ospita la mostra American Chronicles: The Art of Norman Rockwell.
Roma Capitale-Dall’11 novembre 2014 all’8 febbraio 2015 la Fondazione Roma Museo – Palazzo Sciarra ospita la mostra American Chronicles: The Art of Norman Rockwell.
Fondazione Roma Museo – Palazzo Sciarra
Per la prima volta esposte in Italia oltre cento opere provenienti dalle collezioni del Norman Rockwell Museum di Stockbridge, che propongono al pubblico una retrospettiva completa dell’artista statunitense.
Fondazione Roma Museo – Palazzo Sciarra
Opere iconiche come The Runaway o The problem we all live with, che interpretano talvolta con ironia, talora con occhio accorto, settant’anni di storia americana.
Norman Rockwell, attivo dal 1913 agli anni Settanta del Novecento, contribuisce con le sue opere (riprodotte su manifesti, copertine di giornali o create per promuovere prodotti di largo consumo) a creare ed affermare su scala internazionale gli ideali della società americana.
Oltre agli oli su tela, fotografie e documenti dell’artista, in mostra sarà esposta la raccolta completa delle 323 copertine del The Saturday Evening Post, collezione unica che testimonia la quasi cinquantennale collaborazione di Rockwell con il celebre magazine.
Fondazione Roma Museo – Palazzo Sciarra -Via del Corso
La mostra è promossa dalla Fondazione Roma e organizzata dal Norman Rockwell Museum di Stockbridge, Massachusetts, USA e dalla Fondazione Roma Arte-Musei e in collaborazione con La Fondazione NY e la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma.
Fondazione Roma Museo – Palazzo Sciarra
The exhibition American Chronicles: The Art Of Norman Rockwell will be held in the Fondazione Roma Museo from the 11th November 2014 to the 8th February 2015.
Over one hundred works belonging to the collection of the Norman Rockwell Museum in Stockbridge, will be shown for the first time outside the United States of America, offering the public a comprehensive retrospective of this American artist.
Iconic works such as The Runaway or The Problem We All Live With interpret seventy years of American history, sometimes ironically and at other times with a keen eye.
Norman Rockwell was active between 1912 and the 1970s and his works (reproduced on posters, magazine covers or created to advertise consumer products) helped to establish the American ideals at an international level.
The entire and unique collection of 323 Saturday Evening Post covers, which document Norman Rockwell’s almost fifty year career at this notable magazine, will be displayed together with his oils on canvas, photographs and papers.
The exhibition has been promoted by Fondazione Roma and organised by the Norman Rockwell Museum in Stockbridge, Massachusetts, U.S.A. and the Fondazione Roma Arte-Musei, in collaboration with La Fondazione NY and the Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma.
Nato a New York nel 1894, Norman Rockwell studia Arte presso la National Academy School di New York e Illustrazione alla Art Students League.
Inizia a lavorare da giovanissimo come disegnatore ed il suo talento precoce lo porta subito al successo: a soli diciotto anni diventa illustratore e poi art editor di Boys’ Life, nel 1916 firma la sua prima copertina per il Saturday Evening Post, con cui instaura un vero e proprio sodalizio che lo porterà a creare 323 copertine per il magazine.
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Nel 1963 lascia la famosa rivista per l’altrettanto prestigiosa Look, per la quale documenta, allontanandosi dalle nostalgiche scene di genere, i temi più caldi e circolari dell’epoca: diritti civili, discriminazione raziale, lotta alla povertà, la guerra del Vietnam.
Nel 1969 presta alcune opere alla Old Corner House, dimora storica gestita dalla Stockbridge Historical Society; l’edificio, grazie alla donazione da parte dell’artista della sua collezione d’arte avvenuta nel 1973, diverrà la pima sede del Norman Rockwell Museum.
Nel 1977, anno prima della sua morte, l’artista riceve la Presidential Medal, la più alta onorificenza civile della nazione.
Mostra Norman Rockwell
In Italia c’è stata una unica mostra dedicata a Norman Rockwell.
La mostra American Chronicles: the Art of Norman Rockwell presentata a Roma dall’11 novembre 2014 all’8 febbraio 2015 e organizzata da La Fondazione Roma Museo – Palazzo Sciarra. La mostra , curata da Stephanie Plunkett (Chief Curator del Norman Rockwell Museum) e Danilo Eccher (Direttore della GAM di Torino), è stata promossa dalla Fondazione Roma, organizzata dal Norman Rockwell Museum di Stockbridge, Massachusetts, e dalla Fondazione Roma-Arte-Musei, in collaborazione con La Fondazione NY e la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologicoe per il Polo Museale della Città di Roma. Una retrospettiva sul percorso creativo di Norman Rockwell (1894-1978), artista statunitense che con il suo talento ha illustrato la storia di un’America da lui stesso sognata.
La mostra, per la prima volta in Italia, ha ripercorso la produzione di uno dei più acuti osservatori e narratori della società statunitense, che gli è valsa l’appellativo di “Artista della gente“.
Le sue illustrazioni, minuziose e lievi, dirette al cuore più che alla mente, hanno descritto per più di cinquant’anni (dagli anni Dieci agli anni Settanta), sogni, speranze ed ideali, riflettendo e allo stesso tempo influenzando comportamenti e pensieri degli americani del XX secolo.
Nelle sue tavole emergono personaggi positivi, rassicuranti, fiduciosi, familiari e proprio perché tali, coinvolgenti. L’osservazione della realtà in Rockwell si fa pittura e al contempo storia; la storia di un mito, quello americano, che va ben oltre il confine degli Stati Uniti. L’artista alterna la spensieratezza delle origini, racchiusa nell’espressione di un fanciullo che fugge per una marachella – ad esempio No swimming del 1921 – alla bambina afroamericana che, per avvalersi del suo diritto all’istruzione, viene scortata a scuola: The Problem We All Live With del 1964, opera emblematica che riflette il dramma dell’apartheid.
Palazzo Sciarra Colonna
La Fondazione Roma ha sede nello storico edificio di Palazzo Sciarra Colonna, che si affaccia su via del Corso, nel cuore della città. Qui, fin dai primi secoli del Cristianesimo, sorsero alcuni dei più antichi edifici sacri e, a partire dal XV secolo, importanti dimore patrizie. La sua costruzione fu promossa nella seconda metà del Cinquecento dagli Sciarra, ramo della famiglia Colonna che deteneva il principato di Carbognano, sul sito dove i Colonna possedevano due nuclei edilizi distinti, detti rispettivamente “palazzo imperfetto” e “palazzetto”, di cui nel 1610 l’architetto milanese Flaminio Ponzio progettò l’unificazione. Nel 1641 alla guida del cantiere subentrò Orazio Torriani, autore della nobile e severa facciata, riquadrata da cantonali bugnati, coronata da un cornicione a mensole e scandita da tre ordini di finestre. L’ingresso monumentale è caratterizzato da un arco bugnato, a cui si antepongono, poste su alti plinti, due colonne scanalate con capitello composito, a sostegno del balcone balaustrato del primo piano. Il fronte dei plinti e la balaustra sono arricchiti da colonne scolpite in rilievo, a ricordo della provenienza della famiglia Sciarra da quella prestigiosa dei Colonna. Il palazzo, proprio per la bellezza del portale, era incluso tra “le quattro meraviglie di Roma”, assieme al cembalo Borghese, al dado Farnese e alla scala Caetani. Nel Settecento il cardinale Prospero Colonna promosse l’adeguamento del palazzo allo stile dell’epoca. Al rinnovamento architettonico e pittorico partecipò anche l’architetto Luigi Vanvitelli, amico del Cardinale, che ne progettò la ristrutturazione. La Libreria domestica, la piccola Galleria, il Gabinetto degli Specchi, ricchi di decorazioni pittoriche, sono alcuni degli ambienti nati da questi interventi, che accrebbero il valore storico ed artistico del palazzo. Alla fine dell’Ottocento Francesco Settimi si occupò del restauro degli edifici circostanti, dell’ampliamento dell’ala destra dello stabile e del rifacimento del cortile. Il palazzo fu notevolmente ridotto nelle dimensioni tra il 1871 e il 1898, quando il principe Maffeo Sciarra affidò a Giulio de Angelis l’apertura dell’adiacente via Minghetti, la realizzazione dell’isolato del palazzo, del teatro Quirino e della retrostante Galleria Sciarra.
Aprilia (Latina)-Le GENERALI Italia SpA Agenzia Generale di Aprilia (LT) nello spazio GENERART presenta “Pace in Terra Santa” di Francesco Guadagnuolo, un grande avvenimento per il mondo dell’arte contemporanea, inaugurata venerdì 22 novembre 2024 alle ore 18,00, in Via G. Verdi, 71. La mostra è aperta dal 25 novembre al 10 dicembre 2024 con orario lun-gio: 09:00- 13:00/16:00-18:30, ven: 09:00-13:00.
Il dipinto (olio su tela, 175×400 cm) annovera oltre 50 figure in un vasto apparato ambientale e costituisce un’opera colossale straordinaria per l’impegno, l’ideazione e il compimento, dove si commemora la morte e si pone, in rispetto, al valore della vita, in una continua lotta per la libertà, dall’oscena brutalità della violenza e dall’odio, un simbolo universale per la conciliazione di Pace in Terra Santa.
Francesco Guadagnuolo )-“Pace in Terra Santa” –
Non sempre l’opera d’arte e il contenuto vivono in un rapporto di stretta interdipendenza: in questo caso l’opera d’arte di Guadagnuolo vive tale relazione simbiotica. Infatti, l’opera è un argomento di riferimento dell’arte contemporanea europea che fa emergere la visione dell’artista sul mondo reale nella sua involuzione/evoluzione e da suddetto viene fuori la ricerca della forma con la sua natura neo-espressiva del dipinto, in una parificabile azione che diventa effetto d’interiorità della ragione, posta alla percezione di tutti nel rifiuto delle guerre, in una realtà-verità ferita spesso dal fallimento di una certa politica. Il tutto avviene come incremento confacente al Transrealismo in qualità di “comunicazione”. L’opera di Guadagnuolo, infatti, vaglia la relazione tra arte e comunicazione con tutte le sue incoerenze per le gravi conseguenze delle guerre, sulla morte, sui lutti familiari e di ciò che rimane in un paesaggio urbano desolato dalle macerie, ormai muto, senza vita. Dal silenzio emergono le società dissestate, l’economia in rovina, come anche per l’arte e la cultura.
Il dipinto è motivo di riflessione e di dialogo contro quello che sta avvenendo in Medio Oriente, ed è un invito a tutti i potenti delle Nazioni a porre fine, una volta per sempre, sul mai risolto problema mediorientale, per trovare il modo, con un vero impegno mondiale, di finire questo vortice infernale di combattività e di morte, che si accende ogni qualvolta, si prende qualsiasi iniziativa laddove vedono coinvolti i due popoli, antagonisti da sempre, Palestinesi ed Israeliani. Ad oggi l’incognita dell’estensione del conflitto è di tale ostilità tanto da essere a rischio nucleare, purtroppo si sente solo il richiamo alla Pace di Papa Francesco che non perde ‘occasione’ per ricordarcelo. É indispensabile avere coscienza di arrestare queste guerre ad ogni costo. Di conseguenza necessita il cessare il fuoco in maniera solerte e giungere quanto prima al dialogo e ai negoziati della politica internazionale, che s’istituisca con determinatezza senza se e senza ma.
«La Pace in Medio Oriente è fondamentale per il Mondo intero – afferma il Maestro Francesco Guadagnuolo – che può avere conseguenze oltre i limiti territoriali. Le agitazioni e le guerre in quella regione potrebbero sconvolgere il sistema economico globale, condizionare i traffici migratori e dare origine a volubilità politiche a livello internazionale. Inoltre, una Pace continua sarebbe possibile se s’incoraggia una partecipazione mondiale che serve ad appianare varie crisi umanitarie. È per questo, importante, che le comunità mondiali esercitino congiuntamente a sostenere la comprensione e rivelare tattiche suffragabili per gli obiettivi di Pace. Inoltre, si devono creare urgentemente le basi politiche per una nuova era civile e culturale. Un appello alla civiltà assoluta nell’apertura alla comprensione per tutti gli uomini e donne, nella loro ragione, svolta in primo luogo nelle società a protezione di quanti soffrono senza volere colpevolizzare nessuno. Diventa ciò un appello urgente rivolto alla Pace».
Guadagnuolo è un artista di autorevole spessore internazionale, opera tra Roma Parigi e New York, per comprendere il suo impegno bisogna risalire al suo incarico al Senato, dove era stato chiamato a cooperare con i suoi apporti artistici fin dal 1997, nell’ambito dell’Intergruppo Parlamentari per il Giubileo del 2000. Il tema della Pace ha portato il Guadagnuolo a dipingere numerose opere; un suo quadro sulla solidarietà internazionale, legata al “Debito Estero dei Paesi in via di sviluppo”, si trova all’ONU esposto nella sede dell’ECOSOC.
Roma- Galleria Mario Iannelli mostra personale di Sebastian Stumpf-Certain Peaks
Sebastian Stumpf
Descrizione Evento-Roma- La Galleria Mario Iannelli è lieta di annunciare Certain Peaks, una mostra personale di Sebastian Stumpf che presenta nuovi lavori che si confrontano con lo spazio della galleria e il paesaggio storico e urbano di Roma.
Le azioni di Sebastian Stumpf esplorano la relazione del corpo con gli spazi pubblici, artistici e istituzionali, mettendo in discussione la percezione dell’osservatore con gesti specifici e l’immaginazione del luogo performato.
Nelle nuove opere, Stumpf affronta le questioni della presenza fisica e dell’assenza, della durata dell’architettura e della temporalità della fotografia e del film. Parte della mostra è anche l’estensione delle sue proiezioni site-specific Leaving White Spaces.
Sebastian Stumpf (1980) vive a Lipsia.
Sebastian Stumpf ha studiato presso le scuole d’arte di Norimberga, Lione e Lipsia. Nel 2008 è stato allievo di Timm Rautert.
Tra le mostre personali figurano la Galerie Thomas Fischer di Berlino, il Museum Folkwang di Essen, il Museum für Photographie di Braunschweig, l’Annex 14 di Zurigo e la Landesgalerie di Linz.
Il suo lavoro è stato esposto alla 6ª Biennale di Berlino e alla Triennale di Aichi a Nagoya, oltre che in numerose mostre collettive, tra cui Contemporary Arts Center, Cincinnati, Le Bal, Parigi, OCAT Shanghai, Museum der Bildenden Künste Leipzig, Tokyo Wonder Site/Institute of Contemporary Art, Blaffer Art Museum, Houston.
Nel 2016 ha ricevuto la borsa di studio per la fotografia tedesca contemporanea ed è stato borsista presso Villa Aurora a Los Angeles.
Ha realizzato un’installazione art-in-architecure per la Kulturstiftung des Bundes di Halle, una proiezione video permanente per la Kunsthaus Göttingen e recentemente un’installazione sonora site-specific per la Hamburger Kunsthalle.
Sebastian Stumpf
Certain Peaks
Il gap a Roma è quello che ci separa sempre dall’eternità e ci riconnette ad essa, che si trova nella stratificazione dei tempi che è pari ad una vertigine dei movimenti che si sono susseguiti – movimenti storici, artistici, religiosi e migratori – e da un passato perduto con la società moderna.
Il piacere è ritrovare quell’intervallo classico e quella luce nelle pieghe. La luce penetra gli interstizi rendendoli già poetici.
Il gap è anche trovare una propria espressione nella complessa viabilità di Roma e negli spazi rubati alla natura e alla comunità dalla città sempre più governata da apparati produttivi e logiche consumistiche.
Questi spazi vergini, in cui potrebbe nascere qualcosa di nuovo, sono quindi sia i marmi bianchi che sono arrivati a noi come rovine monocrome antiche, che gli spazi selvaggi, in cui l’ordine dell’urbanità e del paesaggio naturale non riescono ad essere mantenuti, dando luogo a rovine punk moderne.
Roma è piena di gap perché il suo suolo non è mai piano, in ogni punto è piena di buche, dossi, inclinazioni che rendono il passaggio in qualche modo una performance.
Nel romanzo “Wittgenstein’s Mistress” di David Markson la protagonista si sposta in un mondo apocalittico in cui non ci sono più abitanti ma solo cose, che non sono più usate e quindi sono solo rottami. Quelle cose sono diventate solo denominazioni di una cosa, inquadrate in una categoria astratta e in una serie produttiva che limitano la possibilità di trovare un altro senso fuori di essa.
La figura unica che Stumpf disegna nel paesaggio con le sue azioni sembra vagare in uno scenario di quel tipo. Nonostante lo sfondo ci appaia familiare, l’esperienza in esso è spiazzante.
Le posizioni ed i movimenti liberi e precisi che Sebastian Stumpf esegue sono lavori sulla tensione da una parte e sullo sconfinamento dall’altra, quindi sull’immaginazione, rivolta alla collettività in cui ambienta il suo lavoro. In questo modo il gesto dell’artista è esemplare di un modo possibile di vivere il paesaggio e la realtà, che non ha né dell’umoristico né del punk, ma che tende a superare confini soprattutto mentali. Le sue performances svelano l’illusione di quei limiti, la vertigine che porta ad un possibile sovvertimento.
Appropriarsi dello spazio per riconsegnarlo nuovo per mezzo di una performance concettuale nell’ambiente. E’ la verifica di questa possibilità che conta, testimoniata nell’opera nel visibile filo che lega la performance alla macchina fotografica. Conta la potenzialità e la potenza del gesto, l’intenzionalità di farlo ed osservarlo.
Le pose e le azioni eseguite parlano dell’irripetibilità dell’attimo e della sospensione dei pensieri nello spazio. E’ Il sovvertimento e il nuovo equilibrio tra pienezza e vuoto e tra stasi e movimento che è più importante per raggiungere certe vette. La performance di Stumpf negli spazi istituzionali e della galleria configura lo spazio come un “white space”, uno spazio per l’emergenza di un nuovo paradigma, contrario al “white cube” ovvero uno spazio sottoposto ad un continuo cambiamento di uno spazio vuoto. Portano oltre uno spazio dato verso uno in cui è possibile l’insorgenza di un gesto. In aria, steso o dritto in piedi Sebastian Stumpf ricerca e domanda un’immagine, un nuovo rapporto con l’ambiente.
Questo quadro individua una ricerca artistica che si concentra sul paesaggio, sulla centralità del corpo e sul pensiero nomade.
Deleuze distingue la nozione di corpo “mentale” quale zona di sperimentazione e d’espressione a partire da forze inconsce da quella di corpo oggettivato che si sovrappone al desiderio.
Le performance di Stumpf che rendono il corpo in maniera comunemente indefinibile nel paesaggio sono un esempio del primo tipo. Mutano ogni posizione di dominio sulla natura.
Rinnovando la tradizione della fotografia soggettiva d’autore – quella di Timm Rautert con cui ha studiato e di Otto Steinert da cui Rautert si è formato – interpretano un’azione soggettiva nel paesaggio oggettivizzando la soggettività.
Oggettivizzare, in questo caso, non è un ridurre a categorie funzionali ma introdurre la propria soggettività nuova e potenzialmente sovversiva nel rapporto col cosmo inteso come ordine.
Ugualmente, la pratica di Sebastian Stumpf si differenzia da quelle eroiche di Yves Klein e Bas Jan Ader, caratterizzandosi per un’anti-eroicità che risiede nella scelta degli spazi e nella modalità di esecuzione.
Attraverso tali impostazioni il corpo manifesta uno stato mentale occupando e transitando in spazi vuoti, effimeri, immateriali ed impermanenti.
“Certi picchi” sono sia questi “white spaces”, sia i tentativi ripetuti d’azione, le rotture e le variazioni, che gli stati di equilibrio oltre la tensione, i gaps e le transizioni nello spazio (“Transitions #1”, “Ocean”).
L’immagine reale e surreale creata da Stumpf pone un ulteriore parallelo con la pittura di Magritte per la messa in discussione delle aspettative dello spettatore riguardo alla rappresentazione e alla realtà attraverso l’introduzione in essa di elementi incongruenti mirati a far riflettere sulla percezione, ciò che è valso a Magritte l’essere chiamato “anti-pittore”.
In questo senso l’anti-eroicità è il segno di un’atto che vuole dare sia una prova della convenzionalità che della differente percezione.
Nello stesso modo in cui vediamo figure sospese nel cielo o con un mela davanti al volto nei quadri di Magritte, vediamo la figura sospesa di Stumpf da dietro e mai di fronte nei paesaggi californiani di “Fences”, nei cieli tra i gap delle architetture di Tokyo (“Sukima”) e in quelli specchiati nella vastità dell’oceano (“Islands”).
Se Magritte ha sovvertito le aspettative tradizionali della realtà in pittura, Stumpf lo fa nella performance e nella fotografia.
Nella spiazzante realtà immaginata da Markson in “Wittgenstein Mistress” la protagonista compie azioni ironiche al limite dell’impossibile che fanno riflettere se quelle stesse azioni fossero compiute di fronte a degli spettatori.
L’opera di Stumpf analizza anche questo nel suo cogliere l’intero processo della realtà.
Le persone che casualmente si trovano ad essere testimoni delle azioni mentre sparisce dietro ad un colonna (“Columns”), sale su un albero (“Trees”), si getta da un ponte (“Bridges”) o si getta sotto ad una saracinesca che si sta chiudendo (“Tiefgaragen”) confermano involontariamente il senso dell’azione essendo parte della performance come se in fondo non ci fossero nel loro essere in un flusso.
Il senso della performance di Sebastian Stumpf risiede nella percezione differente di un luogo, di una situazione, di un mondo. Quello che ci fa vedere è la possibilità di quello che potrebbe essere.
Durante l’azione lo spettatore è assente o casuale. Nelle fotografie e nei video, invece, la prospettiva è ribaltata su un osservatore più consapevole.
La meditazione come costante pratica di andare verso, attraverso ed oltre gli “spazi bianchi” si compie nell’ampio respiro di un’azione ripetuta e nomade.
L’anti-drammaticità o anti-monumentalità del gesto svela in realtà la presenza di un’altra forma di eroicità che non si riferisce a grandi gesta o a significanti pezzi di Storia ma ad una performance per se stessi e per tutti.
Testo di Mario Iannelli
Autore/Autrice:Sebastian Stumpf
Data Inizio:20.11.2024
Data Fine:06.01.2025
Dove:Galleria Mario Iannelli
Indirizzo:Via Flaminia, 380
Orari:martedì – venerdì 16-19, o su appuntamento. Pausa festiva dal 22.12.2024 al 6.1.2025
Dalla Pinacoteca Podesti di Ancona in mostra ai Musei Capitolini di Roma le Opere di:
Tiziano/Lotto/Crivelli/Guercino- dal 25 /11/2024 -30/03/2025-
Roma Capitale-Dalla Pinacoteca Podesti di Ancona ai Musei Capitolini in mostra la maestosa Pala Gozzi (1520), capolavoro assoluto di Tiziano Vecellio insieme ad altre 5 celebri opere, tutte di carattere religioso e provenienti dalla Pinacoteca Podesti di Ancona, saranno eccezionalmente esposte, per la prima volta a Roma, in occasione del prossimo Giubileo, dal 26 novembre nelle sale di Palazzo dei Conservatori ai Musei Capitolini.
Roma Capitale- Piazza del Campidoglio
6 prestigiose tele – delle quali 5 pale d’altare di grandi dimensioni e una piccola ma lussuosa tempera su tavola – saranno protagoniste di un percorso espositivo che racconta l’importanza della collezione della Pinacoteca Podesti e, in filigrana, la ricchezza della città dorica committente dei maggiori artisti italiani fra Cinquecento e Seicento.
Si potranno quindi ammirare la Circoncisione dalla chiesa di San Francesco ad Alto, opera di Olivuccio Ciccarello, interprete principale del rinnovamento della pittura anconetana che fiorì fra Trecento e Quattrocento; la preziosa Madonna con Bambino di Carlo Crivelli, icona della collezione dorica e somma realizzazione del pittore veneto che visse e operò nelle Marche; la Pala dell’Alabarda di Lorenzo Lotto, per la chiesa di Sant’Agostino, in cui si esplicita l’emozionante talento del pittore veneziano, esule a più riprese nella regione. Ancora di Tiziano sarà esposta la monumentale Crocifissione realizzata per la chiesa di San Domenico in cui l’artista esplora la tragedia e la sofferenza umana. Chiude la rassegna l’imponente Immacolata di Guercino, in cui la delicata figura della Vergine si staglia su un paesaggio marino il cui modello potrebbe essere la baia di Ancona.
La maestosa Pala Gozzi (1520), capolavoro assoluto di Tiziano Vecellio
Con questa mostra si intende avviare un percorso di valorizzazione nazionale della collezione anconetana, con lo scopo di restituire ai cittadini e ai visitatori lo spaccato di un periodo cruciale della storia del gusto, del collezionismo e della museologia nella città marchigiana. Un lavoro che proseguirà con il riallestimento della Pinacoteca Civica Podesti, aperta nel dopoguerra dall’allora soprintendente Pietro Zampetti, con le opere salvate dai bombardamenti da un altro grande protagonista della storia della tutela, Pasquale Rotondi, l’eroico direttore del Palazzo Ducale di Urbino a cui si deve la salvaguardia del patrimonio artistico nazionale negli anni tumultuosi del secondo conflitto mondiale.
Roma Capitale- Musei Capitolini
La mostra romana, con questa importante esposizione delle pale d’altare della città dorica, oltre a testimoniare la sacralità e l’importanza che assunse l’arte adriatica del ‘500, anticipa gli eventi culturali previsti per il prossimo Giubileo.
Roma Capitale- Musei Capitolini
Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali, con il patrocinio di Giubileo 2025 – Dicastero per l’Evangelizzazione, la mostra è organizzata da Arthemisia in collaborazione con Comune di Ancona, Ancona Cultura, Pinacoteca Civica di Ancona, Regione Marche e Palazzo Ducale di Urbino – Direzione Regionale Musei Nazionali Marche ed è curata da Luigi Gallo, Direttore della Galleria Nazionale delle Marche e da Ilaria Miarelli Mariani, Direttrice della Direzione dei Musei Civici della Sovrintendenza Capitolina. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura.
Roma Capitale- Lo Studio Varroni- Antoni Muntadas –
Roma Capitale-Lo Studio Varroni / Eos Libri d’Artista è lieto di annunciare la mostra Muntadas / Edizioni 1971 – 2024, a cura di Piero Varroni, che aprirà venerdì 22 novembre 2024.
Verrà esposto un cospicuo corpus antologico di materiale documentativo dei principali temi affrontati da Antoni Muntadas nel corso della sua lunga carriera artistica; un’indagine trasversale del suo percorso creativo dai primi anni Settanta ad oggi.
Muntadas considera la pratica dell’arte come una forma di conoscenza, esperienza critica e impegno. Negli anni ha coerentemente indagato criticamente i fenomeni prodotti dalle varie forme di globalizzazione navigando tra discipline diverse e territori intermedi, tra arte, scienze sociali e sistemi di comunicazione, in quello che lui ha definito “paesaggio mediale”, riferendosi alla continua espansione dei mass media nello spazio pubblico e nella vita privata.
Con i suoi progetti esplora le connessioni, le tensioni nelle questioni sociali, politiche e di comunicazione all’interno di determinati contesti; analizza quindi i canali di informazione e i meccanismi del potere, della censura, della manipolazione del consenso e il modo in cui vengono veicolati nella divulgazione di contenuti.
Per Muntadas la percezione richiede coinvolgimento: “percepire è digerire, risponde all’idea che lo sguardo è l’inizio di una percezione, la quale deve essere legata non solo ai sensi ma anche al coinvolgimento personale, politico e sociale”. Egli fa della realtà una “traduzione” non solo visuale ma linguistica, culturale e mediale.
Realizza i suoi progetti affidandosi a diversi media, come fotografia, video, pubblicazioni, Internet, installazioni e interventi in spazi urbani.
Per la mostra è stato realizzato un libro d’artista in 24 copie, oltre a un nuovo numero di RivistaFoglio (n. 8) monografico su Muntadas, con testi editi di Laura Cherubini, Modesta Di Paola, Cecilia Guida, Beatriz Herràez, Roberto Pinto, e, testi inediti di Giovanni Fontana e Daniela Vasta.
Biografia
Antoni Muntadas (Barcellona, 1942), vive a New York dal 1971.
Ha insegnato e tenuto seminari presso varie Istituzioni in Europa e negli Stati Uniti, tra cui l’École Nationale Supérieure des Beaux-arts di Parigi; L’École Supérieure des Beaux-Arts di Bordeaux e Grenoble; l’Università della California di San Diego; il San Francisco Art Institute; la Cooper Union di New York; l’Università di San Paolo e l’Università di Buenos Aires.
Ha partecipato a residenze d’artista ed è stato professore in diversi centri di ricerca e di formazione, tra cui il Visual Studies Workshop di Rochester; il Banff Centre di Alberta; l’Arteleku a San Sebastián; lo Studio National des Arts Contemporains – Le Fresnoy, e la Western Sydney University.
È stato Professor in practice presso il Visual Arts Program della School of Architecture del MIT di Cambridge (1977-2014). Attualmente è professore allo IUAV di Venezia.
Muntadas ha ricevuto vari premi e sovvenzioni da Istituzioni come la John Simon Guggenheim Memorial Foundation; la Rockefeller Foundation; il National Endowment for the Arts; il New York State Council on the Arts; l’Ars Electronica di Linz; il Laser d’Or di Locarno; il Premio Nacional d’Arts Plàstiques assegnato dalla Generalitat de Catalunya e il Premio Nacional de Artes Plásticas 2005. Nel 2009 ha ricevuto il Premio Velázquez per le Arti Plastiche, assegnato dal Ministero della Cultura spagnolo.
Ha esposto in diversi musei, tra cui il MoMA di New York; il Berkeley Art Museum in California; il Musée d’Art Contemporain di Montreal; il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid; il Museo de Arte Moderno di Buenos Aires; il Museu de Arte Moderna di Rio de Janeiro e il Museu d’Art Contemporani di Barcellona. Per quanto riguarda la sua presenza in eventi internazionali, è da sottolineare la partecipazione alla VI e alla X edizione di Documenta a Kassel (1977, 1997); alla Whitney Biennial of American Art (1991) e alla 51ª Biennale di Venezia (2005), nonché a quelle di San Paolo, Lione, Taipei, Gwangiu e L’Avana.
A tutt’oggi non si contano le centinaia di partecipazioni a mostre personali e collettive per il mondo: dal Kunstverein di Stoccarda, alla Gallerie d’art Contemporain SBC di Montreal; dal museo d’Arte Moderna di Instambul, alla Estação Pinacoteca di San Paolo del Brasile; dalla Fundação Calouste Gulbenkian di Lisbona al Jeu de Paume di Parigi; dal Center for Art, Design and Visual Culture della University of Maryland, Baltimora, all’OCAT di Shanghai; dal Three Shadows Photography Art Center di Pechino, Cina, al Total Museum di Seul, Korea, ecc, ecc.
Tra le gallerie private ricordiamo soltanto due recenti mostre presso Joan Prats di Barcellona e Michela Rizzo di Venezia
Studio Varroni
Piero Varroni è titolare dello Studio Varroni – Eos Libri d’Artista e fondatore dell’Associazione Culturale Eos. È impegnato da molti anni nella ricerca sperimentale dell’arte legata alla letteratura e alla poesia, con l’intento di avvicinare i vari linguaggi per un’ideale unità delle arti.
Lo Studio Varroni è diventato negli anni un luogo di “messa in opera” delle idee, dove l’Opera diventa narrazione plurale, esperienza e condivisione in più voci, tra arte, poesia e filosofia.
-articolo di Maria Vescovo scritto per la Rivista ORIGINI N°41 ottobre 20oo-
Breve nota biografica-Ugo Nespolo è nato a Mosso (Biella) nel 1941. Pittore, scultore importante esponente dell’arte contemporanea italiana.
Ugo Nespolo
Diplomato all’Accademia Albertina di Belle Arti, in seguito si laurea in Lettere Moderne mostrando grande interesse per la Semiologia. Esordisce nel panorama artistico italiano neglianni Sessanta con contaminazioni della Pop art e con una stretta militanza con concettuali e poveristi. La sua produzione si caratterizza presto per forte accento trasgressivo, ironico e quell’apparente senso del divertimento, doti che si presteranno alla tela cinematografica esplorando presto, negli anni Settatanta anche questo mezzo di espressione.
Gli anni Ottanta rappresentano per Ugo Nespolo la maturazione più apprezzata del periodo americano, i suoi quadri rappresentano oggetti e luoghi comuni delle città statunitensi. Collabora con la Rai per la quale realizza videosigle, collabora nella realizzazioni pubblicitarie, fedele al dettato delle avanguardie storiche di “portare l’arte nella vita”, l’artista deve occupare spazi della vita comune, uscire dagli spazi assegnati, canonici.
Negli anni Novanta affianca alle sue numerose attività l’impegno nel teatro realizzando scene e costumi per l?elisir d’amor Doninzettii al Tatro dell’Opera di Roma, all’Opera di Parigi, Losanna, Liegoi e Metz.
Nespolo viene anche annoverato tra i “maestri del Palio”, per aver dipinto nel 2000 i due sendalli per il Palio di Asti di quella edizione.
Nel 2005 a Torino, realizza per Gtt delle opere tematiche nelle stazioni della metropolitana di Torino e in seguito decora con la sua inconfondibile impronta l’esterno del centro commerciale di Via Livorno. Nel 2007, dipinge il drappellone del Palio di Siena del 16 agosto.
Ugo Nespolo, nato a Mosso (Biella), si é diplomato all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino ed è laureato in Lettere Moderne. I suoi esordi nel panorama artistico italiano risalgono agli anni Sessanta, alla Pop Art, ai futuri concettuali e poveristi (mostre alla galleria il Punto di Remo Pastori, a Torino, e Galleria Schwarz di Milano). Mai legata in maniera assoluta ad un filone, la sua produzione si caratterizza subito per un’accentuata impronta ironica, trasgressiva, per un personale senso del divertimento che rappresenterà sempre una sorta di marchio di fabbrica.
Negli anni Settanta Nespolo si appropria di un secondo mezzo di espressione, il cinema: in particolare quello sperimentale, d’artista. Gli attori sono artisti amici, da Lucio Fontana a Enrico Baj, a Michelangelo Pistoletto. Ai suoi film hanno dedicato ampie rassegne istituzioni culturali come il Centre Georges Pompidou di Parigi, il Philadelphia Museum of Modern Art, la Filmoteka Polska di Varsavia, la Galleria Civica d’Arte Moderna di Ferrara, il Museo Nazionale del Cinema di Torino, il Museo “Manege” di San Pietroburgo.
Gli anni Settanta rappresentano per Nespolo un passaggio fondamentale: vince il premio Bolaffi (1974), realizza il Museo (1975-’76), quadro di dieci metri di lunghezza che segna l’inizio di una vena mai esaurita di rilettura-scomposizionereinvenzione dell’arte altrui. L’opera viene esposta per la prima volta nel 1976 al Museo Progressivo d’Arte Contemporanea di Livorno.
Negli anni Settanta inizia anche la sperimentazione con tecniche (ricamo, intarsio) e materiali inconsueti (alabastro, ebano, madreperla, avorio, porcellana, argento). Nasce L’albero dei cappelli, poi prodotto in serie come elemento d’arredo.
Gli anni Ottanta rappresentano il cuore del “periodo americano”: Ugo Nespolo trascorre parte dell’anno negli States e le strade, le vetrine, i venditori di hamburger di New York diventano i protagonisti dei suoi quadri. In questi anni si accumulano anche le esperienze nel settore dell’arte applicata: Nespolo è fedele al dettato delle avanguardie storiche di “portare l’arte nella vita” ed è convinto che l’artista contemporaneo debba varcare i confini dello specifico assegnato dai luoghi comuni tardoromantici. Lo testimoniano i circa 50 manifesti realizzati per esposizioni ed avvenimenti vari (tra gli altri, Azzurra, Il Salone Internazionale dell’Auto di Torino, la Federazione Nazionale della Vela), il calendario Rai dell’86, le scenografie per l’allestimento americano (Stamford) della Turandot di Busoni, le videosigle Rai (come “Indietro Tutta” con Renzo Arbore). Nell’86 Genova festeggia i vent’anni di attività artistica di Nespolo con la mostra antologica di Villa Croce La Bella Insofferenza.
Nel ‘90 il Comune di Milano gli dedica una mostra a Palazzo Reale. Dello stesso anno sono prestigiose collaborazioni artistiche come la campagna pubblicitaria per la Campari, le scenografie e i costumi del Don Chisciotte di Paisiello per il Teatro dell’Opera di Roma ed una esposizione di ceramiche – il nuovo interesse di Nespolo – nell’ambito della Biennale Internazionale della Ceramica e dell’Antiquariato al palazzo delle Esposizioni di Faenza.
Nel ‘91 partecipa in Giappone all’International Ceramic Festival, Ceramic World Shigaraki. L’anno successivo la Galleria Borghi & C. di New York ospita A Fine Intolerance, personale di dipinti e ceramiche.
Del ‘94 è una mostra di opere a soggetto cinematografico promossa alla Tour Fromage dalla Regione Valle d’Aosta. L’anno seguente Nespolo realizza scene e costumi per l’Elisir d’Amore di Donizetti per il Teatro dell’Opera di Roma, itinerante all’Opera di Parigi, Losanna, Liegi e Metz. Sempre del ‘95 sono l’antologica Casa d’Arte Nespolo al Palazzo della Permanente di Milano e la personale Pictura si instalatu di Bucarest a cura del Ministero alla Cultura romeno.
Nel ‘96 la personale Le Stanze dell’Arte alla Promotrice delle Belle Arti di Torino, viene organizzata dalla Regione Piemonte. Ancora nel ’96 Ugo Nespolo assume la direzione artistica della Richard-Ginori. Nel 1997 il Museum of Fine Arts di La Valletta, Malta, gli dedica una personale. Nello stesso anno una mostra itinerante in America Latina: Buenos Aires (Museo Nacional de Bellas Artes), Cordoba (Centro de Arte Contemporaneo de Cordoba, Chateau Carreras), Mendoza (Museo Municipal de Arte Moderno de Mendoza) e Montevideo (Museo Nacional de Artes Visuales).
Inizia il ’98 con la realizzazione del monumento “Lavorare, Lavorare, Lavorare, preferisco il rumore del mare” per la città di San Benedetto del Tronto e si avvia la collaborazione con la storica vetreria d’arte Barovier & Toso di Murano per la quale Nespolo crea una serie di opere da esporre a Palazzo Ducale di Venezia per “Aperto vetro”, (Esposizione Internazionale del Vetro Contemporaneo). Seguono mostre personali di rilievo alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto ed alla XVII Biennale di Arte Contemporanea a cura del Comune di Alatri.
Si chiude il 1999 ed inizia il 2000 con “Nespolo + Napoli”, una mostra antologica che la Municipalità partenopea ospita al Palazzo Reale di Napoli. Per l’Anno Giubilare Nespolo illustra un’edizione dell’Apocalisse (introduzione di Bruno Forte) di alto pregio, a tiratura limitata.
Nei primi mesi del 2001 torna al cinema con FILM/A/TO, interpretato da Edoardo Sanguineti e prodotto dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema di Torino in occasione della retrospettiva “Turin, berceau du cinéma italien” al Centre Pompidou di Parigi. Un prestigioso evento autunnale: Storia di Musei (catalogo Umberto Allemandi) a cura della Galleria Marescalchi di Bologna. Mostra personale a Fukui all’interno della rassegna “Italia in Giappone 2001“.
2002: Nespolo viene nominato consulente e coordinatore delle comunicazioni artistiche nelle stazioni della costruenda Metropolitana di Torino. Il Parco della Mandria di Venaria Reale ospita presso la Villa dei Laghi alcune sue sculture nell’ambito della mostra “Scultura internazionale a La Mandria”.
Intenso il programma per il 2003: l’Alitalia inaugura la nuova sede di New York con una personale di Nespolo; una mostra itinerante nei Paesi dell’Est: dalla Galleria d’Arte Moderna di Mosca, all’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo a Minsk (Museo Nazionale d’Arte Moderna) per proseguire poi in Lettonia (Riga, Galleria d’Arte Moderna). Una mostra personale all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi. Durante il Festival del Cinema di Locarno due mostre personali: presso la sede del Festival e alla Galleria d’Arte Moderna. In autunno importante personale al Museo Nazionale Cinese di Pechino.
Inizia il 2004 con due importanti mostre personali: Vilnius, Lituania, al Ciurlionis National Museum of Art e a Canton, Cina, al Guang Dong Museum of Art di Guangzhou. Mostra personale “Homo Ludens” il gioco a Palazzo Doria, Loano. Una personale al Moscow Museum of Modern Art, poi al Museo dell’Accademia di San Pietroburgo.
Il 2005 inizia con una personale al Poldi Pezzoli di Milano, poi vi è un ritorno al cinema con l’ideazione di “Dentro e Fuori/un ritratto di Angelo Pezzana” prodotto dal Museo Nazionale del Cinema di Torino; l’illustrazione di “Mille e una Notte” in edizione pregiata; una personale al Museo del Mare di Genova. Un’ideazione artistica di rilievo internazionale con “Progetto Italiana”, filmato prodotto da Cinecittà, testimonial Giancarlo Giannini.
2006: immagini video e vetrofanie di Nespolo ideate per la Metropolitana di Torino, due mostre personali in occasione dei Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006 (Galleria Carlina e Centro Arte La Tesoriera). Le illustrazioni, con un filmato, di “Piú veloce dell’aquila” una favola sulla campionessa mondiale di sci Stefania Belmondo.“Casa d’Arte Ugo Nespolo”, rassegna di dipinti, vetri, tappeti, ceramiche e bronzi alla Galleria Bianconi di Milano. Alla Basilica di San Francesco ad Assisi la cerimonia di Natale vede un volo di bianche colombe ideate da Nespolo come simbolo di pace.
Per il 53° Festival Puccini 2007 la Fondazione del Festival Pucciniano affida a Nespolo l’ideazione e realizzazione di scenografie e costumi della “Madama Butterfly” nonché di un filmato artistico sull’opera. Il Comune di Siena ha conferito incarico all’artista di disegnare il “Drappellone” per il Palio di Agosto 2007. Per il Museo Nazionale del Cinema di Torino l’ideazione artistica di “Superglance”, un cortometraggio con testi in collaborazione con il poeta Edoardo Sanguineti. La mostra personale “My way” viene inaugurata ad Alba presso il Palazzo Mostre e Congressi in contemporanea alla Fiera Internazionale del Tartufo. Ancora una personale a cura del Comune di Siena presso il Palazzo Pubblico Magazzino del Sale.
2008: La De Agostini di Novara gli affida la realizzazione di “Nespolo legge Dante”, un prestigioso trittico a tiratura limitata per la lettura della Divina Commedia attraverso l’arte figurativa. Una personale alla Walter Wickiser Gallery, New York a tema prevalente i “Musei” di Nespolo. Il Museo del Cinema di Torino ospita una mostra antologica sull’attività dell’artista nell’ambito cinematografico. Su invito della Direzione di Palazzo Grassi a Venezia partecipa con due opere alla mostra “Italics: Arte Italiana fra tradizione e rivoluzione, 1968-2008” organizzata in collaborazione con il Museo di Arte Contemporanea di Chicago.
La 48a Mostra della Ceramica di Castellamonte inaugura il “Monumento alla Stufa” opera permanente di Nespolo per il Comune piemontese. Castellamonte gli dedica in contemporanea una mostra personale a Palazzo Botton. Vetrate ed arredi scultura per la nuova Parrocchia di Maria Vergine di Borgaro Torinese.
2009: Mostra Antologica “Nespolo, ritorno a casa” presso il Museo del Territorio Biellese, Biella: un prestigioso riconoscimento della terra natia al suo percorso artistico.
“Novantiqua” (8/10/2009 – 10/01/2010). Il Museo Nazionale del Bargello di Firenze dedica la sua 1ª Mostra d’Arte Contemporanea a Ugo Nespolo con questa personale di 40 opere.
La Campari festeggia i suoi 150 anni di attività con l’arte di Ugo Nespolo alla Stazione Centrale di Milano. Il Comune di Pontedera affida all’artista il “Cantiere Nespolo”, progetto di interventi effimeri ed opere permanenti in loco. Estate 2010: mostra personale a Villa Bertelli di Forte dei Marmi promossa dal Comune.
“Il Numero d’Oro” (Utet – De Agostini), libro d’artista realizzato da Nespolo in 425 esemplari e dedicato al tema della proporzione aurea. Esposto al Museo Poldi Pezzoli di Milano, ha riscosso entusiasti ed apprezzati consensi di stampa e critica d’arte.
2011: Maggio/Giugno Mostra personale “La bella intolerancia” Museo Nacional de Bellas Artes de La Habana, Cuba. Giugno: “Nespolo Films & Visions 1967-2010” (DVD+Libro) presentazione presso il MAXXI di Roma.
Settembre: La Città di Bra dedica all’artista una prestigiosa mostra personale, circa 70 opere dagli Anni ’60 ad oggi, nelle sale storiche di Palazzo Mathis.
Dal 21 Ottobre Nespolo è il nuovo Presidente del Museo Nazionale del Cinema di Torino, istituzione d’eccellenza a livello internazionale. La sua elezione è avvenuta all’unanimità da parte del Collegio dei Fondatori del Museo e dei Rappresentanti degli Enti preposti. Per il periodo Natalizio Nespolo ha creato “Illuminando Pompei”, una scenografia di luci decorative che contribuisce a rafforzare l’immagine della Città regina della cultura.
Gennaio 2012: Nespolo ha interpretato per Campari la nuova insegna del “Camparino”, lo storico caffè della Galleria Vittorio Emanuele di Milano, aperto nel 1915 da Davide Campari.
Aprile/Maggio 2012: “Elogio del Bello”, trent’anni di produzione artistica, mostra personale che la Fondazione Banca del Monte di Lucca promuove ed ospita nelle sale di Palazzo San Martino.
Maggio 2012: Museum Nasional di Jakarta, mostra personale di dipinti e manifesti, con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia.
Giugno 2012: “The Signature Collection” una personale di dipinti e ricami all’Art Centre Bahrain National Museum sotto il Patronato del Ministero alla Cultura del Bahrain.
Luglio 2012: inaugurazione mostra “Ugo Nespolo. Il Numero d’Oro” Ed. Utet, Museo Lev Tolstoy Jasnaja Poljana, Russia, patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura di Mosca.
Ottobre 2012 – Gennaio 2013: GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino, “Nespolo. The Years of the Avantgarde”, primo appuntamento del nuovo progetto espositivo “Surprise” sulla ricerca artistica torinese tra gli Anni Sessanta e Settanta.
Novembre 2012 – Marzo 2013. “Lo sguardo espanso”, Nespolo partecipa alla mostra retrospettiva del cinema d’artista presso il Complesso Monumentale del San Giovanni di Catanzaro.
Gennaio / Febbraio 2013: in Russia il Museo Storico-Architettonico di Tula ed il Museo d’arte di Ulianovsk ospitano la mostra “Ugo Nespolo – Il numero d’oro” con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura. Maggio / Ottobre 2013: Mostra presso la Galleria Ermanno Tedeschi di Tel Aviv (Israele).
Settembre / Ottobre 2013: “Il Mondo a colori” Mostra personale al Centro de Artes e Cultura de Ponte de Sor, Portogallo.
Gennaio/Marzo 2014: viene esposta l’opera “W la Rai” alla Mostra “1924-2014 La Rai racconta l’Italia” (salone centrale Ala Brasini del Vittoriano, Roma) poi a Milano c/o spazi espositivi Triennale, quindi alla GAM di Torino.
Maggio/Giugno: mostra personale “La Fabbrica del colore” presso la Fondazione Cassa di Risparmio di Biella.
A Maggio l’artista è stato riconfermato Presidente del Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Il Comune di Volterra, coordinatore Vittorio Sgarbi, partendo dal capolavoro “La Deposizione” di Rosso Fiorentino, ha allestito un’interessante rassegna ove è stata selezionata un’opera di Nespolo.
Luglio/Agosto: Liceo Saracco di Acqui Terme “Le stanze dell’immagine”, un’antologica che spazia dai quadri, alla scenografia, ai costumi lirici.
Novembre 2014: il Nuovo Ospedale di Biella inaugura l’allestimento artistico di Ugo Nespolo per la zona ricevimento pazienti.
L’Artista ha curato con immagini di grande richiamo la campagna pubblicitaria per i 150 Anni della nascita del Gianduiotto dell’industria piemontese dolciaria Caffarel.
Dal Festival di Spoleto, Charleston (USA) Nespolo è scelto per creare scene e costumi dell’Opera “Veremonda, l’Amazzone di Aragona” di Francesco Cavalli (ultima rappresentazione risalente al 1653). Andrà in scena a Maggio 2015.
Si ritrova la presenza di Nespolo per Expo 2015 in sei stazioni ferroviarie tra Torino Porta Susa e Rho Fiera. Modello di riqualificazione delle stazioni ove l’artista propone cartellonistica, totem personalizzati e vetrofanie della provincia italiana.
Sempre nel 2015 ad ottobre Nespolo è presente alla Tate Modern di Londra al dibattito che segue la proiezione del suo film “Buongiorno Michelangelo” all’interno del programma “Arte Povera was Pop: Artists’ and experimental cinema in Italy 1960s-70s”; a maggio 2016 al Guggenheim di Venezia per “If Arte Povera Was Pop” e successivamente al Centre Pompidou di Parigi alla Tavola rotonda “Arte Povera Hier et Aujourd’hui (9 e 10 giugno 2016).
Tra le mostre personali del 2016: Pisa, Chiesa di Santa Maria della Spina; Milano, Galleria Magenta; e a Capo Verde, Centrum Sete Sois Sete Luas da Ribeira. That’s life è la personale inaugurata il 2 ottobre presso la Fondazione Puglisi Cosentino a Catania che proseguirà fino al 15 gennaio 2017: 170 opere relative a un periodo compreso tra il 1967 e il 2016; l’antologica riunisce un corpus eterogeneo di opere con una sezione interamente dedicata al cinema sperimentale.
Nel 2017 anche un cartone animato (52 episodi) disegnato da Ugo Nespolo per RAI YoYo. Si tratta di una serie animata storica della rete che Nespolo ha completamente ripensato dando al cartone un taglio profondamente pop. Il lavoro vince il primo premio a Cartoon on the Bay nella sezione Series Preschool 2017.
A giugno una mostra personale al Centro d’arte contemporanea del Montenegro, (Dvorak Petrovica).
Ad ottobre e fino ad aprile 2018, alla sede espositiva Centro Saint-Bénin di Aosta la personale A modo mio Nespolo tra arte, cinema e teatro curata da Alberto Fiz in collaborazione con Maurizio Ferraris e organizzata dall’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta.
A novembre viene presentato contemporaneamente in tutta Italia lo storico calendario 2018 dei Carabinieri dedicato ai “valori etici e sociali dell’Arma”; realizzato con disegni di Nespolo sia nella copertina che nelle dodici tavole interne.
A febbraio 2018 la Swatch festeggia i 35 anni ospitando Ugo Nespolo alla Citè du Temps di Ginevra con una mostra personale dal titolo Numbers dedicata alla passione per i numeri che Nespolo condivide con la nota azienda svizzera. Contestualmente alla mostra vengono presentati due nuovi Swatch realizzati appositamente da Nespolo per l’anniversario.
Con la mostra dedicata ad Ugo Nespolo, dal titolo Il trionfo dei libri, (dal 19 aprile al 25 maggio) la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze rende omaggio ad un artista presente nelle sue collezioni. L’esposizione raccoglie lavori realizzati in più di quarant’anni di attività che trovano la loro giusta cornice nell’Istituto che, più di ogni altro, testimonia gli infiniti aspetti della cultura del nostro paese.
A Palazzo Parnasi a Cannobio, sul Lago Maggiore, la personale Storie di Oggi a cura di Vera Agosti dal mese di maggio ad inizio luglio.
A maggio al Huangpu District di Shanghai in Cina la mostra personale sul cinema di Nespolo “Doppio Schermo” Film e video d’artista in Italia dagli anni Sessanta ad oggi.
Al MEF, Museo Ettore Fico a Torino è presente con due Opere alla mostra “100% Italia” da settembre 2018 al febbraio 2019.
Ad ottobre la Casa Editrice Giunti, a 150 anni dalla prima edizione, pubblica Le avventure di Pinocchio illustrato da Ugo Nespolo con oltre cento tavole a colori.
Il 29 gennaio 2019 l’Università di Torino conferisce ad Ugo Nespolo la Laurea Honoris Causa in Filosofia.
In preparazione nel 2019 mostre personali a Shanghai, San Pietroburgo, Vilnius in Lituania, Berlino e Milano.
Fotoreportage FRASSO SABINO-Il Borgo di Frasso Sabino ha origini molto antiche, appartenendo all’abbazia di Farfa fin dalla fine del X secolo. La prima apparizione è infatti del 955 sul “Regestum Farfense”, dove viene registrato che Sindari e Gauderisio donano all’abbazia terre “locus ubi dicitur ad Frassum-La sua fondazione risale con molta probabilità alla fine del X secolo, epoca in cui appare più volte citata nelle cronache e nei documenti della vicina abbazia di Farfa; c’è da dire, però, che la diffusa presenza di sepolcri e di resti di costruzioni romane testimonia la presenza dell’uomo in epoche ben più remote. Per lungo tempo appartenne all’abbazia di Farfa e quando l’astro di questo centro di potere monastico cominciò a declinare (XII secolo) divenne proprietà della nobile famiglia dei Brancaleone. Nel 1441 passò ai Cesarini, che per un lungo periodo dovettero difenderla dalle mire espansionistiche dei Savelli; la contesa terminò nel 1573 con un atto di concordia, con il quale veniva confermato ai Cesarini il pieno possesso del feudo. Nel 1673, in seguito al matrimonio tra Livia Cesarini e Federico Sforza, passò alla casata Sforza-Cesarini che ne fu l’ultima proprietaria. Il toponimo, di chiara origine fitonimica, deriva dal latino FRAXINUS, ‘frassino’, e con tutta probabilità testimonia la massiccia presenza, in passato, di questa specie vegetale; la specificazione geografica è stata aggiunta nel 1863. Agli Sforza-Cesarini si deve la trasformazione di un preesistente castello, del quale rimane un possente torrione cilindrico, nell’attuale rocca. Il patrimonio storico-architettonico locale annovera inoltre la parrocchiale della Natività e la semplice ed elegante chiesa romanica di San Pietro in Vincoli, risalente al Trecento. Tra i cospicui resti romani sparsi sul territorio comunale spicca, in località Osteria Nuova, la cosiddetta grotta dei Massacci, un sepolcro di epoca incerta (età repubblicana oppure I-II secolo d.C.), edificato con enormi blocchi di pietra. Fonte -Italiapedia
la storia
Il toponimo
Frasso compare nella documentazione farfense nella prima metà del X secolo.
Il castello fu probabilmente fondato in questo periodo per iniziativa signorile, anche se la prima notizia certa della sua esistenza risale al 1055, quando Alberto figlio di Gibbone lo dono’ all’abate di Farfa, Berardo I.
L’atto è di particolare interesse perché descrive con precisione il territorio di pertinenza del centro fortificato.
Il castello di Frasso dovette rimanere in possesso del monastero per non molto tempo. Infatti già nel 1118 non risultava piu’ sotto la sua giurisdizione, pur mantenendo diritti di proprietà sul suo territorio, riconosciuti nel Quattrocento. Per piu’ di due secoli non si hanno notizie sui signori del castello. Sullo scorcio del Trecento ne erano in possesso i Brancaleoni. Nel 1441, quando Frasso era stato occupato da Battista Savelli, Paolo e Francesco Brancaleoni, signori di Monteleone lo donarono, come dote, alla loro sorella Simodea, che aveva sposato Orso Cesarini. Le controversie tra Savelli e Cesarini proseguirono a lungo fino ad estinguersi grazie ad un accordo raggiunto nel 1573.La forma
Il centro di Frasso sorge alto su un colle a quota 405 s.l.m, in posizione elevata sulla riva sinistra del Farfa, con andamento parallelo al corso del torrente. Il sito è circondato da alture verdeggianti e colture di ulivo e non lontano si trovano le sorgenti del Farfa, dette Le Capore, in località Ponte Buida.
La forma complessiva dell’abitato è dettata dalla conformazione stessa del supporto naturale e ne segue l’andamento fino ai bordi estremi. La dominante mole della Rocca dei Cesarini, davvero notevole rispetto alla dimensione dell’abitato, conserva ancora un alto bastione cilindrico con basamento a scarpa e munito di beccatelli nella parte Terminale. La rocca e l’intera struttura dell’abitato, sono state oggetto di continue modifiche che ne hanno cancellato la forma primitiva; anche la torre ha subito sorte analoga con l’abbattimento della parte piu’ alta.
La struttura del centro antico è composta da costruzioni che si attestano lungo un percorso principale che dalla rocca si inoltra verso il margine opposto dove la piccola piazza belvedere si apre spettacolarmente verso la valle del Farfa. Da qui il circuito viario, delimitando il bordo del colle verso valle, segue la mole della rocca, ricongiungendosi al punto di accesso al paese.
Di notevole interesse la chiesa romanico trecentesca di S. Pietro in Vincoli, la cui posizione elevata rispetto al paese, consente un’ampia vista sul paesaggio della valle. A pochi passi dalla chiesa un osservatorio astronomico di recente costituzione è ubicato nei locali di un ex mulino settecentesco.Una lunga via rettilinea esterna all’abitato, parte terminale della diramazione che porta al paese dalla via Mirtense, dà accesso alla parte più antica.
Lungo il suo asse si è sviluppato l’ampliamento urbano di più recente formazione.
Brenda Tharp e Jed Manwaring -La meravigliosa fotografia di tutti i giorni-
APOGEO editori
Brenda Tharp e Jed Manwaring -La meravigliosa fotografia di tutti i giorni-
Descrizione del libro di Brenda Tharp e Jed Manwaring -I fotografi sono sempre pronti a viaggiare per catturare una luce perfetta, paesaggi mozzafiato, natura selvaggia, personalità nuove e originali. Eppure, per realizzare grandi scatti, l’esotico “a tutti i costi” non è necessario. Immagini meravigliose sono ovunque, in attesa che qualcuno le scopra.
Questo libro insegna a guardare oltre la semplice apparenza dell’ordinarietà per trovare l’inaspettato ovunque si nasconda, in una strada di città, in un parco di periferia, nel giardino davanti a casa. Gli autori incoraggiano a prendersi il tempo che serve, allargare lo sguardo e alzare la macchina fotografica per catturare un’immagine speciale con un movimento semplice.
Attraverso spiegazioni ed esercizi i lettori imparano quello che è necessario sapere sulla composizione, la luce e il colore, mentre immagini di esempio realizzate con reflex a obiettivo singolo, fotocamere compatte, iPhone, dimostrano che sono l’occhio del fotografo e la visione creativa, non la macchina, a dare vita a una grande immagine.
Gli autori
Brenda Tharp è specializzata in fotografia di viaggio, naturalistica e outdoor. Le sue immagini sono state pubblicate su importanti riviste tra cui Outdoor Photographer, Audubon, Discovery, Forbes, Sierra e Sunset. Tiene corsi e workshop in molte scuole e istituzioni degli Stati Uniti. (Credit immagine: Wendy Kaveney.)
Jed Manwaring è un fotografo professionista le cui immagini sono state pubblicate da importanti riviste del settore. Tiene workshop insieme a Brenda Tharp.
Introduzione
Ifotografi sono un gruppo di viaggiatori, che visitano i luoghi per catturare la luce, il paesaggio, la fauna selvatica e le persone. Molti fotografi percorro- no lunghe distanze per scattare fotografie, alla ricerca di luoghi esotici. Ma è indispensabile andare lontano per trovare elementi interessanti da fotografare? Qualcuno risponderebbe con un forte “Sì!” e, per alcuni tipi di fotografia (ani- mali selvatici, culture uniche e così via), potrebbe anche avere ragione. Tuttavia, le immagini meravigliose si nascondono praticamente ovunque, se sai dove e come guardare. Siamo pronti a scommettere che potrai realizzare splendide fo- tografie vicino alla tua residenza, dovunque essa sia.
Sono disponibili molti libri sulle basi della fotografia e della tecnica digita- le, ma pochi spiegano come utilizzare il cuore insieme alla mente per produrre fotografie eccezionali. Grazie alle fotocamere digitali, tutti oggi sono in grado di padroneggiare le tecniche di base, ma le immagini realizzate avranno un qualche significato? Fotografare non significa solamente impostare l’apertura e la veloci- tà dell’otturatore per poi premere il pulsante di scatto: significa capire che cosa stai cercando di esprimere con la fotografia e quando devi effettivamente premere il pulsante di scatto. A tal fine, serve una visione creativa che nasce dall’osservare aprendo il cuore e la mente. Mentre lavoravamo a questo libro abbiamo aperto un biscotto della fortuna cinese. La previsione all’interno non avrebbe potuto essere più adatta; diceva: “Vediamo con il cuore e non con gli occhi”. Che fosse un segno?
Indice
Introduzione IX CAPITOLO 1
Trovare una visione nuova 1 CAPITOLO 2
Il momento della percezione 15 CAPITOLO 3
Scoprire le immagini nei luoghi vicini 25 CAPITOLO 4
Ampliare il processo creativo 35 CAPITOLO 5
Catturare i momenti quotidiani 59 CAPITOLO 6
Trovare il proprio punto di vista 71 CAPITOLO 7
Creare composizioni forti 85 CAPITOLO 8
Esplorare la luce attorno a noi 99 CAPITOLO 9
Fotografare all’aurora e al crepuscolo 119 CAPITOLO 10
Fotografare la notte 131
Risorse: app e software 142 Ringraziamenti 145 Indice analitico 146
Napoli Grande Signora, un progetto fotografico di Augusto De Luca
Una Napoli vista con un altro occhio, particolari che non sempre andresti a focalizzare, una carrellata di foto che fanno parte di un libro fotografico edito da Gangemi Editore nel 1997 intitolato per l’appunto “Napoli Grande Signora”.
Questo mio progetto fotografico rappresenta non solo un omaggio alla bellezza della mia città, ma anche una profonda esplorazione del suo spirito, è un viaggio visivo attraverso una città sospesa nel tempo, rappresentata senza la presenza umana, solo attraverso le sue architetture, i suoi spazi e i giochi di luce che la attraversano.
Napoli di Augusto-De Luca
Sono nato a Napoli, dove ho vissuto stabilmente fino a qualche anno fa. L’allontanamento mi ha fatto scoprire il grande segreto di questa città che, con i suoi abitanti, rappresenta un unicum straordinario. È lo scontro del FUOCO del Vesuvio con L’ACQUA del Golfo che governa le funzioni vitali di tutto l’universo partenopeo. Così nascono stimoli creativi e grandi passioni. Ed ecco venir fuori cento, mille Napoli. La Napoli di opere magiche quotidiane legate alle emozioni, alle angosce, alle paure di timbro infantile. La Napoli del mistero che ha per effetto di dare a ciascun accadimento, per quanto familiare e riconoscibile, un carattere di mai veduto e di coltivare, in tale spiazzamento, la più profonda e singolare delle seduzioni.
Napoli di Augusto-De Luca
Come dice un mio vecchio e caro amico, con un pizzico di amara ironia mista ad orgoglio: «Napoli è creatura inespugnabile e ruffiana, sempre in trance e sempre sveglia, divisa in eterno tra ambulanti e deambulanti, in una sorte di frenetico disordine cellulare, consumando le sue malattie alla vista di tutti e tanto chiassosamente da lambire il silenzio assoluto.»
Napoli di Augusto-De Luca
Napoli è un enigma che si offre fatalmente alla chiave onirica. Città surreale per eccellenza, con un santo che, nel surreale, brucia una particolare dedizione a quel popolo alchemico di cui è protettore. Il miracolo di San Gennaro, non è un miracolo qualsiasi, è un evento unico al mondo, un prodigio che si ripete ogni anno perché non vadano a vuoto le invocazioni più perentorie e più fantasiose d’una massa di fedeli che dialoga a modo suo col trascendente. A differenza di altre città, ogni elemento fondante è separato dal contesto urbano ed è incorniciato dall’ampio e luminoso golfo. Golfo e Vesuvio, insomma, fanno da sfondo placentare al Maschio Angioino, al Castel dell’Ovo, al Castel Sant’Elmo, al Palazzo Reale.
Napoli di Augusto-De Luca
La particolare luce ed il particolare azzurro del cielo, contaminato solo da piccole e nitide nuvolette magrittiane, rendono l’atmosfera assolutamente surreale e gli stessi abitanti con il loro linguaggio icastico (a faccia toia è calamita e paccher – la faccia tua è calamita di schiaffi; a panza toia è fodero e curtiello – la pancia tua è fodero di coltello) mi ricordano le rappresentazioni di due artisti del ‘500 che io considero i precursori del surrealismo: Pieter Brueghel il vecchio e Hieronimus Bosh. Verità e finzione, realtà e immaginazione, sempre tutto esageratamente, eccessivo, contraddittorio, ma, sotto la Napoli del contrasto, della bella cartolina e del buio e tetro vicolo, è la città dal grande passato che mi incanta.
Napoli di Augusto-De Luca
Quando sono a Napoli mi piace passeggiare alle 6 del mattino per via dei Tribunali. In questa strettissima via c’è un antico palazzo con un portico alto e nero sotto il quale, dopo aver chiuso gli occhi, aiutato da un particolare odore presente solo nei vicoli di Napoli, viaggio a ritroso nel tempo. È una sensazione meravigliosa rivedere immaginandoli quei posti popolati da personaggi con lunghe parrucche bianche, merletti e mantelli, “sentire” gli zoccoli dei cavalli e le ruote dei carri sul selciato sconnesso. È così che entro in sintonia con l’anima della città. La Napoli che era tappa obbligatoria per gli uomini di cultura di tutta Europa. La Napoli che ha ispirato e influenzato artisti di ogni genere e che è ancora presente attorno a me…la Napoli Grande Signora.
BIOGRAFIA: Augusto De Luca, (Napoli, 1 luglio 1955) è un fotografo e performer. Ha ritratto molti personaggi celebri.
Studi classici, laureato in giurisprudenza. È diventato fotografo professionista nella metà degli anni ’70. Si è dedicato alla fotografia tradizionale e alla sperimentazione utilizzando diversi materiali fotografici. Il suo stile è caratterizzato da un’attenzione particolare per le inquadrature e per le minime unità espressive dell’oggetto inquadrato. Immagini di netto realismo sono affiancate da altre nelle quali forme e segni correlandosi ricordano la lezione della metafisica. È conosciuto a livello internazionale, ha esposto in molte gallerie italiane ed estere. Le sue fotografie compaiono in collezioni pubbliche e private come quelle della International Polaroid Collection (USA), della Biblioteca Nazionale di Parigi, dell’Archivio Fotografico Comunale di Roma, della Galleria Nazionale delle Arti Estetiche della Cina (Pechino), del Museo de la Photographie di Charleroi (Belgio).
delucaaugusto8855(@)gmail.com
Cinquant’anni di Letizia Battaglia in mostra a cielo aperto sullo Stretto
Letizia Battaglia-Cinquant’anni di Letizia Battaglia in mostra a cielo aperto sullo Stretto
A Reggio Calabria la fotografia documentaria e di denuncia di Letizia Battaglia “cattura” chi passeggia sul lungomare. Reggio Calabria –Dal 16 novembre 2024 al 2 febbraio 2025
Ancora una mostra a cielo aperto, ancora una cornice travolgente: dopo il suggestivo scenario delle Terme di Caracalla di Roma, le iconiche fotografie diLetizia Battaglia corrono giù per mezza Italia e si affacciano sul mare, guardando la Sicilia direttamente dalla punta dello Stivale.
La mostra Letizia Battaglia Senza Fine, allestita presso l’Arena dello Stretto a Reggio Calabria, è il primo grande omaggio calabrese alla fotografa siciliana.
Fino al 2 febbraio 2025, il Lungomare Falcomatà ospiterà cinquantadue fotografie di grande formato che ripercorrono cinquant’anni (1971-2020) del lavoro fotografico di Letizia Battaglia, in un evento di arte pubblica che consentirà a cittadini e turisti di apprezzare da vicino il percorso di vita e l’impegno professionale di una donna che ha saputo documentare e denunciare con coraggio momenti tragici della storia italiana e in particolare del Sud del Paese.
Scrivevamo il 7 giugno 2023, in occasione della tappa romana della mostra: “Le immagini più note di Letizia Battaglia consegnano alla storia una delle pagine più sanguinose, poetiche, struggenti e drammatiche della Sicilia. Ma questa mostra intende aprirsi a un universo di fotografie realizzate fuori dalla terra della fotografa, tappe di viaggi fondamentali per comprendere in modo più profondo l’insieme della sua opera e del suo pensiero. Fotografia, cronaca e vita privata confluiscono in unico percorso non cronologico, che mette in luce la straordinaria sensibilità e umanità della fotografa palermitana. Alla sua città è dedicata una selezione di lavori realizzati all’ospedale psichiatrico, dove Battaglia coinvolgeva e rendeva protagonisti i pazienti. Un appuntamento che ha rinnovato più volte negli anni”.
Allo stesso modo, a Reggio Calabria si scoprono i molteplici sguardi della fotografa sul mondo, passando per gli scatti che raccontano le tante contraddizioni della sua Palermo, i ritratti di bambine e bambini ripesi nel loro ambiente familiare e di gioco e i momenti di festa e di incontro, manifestazioni dell’anima più popolare del nostro Paese.
Sette donne per Letizia Battaglia
Letizia Battaglia
Accompagna il progetto espositivo un volume, edito da Electa, che nasce come prosecuzione e ampliamento della mostra, restituendo la polifonia dei lavori di Letizia Battaglia. I curatori del libro, Paolo Falcone e Sabrina Pisu, hanno coinvolto sette donne, scrittrici e autrici che, partendo dalle lettere che compongono l’espressione “senza fine” hanno dato vita a chiavi di lettura della forte personalità, dei progetti e dell’impegno civile della fotografa, all’interno dei diversi scenari sociali di cui è stata testimone.
Letizia Battaglia
La mostra Letizia Battaglia Senza Fine, a cura di Paolo Falcone, è promossa dal Segretariato Regionale per la Calabria–Ministero della Cultura con il supporto e contributo dell’Autorità di Gestione del PON Cultura e Sviluppo (FESR) 2014-2020 Segretariato generale Servizio V ed è organizzata da Electa in collaborazione con l’Archivio Letizia Battaglia e la Fondazione Falcone per le Arti.
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