
Fotografia arte e mostre

Wong Liang Piow- Fotografo di Singapore- Alcuni scatti di un recente viaggio nel Giappone centrale
Biblioteca DEA SABINA
Wong Liang Piow- Fotografo di Singapore-
-Alcuni scatti di un recente viaggio nel Giappone centrale-
Hazel Harrison-Dipingiamo paesaggi ad acquarello- Il Castello Edizioni- Foggia
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Hazel Harrison-Dipingiamo paesaggi ad acquarello-
Il Castello Edizioni- Foggia
Un manuale per esercitarsi a dipingere paesaggi senza distrazioni o preoccupazioni sul cambiamento della luce e condizioni atmosferiche. Una raccolta di 60 panorami di un fotografo professionista con istruzioni dettagliate e illustrazioni passo passo.
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Editore : Il Castello
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Lingua : Italiano
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Copertina flessibile : 160 pagine
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ISBN-10 : 8880395319
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ISBN-13 : 978-8880395317
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Peso articolo : 998 g
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Dimensioni : 28.2 x 2.6 x 23.1 cm
Storia della Fotografia-Helmut Gernsheim, Alison Gernsheim-ADELPHI EDIZIONI-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Storia della Fotografia-Helmut Gernsheim, Alison Gernsheim.
Traduzione di Roberto Lucci ADELPHI EDIZIONI-Milano
Per secoli e secoli l’uomo ha desiderato di poter fissare le fuggevoli immagini riflesse su uno specchio e di fare quadri senza dover ricorrere all’aiuto del pennello di un artista. Già nelle opere di Aristotele si possono trovare enunciati i princìpi di ottica che sono alla base del fenomeno della «camera obscura» (il predecessore diretto dell’apparecchio fotografico moderno), mentre…
ADELPHI EDIZIONI SPA
Via S. Giovanni sul Muro, 14 – 20121 – Milano
Tel. 02.725731 (r.a.) Fax 02.89010337
info@adelphi.it
Graziano Bartolini-Fotoreportage – Passione Pura Volti e gesti del sigaro a Cuba- Casa Editrice Infinito
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Graziano Bartolini-Fotoreportage – Passione Pura Volti e gesti del sigaro a Cuba.
Casa Editrice Infinito- Formigine (Modena)
DESCRIZIONE-
Nel reportage che Graziano Bartolini ha effettuato a Cuba si svelano, con passione e fascino, gli aspetti meno conosciuti dei sigari Habanos. Una galleria di volti, gesti e luoghi che coinvolgerà intensamente gli appassionati del sigaro e saprà affascinare tutti gli amanti della fotografia.Stampato ad alta qualità (tre neri e lucidatura interna), Passione pura è stato presentato al pubblico in occasione del più importante appuntamento biennale per gli amanti degli Habanos, l’Habano Day 2008, che si è tenuto a Roma nel mese di maggio.
Briografia di Graziano Bartolini (Cesena, 1958) realizza reportage fotografici da oltre un ventennio. Ha viaggiato in Spagna, Irlanda del Nord, Eire, Scozia, India, Nepal e in Nord Africa, ma il suo lavoro si concentra in America Latina, con numerosi viaggi e relative pubblicazioni. Le sue fotografie sono state esposte in più di cinquanta città in dieci anni, in Italia e America latina. Nel 2000 ha realizzato le fotografie per il CD dell’artista cubano Compay Segundo Las flores de la vida e nel 2004 ha curato una mostra fotografica italiana all’Avana, “Mirada italiana sobre Cuba”. Tra le sue pubblicazioni a sfondo cubano ricordiamo Cuba: blanco y negro (1996), Dice Ifá (1998), La Habana como un Chevrolet (Edizioni Estemporanee, 1999-2007), Tocar sueños en Cuba (Italia 2001, Germania 2003), El Barrio de Colón (2006).Ha partecipato al Forum Mondiale di Porto Alegre nel 2005 come delegato e ha realizzato altri reportage in Colombia (Vaupés, il fiume di stelle e la palma della musica, 1999), Ecuador e Panamá. Non ha tuttavia dimenticato Cesena, a cui ha dedicato il libro Foro Annonario, una ricerca sul vecchio mercato coperto della città.
– Casa Editrice Infinito-
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Sant’Oreste (RM)- Visita al BUNKER SORATTE delle Associazioni CORNELIA ANTIQUA e SOTTERRANEI di ROMA
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Sant’Oreste (RM)- BUNKER SORATTE
La visita delle Associazioni CORNELIA ANTIQUA e SOTTERRANEI di ROMA
Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !
Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272-
Sant’Oreste -27 novembre 2022- Oggi, noi dell’Associazione Cornelia Antiqua assieme all’Associazione Sotterranei di Roma, siamo stati in visita al Bunker del Monte Soratte.
Il Monte Soratte è situato nel territorio del Comune di Sant’Oreste a circa 45 km a nord di Roma, il monte è un rilievo di natura calcarea, la cui vetta più alta raggiunge quasi i 700 mt. di altezza e domina la Valle del Tevere.
Nell’antichità il Monte Soratte era considerato Sacro dalle popolazioni preromane e costituiva il centro del culto del dio Soranus, il cui tempio era situato sulla vetta.
Una caratteristica del Soratte sono i Meri, tre grandi voragini di origine carsica, comunicanti tra loro, profonde decine di metri nel calcare, essi si trovano alla base orientale del monte. I Meri dovevano apparire come vere e proprie porte degli inferi, erano frequentati dagli Hirpi Sorani, questi misteriosi sacerdoti ,vestiti con pelli di lupo, veneravano Soranus il dio lupo del mondo selvatico.
Oltre a costituire un Monte Sacro fin dall’antichità, il Monte Soratte è stato protagonista, nella recente storia d’Italia, per essere il luogo dove fu realizzato il grande Bunker .
Sin dal 1937, infatti, quando la seconda guerra mondiale sembrava imminente, per volere di Mussolini, fu iniziata la costruzione del Bunker, al fine di proteggere il comando dell’Esercito Italiano in caso di guerra.
Per nascondere i lavori di costruzione del Bunker, si utilizzò la copertura di una fabbrica di armi della Società Breda; i lavori per il completamento dell’Opera si protrassero fino al 1943.
Il Bunker inizialmente fu utilizzato dall’esercito italiano per passare , poi, sotto il comando nazista.
Nel 1967 , in piena guerra fredda, furono apportate ulteriori modifiche al fine di trasformare il Bunker in un rifugio antiatomico per essere utilizzato , in caso di emergenza, dal Presidente della Repubblica e dal Governo italiano.
Nel 2004 il Bunker fu dismesso e, quando i militari se ne andarono, la popolazione locale finalmente scoprì la vera natura del sito, che fino allora era rimasto un’area militare segretata ed interdetta ai civili.
Il Bunker del Soratte costituisce una delle più grandi e imponenti opere d’ ingegneria militare presenti in Europa, con più di 4 km di tunnel, di cui circa un chilometro e mezzo, per volere della NATO, è stato trasformato in rifugio antiatomico. Il Bunker, quindi, possiede ,oltre ad un enorme valore storico, anche una grande importanza dal punto di vista della applicazione e realizzazione della tecnologia militare .
Per questo motivo ,dal 2010, gli abitanti di Sant’Oreste, decisero di eseguire dei lavori per il recupero del Bunker e dell’area annessa, al fine di trasformarlo in un Museo.
Oggi le gallerie sono visitabili grazie al costante lavoro dell’Associazione Culturale “Bunker Soratte”, la quale si occupa di promuovere e valorizzare il Bunker e la sua storia.
L’Associazione ha recuperato e reso agibili e visitabili la maggior parte delle gallerie, cura tutto l’allestimento museale e organizza e gestisce, con grande professionalità, le visite all’interno dell’ex base militare ipogea.
L’Architetto Gregory Paolucci Presidente dell’Associazione “Bunker Soratte”, ha guidato la nostra Associazione Cornelia Antiqua assieme all’Associazione Sotterranei di Roma nella visita al Bunker.
L’Arch. Gregory Paolucci, santorestese di nascita, grazie alle sue profonde conoscenze e alla sua immensa passione, ci ha illustrato un capitolo della storia italiana, dal fascismo alla fine della Guerra Fredda.
Grazie alla narrazione dell’Arch. Gregory Paolucci, siamo saliti sulla “macchina del tempo “e , con emozione, abbiamo viaggiato in una scenografia originale tra arredi, dormitori, uffici, mappe, attrezzature militari, armi tradizionali e missili, uniformi, tutto materiale perfettamente conservato.
Sì è vero, oggi ,lo confesso, ho vissuto un’esperienza di grande valenza storica ed è per queste sensazioni , vibrazioni, che ho provato per cui consiglio a tutti di provarle andando a visitare il Bunker Soratte.
Chioso questa nota , seppur sommaria, evidenziando il grande lavoro svolto dall’Associazione Bunker Soratte al fine di preservare e valorizzare questo importantissimo e originale Museo, testimonianza tangibile della nostra storia recente.
GRAZIE e Complimenti all’Ass. Culturale “Bunker Soratte”.
Articolo e Foto di Cristian Nicoletta, Presidente dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-
Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !
Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com- Cell-3930705272-
Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !
Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com- Cell-3930705272-
Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !
Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
Marco Scataglini-Fotografo- Festeggiamo gli alberi non facciamogli la festa! Edizioni Kelidon -TUSCANIA (VT)
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Marco Scataglini-Fotografo- Festeggiamo gli alberi, non facciamogli la festa!
Edizioni Kelidon-TUSCANIA (VT)
Il 21 novembre (dunque questo lunedì) si festeggia la giornata nazionale degli alberi. Bello. Nelle scuole si spiegherà ai bambini quanto sono importanti i boschi, quanto gli alberi fanno per noi fornendoci ossigeno, riparo, cibo, materia prima.
In epoca di mutamenti climatici – a cui non si sta mettendo alcun freno, stante il fallimento dell’ennesima inutile conferenza internazionale, ancora in corso – non c’è alcun dubbio che gli alberi siano visti come l’unica vera possibilità di salvare noi stessi (più che il pianeta, che se la caverà in qualche modo).
Il problema vero è che per ridurre la quantità di CO2 nell’atmosfera in modo efficace, dovremmo piantarne mille miliardi. Michi fischi.
Soprattutto, osservo, dovremmo smettere di tagliarli, altrimenti la faccenda, già complicata (basti pensare che i vivai non producono piantine a sufficienza, almeno al momento) diventerà impossibile. E invece si incrementano le stufe a pellet, si punta sulle biomasse forestali per produrre energia, in generale si taglia, si taglia, si taglia.
Al punto che ci sono aree, anche in Italia, dove per trovare un bosco vero (non quelle distese di stuzzicadenti che qualcuno osa ancora definire bosco) devi faticare non poco. Ad esempio dove vivo io, nella Tuscia.
Ora, è vero che il legno è un materiale ecologico e rinnovabile, ma visto che gli alberi ci servono vivi, e possibilmente organizzati in boschi vitali e ben strutturati, dovremmo non solo piantare alberi per ridurre gli effetti dei mutamenti climatici (e rendere il mondo un posto più bello e vivibile), ma anche come materia prima, alberi “ready to cut” come si usa dire.
Dunque a quei mille miliardi aggiungiamone diciamo un altro mezzo miliardo.
Si stima che solo in Italia per raggiungere questo obiettivo sarebbe necessario riforestare praticamente tutte le aree attualmente sfuggite alla speculazione edilizia o che non sono più coltivate. Sarebbe bellissimo, ma non mi sembra che si vada in quella direzione. Anzi, la nuova legge forestale quasi obbliga i proprietari di terreni boscati a provvedere al taglio. E c’è ancora chi sostiene che un bosco se non viene tagliato “muore” (ovviamente sono quelli che dal taglio ci guadagnano). Mi scuserai dunque se sono piuttosto pessimista in merito. Io adoro gli alberi, ho scritto un piccolo saggio sullo star bene grazie agli alberi (“Mettere Radici”, è disponibile su Amazon) e ho anche realizzato un libro fotografico su di loro (“Lucus”, esaurito da tempo), ma foto di alberi entrano in quasi tutti i miei progetti.
Detesto i luoghi in cui non ci siano alberi. Gli alberi mi danno un senso di sicurezza, di forza, di benessere appunto. Credo siano gli organismi più eleganti ed efficienti che siano mai apparsi sul pianeta Terra, e d’altra parte è solo grazie a loro che anche io e te siamo qui. Niente alberi, niente vita. Come minimo dovremmo guardarli con animo grato, e invece li maltrattiamo, specialmente in città, perché “sporcano” (loro!!!) e rialzano l’asfalto con le loro radici, o perché impicciano, danno fastidio, tolgono spazio alle auto. E poi se ci parcheggi sotto gli uccelli che si posano sui rami ti cagano sulla carrozzeria.
Come dicevo, non ce la possiamo fare.
Tuttavia, visto che alla fine lunedì saremo inondati da messaggini elegiaci su “quanto bene ci fanno gli alberi”, allora sarà meglio partecipare all’evento in modo meno ipocrita. Magari facendo una passeggiata ripetiamo l’antico gesto apotropaico di abbracciare un albero, uno qualsiasi, il primo che ci capita a tiro. A me capita di abbracciarli spesso, con gratitudine. Sarà una cosa scema, sicuramente lo è, ma chi se ne frega. E sempre viva gli alberi vivi!
Autore -Marco Scataglini-Fotografo- Fonte FOTOBLOG KELIDON
Marco Scataglini-Fotografo-
Contatti- marcoscataglini@tiscali.it
Via Papa Giovanni Paolo II, 9, TUSCANIA, VT 01017
ARCHIVIO di STATO di RIETI-PERGAMENE CHE PASSIONE!
Biblioteca DEA SABINA
ARCHIVIO di STATO di RIETI-PERGAMENE CHE PASSIONE!
RIETI-Studiosi, esperti, famiglie e appassionati curiosi hanno riempito i due appuntamenti della nostra “Domenica di Carta”, dedicata, in questa occasione, al patrimonio membranaceo che custodiamo.
Dalla mostra “I gamberi del papa” fino alle tecniche di restauro, è stato possibile capire i compiti di tutela, conservazione, studio e valorizzazione della nostra preziosa documentazione, con la storia che si rivela anche agli occhi meno abituati.
RESTITUIRE LE OPERE D’ARTE TRAFUGATE NELLE COLONIE
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“DOVEROSO RESTITUIRE LE OPERE D’ARTE TRAFUGATE DALLE COLONIE”
Roma- 23 agosto 2022–Tutti i Paesi europei che hanno avuto Colonie, in Africa, in Oriente o nelle Americhe, hanno portato via molti manufatti, esposti in Musei ed in raccolte private. Molto spesso non si tratta solo di “oggetti” belli o in qualche modo interessanti, ma di vere “opere d’arte”, che raccontano la Storia e la Cultura dei Paesi colonizzati, i quali, pertanto, non hanno più un pezzo del loro passato.
Probabilmente l’Africa è il continente più “saccheggiato”. In particolare, dall’Africa Centrale, soprattutto dal Congo, che è nato nel XIX secolo come “possedimento personale del Re Leopoldo del Belgio”, sono stati sottratti circa 180.000 manufatti artistici.
Inoltre, dall’antico Regno del Benin, attuale Sud della Nigeria, sono stati portati via più di 4.000 oggetti, soprattutto sculture in legno, alcune anche antiche in quanto realizzate nei secoli passati.
Inoltre, dal Kenya sono state portate via oltre 300 statue commemorative in legno, conservate anche in vari Musei americani, anche universitari, che le hanno acquistate sul mercato internazionale delle opere d’arte.
Il manufatto artistico africano più costoso è la scultura, proveniente dal Camerun, che rappresenta la regina Bangwa, venerata come una divinità dalla sua gente, che è stata portata via dalla sua sacra dimora dall’esploratore tedesco Gustav Conrau.
Negli ultimi decenni vari Musei ed Università hanno restituito una parte dei manufatti artistici posseduti. Al riguardo, l’Università di Yale ha restituito migliaia di manufatti portati via dal Perù.
La restituzione delle opere d’arte trafugate durante il periodo coloniale è un’azione doverosa perché serve alle Autorità dei Paesi dai quali sono state portate via, e che oggi sono degli Stati indipendenti, per ricostruire la loro Storia e la loro Cultura, e quindi la loro identità nazionale. Invece, molto spesso questi manufatti, conservati nei Musei o nelle raccolte private, anche se hanno un valore economico, talvolta anche grande, o sono ammirati per la loro bellezza artistica, non hanno alcun “significato” storico o culturale per chi li possiede e quindi, come si usa dire, sono “privi di vita”.
Il nostro Paese ha provveduto da alcuni decenni, non senza polemiche, a restituire alcune opere d’arte prelevate dalle ex colonie africane. L’oggetto più famoso è la Stele di Axum, un obelisco realizzato tra il I ed il IV secolo, alto 23 metri e pesante 150 tonnellate, portato via da quella sacra località dell’Etiopia il 3 maggio 1935 (durante la guerra fatta dal regime fascista) e collocata solennemente il 28 ottobre 1937 (15° anniversario della “Marcia su Roma”) a Piazza di Porta Capena, davanti alla nuova sede del Ministero delle Colonie (che dal dopoguerra ospita la sede internazionale della FAO, l’Agenzia ONU per la lotta contro la fame nel Mondo).
La Stele è stata restituita al Governo etiope il 28 ottobre 2003 e, dopo essere stata restaurata a nostre spese, è stata ricollocata solennemente ad Axum nel 2008.
Egualmente è stato restituita nel 1960 al Governo etiope la statua in bronzo dorato, denominata il Leone di Giuda, opera dello scultore francese Georges Gardet, che la realizzò nel 1930 per la incoronazione dell’Imperatore Ha‘ilé Selassié, e che era stata portata via nel 1936 e collocata solennemente l’8 maggio 1937 (per il primo anniversario della proclamazione dell’Impero, dopo la conquista dell’Etiopia) davanti al Monumento agli Eroi di Dogali (i 430 soldati caduti nella omonima battaglia del 26 gennaio 1887 durante la Guerra contro l’Abissinia per il possesso dell’Eritrea), vicino alla Stazione ferroviaria “Termini” di Roma. La statua è statua ricollocata nella Capitale etiopica Addis Abeba, ma non nell’ex Palazzo imperiale, bensì su un basamento in un giardino vicino alla stazione ferroviaria.
Sarebbe un’azione molto dignitosa da parte del nostro Governo la restituzione di altre opere d’arte “trafugate” dalle colonie africane prima che ne sia fatta la richiesta ufficiale da parte dei Governi interessati. In questo modo il nostro Paese dimostrerebbe al Mondo di aver “fatto i conti” con il proprio passato coloniale, almeno in parte, perché rimane il problema del riconoscimento della nostra responsabilità per le tragedie che la nostra “dominazione coloniale” ha comportato per quei Paesi, in primo luogo le oltre 500.000 vittime (circa 350.000 in Etiopia e 100.00 in Libia), per le quali si dovrebbe almeno “chiedere scusa”. In questo modo il nostro Paese potrebbe sedere a testa alta nel consesso delle Nazioni democratiche.