Galeria, ad una distanza minima di km 3 (tre) dal giacimento de La Polledrara. L’industria è caratterizzata dalla presenza di strumenti su ciottolo, in particolare choppers e raschiatoi , molti dei quali con il margine ottenuto con ritocco erto. Numerosi i denticolati , i grattatoi e gli strumenti con caratteri tipologici non ben definiti. Comunemente i manufatti presentano più margini ritoccati; tale sfruttamento intensivo dei ciottoli era probabilmente dovuto proprio alla difficoltà di reperimento della materia prima. Non sono presenti fino ad oggi strumenti bifacciali , comuni negli altri siti dell’area Nord-Ovest di Roma (Castel di Guido, Malagrotta, Torre in Pietra). Vario è la stato fisico dei manufatti; molti dei quali presentano le superfici alterate dal trasporto in acqua. Alcuni strumenti litici , rinvenuti associati alle ossa di elefante in connessione anatomica nell’ambiente di tipo palustre, presentano invece un aspetto fisico freschissimo e margini taglienti. L’analisi delle tracce d’uso ha permesso di riscontrare la presenza di tracce prodotte dal contatto di tessuti animali (ossa, carne e pelle) nel corso della macellazione delle carcasse. Pochi sono gli strumenti su osso, ricavati tutti da frammenti di diafisi di ossa lunghe di elefante , con estremità o margini laterali resi taglienti mediante il distacco di grosse schegge . In occasione del Giubileo dell’anno 2000 è stata attuata una struttura museale , dell’estensione di 900 (novecento) mq, per la fruizione , da parte del pubblico, della paleo superficie rimessa in luce e restaurata.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Anna Paola Anzidei, Soprintendenza Archeologica di Roma–Foto originali di Franco Leggeri
Dal Volume- CASTEL DI GUIDO dalla Preistoria all’Età moderna. Edizione PALOMBI- ed. 2001-
Foto originali di Franco Leggeri
Bibliografia
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Anzidei, A.P., Arnoldus Huizendveld, A., 1992. The Lower Palaeolithic site of La Polledrara di Cecanibbio (Rome, Italy). Papers of the Fourth Conference of Italian Archaeology. In: Herring, Whitehouse, Wilkins, J. (Eds), 3, 141-153.
Arnoldus Huizendveld, A., Anzidei, A.P., 1993. Ricostruzione di un ambiente fluvio-palustre nella regione vulcanica di Roma (La Polledrara di Cecanibbio). In: Atti della XXX Riunione Scientifica dell’Istituto Italiamo di Preistoria e Protostoria, 151-165.
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Anzidei, A.P., Villa, P., Cerilli, E.,1993. La Polledrara di Cecanibbio (Roma). Dati preliminari sull’analisi tafonomica dei reperti faunistici. In: Preistoria e Protostoria in Etruria. Atti del secondo Incontro di Studi, Farnese, 27-35.
Anzidei,A.P., Angelelli, L., Caloi, L., Damiani, I., Pacciarelli, M., Palombo, M.R., Saltini, A.C., Segre, G., 1988. Il giacimento pleistocenico de “La Polledrara” di Cecanibbio (Roma). Relazione preliminare. Archeologia Laziale 9, 361-368.
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Palombo, A.M., Anzidei, A.P., Arnoldus Huizendveld, A., 2003. La Polledrara di Cecanibbio : one of the richest Elephas (Palaeoloxodon) antiquus sites of the late Middle Pleistocene in Italy. Deinsea 9, 317-330.
Il giacimento è attualmente aperto al pubblico e può essere visitato dietro prenotazione da effettuare telefonando al numero+39.06.39967700 (lunedì-sabato 9-13.30 e 14.30-17), o collegandosi al sitowww.archeorm.arti.beniculturali.it
Roma, 20 gen – “Top Italian Food & Beverage Experience” e “Vini d’Italia Experience”. Sono gli eventi di promozione internazionale organizzati dal Gambero Rosso a cui partecipano le aziende di Cia-Agricoltori Italiani. A dare il via al programma per il 2017 l’appuntamento di oggi, venerdì 20 gennaio, a Copenaghen. Los Angeles e Miami le prossime tappe.
Una vetrina importante nella capitale danese, all’interno del Moltkes Palae, che ha visto protagonisti il Cno-Consorzio Nazionale Olivicoltori, con degustazioni e prove di assaggio di cinque etichette selezionate all’interno dell’”Oil Bar” e sei imprese d’eccellenza della Cia.
Da nord a sud, tutte realtà “top” del Made in Italy agroalimentare: la Drusian di Treviso, produttrice di Prosecco, presente con tre etichette; l’azienda agricola Fabio Girometta di Piacenza con il pomodoro trasformato; la Fattoria Biò di Mario Grillo di Cosenza con assaggi di formaggio e salumi; Apofruit di Forlì-Cesena con le sue mele verdi per assaporare l’olio e il panificio La Maggiore di Bari che con il suo pane di Altamura Dop e i suoi taralli ha accompagnato le degustazioni di vino, olio, pomodoro, formaggi e salumi per l’intera manifestazione, mentre l’azienda Bio Vio di Albenga ha fornito l’origano da utilizzare sul pomodoro.
La partecipazione a questo evento rientra nell’ampio progetto di internazionalizzazione delle aziende Cia, che la stessa organizzazione agricola ha realizzato per far conoscere al mercato straniero, alla stampa internazionale e agli opinion leader di settore – tutti selezionati dal Gambero Rosso, sempre più punto di riferimento unico di aziende e associazioni che hanno come obiettivo lo sviluppo e il superamento dei confini nazionali – il meraviglioso scrigno nascosto dei cibi tradizionali italiani.
La domanda è forte e, quindi, occorre cavalcare la richiesta puntando ai mercati esteri. Gli stranieri amano il cibo italiano ma non conoscono il 95% dei nostri prodotti di nicchia e di qualità in grado di sbloccare un “potenziale” di almeno 70 miliardi di euro in export.
“L’Italia non ha mai messo in campo una strategia organica per aggredire i mercati stranieri -ha affermato il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino-. Con questo piano di promozione, il nostro impegno è quello di rafforzare e accompagnare le nostre aziende nella sfida dell’internazionalizzazione. L’obiettivo è quello di favorire la crescita e conquistare nuovi spazi all’estero, contrastando l’italian sounding”.
“Gambero Rosso è costantemente a fianco delle aziende italiane per la promozione del Made in Italy di qualità nei maggiori mercati internazionali -ha dichiarato il presidente di Gambero Rosso, Paolo Cuccia-. Siamo quindi lieti di collaborare a questo importante progetto strategico nato dalla sensibilità della Cia per sostenere lo sviluppo delle aziende associate sui mercati stranieri, sempre più indispensabili per la crescita dimensionale e per la redditività del settore agricolo e agroalimentare italiano. Grazie alle nostre guide, la Top Italian Food and BeverageExperience e Vini d’Italia tradotto in cinque lingue e, prossimamente, laTop Italian Restaurant Around the world, contribuiamo a fronteggiare il fenomeno dell’italian sounding, sostenendo le eccellenze del nostro Paese”.
“L’iniziativa di Copenaghen è stata l’occasione per presentare a un pubblico selezionato i migliori olii extravergine di oliva 100% italiano -ha aggiunto il presidente del Cno Gennaro Sicolo-. Un tassello importante della strategia di lungo periodo del Consorzio per la valorizzazione, la tutela e l’internazionalizzazione delle nostre aziende. Si pensi che il consumo di olio di oliva in Italia si attesta su 11 chilogrammi pro capite all’anno; mentre i danesi ne consumano meno di 1 chilogrammo. Quindi c’è un grande lavoro ancora da fare. Da qui il nostro sforzo intenso e determinato per aprire nuovi sbocchi in contesti che già dimostrano un interesse verso il consumo di qualità”.
RIETI- 20 gennaio 2017-C’è tempo fino al 25 gennaio 2017 per aderire alla 24esima edizione del Concorso regionale per i migliori oli del Lazio “Orii del Lazio – Capolavori del gusto” per l’assegnazione dei premi per i migliori prodotti nella regione.
Il Concorso, valido anche per la selezione su base regionale dei partecipanti al Concorso Nazionale “Ercole Olivario”, è promosso ed organizzato da Unioncamere Lazio, in collaborazione con la Camera di Commercio di Rieti e le altre Camere del Lazio, con il supporto di Agro Camera. Il concorso selezionerà, inoltre, i partecipanti al premio nazionale “Ercole Olivario”. Il concorso si propone: di valorizzare i migliori oli extravergine di oliva provenienti da zone con riconoscimento, nazionale e/o comunitario, a denominazione d’origine (DOP e IGP) o dai diversi ambiti del territorio laziale per favorirne la conoscenza e rafforzarne la presenza nei mercati esteri, scegliendo ed indicando gli oli di qualità che possano al tempo stesso conseguire l’apprezzamento dei consumatori; di stimolare olivicoltori e frantoiani al miglioramento della qualità del prodotto ed alla sua diversificazione; di contribuire alla valorizzazione e diffusione a livello regionale dei tecnici ed esperti assaggiatori in sintonia con la normativa italiana e comunitaria.
Il concorso è riservato all’olio extra vergine d’oliva di qualità ottenuto da: olive prodotte nelle zone a denominazione d’origine, già riconosciute in ambito comunitario; olive prodotte nei diversi ambiti territoriali italiani. La territorialità è attestata dal partecipante con autodichiarazione sull’attività svolta e la provenienza delle olive (da produrre secondo il fac-simile inserito nella domanda di partecipazione.
Possono partecipare al Concorso, per una o per entrambe le tipologie con al massimo una denominazione per ciascuna tipologia: olivicoltori del Lazio produttori di olio in proprio; frantoi con sede nella Regione Lazio, limitatamente al prodotto proveniente da oliveti della regione Lazio; oleifici cooperativi, organizzazioni di produttori (quali consorzi, cooperative, reti di impresa) con sede nella regione Lazio, limitatamente al prodotto proveniente da oliveti della regione Lazio; soggetti sottoposti al sistema dei controlli detentori, nella relativa zona di origine, di prodotto pronto per l’immissione al consumo con certificazione a denominazione di origine.
Le aziende partecipanti dovranno essere regolarmente iscritte al Registro delle Imprese della Camera di Commercio competente per territorio ed in regola con il pagamento del diritto annuale.
I partecipanti dovranno far pervenire, anche via fax, alla Segreteria del Concorso per i migliori oli extravergini di oliva del Lazio – c/o Agro Camera – Via dell’Umiltà, 48 – 00187 Roma – la domanda di partecipazione allegata al regolamento pubblicato sul sito http://www.oridellazio.com/ secondo la categoria per cui si intende partecipare fino al 25 Gennaio 2017.
ROMA-18 gennaio 2017 ore 16.08 “Dopo il tavolo tecnico di coordinamento per la valorizzazione della tenuta di Castel Di Guido, una nostra delegazione è stata ricevuta dagli assessori Hausmann e Sartore che hanno ribadito l’intenzione di indire al più presto un bando per la gestione della tenuta”. Così, in una nota , il comitato Campagna Romana Bene Comune che vede tra gli aderenti la Cgil di Roma e del Lazio, la Cgil di Roma nord Viterbo Civitavecchia, la Flai Cgil e l’Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica).
“Tra le criticità emerse – continua la nota – la scarsa chiarezza da parte del Comune di Roma sulla gestione corrente e i piani futuri. Se infatti la proprietà dei terreni e degli immobili é rientrata alla Regione Lazio il 28 dicembre scorso, l’azienda agricola biologica Castel Di Guido é di proprietà del Comune di Roma e quindi personale, macchinari, trattori, animali e fieno per la loro alimentazione sono gestiti dal Comune. Per questo motivo, chiediamo un incontro con l’assessorato competente. Esprimiamo infine la nostra perplessità sulla proposta di valorizzazione di Castel di Guido del presidente della Commissione Ambiente Daniele Diaco e resa nota nei giorni scorsi, in quanto non emerge l’identità agricola della tenuta. E’ per noi fondamentale capire se la posizione di Diaco rispecchi la volontà del Comune di Roma. Per quanto ci riguarda, la mobilitazione continua e a breve terremo un sit in davanti al Campidoglio”
ROMA 16 gennaio 2017-REGIONE LAZIO: BANDO PER VALORIZZAZIONE CASTEL DI GUIDO ENTRO APRILE 2017
“Abbiamo convocato per la prossima settimana il tavolo tecnico di coordinamento per la valorizzazione della Tenuta di Castel di Guido che dovrà definire i contenuti del bando pubblico per il rilancio della Tenuta. E’ previsto per la prossima settimana anche un incontro con l’associazione coinvolta. Il tavolo di coordinamento, composto dalla Regione, Roma Capitale, Mibact – Soprintendenza Area archeologica di Roma, l’Arsial e tre esperti del settore, designati dalla Regione Lazio e dal Comune di Roma in questi mesi ha lavorato alla mappatura dettagliata del bene e ha messo in campo possibili idee di rilancio e di sviluppo dell’area, in vista dell’immissione in possesso della Regione Lazio da parte del Comune di Roma, avvenuta il 28 dicembre, per mezzo del commissario ad acta come previsto dalla legge regionale 14/2008. Il
Bando volto alla riqualificazione del bene sarà pronto entro Aprile 2017”.
Lo dichiarano in una nota congiunta l’assessore regionale al Bilancio, Patrimonio e Demanio, Alessandra Sartore e l’assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca, Carlo Hausmann.
Castel di Guido-10 gennaio 2016- Poesia , ma soprattutto poesia di un sentimento interiore, quello che ha trasmetto a noi spettatori il Coro SANTA ROSA . Credo che quella di oggi sia stata un’esibizione “oltre” il bello. Grazie al Maestro Antonio Barbagallo e alle voci che hanno riempito di sublime armonia la chiesa dello SPIRITO SANTO di Castel di Guido. Dal classico al barocco ,dal tradizionale, al moderno e oltre sino ai nostri giorni , così si sono esibiti i coristi, bravissimi, del Coro SANTA ROSA. Il Maestro Barbagallo riscrive quel racconto della Natività , diventando un moderno cantore popolare , ma sapendo di essere il Cellini delle note, cesellando il grezzo racconto popolare sradicato dalle originali radici come, ad esempio, il canto popolare siciliano “SUSI PASTURI”, e le ha rivestite di modernità. Le voci soliste , stupende, hanno tradotto in struttura drammaturgica il testo loro affidato. L’invocazione della voce solista era ammantata dall’enfasi di voci alternate del coro, sino ad arrivare , dall’invocazione solitaria , alla preghiera del racconto corale.Chiedo scusa, ma non sono esperto di musica, cerco soltanto di descrivere ciò che ho provato. Una cosa è certa. In un Borgo medievale di Roma Capitale, oggi si sono ascoltate poesie cantate da donne e uomini che nella vita di tutti i giorni svolgono le più svariate professioni, dal chirurgo, al marinaio, all’operaio e all’insegnante ecc. Il merito, già il merito e un GRAZIE al Maestro Dott. ANTONIO BARBAGALLO . Al termine del Concerto , in rappresentanza di tutti gli abitanti di Castel di Guido, la piccola LAETITIA SCHIRINZI ha donato al Maestro Barbagallo, tra gli applausi dei presenti, la targa Premio CAMPAGNA ROMANA.
Articolo e foto di Franco Leggeri-Blog WWW.ABCVOX.INFO
A Roma ci sono molte ville nobiliari ben conservate, villa Doria Pamphilj, conosciuta anche VILLA DEL BUON RESPIRO, è certamente una di esse. Si presenta con il più grande parco della città di Roma, 184 ettari. È anche sede di rappresentanza del governo italiano.
La sua sistemazione seicentesca la Villa è ancora intatta insieme ad altre del coeve e settecento e ottocento. Ne l849 fu teatro della più cruente battaglia per la difesa della “Repubblica Romana” nella quale si scontrarono le truppe francesi con quelle garibaldine, durante uno degli assalti morì il colonnello Angelo Masina.
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