Tarquinia(VT)-Archeologia, apertura straordinaria di due tombe etrusche-
Tarquinia(VT)-Archeologia -Nell’ambito del piano di valorizzazione strutturato per l’anno che sta per chiudersi dalla Soprintendenza, sabato 14 dicembre è in programma un’apertura straordinaria della Tomba del Tifone e della Tomba del Morto a Tarquinia. Un’occasione eccezionale, possibile in due turni di visita guidata, alle ore 15 e alle ore 16, con prenotazione obbligatoria da effettuare entro il 13 dicembre scrivendo a sabap-vt-em.tarquinia@cultura.gov.it. I partecipanti dovranno compilare e consegnare al momento dell’ingresso un modulo di liberatoria che verrà fornito via mail. L’appuntamento è fissato al parcheggio della necropoli di Monterozzi e si consiglia di indossare scarpe comode.
Le caratteristiche delle tombe
La Tomba del Tifone, scoperta nel 1832, colpisce per le sue dimensioni imponenti: un ambiente ipogeo alto 2 metri, lungo quasi 13 e largo poco meno di 10. Punto focale della struttura è il pilastro centrale con altare annesso, attorno al quale si dispongono tre ordini di gradoni. Anche la Tomba del Morto, rinvenuta nello stesso anno in località Calvario e databile al VI secolo a.C., si distingue per imponenza, con un’altezza di 1,80 metri e una pianta di 2,5 metri per lato. Il soffitto a doppio spiovente sovrasta un ambiente caratterizzato da pitture murali che rappresentano scene di danza, suono e il rituale di commiato al defunto.
Un’occasione per approfondire la cultura etrusca
L’apertura delle due tombe offre una rara opportunità per immergersi nel patrimonio della necropoli di Monterozzi, approfondendo il culto funerario etrusco: pitture e architetture testimoniano il valore simbolico attribuito ai rituali legati al trapasso, arricchendo la conoscenza di una civiltà che ha segnato profondamente il territorio.
Tarquinia(VT)- necropoli di Monterozzi
Descrizione
La collina dei Monterozzi, lunga circa 6 km e sede della principale necropoli cittadina, si estende parallela alla costa tirrenica, tra questa e l’altura della Civita dove sorgeva la città etrusca. Le tombe coprono praticamente tutto il colle; se ne conoscono più di seimila, per la maggior parte camere scavate nella roccia e sormontate da tumuli. Sono proprio questi ultimi, oggi ormai appena visibili sul terreno perché spianati dai lavori agricoli (ma solo un secolo fa se ne contavano più di 600), che hanno dato al colle il nome popolare ed espressivo. La serie straordinaria di tombe dipinte -ne conosciamo circa 200- rappresenta il nucleo più prestigioso della necropoli che resta, per questo aspetto, la più importante del Mediterraneo, tanto da essere definita da Massimo Pallottino ‘il primo capitolo della storia della pittura italiana’. L’uso di decorare con pitture i sepolcri delle famiglie aristocratiche è documentato anche in altri centri dell’Etruria, ma solo a Tarquinia il fenomeno assume dimensioni così ampie e continuate nel tempo: esso è infatti attestato dal VII al II secolo a.C., cioè per quasi tutta la durata della vita della città. Nel settore di necropoli attualmente aperto al pubblico è possibile ammirare alcuni degli ipogei dipinti più celebri, come le tombe delle Leonesse, dei Leopardi, della Caccia e Pesca etc.; la visita della cosiddetta necropoli Scataglini, un suggestivo angolo integralmente scavato, consente inoltre al visitatore di capire come dovesse in origine presentarsi la ”città dei morti”.
La Necropoli dei Monterozzi di Tarquinia ora fa parte del Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia, Istituto dotato di autonomia speciale, di rilevante interesse nazionale.
Esposizione internazionale di Presepi provenienti da 17 Nazioni
Natale a Roma-In occasione del Giubileo 2025, la Federazione Internazionale degli Amici del Presepio “Un. Fœ. Præ.” in collaborazione con l’Associazione presepistica maltese, Ghaqda Hbieb Tal-Presepju di Gozo – Malta e l’Ambasciata Maltese presso la Santa Sede presenta a Roma, nello splendido complesso della Basilica di Sant’Andrea della Valle in Corso Vittorio Emanuele, Sede Generalizia dell’Ordine dei Chierici Regolari dei Padri Teatini, un’esposizione internazionale di Presepi con opere provenienti da 17 Nazioni, in rappresentanza di 21 Associazioni nazionali presenti nel mondo. Tra queste anche A.I.A.P., l’Associazione Italiana degli Amici del Presepio.
Percorrendo l’interno della Basilica, 40 presepi accompagnano i visitatori alla scoperta di opere varie, in un percorso sia stilistico che materico: dai diorami spagnoli e catalani, ai Presepi in legno del Tirolo e dell’Alto Adige, a quelli in sagome dipinte e traforate di cui uno di oltre sei metri di larghezza, fino ad arrivare al presepio francese con i santons provenzali. Inoltre si possono ammirare due grandi scene in stile biblico realizzate dai maestri presepisti maltesi, una splendida composizione della notte di Greccio in cui San Francesco abbraccia il Bimbo Gesù e alcune opere della Renania – Westfalia, della Baviera, del Belgio, della Slovenia, dei Paesi Bassi, della Svizzera e del Liechtenstein. Infine non mancano le rappresentazioni della Natività d’Oltreoceano, provenienti da Perù, Argentina, Colombia, Stati Uniti d’America e Amazzonia.
Roma Natale 2024
Mercoledì 17 dicembre alle ore 20.00 si terrà un concerto con la banda della Gendarmeria Vaticana e quella maltese accompagnate dal coro della Basilica Papale di San Paolo Fuori le Mura.Spiega il Vice presidente Un. Fœ. Præ Pier Luigi Bombelli: “lo scopo primario dell’Un. Fœ. Præ, è quello di diffondere il Presepio, facendolo conoscere ad un pubblico sempre più vasto. La nostra Federazione rispetta la pluralità, non tiene conto delle differenze sociali di genere o d’età, ma aiuta le persone mettendole in relazione con altre attraverso esperienze diverse, proponendo un arricchimento umano e culturale. Nel nostro tempo così frenetico e sadico di guerre, non c’è simbolo di armonia e di Pace più grande del Presepio. Insieme a tutte le Associazioni Nazionali, la Federazione augura che questo periodo di grazie offerto dalla Chiesa attraverso il Giubileo, sia un momento di riflessione sul senso vero della vita e sul percorso che ognuno di noi è invitato a fare per poter costruire un futuro di Pace in un mondo difficile. Il nostro augurio è anche la nostra preghiera”.
NATALE A ROMA
Esposizione Internazionale di Presepi
“È Nato per Noi – Lo sguardo di Dio è negli occhi di Gesù”.
Dal 30 novembre 2024 al 2 febbraio 2025 nella Basilica di Sant’Andrea della Valle.
Ingresso gratuito. Orari 8.30 – 20.00 continuato Mercoledì 17 dicembre ore 20.00 concerto con la banda del Vaticano e quella maltese accompagnate dal coro della Basilica Papale di San Paolo fuori le mura.
Biografia- La Corale Città di Nettuno nasce nel 1975 per il tenace impegno di appassionati del bel canto, dalla sua fondazione ha svolto una intensa attività concertistica, sotto la guida di valenti direttori, ricevendo numerosi apprezzamenti. Il coro si compone di circa 40 elementi misti con un repertorio che spazia dalla musica lirica fino a giungere al canto popolare e folcloristico, da quella sacra a quella profana, dalla polifonia medioevale a quella rinascimentale, dalla musica di colonne sonore da film a quella contemporanea. Nel corso degli anni la corale Città di Nettuno ha svolto la propria attività concertistica in varie Città italiane ed estere, si è esibita nelle più importanti Basiliche di Roma quali San Pietro, Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano, Santa Maria in Trastevere, Santa Prassede, Sant’Ignazio con l’accompagnamento della Banda della Polizia di Stato. Ha preso parte anche a Rassegne promosse dall’Accademia di Santa Cecilia di Roma. Degni di nota gli eventi a Palazzo Barberini di Roma ed alla Chiesa dell’Aracoeli in occasione della Festa della Famiglia, quest’ultimo ripreso dalla TV RaiUno. Il Coro ha partecipato a importanti Rassegne ed eseguito concerti presso l’Università di Camerino, a Norcia, Cortona, Merano, Città della Pieve, Avellino, Chieti, Cecina a Venezia nella Rassegna “Venezia in Coro “, Assisi, Abbazia di Fossanova, Avellino, Terni, etc.
Corale Città di Nettuno
Il Coro ha tenuto concerti particolarmente in Germania dove ha eseguito, tra l’altro, i “Carmina Burana” di Orff con il Sangerchor di Traunreut e la “Cecilien Messe” di Gounod presente anche il Coro francese di Lucè, riunendo oltre 100 coristi. La Corale partecipa alle più significative solennità della Basilica Pontificia Madonna delle Grazie e Santa Maria Goretti in Nettuno. Ha animato le Sante Messe celebrate da Sua Santità Giovanni Paolo II° ed altre di eminenti Cardinali – Ruini, Sodano, Comastri, Poupard, Ravasi ecc. Numerosi anche gli appuntamenti tenuti insieme a Gruppi orchestrali di Roma quali: “Roma sinfonia”, “L’Orchestra giovanile del Lazio”, “L’Orchestra Oberon”, “L’Orchestra filarmonica Orpheus”, ecc. Nel 2013 la Corale ha solennizzato l’anno dedicato a Wagner e Verdi con un eccezionale concerto insieme al gruppo “il Coro” di Monaco di Baviera. La Corale organizza ogni anno concerti ed eventi impegnativi accompagnati da qualificati gruppi strumentali. Da sottolineare i tradizionali appuntamenti: “ESTATE AL FORTE”, “CONCERTO D’AUTUNNO” e i “CONCERTI DI NATALE”. In occasione della festa di Santa Maria Goretti, la Corale programma una Rassegna delle Corali Polifoniche, giunta alla sua 37^ edizione. Al prestigioso appuntamento che si svolge nella Basilica Pontificia Madonna delle Grazie e Santa Maria Goretti prendono parte importanti gruppi corali provenienti da tante città italiane ed estere con la presenza di non meno di 300 coristi. Il Coro Città di Nettuno è iscritto dal 16 novembre 2018 alla FEDERAZIONE CORI ITALIANI CHORUS INSIDE – APS Ente Terzo Settore. Dirige il Coro la Maestra Park Eun Jung
Maestra Park Eun Jung Direttore della Corale Città di Nettuno
Presidente
Antonio Simeoni
Codice socio
FCI097/18
Sede
Nettuno (RM),
Italy
Tipologia di coro
voci miste
Repertorio
Musica lirica, sacra e popolare
Sito / Email
info@coraledinettuno.it
FEDERCORI
Federazione Cori Italiani Chorus Inside
APS Ente Terzo Settore-Via Giuseppe Verdi n. 15 – 66100 Chieti
Emilia Vetere nasce nel 1997 a Roma e qui trascorre la sua vita. Frequenta il liceo classico, ma sceglie in seguito di approfondire la propria passione per le arti visive diplomandosi come truccatrice e scoprendo così gli effetti speciali. Colline (Ensemble, 2018) è la sua prima pubblicazione.
Binomio
Ci attira sopra ogni cosa
la cosa che più reprimiamo
E, così, l’uomo
divora la donna,
E, così, il popolo
adora il tiranno.
Così vai cercando
l’accento straniero
di quel bel ragazzo
che ti terrorizza,
Ti forzi a far odio
del tuo desiderio;
Ti sembra che io
dica il giusto o il vero?
La tigre e il cervo
La tigre procede a testa alta
nel tropico che la vede padrona
di ogni foglia, di ogni sfumatura.
Non perdona, ma non compie passo falso
di abuso, di violenza verso gli altri,
Nessuna; si compiace, anzi
di essere la sola a poter aiutare.
Non prova amore:
Non ha vera forza
All’infuori del sentirsi superiore.
–
Oltre al confine del tropico
la tigre cercava una preda,
Presa dalla solitudine
di una vittoria ormai invisibile.
Lei desiderava amare,
davvero,
Una creatura migliore,
Senza mai aver imparato ad amare
sé stessa, ciò
che la rendeva uguale.
Ma nella foresta
di forme diverse,
Di diverse leggi,
diverse realtà,
Volere solo vincere
significava reggere
Un metro diverso
dal braccio di ferro.
Chi si misura solo con la forza
non sa mai cosa l’aspetta.
Chi non ha forza
se non nel confronto
Nasconde la più grande debolezza.
Disarmata, ascoltavo morire
anche il grido
Di una grinta spenta in eterno:
Erano le lacrime di una tigre
di fronte alla grazia del cervo.
Non sapro’ mai più
Non ho mai chiesto più
da certi sogni
che mi lasciassero stare.
Quando la guardia è bassa
e non so interpretarli,
le sale buie e accumuli
di oggetti più che inutili.
Non ho mai chiesto più
dalla mia mente
di non caderci ancora.
Se è più facile perdersi,
ben più che ritrovarsi,
Io non saprò mai più dove mi trovo.
Termini
Definisci i Termini
delle mie notti instabili
E di giornate sature,
svuotate in un flacone.
Non c’è altra direzione che
sappia dare ai miei passi,
Tu, strada, Termini nella stazione.
Ragazze, amici, occupazioni e amore
languono sul filo della spada
Che rende ognuno dei miei sogni inerme,
atrofizzato tra le vie di Termini.
Non amare la tigre
nessuno vuole stare
Con qualcuno di così eccezionale
ed egocentrico.
C’è stato un tempo
in cui morivo ogni giorno
di devozione;
Ora un silenzio
in cui ascoltare
cadere la cenere.
Non amare la tigre
la cui rabbia non ama,
Che non ammira e non ha mire
se non quella di
arrivare prima.
Sotto al suo morso muore
la sfida di ogni creatura;
Non amare la tigre
che o ti ama
o ti divora.
A colori
Però l’uomo ha sempre visto a colori,
e uguale è il grido di ognuno che muore.
A cosa, a chi sentirsi superiori?
A ere passate e culture presenti?
Cose superate, o semplicemente
Rotte sconosciute dei venti.
Invece di far luce
sappiamo nascondere
e, invece di conoscere,
soltanto giudicare.
Invece di esplorare
ogni strada in quanto nuova
sappiamo solo chiuderci
a ogni alternativa.
Emilia Vetere
Nei campi urbani
Le porte automatiche dell’Inverno
fuori dalla stazione; ciò che prima
ha condito la mia vita, vita mia
Non ne hai lasciato nulla.
Sarà più Primavera?
Nei campi urbani della Tiburtina
la gente loda il respiro dell’aria
“Finalmente verde”, e i palazzi
sghignazzano a braccetto, in lontananza.
La vittoria del freddo
incalza, noncurante,
E io che vago, senza più una meta,
Scrivo;
Il blu del buio
mi si addensa addosso.
Sfrigolano le logoranti
frustrazioni altrui
ingoiate dalla città, Roma mia,
che ne ridi.
Poesie tratte dalla raccolta Colline (Ensemble, 2018) di Emilia Vetere
Termini
Definisci i Termini delle mie notti instabili E di giornate sature, svuotate in un flacone. Non c’è altra direzione che sappia dare ai miei passi, Tu, strada, Termini nella stazione.
Ragazze, amici, occupazioni e amore languono sul filo della spada Che rende ognuno dei miei sogni inerme, atrofizzato tra le vie di Termini.
***
Alchimia del terrore
Dimmi
se devo morire
nel nome di una convinzione e
di mazzi di pezzi di carta,
Dimmi se non ti riguarda,
Se la paura negli occhi
non era la tua
e i pianti e i gridi
non chiamavano te.
Non è solo un luogo,
non è solo un giorno
in un punto del mondo.
Dimmi, ancora, quante bocche
stanno sputando sentenze
gelate, volendo ignorare
Che è qualcosa di più grande, un velo
che ci avvolge uno a uno,
sotto lo stesso cielo.
***
In un giorno felice
Non all’altezza di ciò che mi gira in testa: Questo.
Una dei tanti nessuno tra i miei schemi inerti.
Nulla che sia più piacevole, ormai. Non più lo speziato sentore di trasgressione nel divertimento, Non ancora un premio al mio (forse) talento.
Ma in un giorno felice non avrò mai detto questo.
Difficile, no, impossibile, volevo dire, Stabilire – o provarci soltanto l’altalenante andamento dell’alto e l’abisso.
Il fulcro della mia leva, l’ultimo, unico punto che ho fisso È il disequilibrio.
Fossi una fenice, avrei finito presto anche la cenere da cui rinascere;
Ma in un giorno felice, io non avrò mai detto questo.
Roma Municipio XI-Natale 2024 e il “Concerto per Ludo”
Roma Municipio XI-Natale 2024-Sono ormai vari giorni che a Vigna Pia, come in tutta Roma, le luminarie rendono il quartiere colorato e più allegro, soprattutto in questo periodo in cui stare allegri non è sempre facile. Anche quest’anno, come un segnalibro o un inciso sottolineato, ci sarà il Concerto per Ludo che ci accompagnerà verso il Natale. Il Concerto per Ludo vuole essere un ricordo in musica di una ragazza che ora è una dolce Poesia astratta .Il Concerto “Melodie di Natale” con l’esibizione del coro “Lost On Friday” sarà, si spera, un modo di allontanare la polvere dai nostri ricordi più cari. Il concerto è un tassello che contribuisce alla costruzione del “Mosaico collettivo” che si fa “concretezza” in una borsa di studio in memoria di Ludo-
Ludovica Dell’Atti
Borsa di studio in memoria di Ludovica Dell’Atti
I genitori, la sorella, le amiche, gli amici e tutti i cari di Ludovica desiderano ricordare Ludovica Dell’Atti scomparsa prematuramente nel dicembre del 2022, mettendo a disposizione una borsa di studio per un programma scolastico annuale negli USA rivolta a studenti meritevoli iscritti al concorso di Intercultura della provincia di Roma.
Ludovica aveva compiuto da poco 17 anni e sognava di passare un anno negli USA da quando aveva iniziato il liceo linguistico. Ludovica amava l’inglese e pur non avendo frequentato corsi specifici aveva una buonissima padronanza di linguaggio, adorava mettersi alla prova parlando con dei veri madrelingua.
Attraverso lo spirito del viaggio vorremmo ricordarla ogni anno dedicandole una borsa di studio che permetta ad un ragazzo di viaggiare con lo stesso entusiasmo.
Il tuo contributo potrà aiutare a portare avanti il suo sogno!
Coro Lost on Friday
Notizie- Il Coro Lost on Fridaynasce nel gennaio 2010 dalla volontà dei componenti di riunirsi insieme cantando, sotto la guida del M° Rita Stocchi e con il valido accompagnamento al a. Da allora il coro ha intrapreso un’intensa attività concertistica, con un repertorio principalmente legato al gospel e allo spiritual, e si è esibito per beneficenza in numerose Basiliche romane, registrando un crescente consenso da parte del pubblico. Ha inoltre tenuto concerti presso il Teatro Angerosa del carcere circondariale di Rebibbia a Roma e ha partecipato in diretta, nel febbraio del 2014, al programma televisivo “La canzone di noi” su Tv2000. Il nome Lost on Friday (Persi di venerdì) nasce dal nostro giorno di prove e dal fatto che in quella sera non c’è possibilità di trovarci altrove se non a cantare nelle sale della Parrocchia di Santa Melania Juniore che gentilmente ci ospita. Il nostro logo ci rispecchia: un gruppo di persone unite, pur restando ciascuno con la propria individualità. Il loro numero, 13, riprende quello delle note in un’ottava, ma in realtà noi siamo molti di più: il coro si compone attualmente di una quarantina di persone. Le offerte raccolte durante i concerti sono elargite in opere umanitarie gestite dai responsabili dei siti dove si tengono le esibizioni. Ha al suo attivo negli ultimi anni la partecipazione a molteplici esibizioni a scopo benefico, tra cui ci piace ricordare quello nel 2022 presso la Basilica di Santa Francesca Romana in occasione del concerto organizzato dall’associazione Misioneros del Camino.Il Coro è attualmente diretto dal M° Fabrizio Adriano Neri.
Natale 2024 e il “Concerto per Ludo”
Il Concerto per Ludo “Melodie di Natale”-Coro LostOnFriday- al pianoforte Antonio Cama-Dirige il Maestro Fabrizio Adriano Neri.
Appuntamento venerdì 20 dicembre 2024-Ore 20:30
Parrocchia – Sacra Famiglia al Portuense
via Filippo Tajani, 10-Roma Municipio XI-
Offerta libera e consapevole per la borsa di studio in memoria di Ludovica
Mostra personale di Laura Amato alla Galleria Damablu
Roma-Galleria Damablu-LiberoStile Associazione Culturale è lieta di presentare Alter Ego – Frammenti identitari, la mostra personale di Laura Amato che dal 6 all’11 dicembre torna con un nuovo capitolo della sua ricerca artistica fondata sulla libertà creativa e sostenuta da uno studio continuo. Attraverso il collage l’artista mette a nudo desideri, sogni, ricordi e i ritagli, collezionati nel tempo, prendono forma svelando emozioni intime e raccontando speranze, fragilità, fantasie. La collezione di collage, esposta in anteprima online il 12 Ottobre in occasione della XX Giornata del Contemporaneo (www.amaci.org), è stata arricchita di nuove opere, alcune delle quali create site specific, e sarà visibile a Roma presso la Galleria Damablu, in via Arco de’ Ginnasi 7, uno spazio espositivo in un palazzo del Seicento a pochi passi da Largo Argentina.
Roma-Alter Ego – Frammenti identitari-Mostra personale di Laura Amato alla Galleria Damablu-
“Il collage analogico è diventato un medium inaspettato per esprimere la mia creatività – spiega Laura Amato – Ho realizzato che queste opere erano già presenti in forma astratta nella scatola dei ritagli, tutti espressione del mio gusto estetico, ma soprattutto tutti frammenti indicatori di emozioni intime, delicate, quasi fanciullesche che aspettavano solo la mano che finalmente li unisse rendendoli visibili.”
L’impronta delle scenografie dei balletti classici è palese. Aver avuto la possibilità di danzare, sin da bambina, sui palcoscenici di teatri importanti della Capitale, ha lasciato tracce evidenti in quello che sarebbe diventato il suo mondo immaginifico: il nero del buio della sala, il rosso carico del velluto dei sipari, l’opulenza barocca dei lampadari sono elementi ricorrenti nelle sue composizioni.
Con Alter Ego l’artista non si limita ad una semplice confessione personale, ma invita l’osservatore ad una riflessione sui temi presentati e a rivolgere uno sguardo allo specchio per un confronto consapevole con l’altro da sé.
Oltre a Roma, dove Laura Amato vive e lavora, le sue opere sono state recentemente esposte in mostre personali e collettive in musei e gallerie d’arte nazionali ed internazionali, come il Polo Museale Civico Diocesiano per tre edizioni del Premio Sulmona e il Piccadilly International Art Museum a Seoul con le “Salon des indépendants en Coree du Sud” con la Société des Artistes Indépendants”, a Montecarlo, New York, Miami e Basilea. Dal 14 al 21 Dicembre 2024, l’artista parteciperà con un collage alla mostra collettiva Collagenotes a cura di Paris Collage Collettive presso l’Espace Canopy, galleria parigina.
Informazioni, orari e prezzi
LAURA AMATO ALTER EGO – Frammenti identitari
Opening Venerdì 6 Dicembre ore 18:00
Galleria Damablu, via Arco de’ Ginnasi 7 Roma
6 – 11 Dicembre 2024 ore 15:00 / 20:00 www.lauramato.com
A cura di LiberoStile Associazione Culturale www.liberostile.org
A cura di Elido Fazi–Introduzione di Franco Buffoni –Testo inglese a fronte-
Fazi Editore -Roma
DESCRIZIONE-
Composto nel 1815 e rimasto incompiuto, The Fall of Hyperion rappresenta l’estremo tentativo di Keats di fondare una moderna mitologia poetica. The Fall of Hiperion riafferma generosamente la necessità dello sguardo poetico, non più “febbre di se stesso” ma concreta vicinanza al dolore del mondo, profezia del suo destino. “Perché solo la poesia raccontare può i suoi sogni, e con il puro incanto delle parole redimere può l’immaginazione da un’oscura malia, da un ottuso incantesimo”.
Collana: Le porte
Numero collana: 2
Pagine: 80
Codice ISBN: 8881120011
Prezzo cartaceo: € 7,62
Codice ISBN e Pub: 9788864119199
Breve Biografia di John Keats
John Keats
John Keats(Moorgate-Londra-31 ottobre 1795 – Roma, 23 febbraio ; 1821)è stato un poeta britannico, unanimemente considerato uno dei più significativi letterati del Romanticismo, e uno dei principali esponenti della “seconda generazione romantica” inglese assieme a Lord Byron e Percy Bysshe Shelley, come loro deceduto in giovane età.
John Keats-Orfano, fu messo dai tutori come apprendista presso un chirurgo; superati (1816) gli esami di licenza all’Apothecaries’ Hall, fu nominato assistente al Guy’s Hospital. Intanto le letture, e in specie The Fairie Queene di Spenser, gli rivelarono la sua vera vocazione (il suo più antico componimento a noi noto è appunto la Imitation of Spenser, forse del 1813). J. H. L. Hunt riconobbe subito il genio di K. e ne pubblicò alcuni sonetti in The Examiner; la sua influenza è evidente nel primo volume di K. (Poems, 1817). Il periodo di raccoglimento che seguì la decisione di dedicarsi esclusivamente alla poesia (1816) fu occupato da K. nello studio serio, e per lui decisivo, di Shakespeare; nello stesso tempo risentì l’influenza di Wordsworth, che è sensibile nella poesia Sleep and poetry, la più importante di Poems. Nell’Endymion volle, sotto l’allegoria di un mito, dimostrare l’unicità della bellezza che si rivela in tutte le attività umane. Giudicato dai critici come un tipico prodotto della scuola poetica di Hunt (la cosiddetta Cockney School), Endymion fu stroncato nel Blackwood’s Magazine e nella Quarterly Review; ma che il dolore per queste stroncature fosse la causa prima della tisi di K. è leggenda. In Hyperion, scritto in blank verse, che mostra progresso nella concentrazione e nella forza artistica, è presente la medesima posizione di pensiero: la bellezza è forza che viene dalla conoscenza, la quale si acquista con lotta e dolore. In Lamia, sotto l’influsso delle Fables di Dryden, K. si concentrò in una presentazione drammatica del contrasto fra ragione e sentimento. Tutti e tre i poemi traggono materia dal mondo greco cui il poeta fu orientato anche da quella rinascita d’interesse per la Grecia, comune a molti romantici (Peacock, Shelley, Hölderlin, ecc.). In Hyperion echi miltoniani danno al poema un vigore e una dignità che l’Endymion non lasciava presentire. Peraltro, K. non poté sostenersi in quel tono di classica solennità e lasciò il poema interrotto (il tentativo di riprenderlo in The fall of Hyperion non ebbe successo). Meglio riuscì in soggetti romantici: Isabella, or the pot of basil (da Boccaccio); The eve of St. Agnes; The eve of St. Mark; La belle dame sans merci (da rilevare l’influsso di queste due ultime poesie sui preraffaelliti). K. scoprì nell’ode una forma lirica atta a esprimere le qualità essenziali del suo genio. Tutte le odi, a eccezione della Ode to sorrow (Endymion, IV) e del frammento della Ode to Maia, appartengono al 1819; in esse K., attraverso il presentimento della morte, sente la Bellezza che, immortale e impassibile, assiste al vanire delle vicende umane. L’Ode to autumn, con la sua perfetta serenità, chiude una carriera poetica breve quanto gloriosa. Nel sett. 1820 K. partì per l’Italia, ma troppo tardi: la consunzione lo divorava già irreparabilmente. È sepolto a Roma nel cimitero presso la piramide di Cestio. Nei tre anni scarsi che intercorsero tra il momento della sua dedizione alla poesia e il cedimento della sua salute, K. toccò le cime più alte della lirica romantica in Inghilterra.
Breve Biografia di Pier Paolo Pasolini e Poesia-Scrittore, poeta, autore e regista cinematografico e teatrale italiano (Bologna 1922 – Ostia, Roma, 1975). Dopo aver seguito nell’infanzia gli spostamenti del padre, ufficiale di carriera, compì gli studî a Bologna, dove si laureò nel 1945 con una tesi su Pascoli. Nel 1943 si trasferì nel paese materno di Casarsa della Delizia, in Friuli, con la madre e il fratello minore Guido, morto poi nella lotta di resistenza (il padre, fatto prigioniero in Africa, sarebbe tornato alla fine del 1945), e vi rimase fino al genn. 1950, quando, per sfuggire allo scandalo provocato dalla pubblica denuncia della sua omosessualità, si stabilì con la madre a Roma. Da questo momento la sua vicenda biografica coincide appieno con la tumultuosa attività dello scrittore, del regista e dell’intellettuale impegnato a testimoniare e a difendere, spesso anche in sede giudiziaria, la propria radicale diversità, fino alla morte per assassinio, avvenuta la notte tra il 1° e il 2 nov. 1975 all’idroscalo di Ostia.
La Resistenza e la sua luce
Così giunsi ai giorni della Resistenza
senza saperne nulla se non lo stile:
fu stile tutta luce, memorabile coscienza
di sole. Non poté mai sfiorire,
neanche per un istante, neanche quando
l’Europa tremò nella più morta vigilia.
Fuggimmo con le masserizie su un carro
da Casarsa a un villaggio perduto
tra rogge e viti: ed era pura luce.
Mio fratello partì, in un mattino muto
di marzo, su un treno, clandestino,
la pistola in un libro: ed era pura luce.
Visse a lungo sui monti, che albeggiavano
quasi paradisiaci nel tetro azzurrino
del piano friulano: ed era pura luce.
Nella soffitta del casolare mia madre
guardava sempre perdutamente quei monti,
già conscia del destino: ed era pura luce.
Coi pochi contadini intorno
vivevo una gloriosa vita di perseguitato
dagli atroci editti: ed era pura luce.
Venne il giorno della morte
e della libertà, il mondo martoriato
si riconobbe nuovo nella luce…
Quella luce era speranza di giustizia:
non sapevo quale: la Giustizia.
La luce è sempre uguale ad altra luce.
[…]
(da “La religione del mio tempo”, 1961)
Fin dagli esordî in friulano, che comprendono Poesie a Casarsa (1942) e La meglio gioventù (1954; poi ripreso con intenti diversi e notevole incremento di testi: La nuova gioventù, 1975), ben oltre la nozione ermetica di poesia pura, il giovane P. puntava alla scoperta di una lingua intatta, che fosse quasi un equivalente letterario del suo religioso desiderio di purezza (fonderà così nel 1945 l’Academiuta di lenga furlana). Il suo interesse per la poesia dialettale trovò espressione in due importanti antologie: Poesia dialettale del Novecento (in collab. con M. Dell’Arco, 1952) e Canzoniere italiano. Antologia della poesia popolare (1955; poi, in versione ridotta: La poesia popolare italiana, 1960); mentre il suo talento di critico letterario, affascinato più dai modelli della critica stilistica (Auerbach, Spitzer, Contini) che dal sociologismo marxista d’ispirazione gramsciana, si esplicò in una serie di interventi sulla letteratura contemporanea, e soprattutto sulla poesia, che sarebbero confluiti in Passione e ideologia (1960). Gli anni Cinquanta furono gli anni della sua completa affermazione letteraria. La sua prima notevole raccolta di poesie in lingua, Le ceneri di Gramsci (1957), sembra chiudere definitivamente una stagione della poesia italiana. L’ansia profetica dell’Usignolo della chiesa cattolica (pubbl. nel 1958, ma composto prima del trasferimento a Roma) si sarebbe riproposta, dopo la parentesi decisiva delle Ceneri, nei termini mutati di un’ininterrotta controversia (La religione del mio tempo, 1961; Poesia in forma di rosa, 1964; Trasumanar e organizzar, 1971). P. fondava, intanto, insieme a F. Leonetti e R. Roversi, Officina, la rivista della polemica antinovecentesca; era anche diventato condirettore di Nuovi argomenti, rivista fondata nel 1953 da A. Moravia e A. Carocci. E aveva dovuto affrontare difficoltà molto più gravi dopo la pubblicazione dei suoi due romanzi d’ambientazione romana: Ragazzi di vita (1955), per il quale dovette subire un processo per oscenità, e Una vita violenta (1959), che era stato accolto freddamente tanto dalla critica marxista quanto dai giovani critici della neoavanguardia. Ma la vocazione di P., già insofferente dei limiti di un genere letterario, si era orientata verso altri mezzi d’espressione: il cinema (v. oltre), del quale si sarebbe poi occupato anche in veste di teorico, il teatro (Orgia, 1968; Affabulazione, 1969; Calderón, 1973) e il giornalismo (soprattutto, dal 1973, le collaborazioni al Corriere della sera, poi raccolte con altre in Scritti corsari, 1975). In ritardo rispetto alla data di composizione, erano intanto apparsi il romanzoIl sogno di una cosa (1962) e le prose narrative di Alì dagli occhi azzurri (1965), oltre a vari scritti minori. Postume, in ordine sparso, sono uscite raccolte di scritti giornalistici (Lettere luterane, 1976; Le belle bandiere, 1977; Il caos, 1979), di critica letteraria (Descrizioni di descrizioni, 1979; Il portico della morte, 1988), opere narrative (La divina mimesis, 1975; Amado mio, 1982; Petrolio, 1992, romanzo incompiuto che riassume e porta a livello di quasi insostenibile incandescenza tutti i temi dello scrittore), nonché le raccolte complete dei suoi testi teatrali (Teatro, 1988) e poetici (Bestemmia. Tutte le poesie, 1993). Diversi scritti appartenenti alla fervida stagione friulana del poeta sono stati raccolti dal cugino N. Naldini in Un paese di temporali e di primule (1993) e in Romàns (1994); per sua cura sono anche apparse le Lettere 1940-1954 (1986) e le Lettere 1955-1975 (1988). Tutte le opere di P. sono state raccolte nell’edizione diretta da W. Siti (10 tomi, 1998-2003).
Nel cinema P. operò a partire dal 1954, come sceneggiatore (con M. Soldati, La donna del fiume; con F. Fellini, Le notti di Cabiria; con M. Bolognini, Marisa la civetta, Giovani mariti, La notte brava, Il bell’Antonio, La giornata balorda; e, fra i tanti, con B. Bertolucci, La commare secca, autore anche del soggetto). P. dapprima trasferì i frutti della sua ricerca narrativa (Accattone, 1961; Mamma Roma, 1962; La ricotta, episodio del film collettivo Ro.Go.Pa.G., 1963, condannato per vilipendio alla religione di stato), reinventando un linguaggio cinematografico autonomo di alta qualità figurativa (P. era stato allievo di R. Longhi a Bologna). Il linguaggio di P. approdò a risultati più compiuti ne Il Vangelo secondo Matteo (1964), in cui l’armonica fusione del cinema con la letteratura, la pittura e la musica diede l’avvio a quel “cinema di poesia” di cui P. doveva essere in Italia uno dei più convincenti teorici (Il cinema di poesia, 1965; Osservazioni sul piano sequenza, 1967; Empirismo eretico, 1972). Su questa linea, i film che seguirono, soprattutto Edipo re (1967), Teorema (1968) e Medea (1969), accesi da un realismo visionario che, nonostante scarti e manifeste libertà, sorregge poi anche gl’impegni drammatici e linguistici dei film della “trilogia della vita” (o, come altri l’hanno definita, “dell’Eros”), partiti alla riscoperta del sesso attraverso una rilettura delle fonti della grande favolistica mondiale: Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1972), Il fiore delle Mille e una Notte (1974). L’ultimo film, uscito postumo, Salò o le 120 giornate di Sodoma (1976), luttuosa metafora del potere e interpretazione in chiave provocatoria del libro omonimo di Sade. Non vanno dimenticati Che cosa sono le nuvole? (dal film collettivo Capriccio all’italiana, 1968) e Porcile (1969). Rimane un grande esempio del cinema d’inchiesta Comizi d’amore (1965), indagine sulla sessualità nell’Italia dei primi anni Sessanta, condotta da P. insieme a Moravia e Musatti. Esemplare parabola della storia d’Italia, dalla predicazione francescana ai funerali di Togliatti, è Uccellacci e uccellini (1966), ultima “legenda aurea” della civiltà italiana.
Pasolini e il Novecento
L’edizione delle Opere di Pasolini colloca la sua opera tra i classici del secondo Novecento. E a ragione, poiché solo Pasolini (come D’Annunzio e più di Pirandello) ha sperimentato tutti i generi della creazione del 20° secolo: romanzo e novella, teatro e cinema, critica letteraria e saggistica politica, e non meno la poesia. Già questa semplice ragione di “generi” crea un singolare accostamento: D’Annunzio, Pirandello, Pasolini, un essere nel proprio tempo, nel quale la retorica – strumento dell’argomentare, del persuadere, dell’insegnare, leva essenziale di ogni “passione e ideologia” – è esibita, non velata, non nascosta, non lenita da strumenti di “sordina”. Sì che non pare ardito oggi dire che Pasolini è stato per l’ultimo Novecento il rovesciamento speculare di quello che fu D’Annunzio all’ouverture del 20° secolo: là fu la parola chiamata a colmare le lacune del tempo, parola di gloria (e di lusso vitale dell’io), qui la parola della negazione, dell’abiezione, dei margini prossimi al niente: “i segni del desiderio di morire, / le occhiaie del vile, / il mento del debole, / … / le scarpe dello statale, / il culo del soldato semplice, / la calvizie del disadattato, / la schiena del condannato a morte” (Il dolore dei poeti, da Poesie marxiste, 1964-65). L’Italia repubblicana trova così oggi due emblemi nobili della propria identità: da una parte Calvino, la ragione e l’utopia, la trasparenza e la levità, l’Italia dell’Ariosto e di Galileo; dall’altra Pasolini, l’Italia di Jacopone e di Belli, di Gioacchino da Fiore e di Gadda: stracci e apocalissi. Una civiltà magmatica – il dialetto friulano e Dante, i tragici greci e gli Evangeli, il sottoproletariato e la Nuova Guinea – ma non più e soltanto latina: Pasolini sa partire da Alba pratalia, alba pratalia delle nostre origini e arrivare alla lugubre Nuova Preistoria che viviamo, alla profezia degli ultimi: “La Negritudine, dico, che sarà ragione”. In certo modo – come lucidamente hanno osservato Calvino e Barthes per l’utopia di Fourier – il profetismo pasoliniano si sbilancia oltre la rasserenata compiutezza delle ideologie: supera ogni finalismo della storia prevedendo la fine della storia, e intanto della propria. Nessun altro poeta come Pasolini ha messo in scena, costantemente provandola e riprovandola in parole come sarà nei fatti, la propria morte: “Stesura in ‘cursus’ di linguaggio ‘gergale’ corrente, dell’antefatto: Fiumicino, il vecchio castello e una prima idea vera della morte: […] – sono come un gatto bruciato vivo, / Pestato dal copertone di un autotreno” (Una disperata vitalità). Un Pasolini che incarna in sé, come scriverà, il destino di Cassandra: “Basti pensare a una figura come quella di Cassandra, che prevede, anzi vede fisicamente la propria morte” (Nota per l’ambientazione dell’Orestiade in Africa). Una lettura della storia dell’Italia unita, tutta incentrata sulle identità popolari: il cristianesimo e il marxismo; il pensiero laico-liberale, stendardo della borghesia, non fu mai una vera alternativa, ma parve a Pasolini la continuazione del Potere, non la plenitudine della Verità: “Quelli di voi che possiedono un cuore / votato alla maledetta lucidità, / vadano nei laboratori, nelle scuole, / a ricordare che nulla in questi anni ha / mutato la qualità del conoscere, eterno pretesto, / forma utile e dolce del Potere, NON MAI VERITÀ. // […] Vadano, tanto per cominciare, dai Crespi, dagli Agnelli, / dai Valletta, dai potenti delle Società / che hanno portato l’Europa sulle rive del Po: // è giunta per ognuno di loro l’ora che non ha / proporzione con quanto ebbe e quanto odiò” (Vittoria). Erano gli anni di Barbiana e tra poco di Lettera a una professoressa, l’utopia di un’eguaglianza fatta non per accumulo (produzione e consumo: la vagheggiata affluent society), ma per condivisione dell’essenziale: l’Italia di Pasolini e don Milani, Danilo Dolci e padre Turoldo, e anche – sia non indebito il paragone – dei papi veneti del Concilio, papi degli umili. Quella via, via di parola e di pane, di poveri e giustizia, fu l’orizzonte scomodo di Pier Paolo Pasolini: “Ma nei rifiuti del mondo, nasce / un nuovo mondo […] / la loro speranza nel non avere speranza” (La religione del mio tempo, 4). Quella vita che non ha nient’altro, per sostenerla, che il suo consumarla, sacro deserto della fame, della manna, ove si attraversa – come Mosè, come Edipo – il miraggio, “sospinti dalla violenza del suo assillo”. Così Pasolini ci ha rinnovato la biblica coscienza del sacro: quella coscienza – di Frazer e Cumont, di Caillois e di Deonna, ma anche di Bresson e di Tarkovskij – che “ciò che è sacro si conserva accanto alla sua nuova forma sconsacrata” (Medea).
Inside Van Gogh: la grande Mostra multimediale a Teramo-
TERAMO-Dopo aver conquistato il pubblico di Roma, Milano, Firenze e altre importanti città italiane, “Inside Van Gogh” arriva a Teramo “Inside Van Gogh” è una mostra immersiva dedicata al genio di Vincent Van Gogh, che si terrà presso L’Arca – Laboratorio per le Arti Contemporanee dal 30 novembre 2024 al 30 marzo 2025.
Grazie alla straordinaria combinazione di proiezioni multimediali ad alta definizione, musica e narrazione, la mostra regala un’esperienza unica, trasportando i visitatori nel cuore pulsante delle opere e delle emozioni che hanno reso Van Gogh uno degli artisti più amati di tutti i tempi.
Un evento culturale unico a Teramo. La mostra rappresenta un’occasione imperdibile per il territorio, frutto dell’impegno del Comune di Teramo, in collaborazione con la Fondazione Bruno Ballone e la produzione di Crossmedia Group Firenze, leader nel settore delle esposizioni multimediali immersive.
Inside Van Gogh offre un viaggio straordinario attraverso i capolavori dell’artista olandese, presentati in una nuova luce, grazie alla tecnologia. La mostra offre un’esperienza unica non solo attraverso la sua esposizione multimediale, ma anche grazie alle attività didattiche interattive pensate per coinvolgere visitatori di tutte le età. I laboratori didattici permetteranno di esplorare il mondo artistico di Van Gogh attraverso la compenetrazione delle arti: dalla fotografia, alla musica, alla pittura, stimolando la creatività e l’immaginazione. I visitatori potranno sperimentare vari livelli di interazione, immergendosi nei colori vibranti, ma anche nelle suggestioni musicali che richiamano le emozioni delle opere del maestro. Queste attività arricchiranno la visita incoraggiando una partecipazione attiva.
Un evento che promette di affascinare cittadini, turisti e appassionati d’arte di ogni età e che rappresenta un punto di incontro tra arte e innovazione.
Informazioni utili:
• Date: Dal 30 novembre 2024 al 30 marzo 2025
• Luogo: L’Arca, Teramo
• Organizzazione: Comune di Teramo
• Partner: Fondazione Bruno Ballone
• Produzione: Crossmedia Group Firenze
Prezzi dei biglietti
• 10 euro – intero
• 6 euro – ridotto (ragazzi fino 25 anni e gruppi superiori alle 15 persone))
• 3,50 euro – studenti e gruppi scolastici
• Ingresso gratuito: insegnanti, diversamente abili e loro accompagnatori
I biglietti saranno disponibili presso L’Arca.
Dichiarazione del Sindaco Gianguido D’Alberto: “La mostra si allestisce in piena coerenza con il percorso che mira a favorire lo sviluppo museale cittadino, in particolare de L’Arca per la quale studiamo una nuova rinascita. Intendiamo costruire, anche con altre istituzioni, in primis l’università, un circuito per iniziative che valorizzino talenti locali ma che ci aiutino ad avvicinare anche artisti internazionali. Tutto questo ci consente di uscire progressivamente dalla logica di provincia per proiettarci in visioni più gradi. La collaborazione con i proponenti e gli operatori dell’evento, sottolinea il valore dell’appuntamento. Oggi la struttura del Polo museale e la creazione di una rapporto nuovo con la cooperativa che gestisce i servizi museali, ci consentono di potenziare l’offerta”.
L’Assessore alla Cultura, Antonio Filipponi: “Luci, animazioni, immagini musica, una mostra straordinaria, per la quale abbiamo stabilito l’ingesso a prezzi ridotti, per far si che tutti possano immergersi nell’universo di Van Gogh. Dopo Banksy, proseguono i grandi appuntamenti a Teramo. Si tratta di una mostra internazionale che in Italia ha già riscosso un enorme successo. Viene a Teramo grazie al lavoro di tutti: la Fondazione Ballone, lì’Ufficio Cultura, la società nel settore delle esposizioni multimediali immersive. Il percorso della mostra dura 40 minuti: nella prima sala l’immersione totale, nella seconda un viaggio con caschi 3D. L’appuntamento si iscrive nel cartellone del Natale Teramano”.
Sergio Di Sabatino, della Fondazione Ballone: “Dopo quella di Banksy, e dopo aver sondato il panorama, abbiamo pensato di organizzare una mostra di caratura internazionale, proponendola al sindaco e all’assessore, che l’hanno immediatamente recepita. Un bel regalo di Natale alla città. Un approccio all’arte che probabilmente farà innamorare di essa qualche giovane”
Gabriela Mistral: Le poesie più belle della poetessa cilena-
-Premio Nobel per la Letteratura nel 1945-
Breve biografia di Gabriela Mistral-Lucila de María del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga, passata alla storia con il nome d’arte di Gabriela Mistral, nasce il 7 aprile 1889 a Vicuna, Cile del nord. La sua vita si rivela piena di complicazioni fin dall’infanzia: il padre Jeronimo Godoy Alcayaga Villanueva abbandona lei, la madre Petronila e la sorella Emelina quando Lucila ha appena 3 anni. Si trova quindi fin da subito a dover combattere una condizione di estrema povertà ma ciò nonostante, le difficoltà che deve affrontare nel quotidiano sembrano non riuscire ad affievolire la sua predisposizione per lo studio, per la letteratura e per la scrittura. I suoi testi sono avanguardisti, Lucila si schiera per l’istruzione gratis e la parità dei diritti, posizioni moderne che qualche anno più tardi le costeranno il rifiuto della sua domanda d’ammissione alla Scuola Normale per insegnanti. I suoi articoli, pubblicati da un quotidiano locale El Coquimbo de la Serena vengono infatti giudicati troppo sovversivi.
Prima donna sudamericana a vincere il Premio Nobel, nei suoi versi si fondono idealismo, anticonformismo e femminismo.
MADRE PIU’ DI UNA MADRE
Fa che io sia più madre di una madre nel mio amore e nella difesa del bambino che non è sangue del mio sangue. Aiutami affinché ognuno dei “miei” bambini diventi la poesia migliore. E nel giorno in cui non canteranno più le mie labbra, lascia dentro di lui o di lei, la più melodiosa delle melodie
Canto che amavi
Io canto ciò che tu amavi, vita mia, nel caso ti avvicini e ascolti, vita mia, nel caso ti ricordi del mondo che hai vissuto, nel rosso del tramonto io canto te, ombra mia.
Io non voglio restare più muta, vita mia. Come senza il mio grido fedele puoi trovarmi?
Quale segnale, quale mi svela, vita mia?
Sono la stessa che fu già tua, vita mia. Né infiacchita né smemorata né spersa. Raggiungimi sul fare del buio, vita mia; vieni qui a ricordare un canto, vita mia; se tu questa canzone riconosci a memoria e se il mio nome infine ancora ti ricordi.
Ti aspetto senza limiti né tempo. Tu non temere notte, nebbia o pioggia. Vieni per strade conosciute o ignote. Chiamami dove sei, anima mia, e avanza dritto fino a me, compagno.
Traduzione di Matteo Lefèvre Da Gabriela Mistral, Sillabe di fuoco, a cura di Matteo Lefèvre, con uno scritto di Octavio Paz, Bompiani 2020
Gabriela Mistral
Desolazione
La bruma spessa, eterna, affinché dimentichi dove
mi ha gettato il mare nella sua onda di salamoia.
La terra nella quale venni non ha primavera:
ha la sua notte lunga che quale madre mi nasconde.
Il vento fa alla mia casa la sua ronda di singhiozzi
e di urlo, e spezza, come un cristallo, il mio grido.
E nella pianura bianca, di orizzonte infinito,
guardo morire immensi occasi dolorosi.
Chi potrà chiamare colei che sin qui è venuta
se più lontano di lei solo andarono i morti ?
Tanto solo loro contemplano un mare tacito e rigido
crescere tra le sue braccia e le braccia amate!
Le navi le cui vele biancheggiano nel porto
vengono da terre in cui non ci sono quelli che sono miei;
i loro uomini dagli occhi chiari non conoscono i miei fiumi
e recano frutti pallidi, senza la luce dei miei orti.
E l´interrogazione che sale alla mia gola
al vederli passare, mi riscende, vinta:
parlano strane lingue e non la commossa
lingua che in terre d´oro la mia povera madre canta.
Guardo scendere la neve come la polvere nella fossa;
guardo crescere la nebbia come l´agonizzante,
e per non impazzire non conto gli istanti,
perché la notte lunga ora solo comincia.
Guardo il piano estasiato e raccolgo il suo lutto,
perché venni per vedere i paesaggi mortali.
La neve è il sembiante che svela i miei cristalli;
sempre sarà il suo biancore che scende dal cielo!
Sempre essa, silenziosa, come il grande sguardo
di Dio su di me; sempre la sua zagara sopra la mia casa;
sempre, come il destino che non diminuisce ne passa,
scenderà a coprirmi, terribile e estasiata.
Gabriela Mistral
La donna forte
Ricordo il tuo viso, fissato nei miei giorni,
donna con gonna azzurra e con fronte abbronzata;
quando nella mia infanzia, in terra mia d’ambrosia,
ti vidi aprire un solco nero in un ardente aprile.
Nella fonda taverna, l’impura coppa alzava,
chi un figlio appiccicò al tuo petto di giglio;
sotto questo ricordo, che t’era bruciatura,
cadeva dalla mano, serena, la semente.
Io ti vidi in gennaio segare il grano al figlio,
e in te, senza capire, trovai quegli occhi fissi,
ugualmente ingranditi da meraviglia e da pianto.
E ancora bacerei il fango dei tuoi piedi,
perché tra cento donne non ho visto il tuo volto,
e l’ombra tua nei solchi,
seguo ancora nel mio canto.
Dammi la mano
Dammi la mano e danzeremo
dammi la mano e mi amerai
come un solo fior saremo
come un solo fiore e niente più.
Lo stesso verso canteremo
con lo stesso passo ballerai.
Come una spiga onduleremo
come una spiga e niente più.
Ti chiami Rosa ed io Speranza
però il tuo nome dimenticherai
perché saremo una danza
sulla collina e niente più.
DAMMI LA MANO
Dammi la mano e danzeremo
Dammi la mano e mi amerai
come un solo fior saremo
come un solo fiore e niente più.
Lo stesso verso canteremo
allo stesso passo danzerai
Come una spiga onduleremo
come una spiga e niente più.
Ti chiami rosa e io speranza
ma il tuo nome dimenticherai
perchè saremo una danza
sulla collina e niente più.
Gabriela Mistral e Paplo Neruda
Gocce di fiele
Non cantare: resta sempre attaccato
sulla tua lingua un canto;
quello che doveva essere trasmesso.
Non baciare: resta sempre per una strana maledizione
il bacio che non viene su dal cuore.
Prega: pregare è dolce: però sappi
che la tua lingua avara non giunge
a dire il solo Padre Nostro che ti salvi.
E non chiamare come clemente la morte,
perché nel corpo di bianchezza immensa
resterà un vivo brandello che sente
la pietra che ti soffoca
ed il vorace verme che ti fora.
NINNA NANNA
Il mare le sue mille onde culla divino; odo i mari innamorati mentre cullo il mio piccino. L’errabondo vento, a notte, culla le spighe; odo i venti innamorati mentre cullo il mio piccino. Iddio Padre i mille mondi culla senza un brusio. Sento il gesto suo nell’ombra mentre cullo il bimbo mio.
L’amore che tace
Se ti odiassi, il mio odio ti darei
con le parole, rotondo e sicuro;
ma ti amo e il mio amore non si affida
a questa lingua umana, così oscura!
Tu lo vorresti mutato in un grido,
e vien così dal fondo che ha disfatto
la sua ardente fiumana, sfinito
prima ancora della gola e del petto.
Io sono come uno stagno ricolmo
ed a te sembro una sorgente inerte,
per questo mio silenzio tormentoso
più atroce che entrare nella morte!
Gabriela Mistral
Intima
Non stringere le mie mani.
Verrà il tempo infinito
di riposare con molta polvere
ed ombra tra le dita intrecciate.
E tu dirai:
‘Non posso
più amarla; le sue dita
si sgranarono come le spighe’.
La mia bocca non baciare.
Verrà l’istante pieno
di spenta luce, senza labbra
starò sotto un umido suolo.
E tu dirai: ‘L’amai, ma non posso
amarla più, ora che non aspira
l’odore di ginestre del mio bacio’.
E mi rattristerò nell’udirti;
tu parlerai come un cieco ed un pazzo,
perché la mia mano sarà sulla tua fronte
quando le dita si spezzino,
e scenderà sopra il tuo volto
pieno d’ansia, il mio respiro.
Non mi toccare dunque. Mentirei
nel dirti che ti dono
il mio amore nelle braccia mie protese,
nella mia bocca, nel mio collo,
e tu, credendo d’averlo esaurito
ti sbaglieresti come un bambino ingenuo.
Perché il mio amore non è solo questo
stanco e restio covone del mio corpo,
che trema tutto offeso dal cilicio
e in ogni volo mi resta indietro.
È ciò che sta nel bacio e non nel labbro,
ciò che spezza la voce e non il petto:
ma è un vento di Dio, che passa lacerando
nel suo volo, la polpa delle carni.
AMO LE COSE CHE NON EBBI MAI
Amo le cose che mai non ebbi,
insieme alle altre che non ho più:
tocco un’acqua silenziosa,
distesa su freddi prati,
che senza vento rabbrividiva
in un orto che era il mio orto.
La guardo come la guardavo;
mi viene uno strano pensiero
e lenta gioco con quest’acqua
come con pesce o mistero.
Paradiso
Distesa lamina d’oro
e nell’adagiarsi dorato
due corpi come gomitoli d’oro;
un corpo glorioso che
ascolta e un corpo
glorioso che parla nel
prato in cui nulla parla;
un respiro che va al respiro e
un volto che trema d’esso, in un prato in cui nulla trema.
Ricordarsi del triste tempo in
cui entrambi avevano
Tempo e da esso vivevano
afflitti,
nell’ora del chiodo d’oro
in cui il Tempo restò alla
soglia
come i cani vagabondi…
Gabriela Mistral
-Biografia di Gabriela Mistral-
Lucila de María del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga, passata alla storia con il nome d’arte di Gabriela Mistral, nasce il 7 aprile 1889 a Vicuna, Cile del nord. La sua vita si rivela piena di complicazioni fin dall’infanzia: il padre Jeronimo Godoy Alcayaga Villanueva abbandona lei, la madre Petronila e la sorella Emelina quando Lucila ha appena 3 anni. Si trova quindi fin da subito a dover combattere una condizione di estrema povertà ma ciò nonostante, le difficoltà che deve affrontare nel quotidiano sembrano non riuscire ad affievolire la sua predisposizione per lo studio, per la letteratura e per la scrittura. I suoi testi sono avanguardisti, Lucila si schiera per l’istruzione gratis e la parità dei diritti, posizioni moderne che qualche anno più tardi le costeranno il rifiuto della sua domanda d’ammissione alla Scuola Normale per insegnanti. I suoi articoli, pubblicati da un quotidiano locale El Coquimbo de la Serena vengono infatti giudicati troppo sovversivi.
Il primo riconoscimento per l’arte poetica
Ma Lucila non si arrende e non abbandona né la vocazione di scrittrice né quella per l’insegnamento. Grazie all’aiuto della sorella Emelina, già maestra, riesce ad ottenere un posto come docente in alcuni istituti minori. È in questi anni che conosce un impiegato delle ferrovie, Romeo Ureta Carvajal, con cui dà vita a una relazione tormentata e controversa. Il suicidio dell’amato sarà al centro di un’opera, Sonetos de la Muerte, che le varrà il primo premio in una competizione letteraria nazionale svoltasi a Santiago nel dicembre del 1904. Lucila ora è Gabriela Mistral, una poetessa destinata al successo. Lo testimonia anche il suo nome d’arte del resto, un omaggio a due figure letterarie molto amate, il Vate Gabriele D’Annunzio e Frederic Mistral, poeta, quest’ultimo, insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1904.
Gabriela Mistral è stata la prima donna sudamericana a ricevere un premio Nobel ed è anche una delle poche (tredici donne totali) che fino ad ora hanno avuto questo onore (contro i 101 vincitori uomini). Ma sarebbe forse potuto essere differente, del resto, il destino di una scrittrice che con il suo nome d’arte omaggia due tra i più grandi poeti della storia? Probabilmente no. Gabriela Mistral è passata alla storia senza dubbio per la sua eccelsa arte poetica ma soprattutto in quanto intellettuale idealista, appassionata, impegnata, sincera e soprattutto avanguardista.
Finalmente il Nobel
Gabriela Mistral Cerimonia premiazione Premio Nobel 10 dicembre 1945
Il 10 dicembre 1945 l’arte poetica di Gabirela Mistral le vale il Premio Nobel per la Letteratura, la sua vittoria è accompagnata da queste parole di motivazione: “La sua opera lirica che, ispirata da potenti emozioni, ha reso il suo nome un simbolo delle aspirazioni idealiste di tutto il mondo latino americano”.
Gli ultimi anni (anticonformisti)
Anche negli ultimi anni della sua vita Gabirela Mistral ha fatto scalpore e si è dimostrata come sempre anticipatrice dei tempi futuri, in particolare a dare adito a critiche e pettegolezzi in questo caso fu la sua relazione con una donna, Doris Dana, non vista di buon occhio. È il 10 gennaio 1957 quando la poetessa si spegne all’età di 67 anni a Long Island, sconfitta da un cancro al pancreas. La sua eredità più grande sopravvive nelle sue meravigliose poesie. Femministe, appassionate, intrise di amore per i suoi affetti più cari, la sua terra, le figure chiave della sua vita. Ma anche segnate dal dolore, dagli ideali disillusi e a volte anche da una certa spiritualità.
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