A Roma la galleria d’Arte Contemporanea di Francesca Antonini festeggia 60 anni.
L’evento a Palazzo delle Esposizioni
Articolo di Valentina Muzi per Artribune-Un traguardo importante che il polo espositivo romano ha deciso di celebrare organizzando un incontro con curatori, collezionisti e artisti che hanno contribuito al successo della storica galleria Maggiormente orientata verso la giovane arte emergente e i linguaggi sperimentali, la galleria d’arte Francesca Antonini si racconta, a sessant’anni dalla sua fondazione, tra aneddoti, testimonianze e racconti a Palazzo delle Esposizioni, oggi 2 ottobre 2024, in compagnia di collezionisti, curatori e artisti che hanno segnato la carriera della galleria.
La galleria Francesca Antonini Arte Contemporanea a Roma: la storia
Fondata da Angelica Savinio, figlia del grande artista Alberto Savinio, nel 1964 sotto il nome di Il Segno, la galleria d’arte contemporanea di Via di Capo le Case a Roma ha avviato un importante percorso di collaborazioni con alcuni dei maggiori artisti internazionali dell’epoca. Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Alberto Burri, Fausto Melotti e Lucio Fontana sono solo alcuni degli artisti che hanno contribuito al successo della galleria, rendendola una delle realtà protagoniste del panorama culturale italiano.
Da “Il Segno” a “Francesca Antonini Arte Contemporanea”
Nel 2014, in concomitanza con il cinquantesimo anniversario della fondazione, la galleria cambia il proprio nome in Francesca Antonini Arte Contemporanea, marcando l’avvio di un nuovo percorso espositivo e il rinnovamento del proprio ambito di ricerca, con la scelta di concentrarsi sulla giovane arte italiana, seguendo artisti come Guglielmo Castelli, Simone Cametti, Marco Eusepi e Francesco Casati, per citarne solo alcuni.
I festeggiamenti a Palazzo delle Esposizioni a Roma
Per celebrare il sessantesimo compleanno della galleria d’arte romana, Palazzo delle Esposizioni ospiterà un incontro il 2 ottobre 2024 alle ore 17 invitando curatori, collezionisti e artisti che hanno contribuito al successo della storica galleria, raccontando ricordi e aneddoti personali. Tra i partecipanti ricordiamo il collezionista Franco Bernabé, gli Gregorio Botta e Simone Cametti, i curatori Ludovico Pratesi e Paola Ugolini e molti altri ancora.
Valentina Muzi (Roma, 1991)è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla Facoltà di Studi Storico-Artistici dell’Università di Roma La Sapienza, laureandosi in Storia dell’Arte Contemporanea e svolgendo il tirocinio formativo presso il MLAC – Museo e Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Ateneo, parallelamente ha frequentato un Executive Master in Management dei Beni Culturali presso la Business School del Sole24Ore di Roma. Dal 2016 svolge attività di PR, traduzione di cataloghi, stesura di testi critici e curatela indipendente. Dal 2017 svolge l’attività di giornalista di taglio critico e finanziario per riviste di settore. Attualmente è membro del Board Strategico presso l’Associazione culturale Arteprima noprofit, nella stessa ha svolto il ruolo di Social Media Manager ed è Responsabile organizzativa della piattaforma Arteprima Academy.
Fonte-Artribuneè la più ampia e diffusa redazione culturale del Paese (conta 250 collaboratori in tutto il mondo) e il più seguito strumento d’informazione, aggiornamento e approfondimento in Italia sui temi dell’arte, della cultura e su tutto ciò che vi ruota attorno.
Edita da Artribune srl, presieduta da Paolo Cuccia (anche presidente del Gambero Rosso), Artribune è la più ampia e diffusa redazione culturale del Paese (conta 250 collaboratori in tutto il mondo) e il più seguito strumento d’informazione, aggiornamento e approfondimento in Italia sui temi dell’arte, della cultura e su tutto ciò che vi ruota attorno: comunicazione, creatività, politica e politiche culturali, editoria, mass media, pubblicità, nuove tecnologie, architettura e urbanistica, design, cinema, musica, teatro, filosofia, letteratura, eccetera.
Non solo web magazine, ma anche free press, grazie a una rivista cartacea gratuita stampata in 55mila copie e distribuita in tutta Italia.
a Roma inaugura la mostra dal titolo :“Verso il Cielo”-
Roma-Mercoledì 2 ottobre 2024 alle ore 18:30 inaugura la mostra personale di Giulia Napoleone (Pescara, 1936) dal titolo Verso Cielo a cura di Roberto Lacarbonara nello spazio espositivo ETworks Studio a Roma, via dei Marsi 41 (quartiere San Lorenzo). L’esposizione – la prima interamente dedicata a un’artista ospite, a seguito dei dialoghi e delle collettive intraprese con l’opera di Tamburi – è realizzata con la collaborazione di Sergio Pandolfini delle Edizioni Il Bulino.
Il “verso” che compare nel titolo della mostra lega insieme una direzione e una composizione: rivolgere lo sguardo al cielo e ad esso dedicare la poesia e l’immagine, la forma che emerge da una ricerca perenne.
Le opere di Giulia Napoleone nascono dall’esigenza di definire una scrittura differente, scevra di parole eppure organizzata per sequenze, ordini, misure, ritmi, partiture. Al colore affida il compito di registrare ogni minima variazione del sentimento; un colore che l’artista predilige per le sue assonanze al cielo: il blu che, ereditando le esperienze secolari della pittura, qui si declina nelle infinite modulazioni della sfumatura oppure si concentra, raggrumandosi, nelle molteplici linee della stesura orizzontale.
L’atto di dipingere – calibrato e reiterato, aderendo a regole non scritte, come un rito – consegna alla carta e alla tela le sue tracce quasi architettoniche, strutture, sequenze organizzate. Nei quadrati che tagliano e modulano campiture dilavate, nell’estensione dei celebri “paesaggi di puntini”, o nelle geometrie sedotte da graduali variazioni della luce, l’artista si esercita nello spazio indistinto del colore per giungere a un ordine, a un registro formale: è come domare l’infinito, arare il cielo, trascendere il dato sensibile per mezzo del controllo, dell’analisi, di una paziente e meditata disciplina.
“Tutta la comprensione delle cose avviene attraverso la poesia, a tutto corrisponde un verso”, sostiene Napoleone. Così come la comprensione è un guadagno di chiarezza, un desiderio di ragione, ugualmente la pittura è questo scorgere un sentiero nella nebbia, nella polvere, nella luce crepuscolare del mattino. Per lei, la materia del dipingere ha una plasticità minima e sensibile, si addensa e si dirada, si concentra in punti e segmenti, oppure sfuma nella complicità della carta, dei margini, dello spazio circostante, fondendosi con la realtà. Dai decenni trascorsi nella pratica del bulino, deriva questo equilibrio tra la profondità del segno e la superficie dei supporti e delle matrici. E nella trama fitta di linee e campi cromatici, lo sguardo indaga e riconosce il mutamento del tempo, di una stagione, di un perpetuo rinnovarsi delle prime luci che annunciano un cielo nuovo.
Note biografiche
Giulia Napoleone (Pescara, 1936, vive e lavora tra Roma e la Tuscia Viterbese), in seguito a una formazione definita attorno ai linguaggi della poesia, della musica classica e della fotografia, si dedica alla pittura e, prevalentemente, alla grafica. Dal 1965 è ricercatrice, poi docente (1974-76) alla Calcografia Nazionale di Roma, stringendo un sodalizio di studio con Guido Strazza. Nel 1967 perfeziona i suoi studi nelle tecniche grafiche presso il Rijksmuseum di Amsterdam.
L’incisione e le altre tecniche dirette (bulino, maniera nera, puntasecca) rappresentano un mezzo espressivo privilegiato e congeniale, accanto all’acquerello e al disegno a pastello e a inchiostro. Nelle prime opere emerge l’uso di segni o unità minimali, impaginati in tessiture astratte o ispirate a forme vegetali e paesaggi immaginari; in seguito, rivolge i suoi interessi alle ricerche sulla luce, ai passaggi cromatici e al ritmo compositivo della linea e del segno, ma anche ai noti “paesaggi di puntini” realizzati con inchiostro, acquerello o matita. Attraverso un approccio meticoloso e sobrio, le sue opere su carta invitano a un esame ravvicinato, rivelando i loro lievi effetti percettivi.
Sue opere sono state esposte in importanti gallerie e istituzioni tra cui: Galleria Numero, Firenze, 1963; Galleria dell’Obelisco, Roma, 1973; La Quadriennale Nazionale d’Arte Roma, 1986 e 1999; Musée des Beaux-Arts de la Ville, Le Locle, Svizzera, 1990; Palazzo Martinengo, Brescia, 1995; Museo di Villa dei Cedri, Bellinzona, Svizzera, 2001; Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi Firenze, 2011. Del 2018 l’importante retrospettiva alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel 2020 la personale alla galleria Il Ponte di Firenze a cura di Bruno Corà e nel 2023, la personale nella sede romana della galleria Richard Saulton.
Giulia Napoleone
Verso Cielo
a cura di Roberto Lacarbonara
ETworks Studio via dei Marsi 41 Roma
Opening: Mercoledì 2 Ottobre 2024, ore 18.30
Apertura: dal 2 Ottobre all’11 Dicembre 2024. Ingresso gratuito
Orari: venerdì e sabato, 16.00-19.00. Gli altri giorni su appuntamento
Nota di Luigi Capano-Fu l’incisore Guido Strazza a fare per la prima volta il nome di Giulia Napoleone (Pescara, 1936). Sull’onda dei ricordi Strazza rivisse gli anni trascorsi alla Calcografia a sperimentare nuove tecniche e a cercare nuovi segni insieme ad un gruppo di appassionati sodali: tra questi, l’artista pescarese, che espone in questi giorni nella sede romana della galleria londinese Richard Saltoun, in Via Margutta.
La sua formazione artistica avvenne a Roma – sullo scorcio degli anni Cinquanta – dove, all’Accademia di Belle Arti, fu allieva di Mino Maccari e di Lino Bianchi Barriviera che la iniziarono alle tecniche incisorie; e dove seppe coltivare fruttuose amicizie formative: basti citare i nomi di Morandi, Flaiano, Scheiwiller, Dorazio, Sinisgalli, Guido Strazza. Si appassionò alla musica e alla poesia. E qualcosa di queste arti risuona, sinesteticamente, nella sua visione plastica. Una trentina i dipinti in mostra, tra opere su carta e oli. Unico il soggetto: il colore blu, osservato, analizzato, inseguito nelle sue continue vibrazioni, nei suoi rapidi neumi giocati su una effimera trama di luce. Ed infine, imbrigliato ed esibito, con consumata perizia, in eleganti geometrie predatorie. Ci lasciamo volentieri avvolgere da questa algida e fluttuante effusione monocromatica che dissimula, fra i diletti del godimento retinico, un’ancestrale nostalgia dell’ineffabile.
Storia del fiume ADIGE-Il fiume è stato protagonista di alcune devastanti alluvioni. Già in epoca romana la sua idrografia subì una variazione: Plinio il Vecchio[3] non cita più il Po di Adria perché l’Adige aveva subito una rotta ed era confluito nella Filistina e in altri due canali, chiamati il Fossone e la Carbonaria (Po di Goro).[4] Successivamente la rotta della Cucca, la catastrofica alluvione del VI secolo (589), secondo le cronache di Paolo Diacono, provocò morte e distruzione a Verona e nelle campagne. Vi è la notizia di altri fenomeni di questo tipo in passato: tra i più gravi sono da ricordare le inondazioni del 1882, del 1966 e del 1981.
Nel 1474, vicino a Castel Firmiano presso Bolzano, l’Adige in piena – chiamato nel documento «wasszer Etsch» – aveva inondato e distrutto le vie di passaggio, al che i duchi d’Austria misero in atto misure di ripristino delle comunicazioni viarie.[6]
Nel 1858 il corso del fiume fu deviato dal centro della città di Trento con uno spostamento del corso verso ovest: si trattò di rettificare il percorso che invece in origine faceva un’ansa verso est, fin quasi sotto alle mura del castello del Buonconsiglio. Tale operazione, che nei progetti doveva servire ad evitare inondazioni e piene nel centro della città, di fatto trasformò profondamente la zona del tracciato originale.
Nel settembre 1882 il fiume ruppe gli argini in nove punti a Bolzano e a San Michele all’Adige, e inondò la parte nord della città di Trento; la piena provocò anche un’alluvione a Verona e un’alluvione in Polesine. Proprio per salvare la città di Verona da possibili inondazioni, nella prima metà del XX secolo fu progettato, costruito e completato nel 1959 un tunnel scolmatore (Galleria Adige-Garda) che congiunge l’Adige in località Mori con il lago di Garda in località Nago-Torbole e che è in grado di convogliare le acque in eccesso dal fiume al lago. A causa della notevole differenza di temperatura e qualità delle acque, si fece ricorso al travaso delle acque molto raramente, soltanto quando strettamente necessario. Il tunnel venne usato infatti soltanto 13 volte tra il 1960 e il 2023: nel 1960, 1965, 1966 (due volte), 1976, 1980, 1981, 1983, 2000, 2002, 2018, 2022 e 2023. L’utilizzo dello scolmatore deve essere coordinato con il livello del lago di Garda e del fiume Mincio per evitare problemi.
Nel novembre 1966 la città di Trento conobbe la più grande alluvione della sua storia: buona parte della città e circa 5.000 ettari di campagna furono sommersi da circa due metri d’acqua. In seguito all’alluvione, gli argini vennero alzati di circa un metro. Nel luglio 1981 gli argini cedettero nei pressi di Salorno che fu sommersa assieme alle campagne circostanti.
Nel 2019 la portata massima che può transitare nel fiume era pari a 2.500 m³/s ed era corrispondente a un tempo di ritorno di 200 anni.
Nel corso del medioevo l’Adige fu anche teatro di importanti azioni militari, come nel 1439, quando le flotte congiunte dei Visconti e dei Gonzaga, allora in guerra contro Venezia, riuscirono a risalire il fiume e prima assediarono Legnago e poi gettarono un ponte di barche fortificato a valle di Verona per bloccare i rifornimenti alla città, mentre nel 1487, sempre lungo l’Adige, a Calliano i veneziani furono sconfitti dall’esercito del duca Sigismondo d’Austria[7].
Informazioni e curiosità sul fiume Adige
Lungo le rive del fiume, sfruttando le strade degli argini, si sviluppa la ciclopista della valle dell’Adige, una delle più lunghe presenti in Italia, che unisce la provincia di Verona con quella di Bolzano.
Ogni anno nel mese di ottobre nel tratto compreso tra Borghetto (TN) e Pescantina (VR) si svolge l’Adige marathon, una gara canoistica sia a livello agonistico che amatoriale.
La Rivista Pan
La Rivista Pan(sottotitolo: «Rassegna di lettere, arte e musica») fu una rivista di lettere, arte e musica, fondata da Ugo Ojetti nel 1933.
La rivista PAN professava un sollecito ossequio a tutte le forme del regime, condivideva gli obiettivi di grandezza nazionale e di ordine nuovo da instaurare nella società italiana e dava il suo pieno consenso ai miti della civiltà latino-mediterranea e del fascismo universale.
Redatta da Giuseppe De Robertis e dal giovane scrittore Guido Piovene per la milanese Rizzoli, Pan, rispetto alla rivista Pegaso che l’aveva preceduta, allarga gli orizzonti a interessi più ampi, spaziando dalla letteratura greca e latina, alla storia, alle arti figurative, secondo un ideale di Humanitas completamente antinovecentesco e filofascista che venne espresso nel numero del gennaio 1934 nell’Avvertenza al lettore.
L’allineamento al regime di Pan passa dai contributi dell’architetto ufficiale del regime Marcello Piacentini e del compositore Ildebrando Pizzetti, alle adulazioni di Ojetti che nel suo articolo Scritti e discorsi di Benito Mussolini, febbraio 1935, ne esalta l’oratoria e altre virtù.
Per quanto riguarda la musica classicistica e antiavanguardista, Mario Labroca esalta la “ricchezza ritmica, chiarezza, logicità di linguaggio” dello stile musicale di Stravinskij.
A parte le specializzazioni differenti, le due riviste di Ojetti sono sostanzialmente simili. Pan terminerà le pubblicazioni nel 1935.
-articolo di Piero TORRIANO scritto per la Rivista PAN n°5 del 1934-
Biografia di Alberto Salietti (Ravenna, 1892 – Chiavari, 1961) è stato un pittore italiano.
Alberto Salietti-Nasce a Ravenna il 15 marzo 1892, figlio e nipote di decoratori murali. Dopo aver iniziato a lavorare con il padre, frequenta fino al 1914 l’Accademia di Brera, ove ha come maestri Cesare Tallone e Mentessi.
Dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale, riprende la sua attività, esponendo dal 1920 alle Biennali di Venezia (nel 1942, ricevendo il Gran Premio per la pittura). Altre esposizioni: l’Internazionale di Barcellona, 1929; l’Internazionale di Budapest, 1936; la Mostra dell’Istituto Carnegie di Pittsburg, 1936; l’Esposizione mondiale di Parigi, 1937; la II e III Quadriennale Roma; la mostra La Bella Italiana, a Milano, nel 1952; il Premio Marzotto, nel 1955 e 1956; il Premio Garzanti nel 1957; il Premio del Comune di Milano nel 1959; la medaglia d’oro a Firenze, al Premio del Fiorino, nel 1961; la XXII Biennale d’Arte alla Permanente di Milano, nel 1961, il premio Bagutta-Vergani.
Salietti è fra i pittori che l’imprenditore Giuseppe Verzocchi contatta per la sua grande raccolta di quadri sul tema del lavoro: Salietti realizza così La vendemmia (1949-1950), quadro che, insieme all’Autoritratto, è oggi conservato nella Collezione Verzocchi, presso la Pinacoteca Civica di Forlì.
È uno dei fondatori del Novecento Italiano, movimento del quale ha ricoperto il ruolo di segretario. I suoi principali soggetti sono paesaggi, ritratti e nature morte. Ha opere in pubbliche gallerie: a Roma (Galleria nazionale d’arte moderna), Firenze, Milano, Torino, Berlino, Zurigo, Monaco, Berna, Montevideo, Cleveland, Mosca, Parigi, Varsavia. Dopo la sua morte, una mostra commemorativa gli venne dedicata a Milano, nel 1964, al Palazzo della Permanente; nel 1967, a Milano, alla Galleria Gian Ferrari; nuovamente alla Gian Ferrari, nel 1969, per le tempere; nel 1970, a La Panchetta di Bari; nel 1971, ancora a Milano, alla Galleria Cortina, per le opere grafiche. Una mostra postuma venne pure organizzata dall’Azienda di Soggiorno e Turismo di Chiavari, nel 1972, a Palazzo Torriglia, con una selezione di opere pittoriche e grafiche.
Biografia di Alberto Salietti (Ravenna, 1892 – Chiavari, 1961) è stato un pittore italiano.
Alberto Salietti-Nasce a Ravenna il 15 marzo 1892, figlio e nipote di decoratori murali. Dopo aver iniziato a lavorare con il padre, frequenta fino al 1914 l’Accademia di Brera, ove ha come maestri Cesare Tallone e Mentessi.
Dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale, riprende la sua attività, esponendo dal 1920 alle Biennali di Venezia (nel 1942, ricevendo il Gran Premio per la pittura). Altre esposizioni: l’Internazionale di Barcellona, 1929; l’Internazionale di Budapest, 1936; la Mostra dell’Istituto Carnegie di Pittsburg, 1936; l’Esposizione mondiale di Parigi, 1937; la II e III Quadriennale Roma; la mostra La Bella Italiana, a Milano, nel 1952; il Premio Marzotto, nel 1955 e 1956; il Premio Garzanti nel 1957; il Premio del Comune di Milano nel 1959; la medaglia d’oro a Firenze, al Premio del Fiorino, nel 1961; la XXII Biennale d’Arte alla Permanente di Milano, nel 1961, il premio Bagutta-Vergani.
Salietti è fra i pittori che l’imprenditore Giuseppe Verzocchi contatta per la sua grande raccolta di quadri sul tema del lavoro: Salietti realizza così La vendemmia (1949-1950), quadro che, insieme all’Autoritratto, è oggi conservato nella Collezione Verzocchi, presso la Pinacoteca Civica di Forlì.
È uno dei fondatori del Novecento Italiano, movimento del quale ha ricoperto il ruolo di segretario. I suoi principali soggetti sono paesaggi, ritratti e nature morte. Ha opere in pubbliche gallerie: a Roma (Galleria nazionale d’arte moderna), Firenze, Milano, Torino, Berlino, Zurigo, Monaco, Berna, Montevideo, Cleveland, Mosca, Parigi, Varsavia. Dopo la sua morte, una mostra commemorativa gli venne dedicata a Milano, nel 1964, al Palazzo della Permanente; nel 1967, a Milano, alla Galleria Gian Ferrari; nuovamente alla Gian Ferrari, nel 1969, per le tempere; nel 1970, a La Panchetta di Bari; nel 1971, ancora a Milano, alla Galleria Cortina, per le opere grafiche. Una mostra postuma venne pure organizzata dall’Azienda di Soggiorno e Turismo di Chiavari, nel 1972, a Palazzo Torriglia, con una selezione di opere pittoriche e grafiche.
Roma Municipio XIII-Fotoreportage di Franco Leggeri-
“-Neve a Castel di Guido e Residenza Aurelia-“
Roma Municipio XIII-Castel di Guido e Residenza Aurelia–26 febbraio 2018 – E, alla fine, anche i più prudenti sono stati smentiti e la neve è arrivata. Poco dopo l’una di questa notte i primi fiocchi di neve hanno iniziato ad imbiancare Castel di Guido e la Residenza Aurelia. La neve , per l’intera notte, ha accarezzato la Capitale. Entrata da nord, dopo aver imbiancato tutta la Provincia di Viterbo , la perturbazione nevosa ha coinvolto la nostra Città e Castel di Guido. Alleghiamo al post un fotoreportage sulla nevicata che ha interessato la Residenza Aurelia.
PIANO NEVE DEL CAMPIDOGLIO-
Scuole chiuse
Ieri pomeriggio il Comune di Roma ha emanato un’ordinanza che prevede la chiusura delle scuole: “Preso atto dell’ultimo aggiornamento delle previsioni fornite dalla Protezione Civile regionale, che confermano i rischi di neve e forti gelate, è stata firmata ordinanza sindacale che dispone la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, compresi gli asili nido, sul territorio di Roma per lunedì 26 febbraio”. Provvedimenti analoghi sono stati presi da tutti i Sindaci della Città Metropolitana , sono sospese anche le lezioni e gli esami nelle Università della Capitale.
Chiusi parchi, cimiteri e ville storiche
Una seconda ordinanza, firmata sempre dalla sindaca Raggi, è quella relativa a parchi, cimiteri e ville storiche che resteranno chiusi fino a cessata allerta.
Piano neve di Atac
Anche Atac è “in trincea”. Varato il piano neve: in servizio saranno solo le linee di bus che garantiranno gli spostamenti lungo le direttrici principali della città con vetture dotate di gomme termiche. L’intera rete metro-ferroviaria (metro A, B e C, ferrovie Termini- Centocelle, Roma-Lido e Roma-Viterbo) sarà regolarmente in servizio.
La costruzione della via Aurelia assunse subito una grande importanza. La sottomissione dei popoli del sud est della Gallia permise di accorciare il tragitto e di conseguenza il tempo di percorrenza tra Roma e la Spagna. Grazie alla via Aurelia, Giulio Cesare giunse ad Arles partendo da Roma in otto giorni, per poi giungere in soli 27 giorni in Spagna, accompagnato dal suo esercito. Il cursus publicus, il servizio di posta romano, giungeva in Spagna percorrendo 70 chilometri al giorno, con quattro cambi di cavallo durante l’arco della giornata.
Itinerario
Il tracciato della via romana, poi detto via Aurelia Vetus (ancora oggi via Aurelia antica), partiva dal Foro Boario oltrepassando le Mura serviane e il Tevere sul pons Sublicius, poi sostituito dal ponte Emilio (attuale ponte Rotto) e attraversava la zona paludosa di Trastevere (in parte su viadotto ancora visibile nelle cantine di via della Lungaretta), salendo quindi sul Gianicolo (via della Paglia, vicolo della Frusta, via di Porta San Pancrazio) e superando le Mura aureliane a porta Aurelia (oggi porta San Pancrazio).
A Pisa la viabilità consolare lungo la costa tirrenica si interrompeva a causa di due componenti fondamentali che ne impedivano la prosecuzione: da una parte, la presenza dell’ampia zona paludosa detta Fossae Papirianae (riportate nella Tabula Peutingeriana) nell’attuale costa della Versilia (da Migliarino Pisano fino a Luni, poco lontano dall’odierna Sarzana); dall’altra, la presenza degli scomodi e bellicosi Apuani, detti anche Liguri Montani o Sengauni.
Segmentum IV; Rappresentazione delle zone Apuane con indicate le colonie di Pisa, Lucca, Luni ed il nome “Sengauni”; il tratto Pisa-Luni non è ancora collegato
Cosicché il percorso della via Aurelia dopo Pisa andava verso Lucca, attraverso la deviazione di Corliano, Rigoli e Ripafratta (San Giuliano Terme) e, incuneandosi poi nel Forum Clodii (Garfagnana), entrava in Lunigiana attraverso la valle del Serchio (Auser) e la val d’Aulella (Audena) per ricongiungersi con la viabilità di Luni.
Il brevissimo tratto paludoso da Pisa a Luni (solo poche miglia terrestri) interruppe così la viabilità costiera fino al 56 a.C., quando Giulio Cesare ebbe la necessità impellente di sveltire i collegamenti viari in vista della conquista della Gallia. Per tale ragione strategica egli diede incarico al figlio di Marco Emilio Scauro (di nome anch’esso Marco Emilio Scauro) di costruire una sorta di “scorciatoia” che potesse collegare Pisa con Luni (Luna). Questa seguì un percorso collinare, sempre però con deviazione su Lucca, diventando quella che oggi è la strada provinciale Sarzanese, che effettivamente collega Lucca con Camaiore (Campus Major) e con Massa (Tabernae Frigidae), proseguendo infine verso Sarzana sempre con percorso collinare.
Intorno al 13 a.C. Augusto fece costruire la via Julia Augusta verso Marsiglia (antica Massalia) insieme all’edificazione del Trofeo di Augusto a La Turbie (sopra l’attuale Principato di Monaco), per celebrare la sottomissione di tutte le popolazioni alpine. A Nîmes (Colonia Augusta Nemausensis), la Julia Augusta si raccordava con la via Domizia, la più antica costruita in Gallia dai Romani, lunga circa 620 km, da Segusium (Susa) ai Pirenei.
Nei tempi successivi, mediante la riunione di ulteriori tratti di viabilità nell’entroterra ligure di levante e di ponente e con l’aggiunta di migliorie nella Sarzanese, la via Aurelia andò componendo nei secoli quel “puzzle” che è l’attuale via Aurelia da Roma fino a Ventimiglia (confine di Stato) e prosegue verso Nizza, Tolone e Marsiglia fino ad Arles, portando così la lunghezza totale del sistema Aurelia/Julia-Augusta a 962 chilometri.
L’itinerario in Francia
All’ingresso in Francia, prende il nome di Via Julia Augusta e copre tutta la Costa Azzurra passando per diverse stazioni. Proprio grazie ad esse è stato possibile individuare il reale percorso della Via Aurelia.
La prima stazione è quella di Cap Martin dove sono stati ritrovati i resti di un mausoleo romano. Da qui, nasce un’altra via minore che conduce a Porto d’Ercole, nel principato di Monaco. A seguire, si giunge al colle di Turbia. Qui, nel 6 a.C., il senato romano decise di costruire il Trofeo delle Alpi, per commemorare la vittoria dell’imperatore Augusto sulle popolazioni ribelli delle Alpi. Si trattava di un monumento di grandi dimensioni per l’epoca con i suoi circa 50 metri di altezza che culminavano nella statua di Augusto, posta in cima alla costruzione. Dopo l’abbandono temporaneo a causa della caduta dell’Impero Romano, fu parzialmente distrutto per essere poi utilizzato come fortezza durante il Medioevo e infine, nei primi anni del Settecento, scavato per necessità minerarie. Insieme alla costruzione, fu attuato un rafforzamento della strada che passava proprio ai piedi della collina.
Nel 14 a.C., Augusto scelse la città di Cemenelum, situata sulle alture dell’attuale Nizza e oggi quartiere della città nizzarda sotto il nome di Cimiez, come capoluogo dell’antica provincia romana delle Alpi Marittime. Attualmente sono presenti i resti di un sito gallo romano composto da tre terme, un quartiere abitato, un anfiteatro e una cattedrale dotata di battistero paleocristiano.
La via attraversa il comune di La Gaude, in un tratto lungo il quale è presente un cenotafio romano contenente un’urna funebre di un legionario imperiale, Cremonius Albucus. Inoltre, la presenza di un ponte romano in pietra attesta l’interesse archeologico della Via Aurelia in questo settore. Segue poi un passaggio da Antibes, una città greca annessa nel 43 a.C. a Roma, in cui vengono costruiti un municipio, un teatro, un arco di trionfo e vari acquedotti.
La città successiva è Forum Julii, oggi Fréjus, all’epoca abitata da più di 6000 persone ed estesa su una trentina di ettari. Fondata da Giulio Cesare nel 49 a.C., vi nacquero personalità illustri come Publio Cornelio Tacito e Gneo Giulio Agricola. Da città commerciale, divenne un porto di guerra tra i più importanti del Mediterraneo in cui si instaurarono i soldati dell’Ottava Legione. Con la diffusione del cristianesimo, divenne sede episcopale. Anche a Fréjus sono numerosi i resti della civiltà romana, tra cui acquedotti, un teatro, un anfiteatro, le terme, la porta di Gaules e un faro noto come lanterna di Augusto. La via Aurelia seguiva da qui il corso dell’Argens tracciando in parte l’attuale strada nazionale da Muy a Vidauban per arrivare a Luc. Raggiunge poi Cabasse e Brignoles, dove è situata una stazione di posta. Uno snodo chiave è quello di Tourves, punto strategico per l’esercito romano, cui segue la città di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume che anticipa i resti del Trofeo di Mario presso Pourrières, eretto nel 102 a.C. dopo la vittoria del console Mario sui Teutoni.
La via Aurelia arriva a Acquae Sextiae, l’attuale Aix-en-Provence, la cui storia è legata a quella dell’Oppidum di Entremont. I Romani distrussero l’oppidum nel 123 a.C. per eliminare un punto nevralgico dei Liguri. Il proconsole Sextius costruì una fortezza nei pressi di sorgenti termali e le diede il nome di “acque di Sextius”. Dalla fortezza si sviluppò un villaggio che divenne definitivamente colonia nel 15 a.C. e vide la propria economia crescere fino a permetterle di diventare capitale amministrativa della Gallia Narbonense. Nell’invasione del IV secolo, la città fu parzialmente distrutta.
Da Aix, la strada si divide verso Marsiglia, Vitrolles, Fos e Arles.
La via Aurelia passa dal nord di Eguilles diretta verso il sud di Salon-de-Provence, sede della stazione di Pisavis. Questa stazione è oggi distrutta e le sue mura sono conservate in una proprietà privata. Da qui raggiunge Mouriès, la piana di La Crau, il mas d’Archimbaud, il mas Chabran, Le Paradou e Estoublon. Qui partiva la strada verso Arles, città gallo romana per eccellenza, che aveva un ruolo strategico e economico. Inoltre, qui si instaurò la quinta legione. L’espansione fu interrotta dalle invasioni del III secolo ma presto ripristinata quando l’imperatore Costantino I vi si stabilì. Arles era un capoluogo di provincia, prefettura delle Gallie e sede di un’importante zecca monetaria. Inoltre, è sede di numerosi monumenti di epoca romana: oltre all’anfiteatro, al teatro e al circo, vi si trovano le terme di Costantino, il foro e la necropoli di Alyscamps.
Nella località di Ernaginum è situato l’odierno sito di Saint-Gabriel sede del più grande nodo stradale tra via Aurelia, via Domizia e via d’Agrippa. Da qui, la via Aurelia confluisce nella via Domizia e si dirige in Spagna.
Sviluppo della via Aurelia
Di seguito vengono riportati alcuni dei luoghi toccati o sfiorati dal percorso dell’antica via Aurelia (fra parentesi sono riportati i chilometri), degli avvenimenti e degli argomenti correlati.
Nota di Mary Liguori :”Dipinti ad olio dell’artista russo Georgy Kurasov : Cubismo e geometria del corpo, cubismo, l’arte mescolata con la scultura, . Georgy Kurasov è nato nel 1958 in URSS, in quella che era allora Leningrado. Vive e lavora nello stesso posto, . Gli americani vedono Georgy Kurasov come un artista russo, i russi come un artista americano, per i pittori lui è uno scultore, gli scultori sono sicuri che è un pittore, lui cerca solo di essere se stesso, di non essere come nessun altro”. Nota di Mary Liguori
L’artista russo Georgy Kurasov ha uno stile particolare nel realizzare i suoi dipinti di donne pieni di colore e movimento. Quasi tendente all’astrattismo e con qualche indiretta influenza cubista. Un risultato estetico frutto di un percorso artistico del tutto unico. Georgy infatti si forma dapprima come scultore, ma poi esplora il campo della pittura e lo fa aderendo alla filosofia ed estetica del neo-costruttivismo. Il movimento che enfatizza la geometria non ortodossa, linee libere di intersecarsi e dare vita a nuove situazioni di volta in volta. Un approccio che distorce i corpi dei suoi soggetti e li restituisce in modo frammentato. In proporzioni surreali, ma anche ricche di vita e colori.
Biography Georgy Kurasov was born in 1958 in the USSR, in what was then Leningrad. He still lives and works in the same place, but now the country is Russia and the city is called St Petersburg. Without any effort on his part whatsoever, Georgy seems to have emigrated from one surreal country to another.
His native city was irrational from the very moment of its foundation. Situated on the same latitude as the southern shores of Alaska, on the swampy delta of the River Neva where no one had ever settled before, this new capital city grew up on the very edge of a monstrous empire.
Here on the totally flat surface carved across by rivers, streams and canals, European architects laid out, like images on a canvas, straight avenues, streets and squares, they built Greco-Roman porticoes and Baroque palazzi, erected sculptures and fountains, amidst something akin to permafrost where half the year is dominated by ice and frost and the other half by damp and rain.
It is hard to find a more artificial – more artistic – city.
Georgy spent his childhood on the Petrograd Side, to the north of the city, in a tiny little flat with windows that looked out onto an even tinier courtyard. As far as he recalls, he modelled things in plasticine and drew resting on the vast wooden windowsills. Not so much aesthetic pastimes as compensations for the grey minimalism of everyday life, the absence of light and bright colours.
At thirteen years old his mother put him in the art school attached to the Academy of Arts. At the interview it was politely explained that there was nothing for Georgy in the painting department since he had a total lack of feeling for colour. So they suggested Georgy Kurasov join the sculpture class.
In some way he was pleased, since all the painted images they showed him seemed terribly boring, and Georgy had great interest in form.
That was when he began his professional training.
In 1977 Georgy Kurasov entered the sculpture department of the Academy of Arts.
He spent six years in the vast studio of a building erected during the time of Catherine the Great, in the late 18th century. Those gloomy, narrow, incredibly high vaulted corridors, the vast, cold, grimy studios, everything was inhabited by the ghosts of long dead masters of ages past, whose influence was far more real than the insignificant apologists of Socialist Realism and of Marxist-Leninist aesthetics. The Academy was a solid amalgamation of temple to and prison of the arts.
Yet those years in the Academy were the best years of his life. Nearly all Georgy’s friends and colleagues date from those years.
The circles he moved in were intellectual, talented, young – which meant free, with the exception of the one or two informers that were simply an obligatory element of life in those years and did little to alter the overall picture.
It was then that Georgy met his wonderful Zina, who was later to occupy nearly all his space, both physical, in his life, and creative, in his works.
Almost immediately after his diploma Georgy Kurasov was called up for army service, but even there he was armed not with a rifle but with paints, since he was lucky enough to be appointed Court Artist to his general.
In 1984 Georgy Kurasov was at last demobbed. He was free.
Over the next few years he took part in all kinds of exhibitions and competitions in order to score the Brownie points necessary to gain membership of the Union of Artists, since that was more or less the only way of being allocated a separate studio.
It was not the easiest of times. In order to take part in exhibitions you had to have something to display. And in order to create that something to display, you had to have a place in which to create it. Georgy had nowhere.
At last, however, he managed to join the happy ranks of members of the Union of Artists, was allocated his tiny studio, and thought he was at the very peak of happiness. All around him the country was in turmoil, at the very heights of Gorbachev’s ‘perestroika’, people passionately quenching their thirst for information whilst battling with a hunger of somewhat more concrete physical nature caused by food shortages.
Things were now rather difficult for artists, particularly as far as sculpture was concerned. Sculpture, as is well known, is an art form for either rich or totalitarian states. The totalitarian state had ceased to exist but it had not become rich.
Georgy Kurasov started to paint, but it soon became clear that selling his pictures for any acceptable price was going to be impossible, and so he had to feed his family by producing small pastels which Georgy sold through small galleries dealing mainly in souvenirs for foreign tourists.
In 1991 the Soviet Union collapsed. By that time Kurasov had put together a large body of paintings, but had absolutely no idea what he was going to do with them. The future looked bleak.
Then in 1993 his works were first exhibited in the USA. Since then, Georgy Kurasov have exhibited and sold his paintings exclusively in North America.
It is many years since he dropped out of the world of sculpture in Russia, and he never formed part of the world of painting there. Kurasov knows there are plenty of people who, noting the absence of his works at Russian exhibitions, think he has emigrated.
Americans see Georgy Kurasov as a Russian artist, Russians as an American artist. Painters think he is a sculptor. Sculptors are sure he is a painter.
And when Georgy Kurasov thinks of it, he rather like this borderline existence. Perhaps it what makes it possible to be himself, to be unlike anyone else.
GEORGY KURASOV 1958 URSS – ATTIVO a SAN PIETROBURGO
Fin da sempre si dedicò all’arte della pittura, dopo un’adolescenza burrascosa e difficile, per mantenere la sua famiglia iniziò a lavorare come artista. Fino a che nel 1993 ci fu la svolta vera e propria, perché le sue opere vennero esposte negli Stato Uniti, da quel momento in poi espose le sue opere solo ed esclusivamente nel Nord America.
All’interno dei suoi dipinti sono racchiusi diversi stili, tanto che lo fanno sembrare un artista russo, ma talvolta americano, taluni pensano sia uno scultore, altri che sia un pittore, a causa della sua formazione e dei suoi interessi per il mondo dell’arte e della cultura.
Il suo soggetto prediletto è la donna, il modo con cui le rappresenta è di totale rispetto, donando ad ognuna una sensualità elevata.
Roma- SottoSopra Art Studio proroga la mostra:” Mediterraneo e Donna”-
Roma-SottoSopra Art Studio è lieto di annunciare la proroga della mostra “Mediterraneo e Donna”, che resterà aperta al pubblico fino al 5 ottobre 2024, dando così l’opportunità a un numero maggiore di visitatori di immergersi in questo emozionante viaggio artistico.
La mostra esplora le tradizioni mediterranee e la figura femminile attraverso l’opera di dodici artisti contemporanei di grande talento: Annamaria Iodice, Emiliano Esposto, Esme Sbragia, Federica Cipriani, Ganga Art (Daniele Gangarossa), Loli (Lobat Mirsadeghi), Marco Curatolo, MoniKart (Monica Roganti), Patrizia Barone, Pika (Yasnier Rivera Farrés), Rosanna Cerutti, SerGiotto (Sergio Viscardi)
L’esposizione è articolata in cinque aree tematiche che esplorano la cultura, la società, le esperienze quotidiane, la moda e l’ambiente mediterraneo, con un’attenzione speciale alla figura femminile e al suo ruolo storico e contemporaneo.
Ogni artista porta una visione unica, contribuendo a costruire un mosaico di storie e immagini che celebrano la ricchezza culturale e sociale del Mediterraneo e della donna.
Artisti in mostra:
– Annamaria Iodice: Materiali ecocompatibili incontrano la raffinatezza dell’arte orafa.
– Emiliano Esposto: Pennellate che evocano la fragilità dell’animo umano.
– Esme Sbragia: Innovativi collage digitali che trasportano in mondi futuristici.
– Federica Cipriani: Esplosione di colore e fantasia per celebrare la forza femminile.
– Ganga Art (Daniele Gangarossa): Innovazione attraverso pixel e codici.
– Loli (Lobat Mirsadeghi): Visioni simboliche che invitano alla riflessione.
– Marco Curatolo: Ritratti che narrano storie umane profonde.
– MoniKart (Monica Roganti): Opere che riflettono una visione personale e intensa della realtà
– Patrizia Barone: La tradizione sartoriale rivive nei suoi tessuti.
– Pika (Yasnier Rivera Farrés): Colori caraibici che danzano sulla tela.
– Rosanna Cerutti: Esplora le profondità dell’universo femminile.
– SerGiotto (Sergio Viscardi): Arte poliedrica che fonde pittura, cinema e musica.
Cogliete l’occasione per visitare “Mediterraneo e Donna” in questo periodo esteso, immergendovi nelle narrazioni visive che queste opere propongono.
Per ulteriori informazioni e dettagli sulla mostra, potete contattarci all’indirizzo
e-mail: sottosopraartstudio@hotmail.com o al numero 351 757 2311.
Informazioni, orari e prezzi
Mostra: “Mediterraneo e Donna”
Luogo: SottoSopra Art Studio, Via Ardea 10, Roma, Zona San Giovanni
Nuove Date: Dal 14 settembre al 5 ottobre 2024
Vernissage: 14 settembre 2024, ore 18:00
Roma- Medina Art Gallery presenta la mostra personale di Maria Grazia Emiliani- “Sguardi nel deserto”
ROMA-Dal 27 settembre al 3 ottobre 2024 Medina Art Gallery presenta la mostra personale di Maria Grazia Emiliani, “Sguardi nel deserto”, testo curatoriale e presentazione a cura di Matilde Spedicati, presso la galleria di via Merulana, 220. L’evento di opening si terrà il giorno venerdì 27 settembre 2024 alle ore 18:00 presso la galleria di via Merulana, 220 con la presentazione di Matilde Spedicati
Rosso è passione, calore, pericolo, vita, rabbia. Per Maria Grazia Emiliani, rosso è Africa, un desiderio nato dalla lettura di “Sognavo l’Africa” di Kuki Gallmann. Emiliani, diplomatasi all’Accademia di Belle Arti e, in seguito, all’Istituto di Arti Ornamentali di Roma, coltiva la sua passione per l’arte anche durante la sua carriera al Senato. In pensione, decide di vivere il suo sogno africano, come Karen Blixen, e nel 2014 si reca a Mambrui, Kenya, per un mese, prestando assistenza in un orfanotrofio.
L’arte di Emiliani ci parla della sua esperienza africana. Le sue opere riflettono a pieno le contraddizioni di questa Terra: magnificenza, vita, amore, ma anche dramma, violenza, ignoto, quindi pericolo. I suoi dipinti, istantanee di memoria, mostrano paesaggi e volti che riflettono la natura catartica dell’Africa, capace di evocare emozioni profonde e primitive. Emiliani si allontana da quell’immaginario proprio dell’arte visiva coloniale, euro-centrica, mettendo in scena un’Africa personale, fatta di paesaggi onirici, come anche di legami, simboli, costumi –espressioni di una civiltà. Questa sua fase artistica, piuttosto libera da vincoli accademici, riflette uno sguardo primitivo, intriso di lirismo, che indaga la realtà, alla ricerca di un senso, nella consapevolezza delle molteplici sfaccettature della vita su questa Terra, proprio come la sua espressione artistica.
La mostra itinerante di Emiliani rappresenta un viaggio senza fine, dove ogni quadro è una rivelazione costante. La tela diventa metafora della vita, e l’arte di Emiliani immerge l’osservatore nell’immaginario di un’Africa desiderata, vissuta e combattuta, invitandolo, al contempo, a porsi in discussione, riflettendo sul significato degli sguardi indagati.
Informazioni, orari e prezzi
Titolo Mostra: “Sguardi nel deserto”
Opening Mostra: venerdì 27 settembre h 18
Durata Mostra: dal 27 settembre al 3 ottobre, 2024
Luogo: Medina Art Gallery/ Via Merulana, 220
Contatti Medina Art Gallery:
Email: info@medinaroma.com -Tel. +39 06 960 30 764
Social: facebook.com / medinaroma.arte / Instagram.com / medinaroma.arte
Website: https://www.medinaroma.com
Orario di apertura: Dal lunedì al venerdì 10:00-13:00 e 15:00-19:00
Decrizione del libro di Peter Lindbergh-Editore Taschen-With such credits as the Calvin Klein Eternity campaigns, shooting the first Vogue cover under Editor-in-Chief Anna Wintour, and helping to catapult the ’90s supermodels to mega fortune and fame, Peter Lindbergh has emblazoned his name into the halls of fashion history. The industry quickly became enamored with his almost anti-fashion fashion photography, capturing the spirit of his subjects rather than highlighting impossible ideals. In this book, the influential Lindbergh works to redefine beauty standards with awe-inspiring, never-before-seen images taken at his iconic Pirelli shoot. Beautiful women with beautiful minds are portrayed simply, accessibly, and in breathtaking fashion—unapologetic pores, fine lines, freckles, and all. The only photographer granted permission to shoot the calendar more than twice, Lindbergh leverages the marketing tool as an opportunity to communicate the zeitgeist. In lieu of opting for a traditional nudity-focused aesthetic and flawless supermodel lineup, he casts 14 Hollywood actresses (including 11 Oscar winners) instead. The message? True beauty isn’t perfect; it’s rooted in interest, intelligence, and emotional appeal. The photographer: Peter Lindbergh was born in Lissa, Germany, in 1944. His celebrated work is part of many permanent collections of fine art museums and has been presented in prestigious museums and galleries around the world, from the Victoria & Albert Museum in London to Centre Pompidou in Paris, as well as in solo exhibitions at Hamburger Bahnhof, Museum für Gegenwart, Berlin; Bunkamura Museum of Art, Tokyo; and the Pushkin Museum of Fine Arts, Moscow. Lindbergh lives and works between Paris, New York, and Arles.
Giovanni Gastel:<<Con la fotografia guadagno, con la poesia mi racconto.>>
Affermazione di Giovanni Gastel (Milano, 1955 – Milano, 2021), fotografo di fama internazionale e poeta, tratta da un’intervista al magazine K Mag.
Scomparso a causa del Covid 19 all’età di 65 anni, l’artista milanese è stato soprattutto un celebre fotografo di Moda, autore in Italia, Francia, Regno Unito e Spagna delle campagne promozionali dei principali stilisti europei.
Apparteneva ad una famiglia dell’alta borghesia meneghina che annoverava altri importanti geni dell’immagine, come lo zio Luchino Visconti, fratello di sua madre, uno dei maggiori registi del Cinema italiano.
Gastel si è dedicato anche al ritratto, coronando nel 2020 la sua prestigiosa carriera con una mostra al museo Maxxi di Roma di 200 foto di VIP mondiali, tra cui Barack Obama.
Non rinunciò mai, però, a coltivare la sua passione per la scrittura. A soli sedici anni pubblicò la sua prima raccolta di versi per l’editore Cortina, dal titolo ‘Casbah’, mentre l’ultima silloge risale al 2009 e si chiama ‘Cinquanta’.
“Avrei fatto il poeta -confidava ad Arts Life- se non avessi incontrato questo amore folgorante per la fotografia.”
Risuona nella sua poesia lirica ed intimista, dal dettato volutamente sobrio ed accessibile, l’eco di una vita eccezionale, illuminata dal talento e dal senso estetico, ma purtroppo stroncata precocemente dal virus pandemico il 13 marzo di tre anni fa.
“Fotografia e Poesia -spiegava- sono due mondi separati. Con le immagini racconto il mondo come vorrei che fosse. Le mie poesie invece sono uno strumento di dialogo, non una ‘pippa’ per me stesso. Non scrivo in modo roboante! Io scrivo della vita semplice e che tutti possono capire.”
Poesie di Giovanni Gastel
OMBRA
(Giovanni Gastel)
Ombra che conforti
scendi con la sera
su questo mio corpo stanco
parlami dell’altra vita che verrà
o del nulla che mi aspetta
quando finirà questa battaglia dentro di me.
Paura e pace si abbracciano in ogni addio.
SE NON FOSSE
Se non fosse per questa splendida
giornata di pioggia incessante.
Un abbraccio d’acqua.
Un battesimo del
cielo.
Un lavacro del corpo
e dell’anima insieme.
Se non fosse per il ricordo nitido
che questa pioggia mi porta
del tuo impermeabile nero stretto in vita
mentre mi guardi con amore,
cosa sarei se non un altro vecchio
appoggiato al tempo che finisce.
RICORDO
Ricordo un piccolo cane
disteso sull’erba tra noi due.
Era il momento dei pensieri profondi
e delle paure.
Era il tempo difficile dell’adolescenza.
Non ricordo
come vorrebbero da me i poeti illuminati
“Un uggioso divenire di rugiade cedevoli
e neppure cieli rovinosi di arcane memorie”.
Ricordo solo un prato fresco
e due giovani anime distese
e un piccolo cane addormentato.
E il futuro che ci guardava con dolcezza
sotto forma di nuvola immobile
sopra di noi.
Giovanni Gastel, one of the greatest fashion and entertainment photographers
Giovanni Gastel, one of Italy’s greatest fashion and entertainment photographers, passed away today at Milan’s Fiera Hospital at the age of 65. He had been hospitalized for a Covid-19 infection. He was born in Milan on December 27, 1955, to Giuseppe Gastel and Ida Visconti di Modrone (he was a grandson of Luchino Visconti on his mother’s side), and was the last of seven children. He had begun working in the world of photography in the 1970s, when he was very young: instead, his arrival to professionalism dates back to the early 1980s, when he began working first for Annabella and then for fashion magazines such as Vogue, Elle and Vanity Fair, and for fashion brands such as Christian Dior, Gianni Versace, Trussardi, Krizia, and Ferragamo.
Gastel’s forays into the artistic field are also several, which can be said to have officially opened in 1997 with an exhibition of his work at the Milan Triennale, curated by Germano Celant. In the 2000s, the Milanese photographer delved into the genre of portraits, and with his camera he captured personalities such as Barack Obama, Ettore Sottsass, Marco Pannella, Roberto Bolle, Gianna Nannini and many other well-known faces from the world of entertainment. In 2020, a major exhibition of his had been held at MAXXI in Rome with more than 200 portraits from the world of culture, design, art, music, politics, and entertainment.
“Covid has also snatched Giovanni Gastel from us,” said Cultural Heritage Minister Dario Franceschini. “Italian photography loses a great protagonist loved and esteemed all over the world. An original, graceful artist with a profound aesthetic sense who, with his shots, was able to portray and capture the intimacy of the great personalities of fashion and international culture. Only a few months ago I had the honor of visiting with him his last beautiful exhibition at MAXXI that documented an important part of his work as an artist in over forty years of activity. We will miss his art and his intelligence.”
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.