Cinquant’anni di Letizia Battaglia in mostra a cielo aperto sullo Stretto
Letizia Battaglia-Cinquant’anni di Letizia Battaglia in mostra a cielo aperto sullo Stretto
A Reggio Calabria la fotografia documentaria e di denuncia di Letizia Battaglia “cattura” chi passeggia sul lungomare. Reggio Calabria –Dal 16 novembre 2024 al 2 febbraio 2025
Ancora una mostra a cielo aperto, ancora una cornice travolgente: dopo il suggestivo scenario delle Terme di Caracalla di Roma, le iconiche fotografie diLetizia Battaglia corrono giù per mezza Italia e si affacciano sul mare, guardando la Sicilia direttamente dalla punta dello Stivale.
La mostra Letizia Battaglia Senza Fine, allestita presso l’Arena dello Stretto a Reggio Calabria, è il primo grande omaggio calabrese alla fotografa siciliana.
Fino al 2 febbraio 2025, il Lungomare Falcomatà ospiterà cinquantadue fotografie di grande formato che ripercorrono cinquant’anni (1971-2020) del lavoro fotografico di Letizia Battaglia, in un evento di arte pubblica che consentirà a cittadini e turisti di apprezzare da vicino il percorso di vita e l’impegno professionale di una donna che ha saputo documentare e denunciare con coraggio momenti tragici della storia italiana e in particolare del Sud del Paese.
Scrivevamo il 7 giugno 2023, in occasione della tappa romana della mostra: “Le immagini più note di Letizia Battaglia consegnano alla storia una delle pagine più sanguinose, poetiche, struggenti e drammatiche della Sicilia. Ma questa mostra intende aprirsi a un universo di fotografie realizzate fuori dalla terra della fotografa, tappe di viaggi fondamentali per comprendere in modo più profondo l’insieme della sua opera e del suo pensiero. Fotografia, cronaca e vita privata confluiscono in unico percorso non cronologico, che mette in luce la straordinaria sensibilità e umanità della fotografa palermitana. Alla sua città è dedicata una selezione di lavori realizzati all’ospedale psichiatrico, dove Battaglia coinvolgeva e rendeva protagonisti i pazienti. Un appuntamento che ha rinnovato più volte negli anni”.
Allo stesso modo, a Reggio Calabria si scoprono i molteplici sguardi della fotografa sul mondo, passando per gli scatti che raccontano le tante contraddizioni della sua Palermo, i ritratti di bambine e bambini ripesi nel loro ambiente familiare e di gioco e i momenti di festa e di incontro, manifestazioni dell’anima più popolare del nostro Paese.
Sette donne per Letizia Battaglia
Letizia Battaglia
Accompagna il progetto espositivo un volume, edito da Electa, che nasce come prosecuzione e ampliamento della mostra, restituendo la polifonia dei lavori di Letizia Battaglia. I curatori del libro, Paolo Falcone e Sabrina Pisu, hanno coinvolto sette donne, scrittrici e autrici che, partendo dalle lettere che compongono l’espressione “senza fine” hanno dato vita a chiavi di lettura della forte personalità, dei progetti e dell’impegno civile della fotografa, all’interno dei diversi scenari sociali di cui è stata testimone.
Letizia Battaglia
La mostra Letizia Battaglia Senza Fine, a cura di Paolo Falcone, è promossa dal Segretariato Regionale per la Calabria–Ministero della Cultura con il supporto e contributo dell’Autorità di Gestione del PON Cultura e Sviluppo (FESR) 2014-2020 Segretariato generale Servizio V ed è organizzata da Electa in collaborazione con l’Archivio Letizia Battaglia e la Fondazione Falcone per le Arti.
Roma-A venti anni dalla sua morte di Giacinto Cerone, EDDart è orgogliosa di presentare, dal 14 Novembre al 28 Febbraio2025, in collaborazione con l’Archivio che lo rappresenta, una selezione di opere che consentono di guardare in prospettiva al lavoro di uno dei più grandi scultori italiani: Giacinto Cerone (Melfi, 1957 – Roma, 2004).
Giacinto Cerone-Scultore
Negli spazi di Palazzo Taverna saranno esposte 13 opere realizzate in anni e materiali differenti come la ceramica, il gesso, il legno e il moplen che evidenziano la sperimentazione continua di un’artista, il cui tratto distintivo è proprio un rapporto forte e diretto con la materia. Cerone infatti, indipendentemente dal materiale prescelto, e spesso affidandosi ad esso, riesce ad esprimere un confronto sempre teso, plasmando, creando fessure, interstizi e germogli fino a creare una forma nuova.
Sarà realizzato un catalogo con documentazione fotografica e un’intervista diElena del Drago a Elena Cerone Cavallo.
La mostra è realizzata in collaborazione con l’Archivio Giacinto Cerone, Roma.
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone-Scultore
EDDart Rome | Palazzo Taverna Via di Monte Giordano 36, 00186, Roma
Biografia di GIACINTO CERONE-A cura dell’ “ARCHIVIO GIACINTO CERONE”
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone,Nasce a Melfi (PZ) il 18 aprile 1957.Nel 1971 frequenta il Liceo artistico di Melfi sezione architettura. Durante i primi anni trascorre la maggior parte delle giornate ad esercitarsi con il disegno dal vero. Nel 1975 consegue il diploma di maturità artistica.
Nell’ottobre dello stesso anno si iscrive all’Accademia di belle arti di Roma e segue il corso di scultura, prima con Umberto Mastroianni, poi con Pericle Fazzini.
Nel 1976 partecipa alle ricerche e all’allestimento della mostra “L’Accademia di Belle Arti e l’istruzione artistica” presso Palazzo Braschi di Roma.
Negli anni dell’Accademia segue i corsi speciali di Fonderia, Fotografia, Teoria della forma, Varie tecniche della scultura e Teoria della percezione visiva quest’ultimo tenuto da Nato Frascà.
Nel 1979 termina gli studi all’Accademia con una tesi su Vincent Van Gogh per il corso di Storia dell’arte tenuto da Cesare Vivaldi.
Ritorna in Lucania dove inizia a sperimentare tutto quello che l’Accademia gli aveva fornito a livello teorico come performance, fotografia e installazioni ambientali (gabbie e cubi). Insiste sulla sperimentazione ispirandosi a maestri della storia dell’arte come Duchamp, Malevic e Mondrian. Riproduce “Quadrato nero su fondo bianco”, “Broadway boogie-woogie”, “Percezione prospettica di un cubo nero dipinto su fondo bianco”.
Nel 1980, in occasione dell’estate melfitana, prepara tre giornate di performance: “Contrazione (Corpo su carta)” ispirato a Jackson Pollock, “Help dedicato a J. Dine” e “Z.I.N.C.O.”.
Nel 1981 è a Roma, con Nato Frascà si reca presso lo Studio internazionale d’arte grafica “L’Arco” in via Mario dei Fiori, crocevia di artisti, critici e poeti, per conoscere Giuseppe Appella.
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone-Scultore
Nel marzo 1983 viene richiamato a Roma da Pietro Perrone per la mostra “Scacco matto a Casaidea” alla Fiera di Roma.
Nell’estate dello stesso anno, Giuseppe Appella lo porta a Castronuovo Sant’Andrea (PZ) e tra le mura dell’antico Castello tiene la sua prima personale: “Dieci sculture e dieci motivi jazz di Giacinto Cerone”. In quest’occasione espone le sue prime sculture in rame. La serata inaugurale è filmata da RAI3 Basilicata.
Nel 1984 si stabilisce definitivamente a Roma e nell’ottobre del 1985 si sposa con Elena Cavallo.
Dal 1986 inizia a lavorare nello studio in vicolo del Bologna, 32 a Trastevere. Collabora alla rivista “Altrimmagine”, partecipando a Bari alla collettiva curata e organizzata dalla rivista.
Nello stesso anno riceve l’incarico per l’insegnamento di Arte dell’ebanisteria, dell’intaglio e dell’intarsio presso l’Istituto d’arte di via del Frantoio.
Nel 1987, l’Associazione Culturale Hobelix di Messina ospita la sua personale; nello stesso anno nascono le prime due ceramiche (Marsupio e Martini) in una piccola fornace in vicolo del Moro.
Entra in contatto con Maurizio Corraini e tramite l’editore-gallerista conosce Giosetta Fioroni con la quale avrà continuativi scambi intellettuali.
Nella primavera del 1987 conosce Mauro Zammataro e Corrado Bosi: nella sperimentazione di nuovi materiali, il loro appoggio sarà totale.
L’attività grafica si intensifica e diviene sempre più autonoma dalla scultura.
Nel febbraio del 1988, con la visita al suo studio di Ennio Borzi (direttore della Galleria “Break Club” di Roma) vende le prime opere in legno (Bassorilievo, Inclinata, Lupo, Monaco, Utranquilla, Piccola inclinata, Spezzacatene) e le ceramiche Marsupio e Martini. In questa occasione conosce Barbara Tosi che scriverà un testo critico per il libro “Roma Arte Oggi”.
Iniziano i primi rapporti con la critica d’arte: Paolo Balmas, Martina Corgnati, Vito Apuleo, Flaminio Gualdoni.
In occasione della mostra presso “Graffiti now atelier” di Verona, nel 1989, entrano nel suo lavoro due materiali nuovi: l’alluminio e la ghisa.
Nel marzo 1990 nasce il primogenito Michele, per questa occasione inaugura la sua prima mostra a Milano (Galleria Valeria Belvedere) dal titolo “San Michele”.
Nel 1991 prepara la partenza con la famiglia per Albisola dove rimarrà quasi tutta l’estate, lavorando presso le Ceramiche San Giorgio con Salino e Poggi. Alcune opere prodotte ad Albisola saranno esposte in autunno a Verona in una mostra intitolata “Doppi Fiumi”, altre a Modena, nel 1992, presso la Galleria Roberto Monti in una mostra dedicata a Hölderlin dal titolo “Der Adler” (L’Aquila).
In questo stesso periodo visita il suo studio Raffaele Gavarro con il quale instaura da subito un’intesa professionale.
L’8 gennaio 1993, Maurizio Corraini gli propone una produzione di ceramiche da realizzare presso la Bottega Gatti di Faenza (RA) di Davide Servadei.
Nel marzo dello stesso anno, inizia un lungo rapporto di lavoro con Valentina Bonomo che comincerà a seguirlo in maniera assidua tanto da presentarlo nella sua prima grande personale romana dal titolo “Aiaram” presso la galleria di piazza Santa Apollonia: conosce lo scrittore e storico dell’arte Mario Quesada, il collezionista Andrea Franchi e la poetessa Patrizia Cavalli.
Per un breve periodo lavora in uno studio in via dei Marrucini, nel quartiere di San Lorenzo, dove prepara le opere per la Galleria Bonomo. Al suo fianco l’allievo e assistente Valerio Ricci.
Nell’aprile del 1993 nasce Lorenzo, secondogenito.
Nell’atelier di Luciano Trina, nel dicembre dello stesso anno, stampa delle incisioni monotipo; con Giosetta Fioroni un’acquaforte per “Incerti frammenti” di Andrea Zanzotto.
Nel gennaio del 1994 lascia definitivamente lo studio di vicolo del Bologna per trasferirsi in via Sebastiano Grandis, 1 in Santa Croce in Gerusalemme.
Nascono la serie di opere in gesso e moplen (Il mare, prima scultura orizzontale, Disco con gigli, Sposa infelice, Calle appoggiate, Stele bucolica, Piazza Sonnino, Paesaggio tettonico).
Il tema di Ofelia, già inaugurato con la scultura “Vita di Ofelia” (1993) comincia ad essere una costante nella sua poetica. Da qui la mostra “Ofelia in traum” del 1995 a Verona.
In questo stesso anno interrompe definitivamente l’attività di insegnante.
Per Valentina Bonomo realizza i primi gioielli di ceramica, esemplari unici: il tema è la rosa. I gioielli sono il pretesto per approfondire e sfidare la ceramica come materiale da utilizzare per oggetti decorativi come il tavolo con carciofi, le tazze da tè di Mozart, le cornici come decorazione di camini, ecc.
Nel 1996 si allargano i contatti con le gallerie (Oddi Baglioni, Roma; Bottai, Bologna; Fioretto, Padova).
Il suo lavoro diventa più complesso: inizia ad usare i merletti sulla ceramica, le opere in gesso sono eseguite senza la necessità di costruire uno stampo. A volte le sculture sono “popolate” da icone provenienti dagli stampi di oggetti (giocattoli, verza, acanto, carciofo, ecc.), evocando il ready-made duchampiano.
Espone la seconda opera orizzontale in Via degli Artisti, Associazione culturale circolo di Palazzo Giovine di Torino. L’opera è dedicata a Pino Pascali: occupa la superficie della stanza con una grande lastra in gesso costruita su misura, costringendo in tal modo il visitatore a guardarla solo dall’esterno. Per preparare l’installazione si trasferisce con la famiglia per 10 giorni ospitato dallo scultore Salvatore Astore.
Con “San Savino”, esposta all’Attico di Sargentini (in “Giro d’Italia”) e le lastre in ceramica alla Galleria Oddi Baglioni (in “Paginette Faentine” con dedica a Domenico Baccarini), del 1997, si definisce l’idea per una scultura orizzontale.
Romolo Bulla visita il suo studio. Si instaura un rapporto che successivamente lo porta ad una collaborazione: nel 1998 esegue le prime litografie raccolte nella cartella “Ofelia im Traum” presso la Bottega Bulla.
Contemporaneamente Daniela Lancioni lo porta, con Marisa Albanese e Gianni Dessì, a Napoli alla Casina Pompeiana nella villa comunale e nello stesso periodo gli parla del progetto “Tor Bella in opera” presso lo Spazio per l’arte contemporanea Tor Bella Monaca di Roma. La possibilità di realizzare una grande installazione scultorea lo entusiasma a tal punto da eseguire una piccola litografia intitolata “Tor Bella Cosa”.
Pensando a Tor Bella Monaca, compone un libro d’artista ispirato alle rose che sottopone a Corraini: il libro sarà pubblicato postumo nel 2005.
Nel novembre del 1999 inizia la realizzazione della scultura in gesso nello Spazio per l’arte contemporanea a Tor Bella Monaca. L’opera è il monumento all’orizzontalità (cm. 300x3300x360). Ritorna sui temi e sulla politica della scultura greca: Fidia e il Partenone. Graziano Paiella ne racconta le giornate e i momenti di prosecuzione sino ad opera ultimata con la telecamera. Il giorno dell’inaugurazione in una intervista ad Antonella Reda per Rai3 Notte dice: “[…] Non ho mai visto un’opera d’arte figurativa davanti la quale la gente applaude. Commuove la musica, commuove la poesia […] un quadro commuove in modo silente. Non ho mai visto qualcuno applaudire davanti la Gioconda […] Vorrei che la gente applaudisse davanti ad un’opera non di certo davanti alla mia”.
Tra i presenti Graziella Lonardi Buontempo, che da subito lo accoglie tra i suoi artisti preferiti. Nel settembre 2003 esporrà nella collettiva “Incontri…dalla collezione di Graziella Lonardi Buontempo” all’Académie de France Villa Medici di Roma.
Lavora per una mostra a Casa Musumeci Greco dal titolo “I soffincielo” (2000): per la prima volta la ceramica viene indurita e resa altro togliendole qualsiasi accezione pittorica. I soffincielo sono le prime dodici opere platinate più simili all’acciaio che alla ceramica.
Si prepara anche per la sua prima personale all’estero presso la David Gill Galleries di Londra, mostra curata e organizzata da Valentina Bonomo.
In questo periodo nascono opere in ceramica che riportano iscrizioni ispirate alla Poesia. Quotidiane le riletture e le citazioni delle poesie di Hölderlin, Sandro Penna, Patrizia Cavalli, Eugenio Montale, Rainer Maria Rilke, Vincenzo Cardarelli e Isabella Morra.
Dedica a suo padre la mostra a Mantova del 2001 “Tripoli. Delle croci e delle delizie” e pubblica, con lo stesso titolo, un libretto d’artista per le Edizioni Corraini, Mantova.
A settembre è nella bottega Nicoli di Carrara dove esegue la sua prima ed unica produzione di marmi su commissione di Emilio Mazzoli.
Il tema delle icone della mitologia (gli Argonauti) ritorna nel gruppo di opere “Donne per la storia”, personale presso Gasparelli Arte Contemporanea di Fano e nella mostra “Sant’Agnese” presso la galleria romana “Autori Cambi” di Matteo Boetti, entrambe del 2002.
Ritrova il poeta Domenico Brancale col quale instaura una costante frequentazione e un fitto carteggio.
Nell’ottobre-dicembre del 2003 prepara le cere per dei gioielli realizzati in argento presso l’orafo Paolo Mangano.
A febbraio del 2004 Alberto Zanmatti e Giuseppe Gallo lo invitano a realizzare un intervento scultoreo alla facoltà di Architettura “Valle Giulia”: “Una sposa infelice a Valle Giulia”, grande scultura in gesso, ultima opera di Giacinto Cerone.
Muore a Roma il 4 ottobre 2004..
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone-Scultore
Giacinto Cerone-Scultore
MOSTRE
Collettive selezionate
1983 Scacco Matto a Casaidea, Palazzo dei Convegni alla Fiera di Roma, Roma, 19-27 marzo, testo di Elena Cavallo.
1986 Il movimento artistico Altrimmagine, Galleria N. Piccinni-Altrimmagine, Bari, 11 ottobre-4 novembre.
1987 Antipatia. Giacinto Cerone – Pietro Perrone, Graffiti Now Atelier, Verona, 2-24 maggio. XXX Biennale nazionale d’arte città di Milano, Palazzo della Permanente, Milano, 5 giugno-12 luglio.
1988 Under 35. I giovani artisti dalla giovane critica, Arte Fiera, Bologna, 19-22 febbraio. Roma, Arte Oggi, Galleria Break Club, Roma, 10-27 giugno, a cura di Ennio Borzi, Mirella Chiesa, testi di Filiberto Menna, Paolo Balmas, Barbara Tosi. 7 + 7 ovvero sette scultori proposti da sette gallerie, salone del Chiostro di S. Fermo Maggiore, Verona, 9 luglio-14 agosto, testo di Barbara Tosi.
Oasi nello spazio, Sale dell’Esedra, Palazzo Ducale, Mantova, 23 ottobre-27 novembre, a cura di Martina Corgnati, Maurizio Corraini, testo di Martina Corgnati. Dodicimenotrentacinquesecondo. Giovani Artisti a Roma, Ex Borsa in Foro Boario, Roma, 28 ottobre-11 dicembre, testi di Vito Apuleo, Giacinto Cerone.
1989 Arte a Roma 1980-89: Nuove situazioni ed emergenze, Palazzo Rondanini alla Rotonda, Roma, 6 luglio‑7 ottobre, a cura di Ludovico Pratesi, testo di Ludovico Pratesi.
1990 Paesaggio Occidentale, Maurizio Corraini Arte Contemporanea, Mantova, dal 21 aprile, testi di Martina Corganti, Flaminio Gualdoni. La Madonna nell’arte italiana del Novecento, Chiesa di S. Giuliano, Castrovillari (CS), 1 maggio-23 giugno, Centro d’Arte e Cultura Villa dei Papi, Benevento, 2 luglio-22 settembre, a cura di Giuseppe Appella, testo di Giuseppe Appella. Opera nuova. XXX Mostra nazionale d’arte contemporanea, Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Termoli (CB), 25 luglio-7 settembre, a cura di Francesco Gallo, testo di Patrizia Ferri.
1992 Grand Tour, Romberg Arte Contemporanea, Latina, 6 giugno-31 luglio, a cura di Raffaele Gavarro, Viviana Gravano, testi di Raffele Gavarro, Viviana Gravano. XXI Biennale di scultura di Gubbio, Sala Consiliare Palazzo del Comune, Gubbio (PG), 12 settembre-8 novembre, a cura di Giorgio Bonomi, Marisa Vescovo.
1994 Deposito straordinario. 1° Fondo del museo della scultura in peperino, Ex Convento di Sant’Agnese, Vitorchiano (VT), dal 16 luglio, a cura di Raffaele Gavarro, Viviana Gravano, testi di Raffaele Gavarro, Viviana Gravano. Le più recenti acquisizioni della Galleria d’Arte Moderna Aroldo Bonzagni, Pinacoteca Civica,
Cento (FE), 11 dicembre 1994-15 gennaio 1995. Arroccamenti. Natura morta, paesaggio, figura, Rocca, Cento (FE), a cura di Valeria Tassinari.
1995 49° Concorso internazionale della ceramica d’arte, Museo internazionale delle ceramiche, Faenza (RA), 16 settembre- 22 ottobre 1995.
1996 Luigi Carboni. Dipinti-Giacinto Cerone. Sculture, Spazia Galleria d’Arte, Bologna, 21 gennaio-29 febbraio. Premio Marche. Biennale d’arte contemporanea, Mole Vanvitelliana, Ancona, 19 maggio-14 luglio. Come sospesa. Per un’idea della scultura italiana contemporanea, Ex Arsenale Austriaco, Verona, 29 giugno-28 luglio, a cura di Corrado Bosi, Mauro Zammataro, testo di Giacinto Cerone. Ultime Generazioni. XII Esposizione Nazionale Quadriennale d’Arte di Roma. Italia 1950-1990, Palazzo delle Esposizioni e Ala Mazzoniana della Stazione Termini, Roma, 25 settembre-25 novembre, a cura di Lorenza Trucchi, testo di Laura Cherubini. ARTissima. Fiera d’arte moderna e contemporanea, Lingotto Fiere, Torino, 26-29 settembre. Seminario, Chiesa S. Pietro alla Carità, Tivoli (RM), 3 ottobre-10 novembre, a cura di Roberto Gramiccia, testo di Roberto Gramiccia. Tra peso e leggerezza. Figure della scultura astratta in Italia, Parco e Sala Comunale, Cantù (CO), 13 ottobre-30 novembre.
1997 Giro d’Italia dell’arte in nove tappe. Roma, Associazione Culturale L’Attico, Roma, dal 14 marzo, a cura di Raffaele Gavarro.
Il diavolo e l’acquasanta. Giacinto Cerone. Sculture-Vincenzo Satta. Dipinti, Galleria Spazia, Bologna, 10 maggio-30 giugno. L’Arte a Roma. Iª edizione della Rassegna di arte contemporanea a Roma, 1997, Ex Mattatoio, Roma, 15 luglio-14 settembre, a cura di Patrizia Lazoi.
La fabbrica del vento, Ex Stabilimento Calissano, Alba (CN), 4 ottobre-2 novembre.
1998 Misura Dismisura. Due scultori a Palazzo Rospigliosi. Lucilla Catania – Giacinto Cerone, Palazzo Rospigliosi, Zagarolo (RM), 14 giugno‑10 agosto, a cura di Roberto Gramiccia, testi di Roberto Gramiccia, Simonetta Lux. Pompeiorama. 200 giorni per l’arte contemporanea. Marisa Albanese, Giacinto Cerone, Gianni Dessì, Casina Pompeiana Villa Comunale, Napoli, 13 dicembre 1998-31 gennaio 1999, a cura di Daniela Lancioni.
1999 Art & Maggio. Arena Puglia. “Felici coincidenze”. Seconda rassegna d’arte contemporanea, Stadio della Vittoria, Bari, 23 maggio-20 giugno, a cura di Marilena Bonomo, intervista di Tommaso Trini. La vita oltre. La visione della morte nell’arte contemporanea, Cimitero Acattolico inglese, Roma, 9-21 luglio, a cura di Carmine Sorrentino, Paolo de’Medici Ottajano.
2000 Gallerie in Galleria, Palazzo Pretorio, Sansepolcro (AR), 15 aprile-7 maggio, testo di Daniela Lancioni. Le Ali di Dio. Messaggeri e Guerrieri alati fra Oriente e Occidente. Mostra sugli Angeli per il Giubileo del Duemila, Castello Normanno Svevo, Bari, 6 maggio-31 agosto, prorogata fino al 15 settembre; Abbaye-aux-Dames, Caen, 5 ottobre-31 dicembre; a cura di Marco Bussagli, Mario D’Onofrio. Arte in Giro 2000, Ex Mattatoio, Roma, 12 maggio-4 giugno, a cura di Alberto Fiz. Periplo della scultura italiana contemporanea delle chiese rupestri, Madonna delle Virtù, S. Nicola dei Greci, Matera, 24 giugno-30 settembre, a cura di Giuseppe Appella, Pier Giovanni Castagnoli, Fabrizio D’Amico, testi di Giuseppe Appella, Pier Giovanni Castagnoli, Fabrizio D’Amico, Raffaele Gavarro. BNL, una Banca per l’arte: oltre il mecenatismo, Chiostro del Bramante, Roma, 15 settembre-15 ottobre, a cura di Enzo Bilardello, Guido Strazza.
2001 Odissee dell’arte, Sala Auditorium, Museo Revoltella, Trieste, 24 marzo-28 maggio, a cura di Achille Bonito Oliva. La scultura italiana del XX secolo, Yokoama Museum of Art, Yokoama, 21 aprile-10 giugno 2001; Kagoshima City Museum of Art, Kagoshima, 19 luglio-26 agosto 2001; The Museum of Modern Art Ibaraki, Mito, 4 settembre-28 ottobre 2001; Museum of Contemporary Art, Sapporo, 3 novembre-24 dicembre 2001; Shimane Art Museum, Matsue, 2 gennaio-24 febbraio 2002; Spazio Oberdan e Chiostri di Palazzo Isimbardi, Milano, 20 marzo-12 maggio 2002, a cura di Anna Imponente, testi in italiano e giapponese di Anna Imponente, Caterina Niccolini.
2002 La seduzione della materia, Spazio Oberdan, Palazzo Isimbardi, Milano, 23 marzo-12 maggio, a cura di Anna Imponente, testo di Anna Imponente, Caterina Niccolini. Entr’acte, Palazzo Albiroli, Bologna, 26 ottobre-17 novembre, a cura di Piercarlo Borgogno, Gino Gianuizzi, testo di Anna Piacentini. Κεραμος. Ceramica nell’arte italiana 1910-2002, Museo del Corso, Roma, 17 dicembre 2002-23 febbraio 2003, a cura di Francesca Romana Morelli, testi di Ludovico Pratesi, Francesca Romana Morelli, Maria Paola Maino, Tatiana Giovannetti.
2003 Incontri…dalla collezione di Graziella Lonardi Buontempo, Académie de France Villa Medici, Roma, 26 settembre-2 novembre.
2004
Roma Punto Uno, PICI Gallery, Seoul, 1-20 settembre; Tokyo Design Center, Gotanda, 6-14 ottobre; Kuchu Teien Tenbodai Sky Gallery, Osaka, 9-24 novembre, a cura di Mara Coccia, Mario de Candia.
2005 XIV Quadriennale di Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Roma, 9 marzo-31 maggio, a cura di Luciano Caramel, Valerio Dehò, Giacinto Di Pietrantonio, Marco Tonelli, Giorgio Verzotti. Entr’acte 2. Arte contemporanea in casa Gallizio, Casa Gallizio, Alba (CN), 8 ottobre-13 novembre.
2006 Keramicos. Un percorso sulla ceramica da Arturo Martini a Luigi Ontani, Claudia Gian Ferrari Studio di consulenza per il ‘900 italiano e arte contemporanea, Milano, 28 marzo-31 maggio, a cura di Claudia Gian Ferrari. Mario Quesada. Lo storico dell’arte e il poeta, Museo Boncompagni Ludovisi-Archivio Mario Quesada, Roma, 28 giugno-10 settembre, a cura di Irene De Guttry, Andrea Franchi, Maria Paola Maino.
2008 Faïence. Cento anni del Museo internazionale delle ceramiche in Faenza, Camera dei Deputati,
Palazzo del Seminario, Roma, 2 aprile-30 maggio; Castello Sforzesco, Sale Viscontee, Milano, 5
luglio-2 settembre, a cura di Jadranka Bentini, testo di Carmen Ravanelli Guidotti. Nient’altro che scultura XIII Biennale internazionale di Carrara, Museo della Scultura ex Convento di San Francesco, Carrara (MS), 27 luglio-28 settembre, a cura di Francesco Poli. Italidea, Istituto Cultural Cabañas, Guadalajara, 28 novembre 2008-28 febbraio 2009; Museo Sant’Ildefonso, Città del Messico, 22 marzo-15 maggio, a cura di Renato Miracco, Carlo Lococo.
2009 Mitografie, Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese, Roma, 17 maggio-14 giugno, a cura di Andrea Fogli, Peter Weiermair, testo di Peter Weiermair.
2011 Lo scultore, la terra. Artisti e ricerche 1920-2011, Archivio della Scuola Romana, Roma; Emmeotto, Roma, 16 dicembre 2011-31 gennaio 2012.
2013 Storie italiane, Artefiera, Bologna, 25-28 gennaio, a cura di Laura Cherubini e Lea Mattarella. Ceramica italiana contemporanea, Museo d’arte, Mendrisio, 24 marzo-26 giugno.
2014 Cento + 1 Libri d’artista. Compagni di viaggio. I libri d’artista dalla collezione di Davide Servadei, Palazzo Trinci, Foligno, 3-18 maggio, a cura di Dino Silvestroni e Marco Carminati. La ceramica che cambia. La scultura ceramica in Italia dal secondo dopoguerra. Da Fontana a Leoncillo da Melotti a Ontani, Museo internazionale delle Ceramiche, Faenza, 28 giugno 2014-1 febbraio 2015, a cura di Claudia Casali. Trust (Vita vel regula), galleria Fluxia, Milano, 17 settembre-11 novembre, a cura di Michele D’Aurizio. Festival Internazionale di Fotografia. Portrait, MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma, Roma, 26 settembre 2014-11 ottobre 2015.
2015 It’s all about paper, A100 Gallery, Galatina (LE), 2 maggio-30 settembre, a cura di Lorenzo Madaro. SCULPT!, Guidi&Schoen Arte Contemporanea, Genova, 1-24 ottobre, a cura di Luca Beatrice. EGOSUPEREGOALTEREGO. Volto e Corpo Contemporaneo dell’Arte, MACRO-Museo d’Arte Contemporanea Roma, Roma, 27 novembre 2015-8 maggio 2016, a cura di Claudio Crescentini.
2016 Fragili eroi. Storia di una collezione. La collezione di Roberto Gramiccia, Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese, Roma, 11 febbraio-10 aprile, a cura di Alberto Dambruoso. Ferro e Fuoco, Galleria Spazia, Bologna, 19 marzo-30 aprile. Materia prima. La ceramica dell’arte contemporanea, Palazzo Podestarile, Montelupo Fiorentino (FI), 19 marzo-30 giugno, a cura di Marco Tonelli.
2017
Animalia, Pio Monti Arte Contemporanea, Roma, 28 febbraio-30 marzo.
Leggere come gli uccelli e non come le piume. Carte e Ceramiche di Canevari, Cerone, Fontana, Pizzi Cannella, Bibo’s place, Todi, 9 aprile-8 luglio, a cura di Matteo Boetti e Andrea Bizzarro.
In the Earth Time: Italian Guest Pavillion, Gyeonggi Ceramic Biennale, Yeoju Dojasesang (World Ceramic Livingware Gallery) 7, Silleuksa-gil, Yeoju-si, Gyeonggi-do Province, 22 aprile-28 maggio, a cura di Irene Biolchini.
Il cammino delle Certose. I percorsi dell’anima, Certosa di San Martino, Napoli, 21 luglio-21 ottobre.
2018
L’azzardo della terra. Leoncillo, Nanni Valentini, Giacinto Cerone, Galleria Spazia, Bologna, dal 6 ottobre, a cura di Enrico Mascelloni.
2019
Giacinto Cerone, Ewa Juszkiewicz, Studio Cabinet, Milano, 21 marzo-30 giugno.
London Art Week Summer 2019, Galleria Carlo Virgilio, 28 giugno-5 luglio.
Il “valore” dell’arte, Banca Profilo, Roma, 11 novembre 2019-30 aprile 2020, a cura della Fondazione per l’Arte.
2020
Italian ceramics. Online show, Repetto Gallery, Londra, [maggio-settembre].
2021
Nelle tue mani. Sculture da Cambellotti a Nunzio, La Nuova Pesa, Roma, 2 marzo-13 aprile.
Quirinale Contemporaneo, Palazzo del Quirinale, Roma, 29 settembre 2021-luglio 2024.
Omaggio a Valeria Belvedere, Palazzo Ferrero, Biella, 16 ottobre 2021-9 gennaio 2022.
2022
Apocrypha. Il segreto del sacro nell’arte contemporanea, MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Università La Sapienza, Roma, 14 dicembre 2022-28 febbraio 2023, a cura di Gaetano Lettieri e Ilaria Schiaffini.
2023
Terra animata. Visioni tra arte e natura in Italia (1964-2023), Mattatoio, Padiglione 9°, Roma, 30 marzo-27 agosto, a cura di Paola Bonani e Francesca Rachele Oppedisano.
Personali selezionate
1983 Dieci sculture e dieci motivi jazz di Giacinto Cerone, Piazza Castello, Castronuovo S. Andrea (PZ), 14 agosto, a cura di Giuseppe Appella.
1987 Giacinto Cerone. Sculture, Associazione Culturale Hobelix, Messina, 17 gennaio-5 febbraio, testo di Elena Cavallo.
1988 Maara, Graffiti Now Atelier, Verona, 3 giugno-2 luglio, testo di Barbara Tosi.
1989 Malatesta, Graffiti Now Atelier, Verona, 14 ottobre-18 novembre, testo di Elena Cavallo.
1990 Fucilieri, Galleria Maurizio Corraini, Mantova, dal 20 gennaio, testo di Martina Corgnati. Giacinto Cerone. San Michele, Galleria Valeria Belvedere, Milano, 29 novembre 1990-26 gennaio 1991, testo di Francesco Poli.
1991 Disegni e sculture di Giacinto Cerone, La Scaletta, Matera, 16-31 marzo, testo di Giuseppe Appella. Doppi fiumi. Giacinto Cerone. Sculture in ceramica, Graffiti Now Atelier, Verona, dal 26 ottobre.
1992 L’Aquila, Galleria Roberto Monti, Modena, dal 9 maggio, testo di Vittoria Coen.
1993 Molle di vetro, Galleria Maurizio Corraini, Mantova, 27 febbraio-28 marzo, testo di Giosetta Fioroni. Omaggio a Roma, Galleria Valeria Belvedere, Milano, 4 marzo-24 aprile, testo di Meyer Raphael Rubinstein. Aiaram, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 11 novembre-15 dicembre.
1995 Ofelia in traum, Colpo di Fulmine Associazione Culturale per l’arte attuale, Verona, dal 18 marzo, testo di Maurizio Gracceva. Alpi Apuane, Galleria Maurizio Corraini, Mantova, dal 3 giugno.
1996 Giacinto Cerone, Via degli Artisti, Associazione Culturale Circolo di Palazzo Giovine,Torino, 7 novembre-30 dicembre. Le tentazioni di S. Antonio, Fioretto Arte Contemporanea, Padova, 30 novembre 1996‑ 30 gennaio 1997, testo di Giacinto Cerone. Il Presepe drammatico di Cerone, Chiesa S. Maria della Stella, Castronuovo S. Andrea (PZ), dicembre, a cura di Giuseppe Appella, preghiera di Giacinto Cerone.
1997 Paginette faentine, Galleria Oddi Baglioni, Roma, 10 dicembre 1997-30 gennaio 1998, testo di Raffaele Gavarro.
1998
Grossetti Arte Contemporanea, Milano, 21 maggio-31 luglio.
1999 Giacinto Cerone. Ofelia in Traum. Litografie, Associazione Culturale Colpo di Fulmine, Verona, dal 14 febbraio. Giacinto Cerone, Spazio per l’arte contemporanea Tor Bella Monaca, Roma, 21 dicembre 1999-29 febbraio 2000, a cura di Daniela Lancioni, testi di Daniela Lancioni, Cristina Agostini, Chiara Capodici, Antonia Giusino, Laura Iafolla, Clarissa Ricci, Manuela Pallotto, Federico Boccaccini, Giuliano Sergio, testo poetico di Maria Grazia Pontorno.
2000 I soffincielo, Casa Musumeci Greco, Roma, dal 24 maggio. Giacinto Cerone, David Gill Galleries, Londra, 25 maggio-17 giugno.
2001 Tripoli. Delle croci e delle delizie, Galleria Maurizio Corraini, Mantova, 28 aprile-30 maggio, testi di Giacinto Cerone. Calici piangenti, Palazzo delle Esposizioni, Faenza (RA), 12 maggio-24 giugno, a cura di Raffaele Gavarro, testi poetici di Patrizia Cavalli, Isabella Morra, Friedrich Hölderlin, Gian Ruggero Manzoni, testi critici di Raffaele Gavarro, Daniela Lancioni, Elena Volpato, testimonianze di Giosetta Fioroni, Luigi Ontani.
2002 Donne per la storia, Gasparelli Arte Contemporanea, Fano (PU), 4 maggio-2 giugno, a cura di Rodolfo Gasparelli, testo di Gian Ruggero Manzoni. Sant’Agnese, Autori Cambi, Roma, 6 giugno-6 luglio, testo di Raffaele Gavarro.
2003 Giacinto Cerone. 10 opere su carta. Omaggio a Carol Rama, Galleria Maurizio Corraini, Mantova, 7 giugno-30 luglio. Storie di vita morte e miracoli. Domenico Baccarini, Giacinto Cerone, Gasparelli arte contemporanea, Fano (PU), 18 luglio-20 agosto, a cura di Gian Ruggero Manzoni. Rush, David Gill Galleries, Londra, 22 ottobre-6 dicembre, testo Elena Cavallo.
2004 Arte a Valle Giulia. Giacinto Cerone, Facoltà di Architettura “Valle Giulia”, Roma, marzo-aprile.
2005 Il presepe drammatico di Giacinto Cerone, Circolo La Scaletta, Matera, 22 dicembre 2005-15 gennaio 2006, a cura di Giuseppe Appella, preghiera di Giacinto Cerone.
2006 Sui sentieri di Ho Chi Minh, Gasparelli Arte Contemporanea, Arte Fiera, Bologna, 27-29 gennaio 2006, testi di Domenico Brancale, Gian Ruggero Manzoni. Omaggio a Giacinto Cerone, Galleria De’ Foscherari, Bologna, 18 febbraio-30 marzo, testo di Giosetta Fioroni.
2007 Tracce di Dublino, Opere su carta 1987/1991, Galleria Maurizio Corraini, Mantova, 4 maggio-7 giugno, Mantova, testi di Giacinto Cerone.
Giacinto Cerone. Il presepe drammatico e altre opere dal 1975 al 2004, Museo Pericle Fazzini, Assisi (PG), 18 dicembre 2007-10 febbraio 2008, a cura di Giuseppe Appella, testo di Giuseppe Appella.
2008 Il presepe drammatico di Giacinto Cerone e una selezione di opere dal 1985 al 2004, ex Chiesa Madonna di Loreto, Castello Malatestiano, Longiano (FC), 10 dicembre 2008-15 gennaio 2009, a cura di Giuseppe Appella, testo di Giuseppe Appella.
2010 Il presepe drammatico di Giacinto Cerone, Santuario della Scala Santa, Roma, 18 dicembre 2010-6 gennaio 2011, a cura di Giuseppe Appella.
2011 Giacinto Cerone 1957- 2004, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Roma, 24 giugno-25 ottobre, a cura di Angelandreina Rorro, testi di Angelandreina Rorro, Giuseppe Appella, Raffaele Gavarro, Daniela Lancioni, Mario Codognato. Giacinto Cerone, Galleria Edieuropa Qui Arte Contemporanea, Roma, 4 dicembre 2011-18 febbraio 2012. Giacinto Cerone, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 4 dicembre 2011-29 marzo 2012. Giacinto Cerone e la Lucania, MUSMA Museo della Scultura Contemporanea, Matera, 8 dicembre 2011-28 gennaio 2012, a cura di Giuseppe Appella. Il presepe drammatico di Giacinto Cerone, Chiesa del Carmine, Palazzo Lanfranchi, Matera, 8 dicembre 2011-28 gennaio 2012, a cura di Marta Ragozzino.
2014 Opere su carta dal 900 italiano con un omaggio a Giacinto Cerone, Bibo’s place, Todi, 1 marzo-28 maggio, a cura di Matteo Boetti e Andrea Bizzarro. Giacinto Cerone. Il massimo dell’orizzontale. Opere su carta, MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma, Project Room 1, Roma, 7 maggio 2014-14 settembre, a cura di Benedetta Carpi De Resmini.
2016 Giacinto Cerone. Santo e Contrario, Galleria Gruppo Credito Valtellinese, Milano, 30 novembre 2016-21 gennaio 2017, a cura di Raffaele Gavarro.
2017
Giacinto Cerone. Una nota che non c’è, Montrasio Arte, Milano, 28 marzo–12 maggio; Km0, Innsbruck, 6 giugno-28 luglio; Montrasio Arte, Monza, 12 settembre-21 ottobre, a cura di Marco Tonelli.
2019
Giacinto Cerone, Galleria Corraini Arte Contemporanea, ArteFiera 2019, Bologna, 1-4 febbraio.
Giacinto Cerone. Una nota che non c’è, De Crescenzo & Viesti, Roma, 16 ottobre-29 novembre.
2021
Giacinto Cerone, Litografia Bulla, Roma, 13 febbraio-13 marzo.
Giacinto Cerone. Scultore, Galleria Corraini Arte Contemporanea, Mantova, 19 novembre 2021-8 gennaio 2022.
OPERE IN COLLEZIONI E MUSEI
Galleria d’Arte Moderna Aroldo Bonzagni, Cento.
Banca Nazionale del Lavoro, Roma.
MACRO, Museo d’Arte Contemporanea, Roma.
Galleria d’Arte Moderna, Torino.
Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza
Inpdap-Istituto Nazionale di Previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica, sede di
Bruxelles.
Unicredit, Torino.
MUSMA. Museo della Scultura Contemporanea Matera.
MIG. Museo Internazionale della Grafica, Castronuovo Sant’Andrea,
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma.
MIC Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza
Tel/Fax: 06/5565514 (i giorni martedì e giovedì 16.00-19.00) e-mail: info@archiviogiacintocerone.com Sito: www.archiviogiacintocerone.com Indirizzo: via Luigi Magrini, 18 – 00146, Roma Si riceve solo per appuntamento
In ricordo della antifascista Gerda Taro,( l’altra metà di Robert Capa)
la prima reporter donna uccisa nella guerra di Spagna.
In ricordo della antifascista Gerda Taro-Ma la lotta di resistenza antifascista non fu appannaggio dei soli uomini come apprendiamo dalle mille testimonianzeche attestano i mille sacrifici ed eroismi delle donne in quel teatro mondiale di lotta al nazifascismo ancor prima che esso si affermasse con i suoi regimi in mezza Europa. Lo testimonia il sacrificio di Rosa Luxemburg , ma anche delle donne della Repubblica spagnola contro il fascista Franco appoggiato da Mussolini ed Hitler. A render pubblico il loro ruolo contribuirono i reporter internazionali antifascisti che con le loro foto testimoniarono tuti gli aspetti di quella sanguinosa guerra civile. Tra essi/e , oggi , in questo luglio 2017, a 80 anni dalla sua crudele morte , vogliamo ricordare, per non dimenticare la bellissima, coraggiosissima nonostante la sua giovane età (26 anni) Gerda Taro, l’altra metà di Robert Capa. Quanto il suo esempio di donna tedesca antifascista e ribelle fosse temuto e lo sia ancor oggi lo testimonia l’accanimento col quale i nazisti di ieri e di oggi cerchino di distruggere il suo ricordo. Durante la seconda guerra mondiale i nazisti profanarono la sua tomba , a Parigi e distrussero l’epitaffio che nessuno ha voluto ricostruire. L’anno scorso nel 2016 , nella sua natìa Germania, fu esposta una mostra di sua fotografie e al termine di quel festival fotografico a Leipzig rimase una grande riproduzione della sua opera. Il 4 agosto 2016, esattamente un anno fa, ignoti hanno distrutto l’opera con della vernice nera. I sospetti sono caduti sulle organizzazioni neo-naziste antisemite che protestano contro la presenza dei migranti. Un accanimento contro la sua memoria che ricorda quello dei nazisti contro quella della rivoluzionaria comunista Rosa Luxemburg . Tra le tantissime foto scattate da lei nella guerra di Spagna ne abbiamo scelte due , la prima quella di un combattente antifascista che cancella l’Arriba Spagna e con il pennello sul muro scrive Arriba Russia, disegnado una falce e martello, testimonianza di come la Rivoluzione d’Ottobre fosse un punto di riferimento dei “proiletari di tutto il mondo”. L’altra è quella di un miliziano repubblicano rannicchiato con il suo moschetto che difende più che con il suo corpo che con il fucile che impugna , la donna che gli sta a fianco, sorridente. Infine la fotyo scattata dal suo compagno di fede e di amore Firedman alias la metà maschile di Robert Capa. Una foto che la vede riposarsi stremata dopo la vittoriosa battaglia di Brunete, appoggiata ad un cippo miliare di una strada.Una stanchezza di chi vive intensamente una vita vissurta pericolosamente al servizio della Rivoluzione. In quel corpo fragile , in quel viso quasi angelico, si nascondeva una grande donna che noi salutiamo a pugno chiuso! Il ricordo della sua vita , rintracciabile anche su wikipedia lo lasciamo all’articolo scritto da un’altra donna, Maria Grazia Giordano Paperi, sul sito librario l’Undici alla pagina http://www.lundici.it/2016/07/gerda-taro-laltra-meta-di-capa/
Di lei vogliamo ricordare un paio di8 libri anche se diverse sono le pubblkicazioni internazionali che la ricordano:” L’ombra di una fotografa” di François Maspero Ed. Archinto. “Gerda Taro. Una fotografa rivoluzionaria nella Guerra civile spagnola” di Irme Schaber Ed. Derive Approdi
Portrait of photographers Gerda Taro (1910 – 1937) (left) and Robert Capa (1913 – 1954), 1936. (Photo by Fred Stein Archive/Archive Photos/Getty Images)
Gerda Taro. L’altra metà di Capa
All’alba del 26 luglio 1937 a Madrid, in un ospedale allestito all’Escorial, moriva Gerda Taro, il 1° di Agosto avrebbe compiuto 27 anni.
Al suo funerale, celebrato a Parigi proprio quel 1°di Agosto, parteciparono personalità di spicco della politica e della cultura, mentre una banda suonava la Marcia Funebre di Chopin, una folla di oltre 100.000 persone seguiva il feretro.
Pablo Neruda, fra gli altri, lesse un elogio funebre in memoria di Gerda e Alberto Giacometti realizzò il monumento sepolcrale per la tomba che fu collocata al Père Lachaise, nella zona dedicata ai rivoluzionari.
Negli anni dell’occupazione tedesca e del regime collaborazionista francese il sepolcro di Gerda fu violato e l’epitaffio danneggiato, non fu mai restaurato. La memoria stessa di Gerda per decenni fu smarrita nell’oblio del tempo.
Anni fa ho passato un’intera mattinata alla ricerca di quella tomba, senza successo.
Chi era Gerda Taro? Nacque a Stoccarda nel 1910 con il nome di Gerta Pohorylle in una famiglia della buona borghesia ebraica di origini galiziane. Crebbe a Lipsia, adolescente spensierata, studentessa eccellente. Bella, estroversa, ribelle, il 19 marzo 1933 venne arrestata e imprigionata perchè sospettata di aver partecipato alla distribuzione di volantini antinazisti. Il 30 gennaio di quello stesso anno tale Adolf Hitler era diventato cancelliere, eletto dalla maggioranza del popolo tedesco. Gerta non era, e probabilmente non fu mai, iscritta ufficialmente ad alcuna organizzazione o partito comunista, ma la sua educazione e la sua cultura erano squisitamente laici e di sinistra e la sua natura profondamente rivoluzionaria.
Di quella esperienza di detenzione ci è arrivata la testimonianza di una compagna che racconta come Gerta al suo ingresso in cella si fosse scusata con le altre detenute per il proprio abbigliamento “(…) le SA mi hanno arrestata proprio mentre stavo uscendo per andare a ballare”. Divenne presto la Liebling, l’idolo, delle prigioniere: distribuiva le sigarette che il padre riusciva a farle arrivare, cantava arie americane, insegnava alle compagne parole di inglese e francese, lingue che lei padroneggiava con disinvoltura. Gerta escogitò ed insegnò anche a comunicare con le celle vicine con l’alfabeto dei colpi.
Restò in prigione 17 giorni, salvata anche dal proprio passaporto polacco, dopo il suo rilascio decise, o i suoi genitori per lei, di lasciare la Germania. Alla fine dell’estate del 1933, raggiunse Parigi , come tanti esuli antifascisti italiani o tedeschi.
A Parigi i primi tempi furono duri, sistemazioni di fortuna presso amici o conoscenti, piccoli lavori: ragazza alla pari, segretaria, modella. Parigi era il centro di un’intensa attività artistica, letteraria e politica e molti dei protagonisti erano emigrati come Gerta. Nei caffè che anche lei frequentava si potevano incontrare grandi nomi, Walter Benjamin, Joseph Roth, Ernest Hemingway e personaggi meno conosciuti. Era il settembre del 1934 quando Gerta incontrò un giovane fotografo ungherese, Endre Friedmann, francesizzato in Andrè Friedmann. Fu l’incontro del destino.
Nelle parole di chi conobbe Gerta e Andrè sono descritti belli, affascinanti, traboccanti di vita e intensamente liberi. Dopo il loro incontro si innamorarono, vissero insieme, si separarono, si ritrovarono, non si persero mai di vista.
Gerta si avvicinò alla fotografia e grazie ad Andrè ottenne un impiego fisso all’ agenzia anglocontinentale Alliance di cui, per un anno, fu la factotum, dove perfezionò la tecnica della fotografia e della stampa e imparò a conoscere e trattare il mercato del fotogiornalismo in crescita.
E’ a questo punto che la storia di Gerta e Andrè si confonde alla leggenda.
I due giovani innamorati, ambiziosi, talentuosi e decisi a conquistare il mondo, si inventarono un personaggio, un fotografo americano, ricco, famoso e molto costoso, temporaneamente in Europa. Il personaggio doveva avere un nome, la scelta cadde su Robert Capa, che ricordava il cognome del famoso regista Frank Capra. Pare che l’idea venne a Gerta, magari dopo essersi amati, nell’esaltazione della passione reciproca, o forse dopo una sera al cinema, quando ci si lascia trasportare dai sogni, o dopo qualche bicchiere di vino buono non accompagnato da regolare cena, la vita da giovani bohemien non sempre contemplava pasti regolari.
Anche Gerta cambiò il proprio nome in Gerda, Taro. Entrambi gli pseudonimi avevano il vantaggio di suonare esotici e dall’origine poco riconoscibile.
Lo stratagemma funzionò. Robert Capa nel giro di qualche mese diventò un fotografo richiestissimo e molto apprezzato.
Nel luglio del 1936 scoppiò l’insurrezione franchista, Gerda e Bob si recarono in Spagna. Avevano due macchine fotografiche una Rolleiflex e una Leica, entrambi usavano entrambe, fotografavano la folla, il fermento, le barricate, le milizie, il fronte. Entrambi firmavano indifferentemente le proprie fotografie “CAPA”.
Ritornarono a Parigi e poi diverse volte in Spagna. Il sodalizio professionale e sentimentale era intenso e proficuo. Erano una coppia, ma Gerda rifiutò ripetutamente di sposare Andrè. Voleva “rimanere un essere libero. La sua compagna, pari in ogni campo, compreso l’amore: non sua moglie”.
Nel Luglio del 1937 i Capa erano ancora in Spagna a documentare la guerra. Andrè doveva rientrare a Parigi per trattare con alcune agenzie e cercare finanziatori per un viaggio in Cina. Gerda rimase a Madrid. Si lasciarono con l’intesa di ritrovarsi a Parigi dopo una decina di giorni. Non si videro più.
Se una foto non è buona non eri abbastanza vicino”. (Robert Capa)
In quei giorni di assenza di Robert Gerda realizzò il suo più importante reportage sulla battaglia di Brunete e fu proprio di ritorno da quel fronte che la giovane fotoreporter perse la vita, era stata troppo vicina. Aveva lavorato intensamente, incurante del pericolo, dopo ore passate in un buco a fotografare aveva terminato i rullini, così aveva trovato un passaggio per rientrare a Madrid viaggiando aggrappata al predellino di un’auto colma di feriti.
Inaspettatamente aerei tedeschi attaccarono il convoglio. Un carro armato “amico” perse il controllo e investì l’auto a cui era attaccata Gerda che cadde rimanendo schiacciata sotto i cingoli.
“Avete messo al sicuro le mie macchine? Sono nuove” Chiedeva. Raccontarono che “Durante tutto il trasporto, con le mani sulla pancia, tenne premute le sue stesse viscere”. Si mostrò incredibilmente forte e coraggiosa, ma era ferita molto gravemente. Fu sottoposta a trasfusione e operata. Il medico che l’aveva in cura raccomandò di non farle mancare la morfina per renderle più sopportabili quelle ore. Le ultime. All’alba del 26 Luglio chiuse gli occhi. Per sempre. Ecco dunque chi era Gerda Taro, una giovane donna bella, affascinante, talentuosa e libera che è stata, sia pur brevemente, l’altra metà del grande artista e fotografo celato dallo pseudonimo Robert Capa e poi troppo a lungo fu dimenticata. Più volte Robert Capa raccontò che all’alba di quel 26 luglio 1937 era morto anche lui.
Maria Grazia Giordano Paperi
Gerda Taro i funeraliGerda Taro gettyimages-Gerda Taro
Gerda-Taro-Tomba-originale-1937Gerda Taro-Tomba-attualeGerda-Taro-prima-fotogiornalista-guerra-di SpagnaGerda TaroGerda Taro_Photo Robert CapaGerda Taro a ParigiGerda TaroGerda TaroGerda TaroGerda TaroGerda TaroGerda Taro
Pescara-“Indiscrezioni”, in mostra la fotografia del Premio Oscar Giuseppe Tornatore
Pescara- “Indiscrezioni”, in mostra la fotografia del Premio Oscar Giuseppe Tornatore-Da Bagheria alla Siberia. Sono 28 le fotografie in bianco e nero e a colori firmate dal premio Oscar Giuseppe Tornatore esposte nella mostra Indiscrezioni a Pescara fino al 20 dicembre 2024 presso la prima sala di Fondazione La Rocca, presentata nell’ambito di Fla Festival di Libri e Altrecose e Mood Photography e a cura di Stefano Schirato.
La passione per la fotografia di Tornatore
La passione per la fotografia del regista nacque nel 1964 quando aveva solo otto anni. Sotto la guida di Mimmo Pintacuda, fotografo e proiezionista, il giovanissimo Tornatore inizia ad esplorare e documentare la sua città natale, Bagheria, con l’aiuto di una Rolleicord.
La prima sezione della mostra è dedicata agli scatti della sua Sicilia, con le immagini scattate tra il 1967 e il 1977 in cui Tornatore esplora la sua città e la sua regione. Fotografie che risuonano di nostalgia e di orgoglio, di una connessione chiara e profonda con la sua terra.
E poi i bambini che giocano per strada, le feste popolari, i manifesti incollati ai muri, i volti, i ritratti dei suoi familiari, un omaggio vero alle tradizioni siciliane, alle persone e ai luoghi che hanno plasmato il suo immaginario.
La Siberia
Giuseppe Tornatore-viaggio a Novij Urengoi
La seconda sezione, invece, presenta fotografie risalenti al 1999, anno in cui il regista si recò in Siberia, dopo essersi dedicato per anni esclusivamente al cinema.
Quell’anno Italgas gli commissionò un lavoro: un viaggio a Novij Urengoi, una città nata negli anni Ottanta grazie alla scoperta di oltre seimila miliardi di metri cubi di riserve naturali. Le foto immortalano la natura, la resilienza della popolazione locale, il contrasto tra il paesaggio urbano e quello siberiano con le sue bufere di neve.
Tornatore poi si spinse oltre il conglomerato urbano, oltre il Circolo Polare Artico, dove fotografò le comunità di cacciatori di renne, documentando l’immensità degli spazi aperti fino ai momenti più intimi degli uomini e donne che vivono lì.
Da Bagheria alla Siberia. Sono 28 le fotografie in bianco e nero e a colori firmate dal premio Oscar Giuseppe Tornatore esposte nella mostra Indiscrezioni a Pescara fino al 20 dicembre presso la prima sala di Fondazione La Rocca, presentata nell’ambito di Fla Festival di Libri e Altrecose e Mood Photography e a cura di Stefano Schirato.
La passione per la fotografia di Tornatore
Giuseppe Tornatore-Premio Oscar
La passione per la fotografia del regista nacque nel 1964 quando aveva solo otto anni. Sotto la guida di Mimmo Pintacuda, fotografo e proiezionista, il giovanissimo Tornatore inizia ad esplorare e documentare la sua città natale, Bagheria, con l’aiuto di una Rolleicord.
La prima sezione della mostra è dedicata agli scatti della sua Sicilia, con le immagini scattate tra il 1967 e il 1977 in cui Tornatore esplora la sua città e la sua regione. Fotografie che risuonano di nostalgia e di orgoglio, di una connessione chiara e profonda con la sua terra.
E poi i bambini che giocano per strada, le feste popolari, i manifesti incollati ai muri, i volti, i ritratti dei suoi familiari, un omaggio vero alle tradizioni siciliane, alle persone e ai luoghi che hanno plasmato il suo immaginario.
La Siberia
La seconda sezione, invece, presenta fotografie risalenti al 1999, anno in cui il regista si recò in Siberia, dopo essersi dedicato per anni esclusivamente al cinema.
Quell’anno Italgas gli commissionò un lavoro: un viaggio a Novij Urengoi, una città nata negli anni Ottanta grazie alla scoperta di oltre seimila miliardi di metri cubi di riserve naturali. Le foto immortalano la natura, la resilienza della popolazione locale, il contrasto tra il paesaggio urbano e quello siberiano con le sue bufere di neve.
Tornatore poi si spinse oltre il conglomerato urbano, oltre il Circolo Polare Artico, dove fotografò le comunità di cacciatori di renne, documentando l’immensità degli spazi aperti fino ai momenti più intimi degli uomini e donne che vivono lì.
In esposizione una selezione di 28 immagini, scelte tra la produzione fotografica del regista Premio Oscar e suddivise in due sezioni dedicate rispettivamente alla Sicilia (1967-1977) e alla Siberia (1999).
All’età di otto anni, Giuseppe Tornatore comincia a frequentare Mimmo Pintacuda, proiezionista del Cinema Capitol di Bagheria e fotografo. Le foto di Pintacuda stupiscono il futuro regista ancora bambino perché gli mostrano aspetti mai visti del suo paese natale. Grazie all’esempio e alla passione del maestro, con la sua fedele Rolleicord al seguito, Giuseppe inizia un lungo periodo di esplorazione della realtà che lo circonda.
Le immagini siciliane di quel periodo risuonano di nostalgia e orgoglio, rivelando la profonda connessione con la sua terra di origine. Il gioco dei bambini in strada, le feste popolari, i manifesti incollati ai muri, i volti, i ritratti dei suoi familiari: ogni scatto ferma nel tempo un momento e rende omaggio alle tradizioni, alle persone e ai luoghi che hanno plasmato il suo immaginario.
È solo nel 1999 che, dopo essersi dedicato quasi esclusivamente al cinema, il regista torna alla sua antica passione. L’occasione è un lavoro commissionatogli dall’Italgas: un viaggio in Siberia per raccontare Novij Urengoi, un moderno agglomerato urbano, nato intorno agli anni 80’, grazie alla scoperta di oltre 6000 miliardi di metri cubi di riserve di gas naturali.
Tornatore accetta e il risultato è un alternarsi di sagome scure, quasi irriconoscibili, avvolte in bufere di neve e scene di interni familiari e quotidiani. Tornatore si spinge poi oltre il Circolo Polare Artico, dove ritrae le
comunità di cacciatori di renne, rivelando un contrasto affascinante tra la vastità degli spazi aperti e l’intimità delle vite di uomini e donne che hanno imparato a vivere in armonia con un ambiente ostile.
Dove Fondazione La Rocca
Via Raffaele Paolucci 71
Pescara
Orari di apertura
(9 novembre – 20 dicembre 2024)
dal martedì al sabato, ore 16:00 – 20:00
Altre info
Mostra organizzata in collaborazione tra FLA Festival di Libri e Altrecose e MOOD Photography nell’ambito di FLAsh, la sezione del festival dedicata ai linguaggi fotografici.
La mostra è ospitata dalla Fondazione La Rocca.
*** Ingresso libero
’Ateneo e Campus è stato istituito quale Università telematica con Decreto Ministeriale 30 gennaio 2006. Ha sede operativa presso l’ex centro IBM di Novedrate (CO), in un campus immerso nel tranquillo verde della Brianza con 270 camere e in un insieme di spazi e luoghi di interesse a disposizione degli studenti, dei professori e degli ospiti italiani e stranieri per gli esami e le attività di arricchimento curriculare quali corsi intensivi, seminari e convegni
MARINO (Roma)- Art x Peace-Progetto itinerante dove la pace è il tema principale-
MARINO (Roma)-Art x Peace-Dopo la grande partecipazione di pubblico ed enorme successo di ART X PEACE nella primo steep di Calcata L’ ASSOCIAZIONE CULTURALE ADRENALINA presenta:“ART X PEACE” 2° step artisti per la Pace.
Sabato 9 Novembre 2024 dalle ore 19:30 presso il Museo Civico U.Mastroianni di Marino. “ART X PEACE” è un progetto itinerante dove la PACE è il tema principale del racconto attraverso opere, performance ed eventi di ARTE, MUSICA, POESIA e SPORT all’interno di luoghi caratteristici e caratterizzanti, dove la socialità ed il messaggio che regalano le opere o i gesti, sono la base per la costruzione di un mondo migliore.
Artisti internazionali, testimonial sportivi e culturali arricchiranno con la loro presenza e con le loro testimonianze l’evento.
Sarà realizzato un docufilm che sarà testimonianza e messaggio.
Tutti gli eventi sono ad ingresso e partecipazione gratuita.
Programma evento:
ore 19:30 Inaugurazione mostra
presentano Mr Ferdy il Guru & Alessandro Gatta
Sigla d’apertura evento ART X PEACE, saluti istituzionali del Sindaco Stefano Cecchi, dell’assessore alla Cultura Pamela Muccini, del Direttore del Museo Alessandro Bedetti del rappresentante dell’associazione culturale Adrenalina, di Mario Placidini giornalista e autore del programma Borghi D’Italia.
Presentazione opere degli artisti partecipanti:
Ferdinando Colloca (autore dell’opera ufficiale dei campionati europei di Atletica Leggera Roma 2024),
Barbara Berardicurti,
Gilda Luzzi,
Angelo Cortese,
Stina Ekelund,
Gaetano Iaccarino,
Nicolo’ Caito
Michele Barbaro,
Carmen Carriero,
Michela Lenzi,
Nina Kulishova,
Julius Kaiser,
Marina Petroni,
Stefania Rossi,
Lidia Scalzo,
Matteo Tomaselli,
Kyrahm Chessa e Julius Kaiser,
Luca Di Bianca (Il Cacciatore Errante) Io sono del Mondo
+ ulteriori artisti in adesione alla mostra/evento
Apertura attività con la presentazione del libro “VOARCHADUMIA”.
In anteprima assoluta, dopo il lancio alla BuchMesse di Francoforte, il romanzo alchemico “Voarchadumia” di Carla Isabella Elena Cace approda ad Adrenalina.
Opera prima della giornalista e storica dell’arte, edito da Idrovolante, promette di affascinare i lettori con un viaggio coinvolgente tra mistero, storia e alchimia. Questo avvincente romanzo, ambientato su due piani temporali — un’indefinita contemporaneità romana e il XVI secolo a Venezia — esplora il profondo legame tra passato e presente attraverso gli occhi di due protagoniste femminili: Isabella e Loredana Tron.
Presente all’evento l’autrice CARLA ISABELLA ELENA CACE e reduce dal Premio Campiello, la super moderatrice Anna Laura Consalvi.
A seguire performance di body art di Nora Lux “TURAN” (progetto Octogon)
Installazione vivente “SKIN & PEACE fluo” del Maestro Ferdy Colloca.
Reading di poesie di Tonino Colloca tratte dalla raccolta “Olive Nere”, Mario Sandro Panico tratte da “L’intimidezza dell’infinito”, Alessandra Iannotta tratte da “Muse sciamane” e di Stefano Ambrosi.
Si ringrazia il Comune di Marino e tutta la Giunta, Il Direttore del Museo Alessandro Bedetti.
E ‘un’iniziativa volte alla valorizzazione della Regione Lazio, anche in modo da favorire la promozione e divulgazione dell’immagine della stessa e produrre importanti ricadute positive in ambito turistico ed economico sui territori interessati.
Si consiglia di parcheggiare le autovetture al Parcheggio Sotterraneo multipiano di Via Mons. Grassi aperto h24.
-Articolo di Daniela Musini per Vanilla Magazine Club-
ANTONIO LIGABUE -“El matt”,lo chiamavano quelli della Bassa, quando lo vedevano vagare tra le nebbie del Po, parlare da solo, fare smorfie terrifiche ed emettere suoni animaleschi.
«Dam un bès» (dammi un bacio) chiedeva ossessivamente, un grido lacerante come una tela tagliata.
Ma a lui, vagabondo dall’aspetto sgraziato e grottesco, quel bacio non lo dava mai nessuno, tanto meno le donne che, vedendolo, tiravano via velocemente o si scansavano spaventate e disgustate.
E allora lui se l’inventava una compagna, indossando abiti femminili, in una struggente e patetica farsa.
E agli sghignazzi della gente del posto, lì a Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, rispondeva con un sorriso sgangherato, ma più spesso con scatti di furore.
“El matt”, ma anche “El tedesch”, perché era nato a Zurigo il 18 Dicembre 1899 da Elisabetta Costa, ragazza madre del bellunese emigrata in Svizzera (lui non saprà mai chi fosse suo padre); quando aveva due anni sua madre si sposò con Bonfiglio Laccabue che lo adottò dandogli il suo cognome.
Era un uomo violento e tirannico, Bonfiglio, a dispetto del nome, e Antonio lo detestava e, preda di un rancore livoroso e mai sopito, lo accuserà fino alla morte di aver ucciso la madre e i 3 fratellini che da quell’unione erano nati, avvelenandoli (e invero morirono tutti e quattro per una esiziale intossicazione alimentare).
E fu per questo che si firmerà sempre Ligabue e non Laccabue: per odio.
Quella tragedia ebbe conseguenze devastanti per il suo equilibrio psichico ed emotivo già da sempre fragilissimo, e per la sua esistenza: dato in adozione ad una coppia zurighese, iscritto in una scuola per bambini minorati mentali, sottoposto a privazioni e vessazioni, iniziò già a 18 anni quella drammatica teoria di ospedali psichiatrici e ricoveri di fortuna, quella straziante odissea che lo fa approdare a Gualtieri, dove vivrà fino alla morte.
Appena arrivato, solo, senza parlare e capire una parola d’italiano, dal carattere ruvido e e aspro, dai modi selvatici e bruschi, dagli scatti umorali incontrollati e dal famelico bisogno d’affetto, guardato con sospetto dalla comunità locale, cominciò a vivere ai margini della società, un reietto vagabondo che si riparava nelle stalle e che aveva più dimestichezza con gli animali (di cui imitava versi e posture) che con gli esseri umani.
E cominciò a dipingere, “el matt”, dovunque gli capitasse, su fogli e con colori prestati da anime buone: un universo primitivo e onirico, fatto di aquile rapaci e tigri dalle fauci spalancate, di animali in lotta tra di loro e serpenti e “vedove nere” infide e letali.
La violenza repressa del suo animo angosciato, le vertigini e gli abissi della sua mente, la sopraffazione dei più forti, il soccombere dei più deboli: tutto c’era in quei dipinti dai colori lussureggianti, tra quelle foreste, anzi, giungle folte e pregne di simboli nascosti, che farebbero pensare alla pittura naïf del Doganiere Rousseau, se non fosse che nel segno spesso e contorto di Ligabue, in quei colori accesi e aggressivi, c’è un che di inquietante, ancestrale, ferino.
Se ne accorse, con stupore, il pittore Renato Marino Mazzacurati, mica uno qualunque, uno che faceva parte della Scuola Romana e aveva dimestichezza con il Cubismo e l’Espressionismo, e che gli insegnò l’uso dei colori ad olio.
La pittura si fece allora ancora più vivida con i colori che sembravano spremuti direttamente dai tubetti, come nei dipinti dei Fauves (“Belve”, appunto) di primo Novecento che rispondevano ai nomi di Matisse, Van Gogh, Derain, de Vlaminck, ma con un’aura più nevrotica, più feroce e disperata che anticipava i furori espressionistici di Schiele.
E poi quegli autoritratti che dipinse ossessivamente (ben 300) in cui lui ha sempre quell’espressione guardinga e strabuzzata, quel ghigno ostile che gli serra le labbra, e la vedi la sua anima tormentata, percepisci i suoi incubi, i suoi drammi, le violenze subite.
Durante la seconda guerra mondiale “el matt” divenne utile ai suoi compaesani perché conosceva il tedesco e faceva da interprete agli occupanti in cambio di un pasto caldo e di un giaciglio riparato.
Ma poi una bottigliata in testa ad un soldato tedesco lo fa precipitare di nuovo nel gorgo dei ricoveri in manicomi, da cui esce ogni volta sempre più squilibrato, furibondo, disperato. E la pittura si fa ancora più gridata e ringhiosa.
Poi la svolta, improvvisa, inaspettata, nel 1948 quando critici e mercanti d’arte si accorsero finalmente di lui e furono interviste e articoli stupefatti e ammirati.
Divenne anche ricco, proprio lui, “el matt”, “el tedesch”.
E allora realizzò il sogno di una Vita: comprarsi una motocicletta, una Guzzi rossa fiammante, con cui sfrecciare tra le strade di Gualtieri, così glielo faceva vedere ai suoi compaesani, a quelli che l’avevano deriso ed emarginato.
E persino un’auto con tanto di autista in divisa che doveva togliersi il cappello (così s’era impuntato) ogni volta che lui entrava e si sedeva sui sedili posteriori, come facevano i signori.
Perché se non aveva potuto avere l’amore e l’amicizia, almeno il rispetto glielo dovevano tutti ora, perdinci!
La passione per la motocicletta gli fu fatale.
Un brutto incidente lo ammaccò nel fisico e nell’anima cui fece seguito una maligna paresi.
La Vita, ancora una volta, lo aveva sferzato con unghiate crudeli.
In una radiosa giornata di maggio del 1965, chiese al Curato di essere battezzato e cresimato.
Tre giorni dopo, il 27, Antonio Ligabue, uno dei più geniali artisti del Novecento spirò.
Ma la sua leggenda continua.
-Articolo di Daniela Musini per Vanilla Magazine Club-
Quattro Poesie dalla raccolta MURALES CASTELNUOVESI
di Franco Leggeri
Franco Leggeri Fotoreportage-Castelnuovo di Farfa e i suoi colori-Biblioteca DEA SABINA-Brano da “Murales Castelnuovesi” di Franco Leggeri-Muoversi nelle intuizioni e immergersi nei problemi irrisolti . Era questa l’equazione che sia i bambini e sia i giovani castelnuovesi degli anni ’50 dovevano risolvere in assenza dei media : radio, televisione , giornali e cinema.I media che dovevano essere vitamina e “stimolatori” della fantasia e creatività per le giovani menti castelnuovesi non esistevano ancora per tutti, sino al giorno in cui fu aperta la “scatola magica” della “piccola-grande “ sala cinematografica “su nell’Acchiesola”, ora Aula consigliare .Questa sala fu una prima miniera della fantasia , in Bianco e Nero, per le giovani menti castelnuovesi. Fu il cinema, per la sua capacità di “parlare” ad ogni pubblico : dal proletario, la maggioranza di noi castelnuovesi, sino a quello “aristocratico” .Proprio per il suo linguaggio, il cinema è un luogo comune nel senso di condiviso. Il cinema è allo stesso tempo un formidabile mezzo per la trasmissione, sia di mentalità che di ideologie, sia che si presenti nella forma di documentario e sia come finzione. Con il cinema, molti di noi giovani scoprimmo la grande città e l’esotismo di luoghi lontani. Scoprimmo le melodie delle colonne sonore, la sottolineatura e il clima da suspense che solo la musica e il gioco delle luci sanno evidenziare. Il vento prese “voce” e scoprimmo il canto dei fiumi e del mare. Ho nella memoria una presenza reale dell’attesa per l‘inizio del film, poi il silenzio e le immagini “enormi” proiettate sullo schermo che ci raccontavano una storia . Devo dire che ero affascinato! Ricordo, per esempio ,la “fantasiosa e furbesca” storia di un assalto alla diligenza e gli spari delle “colt”. E così che provai a risolvere l’equazione del paradosso dell’algebra astratta. La fantasia veniva , man mano, trovando i passaggi giusti nelle semplificazioni, tra realtà, finzione ed emozione, sino al coinvolgimento e all’identificazione nei personaggi del film . Fu allora che scoprimmo il Far West ( poi imparammo che il West era l’Ovest delle grandi praterie) e fu così che riuscimmo, in questa “Grande-minuscola sala”, a provare l’emozione di essere partecipi di una avventura sino a scoprire che , alla fine, “arrivava sempre il settimo cavalleria” e tutto aveva un lieto fine.
P.S. “Su nell’Acchiesola” noi “monelli de Castellu” quelli della generazione del dopoguerra abbiamo votato per la prima volta, perché “l’Acchiesola” era adibita, sin dall’800 , a sede di seggio elettorale. E’ qui che per molti Castelnuovesi ebbe inizio la speranza del “biennio rosso” del 1919 -1921 ,con il voto al Partito Socialista Italiano di Filippo Turati . In questa sala fu pronunciato, per la prima volta a Castelnuovo, il voto alla Lista “Falce, Martello e Libro”. Di queste elezioni del 1919 ne ho raccolto e trascritto la testimonianza diretta così come mi è stata raccontata dal nostro compaesano Fiore Tancioni che , assieme ad altri compaesani da me intervistati, ne fu testimone . Ma questa è una storia che tratto in un capitolo del libro “Castenuovo, la riva sinistra del Farfa”.
Franco Leggeri, Castelnuovese
Quattro Poesie dalla raccolta MURALES CASTELNUOVESI
di Franco Leggeri
Se Castelnuovo (Archivio 1981)
Castelnuovo,
Parole meravigliose, se le saprò vestire e dipingere, con le foglie degli ulivi , nella dolcezza della sera.
Castelnuovo, se saprò descrivere, scrivere e incidere, il fascino raffinato dei colori, così come sono tradotti e vissuti nella spiritualità dell’anima.
Non ho un teschio in mano, non ho i dubbi di Amleto, non scriverò i tormenti, i miei dubbi, non sono Shakespeare.
Non trovo statico il legittimo dubbio che vaga , da sempre, nel labirinto di Dedalo.
Castelnuovo, non è il Castello di Elsinore o quello di Dracula. Castelnuovo è, a volte ,un inquieto schema di vie dove si rincorrono i pensieri partoriti da uno spirito notturno per un progetto del bello.
Castelnuovo è un pensiero filtrato, Castelnuovo è potenzialità: non idea, ma sostanza.
Il fuori posto della mia poesia ,Castelnuovo se lo chiami “musica” o “poesia”,
( neanche Cartesio mi aiuta ad uscire dai meandri del nozionismo)
Le ferite aperte sono il suono di una domanda antica, la pericolosa,( gesuitica?), insoddisfazione. Eppure la notte si adagia , sempre, sui tetti e il “genio maligno” fugge, finalmente , dalla mia esistenza.
Conosco la luce di Castelnuovo, Castelnuovo non è la mia “provincia oscura”. Castelnuovo è una divinità ed io ai suoi piedi ho lasciato i miei sogni, i miei sguardi, i miei pensieri, i miei versi.
Castelnuovo: ora non confondo più il buio con la tenebra. Oggi, ora non ho più paura della notte.
Castelnuovo di Farfa-Foto di Franco Leggeri
Castelnuovo, i colori e l’ideologia.
Questa mattina i colori di Castelnuovo
si disperdono come stelle filanti.
Colori profumati, impercettibili, e nascosti
tra il linguaggio degli ulivi.
E’ questa una mia visione interiorizzata,
ma sempre in cerca di un approdo sicuro.
Si, Castelnuovo non può essere un racconto sommario
ma, come le sequenze chimiche , deve espandersi
in una litania nell’immenso cielo.
Castelnuovo diventa una litania senza amen,
e senza consistenza, un oggetto fantasma
all’interno di una storia inaccessibile
che si frantuma come stelle filanti
nell’intimità di esperienze sofferte e malate
che diventano , esse stesse, oggetti appesi alle pareti del mio io.
Castelnuovo mi tenta ancora al peccato dell’illuminismo,
e così l’ideologia diventa il mio luogo del “niente”,
l’elemento misterioso di una poesia forgiata con i colori della pietra.
Colori castelnuovesi e tristezza ideologica
che sono come i dubbi di Amleto
in cerca di Ofelia che disperde, così tremante, i colori
della sua fragile innocenza.
Piange Castelnuovo in cerca dei colori,
sepolti trai vecchi tronchi deposti a terra ,
terra scura come i sogni svaniti all’alba
di questa poesia, ora diventata logora e affaticata
mentre rincorre il colore di questo giorno
sempre uguale agli altri.
Castelnuovo di Farfa -Centro Storico–Foto di Franco Leggeri
I vecchi libri
I vecchi libri sono come sculture
Di una vita del dopo
Sono ritagli di tempo
E risultati di calcoli per una rotta tracciata
alla ricerca di sentieri che segnano l’anima.
Sentieri solitari e sospesi sulle emozioni
Che si anellano all’interno di un cerchio
Di passione e scrittura.
Ed è così, mentre i gatti si addormentano
Sull’autobiografica di un’oscura psicologa analista,
Che io mi interrogo sui Dialoghi, ormai scheletri, di Platone,
Si, proprio quelli
Che ho sepolto
Nei miei appunti tra i libri, nascosti in alto sugli scaffali.
Castelnuovo di Farfa-chiesa parrocchiale-Foto di Franco Leggeri
L’Estate castelnuovese (1978)
Dai campi si leva
Un coro serrato di cicale
Il rosso , taciturno, dei papaveri
Veglia il riposo delle poche parole
di desiderio silenzio.
Poi, la sera ,lo sguardo abbraccia fosforescenti geometrie
Che nascono dall’immobilità della stanchezza.
Ascolto note di avventure eccessive, affogate in follie singolari.
I miei occhi (pallidi) sono sguardi (stanchi) ai margini dei campi.
Ora,
Del giorno, che corre al tramonto, ne dimentico l’alba.
Castelnuovo di Farfa la notte di via Roma.Castelnuovo di Farfa la notte e i Bar di via Roma.Castelnuovo di Farfa la notte e i Bar di via Roma.Castelnuovo di Farfa (Rieti) – Via Roma Ovest
SPAGNA-Fotoreportage -Parco Nazionale della Sierra de Guadarrama
Il Parco Nazionale della Sierra de Guadarrama è situato a nord di Madrid, capitale della Spagna.La catena montuosa del Guadarrama domina il parco. Forma il tratto principale orientale del Sistema Central – l’ammasso di catene montuose che attraversa il centro della penisola iberica. La catena montuosa del Guadarrama è salita due volte – la prima volta circa 380 milioni di anni fa, la seconda circa 80 milioni di anni fa. Dopo questa seconda spinta verso l’alto, la catena montuosa ha iniziato a erodere nuovamente, creando il sistema dei corsi d’acqua della montagna. Inoltre, l’episodio glaciale e interglaciale durante il Periodo Quaternario ha portato alla formazione dei ghiacciai nell’area e ai processi periglaciali. Sono questi eventi di erosione che forniscono l’attuale topografia della catena montuosa Guadarrama, come il massiccio Peñalara. Situata sulle pendici meridionali delle montagne Guadarrama, La Pedriza è una particolare caratteristica montuosa unica della penisola iberica – una collezione di rocce e dirupi dalla forma sorprendente.
Sette diverse specie di lucertola vivono nel parco – una di queste è la rara lucertola da muro di Guadarrama.
Poiché il parco non è lontano da Madrid, è fortemente frequentato da appassionati di escursioni tutto l’anno. La rete di sentieri, strade e servizi pubblici è ben sviluppata. E poiché l’area è rimasta in gran parte non colpita dalle attività umane, il parco è un rifugio eccezionale per la biodiversità. Si può sperimentare un gran numero di avvoltoi grifoni e la zona ospita almeno 100 coppie di avvoltoi grifoni da riproduzione. È anche la sede dello stambecco spagnolo.
Parco Nazionale della Sierra de Guadarrama-vultures eating on the dunghill
Per saperne di più nella nostra Guida al Parco Nazionale, Europa, che puoi acquistare qui:
Vi auguriamo che questa sia ispirazione per la vostra prossima avventura escursionistica e vacanza.
Parco Nazionale della Sierra de GuadarramaParco Nazionale della Sierra de GuadarramaParco Nazionale della Sierra de GuadarramaParco Nazionale della Sierra de GuadarramaParco Nazionale della Sierra de GuadarramaParco Nazionale della Sierra de GuadarramaParco Nazionale della Sierra de GuadarramaParco Nazionale della Sierra de Guadarrama-Stream in Peñalara Natural Park. Sierra de Guadarrama. Madrid. Spain.
L’Aquila la mostra fotografica di Ilaria Di Giustili :”La Venere”
L’Aquila la mostra fotograficaLa Venere, di Ilaria Di Giustili: una mostra che si muove tra immagini e poesia, con un contributo di testi di Stefania Macchione e frammenti poetici di Carmela de Felice, con il con il Patrocinio del Comune dell’Aquila.
Mostra fotografica di Ilaria Di Giustili :”La Venere”
Il progetto fotografico La Venere, di Ilaria Di Giustili, arriva a L’Aquila dopo una lunga gestazione, che l’ha vista esposta a Roma in una edizione precedente, con altra forma: un percorso di crescita personale oltre che visivo della fotografa l’ha riportata negli anni sul tema della Donna, della sua relazione con sé stessa e con il mondo che la circonda.
Venere, dea dell’amore, è intesa come simbolo di tutte le donne attraverso una serie di scatti che la rappresentano in tutte le sue età e declinazioni spirituali.
La mostra si divide in tre sezioni, la prima dedicata al lato oscuro della Donna archetipo di bellezza e forza, anche – e diremmo soprattutto – quando è fragile e sottoposta a tensioni e violenze fisiche e psicologiche: scatti che vedono i corpi femminili quasi prigionieri delle cornici, allegorie appunto di uno spazio troppo stretto per muoversi nel quale le donne sono rinchiuse, ma non di rado si rinchiudono anche da sole.
La seconda sezione, dal titolo La Venere svelata, vede invece donne immerse in clima di tenerezza e di dolcezza, di relazioni familiari, di complicità, di generazioni che dialogano, da “album di famiglia”
Infine, nella terza sezione, gli abbracci, i baci e la sensualità, con presenze maschili anche nelle fotografie.
Stampe di grandi dimensioni e pannelli con i testi poetici animano il bellissimo sotterraneo del Palazzetto dei Nobili, quasi un labirinto di ambienti misteriosi nei quali l’allestimento guida per mano i visitatori in un viaggio nell’animo della Donna.
Un viaggio che prende maggior valore per essere esposto nel mese di Novembre, ormai dedicato in particolare alla sensibilizzazione contro la violenza sulle donne.
La mostra si propone animata, ogni settimana, da eventi diversi: reading poetici e intermezzi musicali dal vivo più un importante incontro con Salute Donna ODV che si occupa di prevenzione e lotta ai tumori.
Ilaria Di Giustili Mostra fotografica :”La Venere”
· Programma
Opening: sabato 9 novembre ore 17.00
Presentazione con la curatrice Penelope Filacchione presidente dell’Associazione Artsharing Roma – ETS; reading poetico di Carmela de Felice, performance musicale live Dora Ruggiero e Simona Rossi (violino) Clara Gizzi (arpa)
venerdì 15 novembre ore 17:00 Incontro con Salute Donna ODV Associazione per la prevenzione e lotta ai tumori, con la partecipazione dell’Ass. Ersilia Lancia e con visita guidata alla mostra.
venerdì 22 novembre ore 18:00: Serata conclusiva: la poetessa, giornalista, editrice Alessandra Prospero e lo scrittore e regista Federico Del Monaco leggono “Colpa di Alfredo?” di/con Carmela de Felice, performance musicale live Dora Ruggiero e Simona Rossi (violino) Clara Gizzi (arpa), con visita guidata alla mostra.
Castelnuovo di Farfa- (Rieti)-Cappella agreste di Santa Brigida
Fotoreportage di Franco Leggeri -La Cappella di Santa Brigida di Svezia è stata costruita nel territorio di Castelnuovo di Farfa, si accede dall’Agriturismo Zucchegni, proprio sui ruderi dell’antico “ripostiglio” o “capanno”, dove Santa Brigida aveva trovato posto nel periodo in cui si trovò a Farfa. Quei ruderi, sopravvissero alle intemperie dei secoli successivi, e nel 2007 furono portati a termine i lavori per la costruzione della Cappella, che è ora luogo di culto per i gruppi che frequentano la Casa e per quanti desiderano recarsi sulle orme di Santa Brigida.
Nel corso di questi anni, le suore hanno continuato a pregare e a lavorare in questo luogo e il ricordo della figura di Santa Brigida è andato sempre più crescendo; nel 1993 il Santo Papa Giovanni Paolo II, visitando la Diocesi di Sabina-Poggio Mirteto, il 19 marzo, si fermò a Farfa, dove benedisse una statua di Santa Brigida. La statua è posta sul piazzale antistante la Cappella delle Suore, presso la foresteria del monastero.
Santa Brigida-
Breve biografia della Santa-
Santa Brigida di Svezia, Brigida o Brigitta o Birgitta, nacque nel giugno 1303 nel castello di Finsta presso Uppsala in Svezia; suo padre Birgen Persson era ‘lagman’, cioè giudice e governatore della regione dell’Upplan, la madre Ingeborga era anch’essa di nobile stirpe. la prima parte della sua vita fu quella di una laica felicemente sposata,ebbe ben otto figli. Il suo ceto sociale le permise di studiare. La vita di corte la mette in contatto con la travagliata vita sociale del suo tempo e con la politica europea. Ebbe grande influenza sui giovani sovrani e finché fu ascoltata, la Svezia ebbe buone leggi e furono abolite ingiuste ed inumane consuetudini, come il diritto regio di rapina su tutti i beni dei naufraghi, inoltre furono mitigate le tasse che opprimevano il popolo. Ma poiché non ha mai smesso di pensare alla vita religiosa, studia la letteratura mistica, legge molto, principalmente le Sacre Scritture. Questa fu la sua vita per oltre vent’anni, finché il marito morì nel 1344. Dopo un pellegrinaggio a Santiago de Compostela Brigida diventa una grande mistica, è anche una donna molto pratica, quindi non appena stabilita a Roma nella casa di piazza Farnese, la adattò per i pellegrini che fossero giunti dai paesi scandinavi, a cui si offrivano ospitalità e alta spiritualità. La sua vita era molto austera, totale la sua povertà. Brigida ha una natura forte e volitiva.Per il Papa e per l’Europa si sentirà spinta a partire alla volta di Roma in occasione dell’anno santo del 1350 e da lì non se ne andrà più.
Per Brigida ora è il momento della svolta. Decide di indossare l’abito cinerino del Crocifisso della Verna, simbolo di povertà e penitenza. Ha fondato un Ordine contemplativo femminile e maschile, l’Ordine Suore Brigidine del SS.Salvatore – la cui Regola venne approvata nel 1370 – che disgraziatamente fu spazzato via in seguito alla Riforma protestante in Europa. Profetessa dei tempi nuovi, questa grande santa scandinava, lavorò instancabilmente per la pace in Europa. Morì dopo lunga malattia nel 1373.
Fonte Suore Brigidine dell’Abbazia di FARFA (RIETI)-
Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-
Foto Franco Leggeri-
Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-Castelnuovo di Farfa- (Rieti) -Cappella agreste di Santa Brigida-
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