Teatro, Autori, Attori e Pubblico nell’antica Roma.
Roma- Al Museo dell’Ara Pacis una grande mostra su una delle più importanti istituzioni culturali dell’antichità.La forza vitale degli spettacoli teatrali, la loro popolarità, le vite difficili degli attori e degli altri grandi protagonisti del mondo teatrale nell’antica Roma saranno raccontati nella mostra Teatro.
Autori, attori e pubblico nell’Antica Roma, in programma fino al 3 novembre2024 al Museo dell’Ara Pacis. Il visitatore / spettatore sarà condotto ‘oltre’ la scena, dentro i meccanismi di produzione, nei ‘camerini degli attori’, sui palcoscenici e sugli spalti dei teatri antichi: una ricostruzione viva, in cui gli stessi protagonisti – attraverso interventi multimediali creati ad hoc – coinvolgeranno il pubblico raccontando le loro vite, le storie che hanno interpretato, il loro ruolo di autori o performers in una società così simile e insieme tanto diversa dalla nostra. Le maschere saranno il filo conduttore di questa immersione: dalle più antiche tra quelle pervenute fino ai nostri giorni (V secolo a.C.) a quelle ellenistiche del III – II secolo a.C., fino a quelle, spettacolari, di epoca romana. Le maschere sono anche “caratteri” scenici di lunga durata, tragici, comici e grotteschi: il visitatore scoprirà così l’origine antichissima di tanti personaggi del teatro moderno, dal vecchio misantropo, al giovane seduttore, dal servo scaltro ai giovani amanti ostacolati dalle diverse condizioni sociali.
Una tradizione viva e pulsante, che consentirà di aprire una finestra anche sul teatro contemporaneo. La mostra verrà illustrata da oltre 240 opere provenienti da 25 diversi prestatori con un percorso espositivo ricco di autentiche rarità come, ad esempio, la coppa di produzione attica proveniente dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze con una delle rarissime rappresentazioni di una processione in onore di Dioniso, dio del teatro; un significativo esemplare di antica maschera in terracotta, forse ad uso teatrale, dal Museo Archeologico Regionale ‘Paolo Orsi’ di Siracusa o il famoso “vaso di Pronomos” dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, forse il più importante tra i reperti a soggetto teatrale pervenuto. L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura. Mostra a cura di Orietta Rossini e Lucia Spagnuolo. Media Partner: Rai Pubblica Utilità, Rai Radio3. Catalogo: L’Erma di Bretschneider, a cura da Salvatore Monda, Orietta Rossini e Lucia Spagnuolo.
Info: Museo dell’Ara Pacis, dal 21/05/2024 al 03/11/2024 Ufficio stampa Zètema Progetto Cultura Lorenzo Vincenti (+39) 347 1025613 l.vincenti@zetema.it Chiara Sanginiti (+39) 340 4206787 c.sanginiti@zetema.it
Storia del fiume ADIGE-Il fiume è stato protagonista di alcune devastanti alluvioni. Già in epoca romana la sua idrografia subì una variazione: Plinio il Vecchio[3] non cita più il Po di Adria perché l’Adige aveva subito una rotta ed era confluito nella Filistina e in altri due canali, chiamati il Fossone e la Carbonaria (Po di Goro).[4] Successivamente la rotta della Cucca, la catastrofica alluvione del VI secolo (589), secondo le cronache di Paolo Diacono, provocò morte e distruzione a Verona e nelle campagne. Vi è la notizia di altri fenomeni di questo tipo in passato: tra i più gravi sono da ricordare le inondazioni del 1882, del 1966 e del 1981.
Nel 1474, vicino a Castel Firmiano presso Bolzano, l’Adige in piena – chiamato nel documento «wasszer Etsch» – aveva inondato e distrutto le vie di passaggio, al che i duchi d’Austria misero in atto misure di ripristino delle comunicazioni viarie.[6]
Nel 1858 il corso del fiume fu deviato dal centro della città di Trento con uno spostamento del corso verso ovest: si trattò di rettificare il percorso che invece in origine faceva un’ansa verso est, fin quasi sotto alle mura del castello del Buonconsiglio. Tale operazione, che nei progetti doveva servire ad evitare inondazioni e piene nel centro della città, di fatto trasformò profondamente la zona del tracciato originale.
Nel settembre 1882 il fiume ruppe gli argini in nove punti a Bolzano e a San Michele all’Adige, e inondò la parte nord della città di Trento; la piena provocò anche un’alluvione a Verona e un’alluvione in Polesine. Proprio per salvare la città di Verona da possibili inondazioni, nella prima metà del XX secolo fu progettato, costruito e completato nel 1959 un tunnel scolmatore (Galleria Adige-Garda) che congiunge l’Adige in località Mori con il lago di Garda in località Nago-Torbole e che è in grado di convogliare le acque in eccesso dal fiume al lago. A causa della notevole differenza di temperatura e qualità delle acque, si fece ricorso al travaso delle acque molto raramente, soltanto quando strettamente necessario. Il tunnel venne usato infatti soltanto 13 volte tra il 1960 e il 2023: nel 1960, 1965, 1966 (due volte), 1976, 1980, 1981, 1983, 2000, 2002, 2018, 2022 e 2023. L’utilizzo dello scolmatore deve essere coordinato con il livello del lago di Garda e del fiume Mincio per evitare problemi.
Nel novembre 1966 la città di Trento conobbe la più grande alluvione della sua storia: buona parte della città e circa 5.000 ettari di campagna furono sommersi da circa due metri d’acqua. In seguito all’alluvione, gli argini vennero alzati di circa un metro. Nel luglio 1981 gli argini cedettero nei pressi di Salorno che fu sommersa assieme alle campagne circostanti.
Nel 2019 la portata massima che può transitare nel fiume era pari a 2.500 m³/s ed era corrispondente a un tempo di ritorno di 200 anni.
Nel corso del medioevo l’Adige fu anche teatro di importanti azioni militari, come nel 1439, quando le flotte congiunte dei Visconti e dei Gonzaga, allora in guerra contro Venezia, riuscirono a risalire il fiume e prima assediarono Legnago e poi gettarono un ponte di barche fortificato a valle di Verona per bloccare i rifornimenti alla città, mentre nel 1487, sempre lungo l’Adige, a Calliano i veneziani furono sconfitti dall’esercito del duca Sigismondo d’Austria[7].
Informazioni e curiosità sul fiume Adige
Lungo le rive del fiume, sfruttando le strade degli argini, si sviluppa la ciclopista della valle dell’Adige, una delle più lunghe presenti in Italia, che unisce la provincia di Verona con quella di Bolzano.
Ogni anno nel mese di ottobre nel tratto compreso tra Borghetto (TN) e Pescantina (VR) si svolge l’Adige marathon, una gara canoistica sia a livello agonistico che amatoriale.
La Rivista Pan
La Rivista Pan(sottotitolo: «Rassegna di lettere, arte e musica») fu una rivista di lettere, arte e musica, fondata da Ugo Ojetti nel 1933.
La rivista PAN professava un sollecito ossequio a tutte le forme del regime, condivideva gli obiettivi di grandezza nazionale e di ordine nuovo da instaurare nella società italiana e dava il suo pieno consenso ai miti della civiltà latino-mediterranea e del fascismo universale.
Redatta da Giuseppe De Robertis e dal giovane scrittore Guido Piovene per la milanese Rizzoli, Pan, rispetto alla rivista Pegaso che l’aveva preceduta, allarga gli orizzonti a interessi più ampi, spaziando dalla letteratura greca e latina, alla storia, alle arti figurative, secondo un ideale di Humanitas completamente antinovecentesco e filofascista che venne espresso nel numero del gennaio 1934 nell’Avvertenza al lettore.
L’allineamento al regime di Pan passa dai contributi dell’architetto ufficiale del regime Marcello Piacentini e del compositore Ildebrando Pizzetti, alle adulazioni di Ojetti che nel suo articolo Scritti e discorsi di Benito Mussolini, febbraio 1935, ne esalta l’oratoria e altre virtù.
Per quanto riguarda la musica classicistica e antiavanguardista, Mario Labroca esalta la “ricchezza ritmica, chiarezza, logicità di linguaggio” dello stile musicale di Stravinskij.
A parte le specializzazioni differenti, le due riviste di Ojetti sono sostanzialmente simili. Pan terminerà le pubblicazioni nel 1935.
– Prof. GIUSEPPE LUGLI-Il Tempio di Venere genitrice nel Foro di Cesare
Copia anastatica dalla Rivista PAN –n° uno del 1934-diretta da UGO OJETTI
Editore RIZZOLI e C. Milano-Firenze-Roma.
Dalla Rivista PAN –n° uno del 1934- diretta da UGO OJETTI-Al centro del lato settentrionale della piazza del Foro di Cesare era inserito il Tempio di Venere Genitrice, eretto da Giulio Cesare nel 46 a. C. per celebrare la mitica antenata della sua famiglia: la dea Venere. Il Tempio, innalzato su un podio, era decorato sulla fronte da otto colonne scanalate in marmo bianco di Carrara. Esso divenne nel tempo un vero e proprio museo di sculture, dipinti e oggetti preziosi. La stessa statua di culto conservata nella cella e che raffigurava la dea Venere con un Amorino sulla spalla, era stata commissionata da Cesare allo scultore greco Arcesilao.
L’edificio fu completamente ricostruito da Traiano nel 113 d.C. nel quadro del più ampio intervento urbanistico legato alla realizzazione del suo Foro. In questa fase l’interno della cella di culto fu ornato con un doppio colonnato a parete separato da un fregio con Amorini, un frammento del quale è esposto nel Museo dei Fori Imperiali.
Nel 283 d.C. un violentissimo incendio danneggiò gravemente il Foro di Cesare e il Tempio di Venere Genitrice, che fu restaurato pochi anni dopo, nel primo decennio del IV secolo: per sostenere il timpano l’antico colonnato fu tamponato con un muro molto spesso, al centro del quale si apriva un solo accesso.
Del Tempio rimangono oggi tre colonne, rialzate con parte della trabeazione nel 1933.
IL FORO DI CESARE ED IL TEMPIO DI VENERE GENITRICE AI FORI IMPERIALI
La piazza del foro di Cesare è costruita sul modello architettonico dei portici greci con inserimento di un tempio al centro di uno dei suoi lati corti secondo la moda etrusco-italica. Il foro, a pianta rettangolare, era infatti circondato su tre lati da portici con negozi ed uffici, mentre al centro del quarto lato si ergeva il tempio di Venere Genitrice. A ridosso del tempio di Venere Genitrice esisteva un rilievo collinare che fu sbancato per la costruzione del foro di Traiano tra il 112 e il 113 d.C. questo intervento comportò importanti lavori anche nel foro di Cesare e la ricostruzione del tempio stesso.
n particolare, sul fianco occidentale del foro di Cesare, a ovest del tempio, fu costruito un edificio a due navate, la Basilica Argentaria, sulle cui pareti si leggono ancora numerosi graffiti. Sempre all’epoca di Traiano risale la grande latrina pubblica a pianta semicircolare, con ingresso dal Clivo Argentario. La demolizione del foro di Cesare per il recupero del materiale da costruzione fu avviata nei primi secoli del Medioevo: già nel X secolo infatti, la piazza era occupata da campi coltivati, vigneti e frutteti, con poche case ad un piano e dall’impianto molto semplice. Al centro del lato settentrionale della piazza del foro di Cesare era inserito il tempio di Venere Genitrice, eretto da Giulio Cesare nel 46 a.C. per celebrare la mitica antenata della sua famiglia: la dea Venere. Il tempio, innalzato su un podio, era decorato sulla fronte da otto colonne scanalate in marmo bianco di Carrara. Esso divenne nel tempo un vero e proprio museo di sculture, dipinti e oggetti preziosi. La stessa statua di culto conservata nella cella e che raffigurava la dea Venere con un Amorino sulla spalla, era stata commissionata da Cesare allo scultore greco Arcesilao. L’edificio fu completamente ricostruito da Traiano nel 113 d.C. nel quadro del più ampio intervento urbanistico legato alla realizzazione del suo foro. In questa fase l’interno della cella di culto fu ornato con un doppio colonnato a parete separato da un fregio con Amorini, un frammento del quale è esposto nel Museo dei fuori imperiali. Nel 283 d.C. un violentissimo incendio danneggiò gravemente il foro di Cesare e il tempio di Venere Genitrice, che fu restaurato pochi anni dopo, nel primo decennio del IV secolo: per sostenere il timpano l’antico colonnato fu tamponato con un muro molto spesso, al centro del quale si apriva un solo accesso. Del tempio rimangono oggi tre colonne rialzate con parte della trabeazione nel 1933
Prof. GIUSEPPE LUGLI e il Tempio di Venere genitrice nel Foro di Cesare– Archeologo italiano (Roma 1890 – ivi 1967); prof. di topografia romana nell’univ. di Roma (1933-61); socio nazionale dei Lincei (1946). Pubblicò, tra l’altro, un ampio manuale (I monumenti antichi di Roma e suburbio, 3 voll. e un Supplemento, 1930-40), e ricerche sulla tecnica costruttiva e sull’architettura (La tecnica edilizia romana con particolare riguardo a Roma e Lazio, 2 voll., 1957). Iniziò la pubblicazione sistematica dei Fontes ad topographiam veteris urbis Romae pertinentes/”>pertinentes e la collana della Forma Italiae.Fonte- Enciclopedia TRECCANI
ROMA-L’incredibile lettera di un’antica donna romana alla sorella-
Tempo fa è stato trovato e tradotto un invito di compleanno mandato da un’antica donna romana, moglie del comandante del forte di Vindolanda – Gran Bretagna – alla sorella.
La regione a quel tempo era ancora più fredda ed umida di oggi. Spesso chi veniva inviato qui, ai confini dell’impero, poteva aver la sensazione di essere isolato ed esiliato dalla lontana, potente e lussuosa Roma.
Ciò non impediva ai romani di sentirsi tali; un fatto dimostrato dal ritrovamento di numerose ville e strade costruite proprio da questo popolo. Anche lo stesso forte militare ci ha consegnato ampio materiale sulla vita di tutti i giorni dei romani.
A partire dal 1973, gli studiosi hanno cominciato a trovare frammenti di tavolette coperte di scrittura corsiva romana e sature d’acqua. Una volta conservate e decifrate, è stato possibile osservare rari dettagli della vita quotidiana e il funzionamento del forte; liste dei rifornimenti necessari, tra cui la pancetta, le ostriche, e il miele; la lettera di un soldato che scrive da casa e dice che ha inviato più calze, sandali, e biancheria oltre a descrivere i nativi britannici.
Tra le tavolette-i più antichi documenti scritti a mano in Gran Bretagna-sopravvive un invito dalla moglie del comandante del forte a sua sorella per una festa di compleanno, incredibile per la semplicità e la somiglianza oltre alla sua attualità nell’uso delle parole.
La lettera
“Claudia Severa alla sua Lepidina, saluti. Questo 11 settembre, sorella, per la celebrazione del mio compleanno, ti ho inviato un caldo invito per essere sicura che tu verrai, così da rendere la mia giornata migliore se tu sarai presente. Porgi i miei saluti al tuo Cerialis. Il mio Aelius (Elio) e mio figlio ti inviano i loro saluti. Ti aspetto sorella. Saluti, sorella, anima a me più cara, che spero prosperi e possa salutare. A Sulpicia Lepidina, moglie di Cerialis, da Severa.” La Moglie di Aelius, Claudia, fece probabilmente comporre da qualcun altro la lettera, elemento che sembra emergere dalla professionalità con cui è scritta la missiva. Sembra esserci però anche una parte del messaggio scritta direttamente da Claudia quando si legge: Ti aspetto sorella. Saluti, sorella, anima a me più cara, che spero prosperi e possa salutare”. Questo passaggio, seppur breve, rappresenta il primo testo conosciuto scritto da una donna romana in latino.
Palazzo Corsini, dal 28 settembre al 6 ottobre 2024
La Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze (BIAF) 2024 presenta il ricco programma di conferenze e presentazioni che animeranno il prestigiosoSalone del Trono di Palazzo Corsini durante le giornate di apertura della sua 33ma edizione. L’evento, che rappresenta una delle più importanti manifestazioni dedicate all’arte italiana a livello mondiale, promette di essere un’edizione straordinaria, con opere di inestimabile valore e prestigiosi espositori da Italia ed estero.
Questo ciclo di eventi offrirà al pubblico un’opportunità unica per esplorare, approfondire e discutere temi legati all’arte, alla storia e al collezionismo, in compagnia di esperti di fama internazionale. La Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze non è solo un’esposizione di opere d’arte, ma anche un vivace centro di dibattito e approfondimento culturale. Quest’anno, il ciclo di conferenze – ben 24 – si presenta come un calendario ricco di appuntamenti che spaziano dalle grandi mostre internazionali ai temi più attuali del collezionismo e della tutela del patrimonio artistico.
Un viaggio tra passato e presente. Dalle antiche maioliche del Museo del Bargello ai restauri delle opere del Museo Ginori, passando per la figura di Michelangelo e le opere di Lorenzo Bartolini, le conferenze offrono un’opportunità unica per immergersi nella storia dell’arte e approfondire la conoscenza di opere e artisti di fama mondiale.
Dibattiti e prospettive future. Ma la Biennale guarda anche al futuro. Le conferenze dedicate ai giovani collezionisti, alla circolazione dei beni culturali e alle nuove tecnologie nel mondo dei musei testimoniano l’attenzione dell’evento verso le sfide e le opportunità del settore.
Un’occasione per confrontarsi e crescere. Il ricco programma di incontri, organizzati in collaborazione con le principali istituzioni culturali fiorentine e italiane, rappresenta un’occasione preziosa per antiquari, collezionisti, studiosi e appassionati d’arte di confrontarsi, condividere esperienze e ampliare i propri orizzont
Le conferenze si tengono tutti i pomeriggi nel Salone del Trono di Palazzo Corsini, dal 26 settembre al 5 ottobre.
Ingresso gratuito ma è necessario essere in possesso del biglietto di ingresso alla BIAF
Informazioni
ORARI E BIGLIETTI
Orari: tutti i giorni dalle ore 10,30 alle ore 20,00.
Biglietti: € 15,00 Intero; €10,00 ridotto
Biglietteria online su Ticketone
PROGRAMMA
26 Settembre 2024
Ore 12,00 – Conferenza Stampa nel Salone del Trono di Palazzo Corsini.
Ore 19,00 – Palazzo Corsini, anteprima della Mostra ad inviti.
Ore 21,00 – Palazzo Corsini, Salone del Trono, gala dinner.
A seguire spettacolo pirotecnico.
27 Settembre 2024
Dalle ore 10,30 – accesso riservato ai possessori della VIP card.
Dalle ore 12,00 alle ore 20,00 – Preview ad inviti riservata a Soprintendenti, Direttori di Musei internazionali
e collezionisti.
Ore 21,00 – Cena di beneficenza nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio in favore della Andrea
Bocelli Foundation.
28 Settembre 2024
Ore 10,30 – Cerimonia inaugurale in Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento.
Dal 28 Settembre al 6 Ottobre 2024
Apertura al pubblico con orario continuato 10,30 – 20,00
***
Dal 28 Settembre al 6 Ottobre 2024 ciclo di conferenze e presentazione di volumi d’arte nel Salone del Trono di Palazzo Corsini
26 settembre 2024, ore 15 – Presso l’Altana di Palazzo Strozzi conferenza Italia America, Musei a confronto
29 settembre 2024, ore 16 – Presentazione del catalogo “Maioliche e Ceramiche del Museo Nazionale del Bargello” di Marino Marini, edito da Umberto Allemandi, a cura di Friends of Bargello
29 settembre 2024, ore 17,30 – Proiezione del documentario “Casa Buonarroti”, prodotto da Zhong Art International nell’ambito del ciclo “Rinascimento: i musei di Firenze raccontati dai loro direttori”. L’evento è introdotto da un talk “I musei fiorentini, tra social media e overtourism”
30 settembre 2024, ore 11 – Presentazione del progetto editoriale “Roma 1618 Gian Lorenzo Bernini e il San Sebastiano Aldobrandini” di Maichol Clemente, DARTE Editore
30 settembre 2024, ore 16 – Presentazione dei volumi intitolati “Cecco Bravo” di Francesca Baldassari, DARTE Editore
30 settembre 2024, ore 17,30 – Presentazione del catalogo della Mostra “Il volto e l’allegoria. Sculture di Lorenzo Bartolini” a cura di Carlo Sisi, che si tiene presso la Fondazione Rovati di Milano
1 ottobre 2024, ore 11 – Conferenza “I giovani e il collezionismo di arte antica: questione di prospettive” organizzata dal Gruppo Giovani dell’Associazione Dimore Storiche Italiane
1 ottobre 2024, ore 15 – Conferenza celebrativa dei 100 anni dalla nascita di Giuseppe De Vito a cura dell’omonima Fondazione “Collezionare il Seicento napoletano: un profilo di Giuseppe De Vito nel centenario della sua nascita”
1 ottobre 2024, ore 17 – Conferenza “Sisterhood in Art – Celebrating the 500° year Anniversary of the Birth of Plautilla Nelli”. Omaggio a Plautilla Nelli nel cinquecentesimo anniversario della nascita
1 ottobre 2024, ore 18 – Presentazione dei recenti restauri di opere del Museo Ginori e del volume dei Quaderni “Ginori in asta. Uno sguardo alle vendite degli ultimi vent’anni” a cura dell’Associazione Amici di Doccia.
2 ottobre 2024, ore 10,30 – Dibattito Il progetto Arbitrato e Arte della Camera Arbitrale di Firenze a cura della Camera di Commercio di Firenze.
2 ottobre 2024, ore 12 – Consegna Premi BIAF2024 per il più bel dipinto, la più bella scultura e l’oggetto di arte decorativa più bello esposti in Mostra. A seguire consegna del “Lorenzo d’Oro”
2 ottobre 2024, ore 16 – Presentazione del libro “L’arte nelle Istituzioni” a cura di Tiziana Ferrari, Skira Editrice
2 ottobre 2024, ore 18 – “Storie di antiquari in Italia tra Otto e Novecento Nuovi progetti e risorse della Fondazione Zeri” a cura della Fondazione Federico Zeri.
3 ottobre 2024, ore 10,30 – Presentazione del libro “Galleria Corsini Firenze”, edizioni Centro Di
3 ottobre 2024, ore 12 – Consegna del premio “Margutta 54”, dedicato ai giornalisti under 40 che raccontano l’arte, promosso dalla Galleria Antonacci Lapiccirella fine Art
3 ottobre 2024, ore 15,30 – Convegno sulla circolazione dei beni culturali organizzato dal Gruppo Apollo
3 ottobre 2024, ore 18 – Conversazione “Le donne nell’arte: la collezione e il museo di Christian Levett” con Fabrizio Moretti e Christian Levett, modera Margherita Solaini
3 ottobre 2024, ore 19 – Presentazione del libro “Settimia Maffei Marini mosaicista romana” a cura di Maria Grazia Branchetti, Gangemi Editore
4 ottobre 2024, ore 11 – Presentazione del libro “Le dimore del patrimonio. Opere delle gallerie fiorentine in deposito esterno a sedi di rappresentanza e luoghi di culto” di Maria Sframeli, Editrice Polistampa
5 ottobre 2024, ore 11 – Presentazione del libro “Un secolo d’incanto: i cento anni di Pandolfini e il collezionismo italiano” a cura di Marco Riccomini
5 ottobre 2024, ore 15 – Presentazione del libro “Deodato Orlandi. Dalla «maniera greca» al Trecento” DI Angelo Tartuferi, Editrice Polistampa
5 ottobre 2024, ore 16 – Convegno “Donazioni pubbliche di grandi antiquari” a cura degli Amici del Museo Stibbert
5 ottobre 2024, ore 18 – Presentazione “Un Pietro Lorenzetti per Pienza. Il San Luca dal Polittico di Monticchiello”
Pasolini à Matera-Photos de Domenico Notarangelo–Exposition à l’IIC Paris-
Pasolini a Matera-À partir du 23 septembre et jusqu’au 31 octobre, découvrez la nouvelle exposition de l’Institut culturel italien, 50 rue de Varenne, 75007. Elle s’intitule Domenico Notarangelo : Pasolini a Matera. Son fils, Peppe Notarangelo, commissaire de l’exposition, nous en parle et nous apprend à mieux connaître les rapports de son père, Mimì, avec Pasolini.
L’exposition présente trente-cinq remarquables clichés du regretté Domenico Notarangelo, décédé en 2016, provenant du tournage du film Il Vangelo secondo Matteo (L’Évangile selon saint Matthieu) réalisé à Matera par Pasolini en 1964.
Ces images proviennent de l’ Archivio di Domenico Notarangelo a Matera (environ 100 000 photos presque exclusivement en noir et blanc), un patrimoine d’une incomparable richesse pour la Lucania, un témoignage historique et humain de cette terre et de son évolution au cours du 20e siècle.
Le vernissage, auquel il convient de vous inscrire ICI, aura lieu lundi 23 septembre à partir de 18h en présence de son fils Giuseppe Notarangelo, commissaire de l’exposition, Ines Silvia Nenna (Associazione Pasolini) et Roberto Chiesi (Cineteca Bologna). L’exposition présente également des œuvres de Giuseppe Palumbo, Valentina Mir et Silvio Cadelo.
A suivre à 19h30 la projection du célèbre film L’Évangile selon saint Matthieu en version restaurée (Italie, 1964, 138′, VOSTF)
Peppe Notarangelo, commissaire de l’exposition, fils de Mimì Notarangelo, et désormais gardien de ce patrimoine, a eu l’amabilité et l’amitié de transmettre à Altritaliani le texte qui ouvre le catalogue de l’exposition et de nous envoyer quelques-une des photographies que vous pourrez retrouver à l’Institut. Bonne lecture!
Domenico Notarangelo. Mimì.
Sono passati sessant’anni da quando Pier Paolo Pasolini ha regalato a noi tutti questa straordinaria opera d’arte cinematografica che è Il Vangelo secondo Matteo. Un film importante per la città di Matera. Un film importante anche per mio padre Domenico, che di Pasolini fu collaboratore, fonte di stimoli ed anche amico. In fondo erano due comunisti, uno più giovane e a quel tempo ancora “ortodosso”, qual era mio padre, l’altro di otto anni più vecchio, già icona di un comunismo moderno, evangelico. Insieme resero la città di Matera ed i suoi abitanti protagonisti di quella che è “la storia più grande che sia mai accaduta”, per dirla con le parole di Pasolini.
Pasolini volle anche Domenico Notarangelo, insieme ad Alfonso Gatto, Natalina Ginzburg, Enzo Siciliano, Giorgio Agamben, Mario Socrate, sua madre Susanna Colussi, l’amata cugina Graziella Chiarcossi e altri non attori, ma persone prese dal popolo, per dare volto ai personaggi. A Mimì toccò fare il centurione che ordina al Cireneo di portare « quella croce », quando Gesù cade stremato.
Fu nei momenti di pausa sul set che Mimì approfittò, col permesso del “maestro”, per scattare queste fotografie. Immagini in bianconero di quei giorni dove il sole “ferocemente antico” rendeva tutto magico e solenne. Solenne e magico come il momento in cui Pier Paolo e il suo cristo rivoluzionario, il diciannovenne rivoluzionario antifranchista Enrique Irazoqui, si appoggiarono a quel muretto per riposare, meditare. Mimì fermò quell’istante in uno scatto. E in quello scatto c’è tutto. C’è la forza intellettuale di Pasolini che contempla i Sassi, c’è la figura del Cristo che esprime tutta la severità che gli appartiene, ci sono i sassi di Matera che lì erano da millenni e che lì, per altri millenni, resteranno. È probabilmente la fotografia più importante per Matera. La fotografia che più la rappresenta. Sicuramente la più bella. Pura poesia.
Domenico Notarangelo è stato una figura fisiologicamente coinvolta nel quarantennio di passaggio tra società rurale e modernità. Da giornalista corrispondente dalla Basilicata del giornale fondato da Antonio Gramsci, L’Unità, cominciò da subito a completare i suoi articoli con fotografie degli avvenimenti e dei personaggi scattate da lui stesso. Appartenendo anch’egli, figlio di contadini pugliesi, a quel Popolo, a quei ritmi dell’esistenza, riuscì a cogliere sempre l’anima di quegli eventi, di quelle persone. Le sue fotografie raccontavano e raccontano molto più di ogni didascalia o trattato letterario la nuda verità su quelle storie, su quei santi contadini, come li chiamava lui, che seguivano le processioni e i riti devozionali così come lottavano per la terra e per la giustizia negli scioperi e nelle manifestazioni politiche.
L’esperienza con Pasolini per il Vangelo, l’incontro col maestro, cambiò i connotati del suo credo comunista. La forte critica di Pasolini su quello che stava succedendo a Matera a proposito della deportazione degli abitanti in nuovi rioni popolari, fu uno degli argomenti di contrasto tra I due. Notarangelo sosteneva la giustezza e la necessità di quell’intervento, mentre Pasolini lo criticava fortemente. Diceva “A Matera state commettendo un crimine contro l’umanità”. Secondo Pasolini il governo De Gasperi, per risolvere il problema della miseria che Palmiro Togliatti aveva denunciato come “vergogna nazionale”, stava cancellando la storia millenaria di un popolo e di una città straordinaria, la città che lui scelse come Gerusalemme per raccontare la storia del suo Cristo.
Dell’antica Matera restarono solo i muri e le grotte che, dopo essere stati dimenticati e lasciati in abbandono per decenni, proprio grazie al cinema, sono di recente tornati al centro dell’interesse.
A Matera probabilmente è nata la civiltà. Matera è una delle città più antiche al mondo. È un luogo di scoperta e di ricerca scientifica, è un’opera d’arte costruita dal popolo attraverso i millenni, è bellezza creata dall’uomo per l’uomo, per la vita, per il progresso, forse proprio quel progresso che era nella mente di Pasolini, mentre contempla i Sassi nello scatto di Mimì.
Michèle Gesbert est née à Genève. Après des études de langues et secrétariat de direction elle s’installe à Paris dans les années ’70 et travaille à l’Ambassade de Suisse (culture, presse et communication). Suit une expérience associative auprès d’enfants en difficulté de langage et parole. Plus tard elle attrape le virus de l’Italie, sa langue et sa/ses culture(s). Contrairement au covid c’est un virus bienfaisant qu’elle souhaite partager et transmettre. Membre-fondatrice et présidente d’Altritaliani depuis 2009. Coordinatrice et animatrice du site.
Quello che non si è soliti sapere su il Popolo dei Sabini , passato alla storia come gli ingenui che si son fatti fregare le donne dai romani, un fatto che macchia per sempre la narrazione nella storia di questo popolo, è che le ruggini con i futuri romani iniziarono già molto prima ovvero quando Enea sbarcò sui lidi laziali; infatti, il giovane principe Sabino Clauso (capostipite della futura e nobile gens Claudia) aiutò Turno, Re dei Rutuli, nella lotta contro gli esuli troiani.
Nonostante lo sgarro ricevuto e il misterioso omicidio del Re Tito Tazio, che inizialmente divideva il trono di Roma con Romolo e lasciò al solo Romolo il trono del nuovo regno, i Sabini si fusero con i Romani e da loro usciranno Re e famiglie potenti nella stessa storia romana… insomma una sorta di grande rivincita, perciò forse tanto ingenui non erano.
In realtà i Romani non solo si presero le donne ma copiarono e adottarono persino i loro tipi di scudi e di armature e per effetto di tale fusione l’esercito romano raddoppiò e divenne il più potente esercito dell’area, incoraggiando, come abbiamo visto, il rissoso Romolo ad ingrandire i propri confini.
Pertanto I Sabini divennero assai potenti all’interno delle mura romane, anche grazie all’appoggio delle numerose mogli dei giovani romani che erano, al tempo stesso, le loro figlie e le mogli, diciamo così … usurpate, rubate o furbescamente prestate? del resto si sà che in casa, come sempre capita, a comandare sono le donne e a Roma, per la maggior parte erano di origine Sabina.
Pertanto potremmo affermare che il popolo Sabino fu il più astuto popolo antico che raggiunse un enorme potere senza essere notato, anzi addirittura sottovalutato e grazie alle proprie donne … altro che ingenui!
Il Museo Preistorico di Pofi è stato istituito nel 1961 dal sindaco Pietro Fedele dopo la scoperta di un’ulna umana fossile, associata a resti di faune estinte e manufatti litici, nelle sabbie vulcaniche della Cava Pompi, in quel tempo aperta nel territorio di Pofi. La sede attuale, aperta al pubblico dal marzo 2001, si trova nel fabbricato destinato ai servizi culturali, insieme alla Biblioteca, all’Archivio Storico e alla Sala conferenze. Il progetto scientifico e di allestimento è stato curato da Italo Biddittu, archeologo; il progetto tecnico è stato curato dall’ing. Francesco Chiarelli e dall’architetto Tommaso Brasiliano.
IL TERRITORIO
Il Museo presenta le testimonianze dell’uomo preistorico nel Lazio meridionale interno. Il percorso inizia (area 1) con una ricostruzione stratigrafica, un plastico del territorio, e con pannelli bilingue italiano-inglese, che riassumono le principali tappe dell’evoluzione del pianeta dalla Pangea fino agli aspetti della geologia regionale. Gli eventi più significativi del passato, che hanno contribuito alla morfologia del paesaggio e che hanno interferito con la presenza dell’uomo sono legati alla estensione di grandi bacini lacustri ora scomparsi e agli apparati del “Vulcanismo Ernico” con centri che sono stati attivi tra 700.000 e 110.000 anni. Tra questi viene dato particolare risalto nel museo all’apparato poligenico di Pofi, attivo tra 430.000 e 110.000 anni, del quale si possono osservare nella morfologia del paesaggio quattro o cinque crateri principali. Nel museo sono esposti, tra l’altro, una bomba lavica di notevoli dimensioni e di forma particolarmente interessante.
OMINIDI FOSSILI (Argil l’uomo di Ceprano)
Nelle aree 2 e 3 sono trattati i temi dell’origine ed evoluzione dell’uomo attraverso l’esposizione di calchi di ominidi dagli Australopiteci (Lucy, Australopithecus afarensis) ai primi uomini africani (Homo rudolfensis, Homo habilis, Homo ergaster), la diffusione in Asia (Homo georgicus, Homo erectus), l’arrivo in Europa. Questa sezione didattica del Museo si è arricchita recentemente con l’acquisizione di numerosi calchi (circa 180) tra fossili umani, manufatti e resti di fauna, che costituiscono un nucleo importante nelle collezioni didattiche e di confronto del Museo. L’esposizione del cranio dell’Uomo di Ceprano (500.000 anni, noto anche come Argil), tra i più antichi fossili umani europei, rappresenta una tappa importante nel percorso del Museo. Il riconoscimento che il fossile ha avuto in campo internazionale per la sua particolare morfologia,con tratti arcaici uniti ad altri più evoluti, tanto da suggerire la creazione di una nuova specie e la presenza di numerosi siti archeologici con manufatti e faune del Paleolitico inferiore, hanno dimostrato l’importanza del Lazio meridionale per le conoscenze sull’evoluzione biologica e tecnologica dell’umanità preistorica. Nel percorso, articolato in senso cronologico, sono esposti anche i resti fossili umani di ulna e tibia rinvenuti nella cava di “pozzolana” di Giovanni Pompi (area 6), in attività negli anni sessanta del secolo scorso a Pofi. Il record fossile della provincia di Frosinone è completato anche dai quattro denti umani rinvenuti nel giacimento di Fontana Ranuccio di Anagni, datato con il metodo K-Ar 458.000 anni (area 4).
PALEONTOLOGIA
La fauna pleistocenica esposta è rappresentata da numerosi esemplari di Elephas antiquus, il gigantesco elefante che viveva nel Lazio meridionale, contemporaneo degli ominidi che spesso utilizzavano porzioni delle diafisi per realizzare manufatti in osso, alcuni particolarmente elaborati. Di questa specie sono esposti nel museo due crani, uno di giovane ed uno di adulto, alcune mandibole, 5 difese, coxale e femore dello stesso individuo, le ossa di un piede in connessione anatomica; questi reperti sono stati rinvenuti a Pofi, Ceprano, Isoletta, S. Giovanni Incarico, Strangolagalli.
Il genere Mammuthus è rappresentato con le tre specie M. meridionalis (da Castro dei Volsci), M. trogontherii (da Isoletta) e M. primigenius (da Veroli S. Anna), (aree 4, 5, 6 e 7). Sono esposti anche notevoli resti di cervi, buoi, rinoceronti, ippopotami. Particolarmente interessanti sono i resti paleobotanici (strobili di conifere, semi, “ciottoli” di legno modellati dall’azione delle acque sulle rive del bacino Lirino e i resti di molluschi di acqua dolce provenienti dal giacimento di Isoletta (Arce). Manufatti in pietra realizzati con la tecnologia del Modo 1 sono stati rinvenuti nei livelli sottostanti a quelli in cui era il cranio dell’uomo di Ceprano, e sono presenti anche nei giacimenti di Arce, Fontana Liri, Castro dei Volsci.
Si tratta di una tecnologia molto antica, che unitamente ai dati stratigrafici ricavati dallo studio dei giacimenti ricordati, pone l’arrivo dell’uomo nel Lazio meridionale intorno ad un milione di anni fa (area 3). Non sappiamo ancora per quanto tempo siano sopravvissuti nell’Italia centrale gli ominidi di questa prima fase di esplorazione del nostro territorio. E’ comunque un dato di fatto che 600.000 anni fa si diffondono in Europa gruppi umani che conoscono una nuova tecnologia nella lavorazione della pietra, indicata come Modo 2, rappresentata soprattutto da un manufatto a simmetria bilaterale ottenuto con distacchi bifacciali, noto come “amigdala”.
La relativa diffusione di questo manufatto, in siti datati tra 458.000 anni (Anagni- Fontana Ranuccio) e 250.000 anni (Ceprano-Campogrande-Colle Avarone, Arce-Isoletta, S.Giovanni Incarico-Lademagne, Pontecorvo-Cava Panzini, Aquino-Cava Pelagalli, Casalvieri), associato naturalmente ad una varietà di strumenti su ciottolo e su scheggia, sembra indicare una maggiore adattabilità agli ambienti e alle variazioni climatiche degli artefici di questo aspetto culturale. (aree 4 e 5 ) Nel museo è possibile osservare una copia della splendida amigdala in osso rinvenuta nel giacimento di Anagni Fontana-Ranuccio, datato col metodo del Potassio-Argon 458.000 anni, ottenuta scheggiando una porzione di spesso osso di elefante.
I resti fossili umani attribuiti a questa umanità (quattro denti da Anagni-Fontana Ranuccio 458.000 anni; ulna, tibia e frammento di cranio da Pofi-Cava Pompi 400.000 anni, esposti nel Museo) vengono raggruppati, secondo la terminologia attuale, nella specie Homo heidelbergensis.
IL PALEOLITICO MEDIO
Come è stato notato in molte regioni europee anche nel Lazio meridionale appare sfuggente, per assenza di giacimenti ben datati, una fase di transizione tra il Paleolitico inferiore e il Paleolitico medio. Quello che appare invece evidente, per le testimonianze rappresentate da manufatti tipologicamente riferibili a questa fase presenti in giacimenti in grotta e all’aperto, è la diffusione delle tracce della presenza di gruppi umani di Homo neanderthalensis.
Nel Lazio meridionale interno sono importanti i giacimenti di Sora e Carnello nei quali sono stati rinvenuti manufatti del Paleolitico medio di tecnica levalloisiana associati ad abbondante fauna fossile con specie di habitat freddo. Altri siti con manufatti di questa epoca, esposti nel museo, sono quelli di Pofi, Ceprano, Vicalvi, Isola Liri, Cassino.
Nel Museo un insieme importante è rappresentato dai manufatti rinvenuti in superficie, per l’interessamento di Pietro Fedele, in varie zone del territorio comunale di Pofi (soprattutto da Mola Sterbini). Per l’illustrazione didattica dell’umanità neandertaliana nel Museo sono esposti i calchi del cranio Saccopastore 1 rinvenuto a Roma, e Guattari 1 rinvenuto al Monte Circeo (area 7).
IL PALEOLITICO SUPERIORE
La diffusione in Europa dell’uomo anatomicamente moderno (Homo sapiens) viene posta, anche se con cronologia differenziata da regione a regione, intorno ai 40.000 anni fa. Nel Lazio meridionale interno sono, per ora, scarse le testimonianze di questa nuova fase dell’Età della pietra, e sono in gran parte derivate da rinvenimenti in superficie. Le aree di provenienza dei manufatti esposti nel Museo sono soprattutto quelle di Pofi-Mola Sterbini mentre rari manufatti provengono da Ceprano-Colle Avarone e da Anagni-Paduni (area 8).
Nella regione sono noti i giacimenti in grotta di Collepardo (Peschio Ranaro) attribuito ad una fase dell’Epigravettiano finale datato 9.730 B.P. La fauna è rappresentata da stambecco più abbondante, capriolo, cinghiale, marmotta, ermellino, gatto selvatico. Altri reperti in grotta provengono da Trevi nel Lazio e da Anagni-Osteria della Fontana.
IL NEOLITICO E L’ETA’ DEI METALLI
Il percorso finale del Museo (area 8) illustra le ultime fasi della preistoria fino alle soglie della protostoria. Si tratta di una sezione per ora poco estesa che sintetizza, con i rari rinvenimenti neolitici di Sora, Canterno e Ceccano, la trasformazione del mondo dei cacciatori in quello degli agricoltori-pastori (passaggio da una economia di “prelievo” a quella di produzione). La rarità dei siti riferibili al Neolitico nel Lazio meridionale interno, imputabile probabilmente solo alla carenza delle ricerche, rappresenta un vuoto nella documentazione che si spera possa essere colmato con le future ricerche. Con l’Età del rame e del bronzo, alle quali sono destinati due espositori con materiali di Pofi, S.Giovanni Incarico e Ceprano, termina il percorso del Museo.
Sezione tattile per non vedenti e per bambini: Il percorso del Museo è stato progettato per offrire ai non vedenti e ai bambini la possibilità di manipolare sia oggetti originali sia modelli di peso equivalente dei più importanti reperti esposti. La maggior parte degli espositori è fornita di contenitori nei quali sono messi a disposizione dei visitatori modelli di reperti, calchi di crani umani fossili illustrati da testi in Braille per non vedenti. Su prenotazione si effettuano visite guidate e attività di laboratorio anche per non vedenti.
Informazioni utili
Indirizzo: Via S. Giorgio, 28, 03026 Pofi (Fr)
Tipologia di Museo: a Indirizzo: Via S. Giorgio, 28, 03026 Pofi FR
Giorni e orari di apertura: martedì, sabato e domenica: 09.30-13.00. Lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì: aperti su prenotazione
Biglietto di ingresso:
Ingresso Gratuito fino a 5 anni e oltre 65 e diversamente abili
[Da 6 a 18 anni] Biglietto d’ingresso: 2,00 Euro – Visita guidata: 1,00 Euro – Laboratorio: 1,00 Euro – Scavo simulato: 1,00 Euro
[Da 19 a 64 anni] Biglietto d’ingresso: 2,50 Euro – Visita guidata individuale: 10,00 Euro – Visita guidata fino a 20 persone: 20,00 Euro
-Roma, MunicipioXIII: il Castello della Porcareccia-
Roma, Municipio XIII -Franco Leggeri Fotoreportage- : il Castello della Porcareccia – Quartiere Casalotti. Fuori dal traffico della Via Boccea, in una discontinuità edilizia, c’è il Castello della Porcareccia, noto anche con il nome “Castello aureo”, che domina il suo borgo medievale. Il fortilizio, in posizione strategica, è costruito su di uno sperone roccioso. Anticamente vi era una torre di avvistamento, ora scomparsa. Il Castello nel corso dei secoli è stato, più volte, rimaneggiato e, rispetto alla costruzione originale, ora si vedono modifiche strutturali evidenti. Il toponimo deriva da “Porcaritia”.
Nel passato questa era una località al centro di boschi di querce e, quindi , luogo più che mai adatto all’allevamento dei maiali. Il primo documento che parla del Castello è una lapide del 1002, che si trova nella Chiesa di Santa Lucia delle Quattro Porte ,dove si legge che un prete “romanus” dona la tenuta della Porcareccia ai canonici di Monte Brianzo. Nel 1192 Papa Celestino III dà la cura del fondo ai canonici di Via delle Botteghe Oscure. Il Papa Innocenzo III affidò una parte della tenuta all’Ordine Ospedaliero di Santo Spirito. La tenuta passò, dopo la crisi fondiaria del 1527, ai principi Massimo e nel 1700 ai Principi Borghese, quindi ai Salviati e ai principi Lancellotti, ora la proprietà del Castello è della Famiglia Giovenale che lo possiede dal 1932.
Il portale d’ingresso è imponente e su di esso vi è lo stemma di Sisto IV. Prima di accedere al cortile interno, nel “tunnel”, in alto, si notano dei fori passanti sedi di una grata metallica che, alla bisogna, era calata per impedire assalti e irruzioni di nemici . Nel giardino interno del Castello vi è, in bella mostra, una stele commemorativa di un funzionario imperiale delle strade di Roma . La stele probabilmente era riversa in terra perché presenta evidenti segni di ruote di carro. Vicino vi è una lapide funeraria con incisi dei pavoni, antico simbolo di morte. Sono visibili altri reperti di epoca romana, come frammenti di capitelli e spezzoni di colonne. In bella mostra, montata alla rovescia, vi è una vecchia macina a mano per il grano, una simile è nel cortile della chiesa di Santa Maria di Galeria. Nel piazzale interno c’è la chiesetta di Santa Maria la cui costruzione risale al 1693.
Ciò che colpisce nella chiesa è la bellezza dell’Altare realizzato in legno intagliato, come dice uno dei proprietari, il Sig. Pietro Giovenale:”l’Altare è stato costruito dai prigionieri austriaci della Grande Guerra che qui erano stati internati”. Nel 1909, giusto un secolo fa, in questa chiesa celebrava la Messa il giovane prete Don Angelo Roncalli, il futuro Papa Buono, Giovanni XXIII il quale veniva in questi luoghi per goderne la bellezze naturali e gustare ”la buona ricotta” della via Boccea che Gli veniva offerta dai pastori ; a ricordo di questa visite, all’interno della chiesa, per desiderio della Famiglia Giovenale, il Vescovo della Diocesi di Porto e Santa Rufina, Mons. Gino Reali, nel 2004 inaugurò una lapide. La tenuta della Porcareccia fu anche antesignana della “guerra delle quote latte”; Ci narra la storia che nel periodo di carestia si diede il massimo sviluppo all’allevamento dei suini per sfamare la popolazione di Roma, come si legge in una bolla di Papa Urbano V nel 1362 che decretava “libertà di pascolo ai suini in qualsiasi terreno e proprietà…”. Per segnalare la presenza degli animali furono messi dei campanelli alle loro orecchie e chiunque ne impediva il pascolo incorreva in pene severissime.
Articolo e Fotoreportage di Franco Leggeri
N.B. Le foto originali sono di Franco Leggeri- Fonte articolo: Autori Vari- Si Evidenzia e voglio ricordare che gli Alunni di Casalotti hanno realizzato un pregevole lavoro sulle origini e la Storia del Castello. L’Intervista con il Sig. Giovenale è di Franco Leggeri- Si chiarisce che l’articolo è solo una piccola sintesi ricavata da un lavoro molto più esaustivo e completo relativo al Medioevo e i sistemi difensivi della Campagna Romana – TORRI SARACENE-TORRI DI SEGNALAZIONI – Monografia e ricerca storica i biblioteca di Franco Leggeri pubblicazione a cura dell’Associazione DEA SABINA.
Découvrez au Musée Jacquemart-André des trésors de la Galleria Borghese de Rome-
Alla Galleria Borghese di Roma-Du 6 septembre 2024 au 5 janvier 2025, pour son exposition de réouverture après plus d’un an de travaux entrepris sous la conduite de l’Institut de France, le Musée Jacquemart-André présente au public une quarantaine de chefs-d’œuvre de la célèbre Galleria Borghese de Rome.
Ce partenariat exceptionnel entre les deux institutions offre une occasion unique d’admirer à Paris un ensemble d’œuvres majeures d’artistes célèbres de la Renaissance et de la période baroque rarement prêtées à l’étranger,du Caravage à Botticelli, en passant par Raphaël, Titien, ou encore Véronèse, Antonello da Messina et Bernin… Cette exposition star de la rentrée rendra aussi hommage à des peintres moins connus du grand public, tels qu’Annibal Carrache, Guido Reni, Le Cavalier d’Arpin, Jacopo Bassano et à des peintres nordiques ayant séjourné en Italie (Rubens, Gerrit von Honthorst…).
La présentation des œuvres dans une scénographie audacieuse d’Hubert Le Gall éclaire à la fois l’histoire de la collection et le sens des grandes thématiques explorées par les artistes.
Scipion Caffarelli-Borghese (1577-1633), neveu du pape Paul V, est en effet entré dans l’Histoire comme l’exemple du grand collectionneur et mécène. Il est issu d’une noble famille d’origine siennoise installée à Rome au XVIe siècle. La Villa Borghese Pinciana sort de terre au XVIIe siècle. Le puissant homme d’Église italien a voulu faire construire un palais à la romaine, entouré de jardins. Un cadre luxueux pour mettre en valeur tableaux et sculptures qui composaient sa collection. Par ses goûts, sa curiosité et son éducation, Scipion Borghèse a pu rassembler quelques-uns des plus beaux chefs-d’œuvre des artistes de son temps. La Villa (devenue aujourd’hui Galerie) était un vrai temple de l’art, et symbole de la puissance économique et culturelle de l’Italie.
L’exposition sera accompagnée d’un catalogue, ouvrage de référence en langue française sur la collection de peintures de la Galerie Borghèse.
Commissaires de l’exposition :
-Francesca Cappelletti, directrice de la Galleria Borghese à Rome, spécialiste du baroque italien.
-Pierre Curie, conservateur du musée Jacquemart-André depuis janvier 2016 et co-commissaire de toutes ses expositions.
VISITES GUIDÉES ALTRITALIANI
Altritaliani se réjouit de pouvoir vous proposer deux dates de visites guidées par Barbara Musetti, docteur en histoire de l’art, pour découvrir ces chefs-d’œuvre de la Collection Borghese à Paris. Visites-conférences en langue italienne ouvertes à tous et toutes sur inscription (15 personnes maximum). Durée 1h15.
DATES :
mardi 24 septembre à 15h45 – rendez-vous sur place à 15h30
ou mardi 15 octobre à 16h30 – rendez-vous sur place à 16h15
Prix unique: 34€ à régler par chèque à Altritaliani à l’inscription (billet d’entrée, audiophones et conférence). Pas de réductions possibles pour les participants à une visite de groupe selon les nouvelles directives reçues du musée…
Michèle Gesbert est née à Genève. Après des études de langues et secrétariat de direction elle s’installe à Paris dans les années ’70 et travaille à l’Ambassade de Suisse (culture, presse et communication). Suit une expérience associative auprès d’enfants en difficulté de langage et parole. Plus tard elle attrape le virus de l’Italie, sa langue et sa/ses culture(s). Contrairement au covid c’est un virus bienfaisant qu’elle souhaite partager et transmettre. Membre-fondatrice et présidente d’Altritaliani depuis 2009. Coordinatrice et animatrice du site.
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