Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
ROMA MUNICIPIO XII-
Massimina-Scoperte e ricoperte, nel 2009, due tombe del IV-V sec. a. C.
Massimina-Scoperte e ricoperte due tombe del IV-V sec. a. C.
Roma-Municipio XII-Quartiere MASSIMINA-Venerdì 11 settembre 2009, in via Ildebrando della Giovanna, di fronte alla scuola elementare Nando Martellini, durante lo scavo per eseguire una riparazione idrica sono venuti alla luce due tombe del IV-V sec. a. C. Le tombe, una grande e una piccola sono state “monografate”, fotografate e subito ricoperte.
Massimina-Scoperte e ricoperte due tombe del IV-V sec. a. C.
Già dal 1999 la Soprintendenza SAR ha intrapreso una serie di sondaggi preventivi in vista dell’allargamento della sede stradale di via Ildebrando della Giovanna. La strada è sita in posizione elevata rispetto al Fosso Galeria, sulla collina che funge da spartiacque.
Massimina-Scoperte e ricoperte due tombe del IV-V sec. a. C.Associazione CORNELIA ANTIQUA– Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
Tra le bellezze poco conosciute del nostro territorio, lungo il percorso immediatamente suburbano della Antica Via Aurelia che usciva dalla città nei pressi dell’odierna Porta San Pancrazio al Gianicolo, si collocano i resti di una splendida necropoli risalente all’età augustea ed in uso almeno fino al II sec. d.C.
Essa fa parte di un sistema complesso di siti sepolcrali, in buona parte anche ipogei, disposti nel tratto extracittadino dell’Aurelia Antica in cui si inseriscono anche le necropoli di San Pancrazio (sotto la basilica omonima) risalente addirittura all’epoca repubblicana nei suoi resti più antichi e di Calepodio (presso via del Casale di San Pio V), sito più tardo afferibile al II-III sec. d.C. La persistenza di queste necropoli lungo la via testimonia l’intensa vitalità della regio XIV Transtiberim, l’ultima delle grandi sezioni in cui fu divisa Roma da Augusto nel I sec.d.C., densamente popolata da piccoli commercianti e artigiani, conciatori di pelli, falegnami, mugnai, vasai ed operai delle fornaci di cui rimangono tracce nelle iscrizioni sepolcrali rinvenute in queste aree, purtroppo in buona parte oggi non visitabili.
La Necropoli all’altezza del civ. 111 dell’Aurelia Antica si inserisce nella suggestiva cornice di Villa Doria Pamphilj e sorge poco distante dalla pars publica della Villa, costituita dallo splendida palazzina dell’Algardi (detta anche Casino del Bel Respiro) attualmente in uso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e divenuta sede di rappresentanza per le visite di Capi di Stato e di Governo.
Essa e’costituita principalmente di edifici del tipo a colombario (prevalenti anche nelle necropoli vicine) ossia di ambienti nelle cui pareti venivano alloggiate in apposite nicchie ricavate, le urne contenenti le ceneri dei defunti secondo l’uso della cremazione nettamente prevalente nel I sec.d.C.. Il colombario risultava essere la soluzione più pratica per ottimizzare gli spazi includendo il maggior numero di sepolture, soprattutto considerando che i cimiteri antichi erano costruiti su proprietà private.
Il complesso di Villa Pamphilj venne individuato già nel XVII sec. con la sistemazione della Villa da parte dell’Algardi, ma fu oggetto di indagini più accurate negli anni fra il 1821 ed il 1830 in seguito ad ulteriori lavori di modifica ed ampliamento della proprietà. I resti antichi conservati appartengono ad una serie di edifici il cui principale è il cosiddetto “Colombario maggiore” per numero delle sepolture/loculi ivi rintracciabili in buona parte ipogee, all’incirca 500, disposte su 7-8 file sovrapposte ognuna contraddistinta da una piccola tabella dipinta o da una piccola lastra marmorea inscritta col nome del defunto. Questo colombario era costituito da un’unica sala sotterranea in opera reticolata di tufo e da un’altra sala sovrastante a livello stradale dove si svolgevano i riti funebri. La sala ipogea aveva le pareti completamente affrescate con soggetti assai vari: paesaggi con architetture fantastiche, nature morte, paesaggi di campagna con uccelli e personaggi vari che alludono a scene mitologiche. La bellezza di questi affreschi era tale che intorno al 195 si decise di staccarli e conservarli nel Museo Nazionale delle Terme (Palazzo Massimo).
Adiacente al Grande Colombario è il monumento dalle forme più immediatamente rintracciabili per l’epoca antica, detto “Colombario Minore” di epoca adrianea. Esso si presenta interamente sopraterra, realizzato in opus latericium e recante due ingressi gemelli con architravi in travertino sormontati da rilievi con i busti dei defunti e cornice modellata in laterizio che doveva contenere l’iscrizione con il nome del capostipite della famiglia ivi sepolta. Il Colombario Minore mostra al suo interno l’uso contemporaneo dei riti di incinerazione e di inumazione, essendo presenti sia le nicchie ospitanti le urne con le ceneri, sia gli arcosoli per la deposizione degli inumati.
Nell’area si conservano alcune interessanti epigrafi sepolcrali appartenenti a liberti impegnati nelle varie attività artigianali del quartiere trasteverino, ma anche di soldati del I sec.d.C.
Il sito è ancor oggi oggetto di scavi e studi e l’ultima delle scoperte di un ulteriore colombario ipogeo adiacente agli altri due è avvenuta nel 1984: si tratta di una vasta camera funeraria rettangolare interamente sotto terra cui erano uniti altri ambienti più piccoli coperti con volte a botte tutte decorate con affreschi raffiguranti paesaggi naturalistici ed architetture fantastiche. Anche esso conteneva oltre 500 nicchie sigillate con lastre marmoree o muretti in argilla recanti l’iscrizione funebre, disposte su 7 file e probabilmente risalenti al I-II sec. d.C. Il pavimento delle sale è decorato interamente con mosaici, in particolare quello della sala centrale è in opus scutulatum, ossia ottenuto con tessere di materiale di scarto. Su un lato di esso si trova l’iscrizione C. Scribonius C. f. Menophilus che si riferisce verosimilmente a colui che pagò la messa in opera del pavimento, dunque il colombario oggi è conosciuto dagli studiosi come il Colombario di Scribonio Menofilo.
Completano l’intero complesso i resti monumentali di un recinto funerario costruito in opera quadrata di tufo e peperino, risalente alla fine del II sec. d.C. recante al centro del lato frontale una falsa porta in peperino decorata con ovuli e dentelli: al centro dei due battenti si trovano una coppia di maniglie proto leonine ricavate in bassorilievo con battenti ad anelli e due gorgoni; ai lati della porta sono anche riportate le misure dell’intera area sepolcrale (avente forma quadrata di circa 7, 2 m per lato). Un’ulteriore monumento funerario che testimonia il carattere dell’area si trova a ovest della Via Olimpica, il cosiddetto Casale di Giovio, probabilmente eretto su un edificio romano di età imperiale (I-II sec.d.C.). Sono ancora visibili i resti di una cortina laterizia che corre lungo tutto il perimetro della costruzione, in alcune parti conservate per un’altezza di circa 4 m.
L’intera area fin qui descritta è visitabile unicamente con un permesso speciale rilasciato dalla Questura, data la natura ufficiale che Villa Algardi riveste nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (MaG)
Alla scoperta del Bivio di Fregene confine di Roma
Cartografia Bivio di Fregene
Con la stagione balneare iniziata migliaia di Romani transitano, con velocità, per il Bivio di Fregene,ma per chi non ha fretta ha la possibilità di vedere e scoprire delle piccole realtà nascoste .
Si può visitare un autosalone che, tra le auto, espone delle statue enormi e una Topolino A del 1936, sotto un baldacchino, verniciata interamente di grigio, vetri compresi. Se si chiede al titolare, Signor Fabbri, si può vedere il vecchio ponte dell’Arrone , ormai in disuso , il quale conserva il suo selciato originale con, incorporato nel parapetto, un blasone nobiliare medievale in marmo e le vecchie paratie, vera archeologia industriale, le quali servivano per regolare il flusso dell’acqua destinata all’irrigazione della campagna circostante. Le prime notizie del ponte si hanno già in un documento dell’XI secolo dove viene citato un “Pons de Arrone” mentre in una bolla papale del 1019 è citato un “pons marmoreus qui est super Arronem”; si ha notizia del rinvenimento, nelle vicinanze, di una lapide la quale testimoniava che un certo “Dorus Latro” aveva restaurato le sponde del fiume, come si legge nella scheda 35 del Quilici .
Più avanti vi è il meccanico Franco che restaura le mitiche Fiat 500, ce n’è per tutti i gusti e di tutti i modelli e si possono chiedere notizie e informazioni sui raduni d’auto d’epoca. Su via dell’Arrone, vi è il vivaio “Natura Viva” , dove si svolgono le gare, il sabato e la domenica, del gioco della “Peteca”. Questo gioco era praticato, come passatempo, dai popoli nativi del Brasile ancor prima dell’arrivo dei Portoghesi. Da questi popoli il gioco della Peteca si diffuse a tutti gli abitanti del Sud America sino a diventare uno dei giochi più popolari . Sempre per chi non ha fretta potrebbe visitare, in via Torralba, uno dei più importanti vivai di rose d’Italia il “Rose & Rose Emporium”. Lungo la strada che conduce a Fregene , sulla sinistra ,si vede il laghetto di “Mezzaluna” ed è proprio qui che Guido, Duca di Spoleto, condusse alla vittoria, contro i Saraceni nell’856 d.C., le “milizie di Campagna” come le definì lo storico Prudenzio da Troyes. Franco Leggeri
Roma- 22 marzo 2016-Recuperati dai carabinieri del Tap reperti etruschi per 9 milioni di euro. Erano stati trafugati oltre 30 anni fa da vari siti italiani. Il materiale, rinvenuto nei caveau del Porto Franco di Ginevra, torneranno nelle loro “dimore”. Tornano dalla Svizzera. Dove erano racchiusi da tempo nei caveau del Porto Franco di Ginevra. Sono Sarcofagi etruschi e romani, statue, vasi, busti in marmo. E soprattutto un gruppo di lastre dipinte assolutamente eccezionali, frutto della grande spoliazione di un tempio etrusco di Cerveteri, il cui ritrovamento e restauro getterà “nuova luce sulla pittura etrusca” e permetterà il ritorno nei musei etruschi di una testimonianza senza eguali sulle decorazioni dei templi di quel periodo.
Stipato in oltre 45 casse di legno, torna in Italia un tesoro di reperti archeologici proveniente dalle razzie degli anni ’70 e ’80 nei siti dell’Etruria, ma anche di Sicilia, Puglia, Campania e Calabria e valutato intorno ai 9 milioni di euro. Esportati illecitamente e acquistati dal mercante inglese Robin Symes, nonché destinati alla vendita in Inghilterra, Giappone e Usa, i reperti sono stati recuperati, anche grazie alla collaborazione delle autorità svizzere, dai carabinieri del gruppo Tutela patrimonio culturale, nel Porto Franco della città lacustre elvetica.
“Il loro destino sarà di tornare nei loro territori”, dice il ministro Franceschini.”Ancora una volta la collaborazione tra Paesi porta a ottimi risultati”.
“I frammenti delle lastre dipinte – spiega la soprintendente dell’Etruria meridionale Alfonsina Russo – sono distinti in due fasi, una della metà e l’altra della fine del VI secolo avanti Cristo, e provengono dalla spoliazione di un edificio templare di Cerveteri, forse dalla zona della Vigna Marini Vitalini. Sono eccezionali, tanto da far parlare la soprintendente di “uno dei recuperi più importanti degli ultimi decenni”, perché uniche: “Prima avevamo solo frammenti sparsi nel museo etrusco di Villa Giulia e le lastre dipinte Boccanera e Campana, conservate rispettivamente al British Museum e al Louvre, che provengono però da due sale mortuarie – spiega -: si tratta quindi di un recupero straordinario che consentirà di fare nuova luce sulle botteghe che fiorirono in quell’epoca in Etruria con artigiani provenienti dalla Grecia. Sarebbe opportuno fare subito un restauro e farlo magari davanti al pubblico”
Fonte –la Repubblica
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