Fotografia d’epoca raffigurante un gruppo di 250 agricoltori lombardi in visita alle opere di bonifica del territorio di Maccarese Fiumicino, a Roma, meta di coloni provenienti da Lombardia e Veneto.
Nel 1925 inizia la bonifica integrale di Maccarese. A promuoverla è una società formata da investitori finanziari. Questi, invogliati dalle provvidenze messe a disposizione dallo Stato, erano partiti con il proposito di svolgere un ruolo di intermediazione in tutta la vicenda: bonificare la zona, mettere in produzione i terreni, frazionare la tenuta in poderi e passare alla vendita degli stessi. Al dunque, però, il progetto, così come era stato concepito, non potè andare in porto in quanto i prezzi delle proprietà fondiarie e dei prodotti agricoli nel frattempo erano crollati. E la terra agli inizi degli anni Trenta non aveva più la caratteristica di bene rifugio. Quegli uomini si trovarono così a governare un’azienda che, date le dimensioni, aveva costi di gestione molto elevati. E dovettero appoggiarsi all’IRI. Intanto erano approdati a Maccarese per coltivare i campi, impiantare i vigneti e custodire il bestiame da latte numerosi coloni provenienti dal mantovano e soprattutto dal Veneto. Imparentata com’era con lo Stato, durante il regime, la Maccarese diventa la vetrina dell’agricoltura italiana. Si susseguono le visite di delegazioni, anche dall’estero.
ROMA-21/11/2017 – Rilancio della Tenuta di Castel di Guido: oggi in Consiglio regionale si è svolto un incontro insieme a tutti i soggetti interessati per condividere eventuali proposte migliorative anche attraverso il coinvolgimento dei comitati dei cittadini. Completato il lavoro preliminare, si può ora alla pubblicazione del Bando, che sarà presentato a gennaio.
Tutela del bene pubblico ed equilibrio finanziario. L’obiettivo è quello di sostenere funzioni che sono prettamente pubbliche, dall’incubatore di idee al centro di ricerca per la valorizzazione dei sottoprodotti della coltivazione, straordinaria opportunità di lavoro per i giovani ricercatori. Indispensabile che ci sia una complementarietà tra lo svolgimento delle funzioni di natura strettamente pubblica e l’interesse dell’investimento dei privati.
“C’è stata una piena condivisione dei contenuti e dei criteri delle Linee guida del Bando di valorizzazione su cui hanno lavorato gli esperti dell’Università della Tuscia bilanciando tutti gli aspetti sollevati dal mondo dell’associazionismo, dalla garanzia dei livelli occupazionali al rilancio di tutte le vocazioni di questo straordinario patrimonio alle porte di Roma che deve finalmente essere un modello di eccellenza gestionale”- così in una nota congiunta Alessandra Sartore, assessore al Bilancio, Patrimonio e Demanio, e Carlo Hausmann, assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca.
ROMA- 21 novembre 2017-“Le condizioni di degrado e abbandono di Castel di Guido sono tali che non si può più far finta di nulla: è arrivata la stagione dell’assunzione di responsabilità da parte di tutti. Oggi la Regione Lazio, con gli assessori Sartore e Hausman, ha presentato le linee guida di un bando che mantiene la proprietà pubblica del bene e pone le condizioni per un serio rilancio della tenuta. Gestione aziendale multifunzionale, difesa della biodiversità, indirizzo biologico dei processi agricoli e valorizzazione ambientale e archeologica”. Così, in una nota, la Cgil di Roma e del Lazio e la Flai Cgil di Roma e del Lazio.
I sindacati quindi proseguono: “Abbiamo chiesto nell’audizione odierna e ottenuto nel bando una premialità sul fronte della buona occupazione e abbiamo posto il tema della salvaguardia degli attuali livelli occupazionali. Ma nonostante l’urgenza, da tutti condivisa, di intervenire per il rilancio di uno straordinario patrimonio quale è Castel di Guido, oggi abbiamo registrato, al di la’ delle reciproche dichiarazioni di disponibilità, ancora una volta una non più sostenibile divergenza di intenti tra Comune di Roma, proprietaria dell’azienda e la Regione Lazio titolare della tenuta”.
“Una divergenza che, ci pare di capire, rischia di mettere in discussione lo stesso bando regionale che noi valutiamo atto propedeutico allo sviluppo della tenuta e della stessa azienda di Castel di Guido. Non è più accettabile che reciproche diffidenze politiche possano costituire un impaccio se non un vero ostacolo al raggiungimento di obiettivi che dovrebbero veder collaborare istituzioni locali, il cui fine non può che essere, nel caso di specie, il rilancio di questa straordinaria risorsa ambientale, agricola e archeologica”.
“Ci appelliamo alla Regione Lazio e al Comune di Roma – concludono -perché al tavolo per Roma convocato dal ministro Calenda per dopodomani si trovino per Castel di Guido le condizioni necessarie a definire una strategia comune e una collaborazione istituzionale in cui a prevalere sia il bene comune e non l’interesse di parte”.
Roma, 17 novembre 2017 – “La Tenuta di Castel di Guido con i suoi 2000 ettari di terra rappresenta un luogo d’identità pubblica di rilevante significato e può divenire il simbolo delle più importanti e significative sfide ambientali del nostro secolo, modello pubblico di eccellenza di agricoltura biologica e sociale, e centro di ricerca per la valorizzazione e trasformazione del Food Waste con l’utilizzo di sottoprodotti della coltivazione per ottenere Bio-prodotti con ridotte emissioni di CO2”.Così in una nota la Sindaca di Roma Virginia Raggi.
Roma- 17 novembre 2017-Il Campidoglio guarda allo sviluppo di ambiti economici innovativi ed ecocompatibili. La Tenuta di Castel di Guido con i suoi 2000 ettari di terra è un esempio che “rappresenta un luogo d’identità pubblica di rilevante significato e può divenire il simbolo delle più significative sfide ambientali del nostro secolo, modello pubblico di eccellenza di agricoltura biologica e sociale, e centro di ricerca per la valorizzazione e trasformazione del food Waste con l’utilizzo di sottoprodotti della coltivazione per ottenere bioprodotti con ridotte emissioni di CO2”. A sottolinearlo la sindaca Virginia Raggi.
“L’azione di rinnovo è già iniziata questa estate con la firma di un protocollo d’intesa con l’Ente Nazionale del Microcredito per la realizzazione di progetti di agricoltura sociale che, nello svolgere uno specifico ruolo di reinclusione e reinserimento lavorativo di persone svantaggiate, si esprimono in varie forme come fattorie didattiche, agri-nido e agri-ospizi, orti sociali, pet-therapy. È anche prevista la creazione di un Centro di formazione per Migranti per l’insegnamento delle migliori pratiche agricole e della lingua italiana. Si punterà anche sull’educazione ambientale e alimentare, sul benessere animale con un’attenzione speciale agli animali domestici che risiederanno presso la Tenuta”, spiega l’Assessora alla sostenibilità ambientale di Roma Capitale Pinuccia Montanari.
“Dopo anni di abbandono delle Aziende Agricole questa Amministrazione sta facendo molti sforzi per riconvertirle e valorizzarle. Non vogliamo rinunciare a questa grande opportunità ambientale che risponde pienamente ai principi dell’economia circolare e per questo abbiamo avviato con la Regione un’importante interlocuzione per costruire sinergie positive a Roma per la gestione di Castel di Guido. La sfida rappresenta una grande opportunità per dimostrare come anche il pubblico, unito alle università e centri di ricerca, può diventare un centro di eccellenza”, conclude la Sindaca. Un nuovo modello ed una visione innovativa della città per una Roma sempre più proiettata in un futuro fiorente.
Il Vescovo Pietro Mancini nacque a Bologna il 24 novembre 1901. Trasferitosi a Firenze entrò giovanissimo nel Convitto della Calza da dove , ordinato sacerdote insieme a Mons. Bagnoli il 25 luglio 1925, uscì per dedicarsi al ministero.
Il quel 25 luglio 1925 furono ordinati preti anche Don Antonio Pettini, Don Romano Rastrelli, Don Serafino Ceri.
A Don Mancini si deve la costruzione della nuova Chiesa parrocchiale di Santa Maria a Coverciano .
Dopo aver svolto il ministero a Coverciano per un certo periodo , cioè sino al mese di agosto del 1933, Don Tito Mancini passo alla Marina Militare con il grado di Capitano dedicandosi all’assistensa religiosa dei marinai; ma i parrocchiani di Coverciano non lo dimenticarono e quando arricchirono di un nuovo concerto di campane il loro campanile vollero che una campana fosse dedicata a San Tito al ricordo proprio di Don Tito Mancini.
Ben presto Don Tito Mancini dovette lasciare il ministero a pro dei marinai perchè chiamato a Roma al seguito del Cardinale francese Eugenio Tisserant il quale ripose ogni fiducia nel sacerdote calzista. Ben presto, il 29 gennaio 1947, Don Mancini divenne Vicario Generale della Diocesi di Ostia, Porto e Santa Rufina delle quali era titolare il Cardinale Tisserant, e poi lo stesso Cardinale ottenne , nel 1960, dalla Santa Sede che Monsignor Mancini gli fosse assegnato come Vescovo Ausiliare e fu lo stesso Cardinale Tisserant a consacrarlo.
Si legge nel settimanale “Vita” nell’edizione del 4 aprile 1962 , in un lungo articolo dal titolo TISSERANT a pag. 43 :” il 29 gennaio 1961 il Cardinale Tisserant, versò non poche lacrime di commozione mentre consacrava Vescovo Mon. Tito Mancini, assegnatoli come Ausiliare.
Prosegue il cronista:” sembra che consagri Vescovo un figlio.” Era questo il commento dei presenti. Dopo la cerimonia di investitura gli invitati fecero al Cardinale le congratulazioni per aver ottenuto un Vescovo Ausiliare per la Diocesi, il Cardinale rispose così:”Non dovete rallegrarmi con me perché ho avuto il Vescovo Ausiliare, ma perché ho avuto Questo Ausiliare, Mons. Tito Mancini .” Appena aver pronunciato queste parole il Cardinale fece un gesto che commosse profondamente i presenti e il Vescovo Mancini: si sfilò dal dito l’anello episcopale che egli aveva ricevuto 24 anni prima nel giorna della sua propria consagrazione e lo donò al sua neo Ausiliare….”.
Il 28 febbraio 1967 Mons. Tito Mancini passò a reggere le Diocesi di Nepi e Sutri nella Tuscia laziale.
L’attività pastorale di Monsignor Tito Mancini ,molto intensa , diete ottimi frutti. A questo proposito giova ricordare ciò che il parroco Don Alberto Benedetti attestò di lui ancora vivente:” dalla mente e dal cuore….Mancini trae motivo per portare la fiaccola della Fede e l’ardore della Carità in ogni angolo della Diocesi, con semplice umiltà aiuta i parroci , sostituisce quelli improvvisamente impediti per malattia o impegni , nella celebrazione della Santa Messa…” Monsignor Tito Mancini morì a Sutri, rimpianto dl clero e dal popolo, dal 4 marzo 1969 è sepolto all’interno della Cattedrale della Diocesi di Porto e Santa Rufina a La Storta vicino al Cardinale Eugenio Tisserant , Monsignor Luigi Martinelli,Monsignor Pietro Villa e Vescovo Andrea Pangrazio, come si legge nell’epigrafe .
Ricerche bibliografiche e foto d’archivio sono di Franco Leggeri
Martedì 2 maggio 2017 i funerali a Roma, poi la salma partirà per Saluzzo, dove il giorno 3 maggio sarà esposta in Duomo dalle 10.30. Alle 15.30 il rito esequiale
Si terranno oggi 2 maggio alle ore 15, le esequie di Monsignor Diego Natale Bona, vescovo emerito della Diocesi di Saluzzo.
“Il tramonto di un grande uomo di Chiesa” così lo ha definito Monsignor Cristiano Bodo, attuale pastore della circoscrizione vescovile saluzzese.
Il rito esequiale di oggi sarà celebrato nella cattedrale dei Sacri Cuori di Gesù e Maira a La Storta, a Roma. Subito dopo la salma di Monsignor Bona verrà trasferita a Saluzzo, dove domani – mercoledì 3 maggio – dalle 10.30, sarà esposta in Duomo.
La cattedrale cittadina ospiterà, alle 15.30, le esequie, dopodiché il feretro sarà tumulato nella tomba dei vescovi.
“Siamo invitati – prosegue Monsignor Bodo – ad unirci al fratello e a tutto il presbiterio diocesano nella preghiera di suffragio, per il bene che ha saputo donare alla nostra Chiesa”.
Roma- 29 aprile 2017-Si è spento improvvisamente a Roma, questa mattina presso l’ospedale San Carlo di Nancy dove era ricoverato, monsignor Diego Natale Bona , vescovo della diocesi di Saluzzo dal 1994 al 2003.
Nato a Castiglione Tinella, nell’albese, l’11 dicembre 1926, Bona era stato ordinato sacerdote all’età di 23 anni, e precisamente l’8 ottobre del 1950.
Fu l’allora Pontefice KarolWojtyla, papa Giovanni Paolo II, il 9 novembre del 1985, ad eleggerlo vescovo alla sede suburbicaria – così si definiscono le sette Diocesi del Lazio intorno a quella di Roma – di Porto-Santa Rufina.
Il cardinale UgoPoletti, scomparso nel 1997, lo consacrò episcopo neanche un mese dopo, il 1 dicembre dello stesso anno, il 1985, mentre la nomina episcopale giunse il 30 settembre 1986.
Dal Lazio, dove Bona guidò la Diocesi di Porto per più di otto anni (dall’85 al 1994), venne trasferito in Piemonte come pastore della Diocesi saluzzese, dove si insediò il 19 marzo del 1994.
“Bona cuncta posce” (chiedi per noi ogni bene) fu il suo motto episcopale, nonchè un verso dell’antichissima preghiera a Maria, Ave Maris Stella.
A Saluzzo rimase sino al 2003, diventando vescovo emerito – il 16 aprile – affidando la circoscrizione vescovile al suo successore, Monsignor GiuseppeGuerrini.
Dal 1994 al 2002 fu anche presidente del “Pax Christi” italiano, il movimento cattolico per la pace, con Tonio Dell’Olio coordinatore nazionale.
Tra gli incarichi ricoperti, anche quello di membro della Commissione Espiscopale per il servizio della carità e della presidenza della Caritas italiana.
I solenni funerali si svolgeranno il 2 maggio alle ore 15.00 nella Parrocchia dei SS Cuori di Gesù e Maria
Chiesa Cattedrale Diocesi di Porto e Santa Rufina -Loc. LA STORTA-Roma
Castel di Guido- 12 aprile 2017-Distruggere un Borgo medievale, la Sua Storia millenaria, non è impresa da poco, solo “piccolissimi uomini dal prezzo facile” sono in grado di poterlo fare. Castel di Guido il Borgo medievale “violentato da cialtroni incapaci, uomini rozzi estranei al bello , nemici del sole e della luna”. Vivere Castel di Guido in un modo diverso, osservarlo con occhi “puliti”, essere un abitante del Borgo che non ha istinti da “PREDONE” , essere Cittadino di Castel di Guido VERO come si diceva una volta :”con il cuore e con l’anima”. I “signori” che hanno depredato e distrutto “il nostro” Castel di Guido sono ormai “altrove” a godersi i frutti dello scempio che ci hanno lasciato. I barbari che hanno “SPEZZATO L’EMOZIONE” sono “altrove a godersi il brutto frutto della loro anima arida”. C’è forse un pensiero che è pari. Per profondità e smarrimento. C’è forse un’emozione che è pari. Forse un dolore che è pari nel vedere un Borgo bello e forte crollare col cuore a pezzi in un deposito di meschini interessi . Piccoli interessi da “bottegaio” . Vi è un dolore, un’emozione che forse sono pari a quello che hanno dominato gli occhi e i cuori nel mondo nel vedere un Borgo bello e forte cadere ed avviato alla morte troppo presto, ma la partita non è finita. E sono il dolore, l’emozione che ci prende nel pensare che Castel di Guido, quel bel vigore che infondeva non abbiano avuto senso. Vedere, l’amato, Castel di Guido, così com’è ridotto, è un nodo alla gola. L’ingiustizia di un Borgo che cade nel pieno del suo splendore, è quasi pari all’ingiustizia di pensare che la vita, quella di tanti giovani, sia priva di senso. Sia come un bell’”arabesco” nel nulla. Sia come una cosa fantastica e breve, priva di reale significato, cioè priva di un destino buono. Perciò vedendo lo spaventoso spettacolo di Castel di Guido che crolla sotto “l’ignorante bastone di piccoli uomini privi di scrupolo ” .E a quel crollare fa eco, per così dire, quel sorgere e cantare la SPERANZA. E a quell’emozione che fa quasi perdere il senno, risponde, con l’”ultrasuono” di un’impalpabile ma ragionevole speranza, l’emozione di vedere questi vecchi e giovani che gridano e cantano perché la vita – duri cent’anni o venti o un mese – ce l’ha. Scene ed emozioni OPPOSTE al neutro e scialbo chiacchiericcio di prezzolati “capibastone” che per “ un misero piatto di lenticchie” vendono il futuro del Borgo ad avvoltoi e sciacalli. Resistere agli sciacalli e alla serpe che sputa il veleno dell’odio.
Guido da Spoleto vinse i Saraceni, riusciremo noi, oggi, a vincere la giostra della MezzaLuna? Vivere Castel di Guido, andare oltre e che il bagordo innalzi le membra degli avvoltoi come trofeo di vittoria.
-articolo di Franco Leggeri-
Breve Storia-Ricerca Bibliografica-(Parziale e non esaustiva) e foto originali a cura di Franco Leggeri-
Intorno alla metà del 1600 ,per la grande opera di Carità dell’abate Ottavio Sacco da Reggio Calabria (morto nel 1660) e per la benevolenza del Principe Camillo Pamphilj, che aveva acquistato nel 1641 la tenuta dal Card. Alessandro Peretti detto anche Cardinal Montalto, fu edificata la cappella annessa al Casale della Bottaccia . La Cappella fu dedicata a Sant’ Antonio Abate, che , da subito, diventa anche un “piccolo ospedale” per il primo soccorso degli ammalati. Si racconta che nei pressi della Cappella di Sant’Antonio era sempre pronto un carro, con cavalli attaccati, per raccogliere gli ammalati nella Campagna Romana .Gli ammalati o infortunati più gravi venivano inviati nell’Ospedale Santo Spirito di Roma.Una Cappella simile a quella del Casale della Bottaccia fu edificata , ancora esistente e visibile, a fianco del Casale Panphilj sito nel Borgo di Testa di Lepre di Sotto in via dell’Arrone.
Ricerca Bibliografica-(Parziale e non esaustiva)
( T. Ashby, The Roman Campagna in the Classical Times, Ernest Benn ed., London 1970; I. Belli Barsali e M. G. Branchetti, Ville della Campagna Romana, ed SISAR, Milano 1975). Nell’acquerello del Catasto Alessandrino del 1660 sono chiaramente visibili due corpi di fabbrica: il nucleo centrale che probabilmente era la torre di cui oggi rimane ancora l’ingresso e il primo piano, successiva sarebbe invece la piccola costruzione che si affianca a sinistra di questo, ben visibile nell’acquerello del Catasto Alessandrino; la chiesa si intravede sulla destra della facciata. Sulla sinistra della facciata, sempre nell’acquerello del catasto Alessandrino si vede quello che ,probabilmente, è un giardino segreto oggi scomparso. In seguito, in un periodo non identificato si realizza un altro. L’ultimo corpo ad essere costruito è quello che oggi costituisce l’ingresso al piano nobile della parte posteriore sempre sulla sinistra arrivando dalla strada; ciò è testimoniato da una prima analisi materiali utilizzati: tale fabbricato è realizzato in laterizi, mentre tutti gli altri, almeno per quanto riguarda la parte basamentale sono costituiti di pietra calcarea.
Nei primi del ‘700 fu realizzato, probabilmente nel corpo a sud con un grandi saloni ai piani superiori, un piccolo ospedale per il primo soccorso: l’Eschinardi infatti scrive: “. . omissis . . e parte del Principe Panfilj di rub. 281 con la seguente detta della Bottaccia di rub. 333 dove si trova sempre pronta una sua carrozza per condurre a Roma gl’ammalati della campagna.” ed anche il Metalli: “Il Principe Panfili vi istituì un piccolo ospedale ed un’ambulanza pel trasporto dei malati poveri a Roma.” . Tale notizia da quanto riportato sul sito del X Dipartimento sarebbe desunta anche dai registri parrocchiali di Castel di Guido: “ . . .omissis . , l’oste assumeva un ruolo delicato: nel contratto di affitto dei locali aveva anche l’obbligo di accogliere i malati e portarli al vicino ospedale. Il casale della Bottaccia fungeva non solo per la zona di Castel di Guido ma per tutto l’Agro Romano da ospedale. E due volte alla settimana i malati più gravi si trasferivano all’Ospedale di Roma.”; questo riferimento del XVIII secolo conferma anche l’utilizzo di parte del casale come osteria, ribadito anche nella “Rubrica delle tenute e dei casali della carta Cingolana”. Quest’ultima destinazione d’uso probabilmente rimane fino al secolo scorso poiché se ne trovano ancora le tracce nel casale, e L’ipotesi è sostenuta anche da Luigi Cherubini:”Le vecchie osterie della Campagna si danno da fare: per non restare tristemente abbandonate e inutilizzate, anche se hanno una storia, com’è successo alla “Bottaccia” di Castel di Guido e al Casale dei Francesi di Ciampino…per non morire” (Catasto Alessandrino 433bis/19 19 Ottobre 1661 “Sviluppo della strada che da Porta S. Pancrazio passa per Pisana e arriva a Maccarese” agrimensore Legendre Domenico; Isa Belli Barsali e M. G. Branchetti, “Ville della Campagna Romana”, ed. SISAR, Milano 1975, pag. 249-250-
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