E’ da poco terminato il lavoro lungo e delicato di trasferimento della Bibbia dalla pergamena al digitale. Il Codex Sinaiticum è la più antica Bibbia cristiana che si conosca. Il prezioso documento ha circa 1600 anni ed è questo il motivo, più che valido, per metterlo a disposizione di tutti attraverso la rete. La preziosa Bibbia , del IV secolo d.C., ora può essere consultata da tutti e non vi più il rischio di rovinare le pagine e le antiche iscrizioni. Il Codex si compone di tutte le pagine conservate per oltre 150 anni in varie parti del mondo. Il progetto e la realizzazione è frutto della collaborazione della British Library (Gran Bretagna), del National Library of Russia, del Monastero di Santa Caterina ( Egitto) e della Libreria dell’Università di Lipsia (Germania).
Per consultare il Codex basta collegarsi al sito Codex Sinaiticus.org.
La Giordania finanzia il restauro del Santo Sepolcro
Gerusalemme- 14 aprile 2016- Sarà un’offerta personale del re di Giordania Abdallah II a finanziare i lavori di restauro dell’edicola del Santo Sepolcro, la tomba di Gesù a Gerusalemme.
Ad annunciarlo con una lettera al patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme Teofilo III è stato lo stesso sovrano giordano, che in quanto membro della famiglia reale hashemita vanta il titolo di discendente del profeta Maometto. Annunciato pochi giorni fa, proprio alla vigilia della Pasqua, il restauro è reso urgente dai problemi riscontrati alla struttura del luogo più venerato della Terra Santa: l’umidità del respiro delle migliaia di pellegrini che ogni giorno entrano nella piccola edicola memoria della Risurrezione (ma anche il fumo delle candele) stanno progressivamente alterando le malte, creando preoccupazioni per la stabilità.
Così le tre confessioni cristiane che hanno la giurisdizione sulla basilica del Santo Sepolcro – i greco- ortodossi, i latini (rappresentati dai francescani della Custodia di Terra Santa e gli armeni – hanno trovato un accordo sui lavori, che saranno coordinati dalla National Technical University di Atene. L’intervento dovrebbe durare otto mesi e concludersi all’inizio del 2017. In questo percorso ora si inserisce la makruma ( beneficenza) di re Abdallah, che è stata annunciata l’altra sera dall’agenzia di stampa giordana Petra, insieme al ringraziamento di Teofilo III. «Sua Maestà incarna nei fatti, e non solo a parole, la convivenza tra musulmani e cristiani in tutto il mondo e in particolare in Terra Santa», ha dichiarato il patriarca greco-ortodosso, che ha anche sottolineato come Abdallah stia «guidando gli sforzi di tutti i giordani nel seminare i semi dell’amore e della fratellanza tra musulmani e cristiani in questa era in cui guerre settarie stanno bruciando intere nazioni, come tutti possiamo vedere».
A questo sentimento si è associato ieri anche il patriarcato latino di Gerusalemme: «È un’ottima notizia dal carattere altamente simbolico – ha commentato il vicario, monsignor William Shomali –. Questa decisione mostra tutta la benevolenza del re verso i cristiani e il suo impegno nel preservare il patrimonio del cristianesimo, particolarmente nel suo ruolo di garante dei Luoghi Santi, cristiani e musulmani, di Gerusalemme». Quest’ultimo riferimento rimanda al significato anche politico della donazione di Abdallah II. Fino al 1967, infatti, il Santo Sepolcro era sotto la sovranità giordana e anche dopo che Gerusalemme con «la Guerra dei sei giorni» è passata interamente sotto il controllo di Israele la famiglia hashemita ha continuato a rivendicare il ruolo di custode dei Luoghi Santi (oltre al Santo Sepolcro anche la moschea di al Aqsa e la Cupola della Roccia).
Sostenere finanziariamente il restauro è anche un modo per riaffermare questa prerogativa in una Città Santa che Israele considera come sua capitale unica e indivisibile. Infine è interessante che il patriarca Teofilo III ricolleghi il gesto di re Abdallah al Patto di Omar, l’accordo in forza del quale nel 637 il califfo Omar, il secondo successore di Maometto, quando conquistò Gerusalemme rispettò il Santo Sepolcro lasciandolo al culto dei cristiani anziché trasformarlo in moschea. Un gesto di tolleranza dell’islam delle origini, prezioso da riscoprire in questo nostro tempo.
Negli ultimi tempi si è assistito a un netto aumento delle presenze femminili ai vertici di istituzioni e di sedi private che si occupano di arte a vari livelli: galleriste, direttrici di musei, di fiere, di accademie. Segnali di parità di merito si trovano anche guardando all’ultima riforma Franceschini del 2015, quando sono stati selezionati i direttori dei venti principali musei italiani: dieci sono uomini e dieci sono donne, con un’età media di 50 anni. Ne abbiamo incontrate alcune, e ci siamo fatti raccontare cosa sia cambiato, davvero, in questo mondo, e cosa debba ancora cambiare.
Galleriste, direttrici di musei, di fiere, di accademie. Negli ultimi mesi si è assistito a un netto aumento delle presenze femminili ai vertici di istituzioni e di sedi private che si occupano di arte a vari livelli. Ma come si arriva a ricoprire ruoli di potere in questo settore? Certamente si parte quasi sempre da una formazione in materia, che può essere sia di tipo manageriale sia di impronta classica o storica in beni culturali; negli ultimi anni si è assistito anche una proliferazione di specializzazioni e master post laurea, soprattutto in ambito curatoriale. Diventare direttici in ambito privato, aprire fondazioni e fondare gallerie, è una questione professionale in parte dovuta alla libera iniziativa. In ambito pubblico, invece, è necessario rispondere a bandi. E sperare di vincerli. L’ultima riforma del ministro Franceschini del 2015 ha sancito la parità di merito con la nomina di dieci donne su 20 posti di direttore in venti principali musei italiani (età media di 50 anni).
La più giovane è Eva Degl’Innocenti, archeologa nominata a 39 anni a dirigere il Museo archeologico nazionale di Taranto, dopo laurea, specializzazione e dottorato in Italia e diverse esperienze all’estero, in Bretagna per un ente locale, in Francia come ricercatrice e project manager presso il Museo Nazionale francese del Medioevo a Parigi.
Giovane anche la direttrice artistica del Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce a Genova: si chiama Ilaria Bonacossa, ha 43 anni ed è stata nominata alla guida della sede ligure nel 2012, dopo aver vinto un bando pubblico, forte del suo curriculum in cui, tra le altre cose, spiccano una decennale esperienza curatoriale alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino e i suoi studi al Bard College di New York. Ilaria, da pochi mesi nominata nel comitato scientifico del Festival della Scienza 2016 di Genova, continua con passione a lavorare per il Forum per l’Arte Contemporanea di cui è stata una delle promotrici. Secondo lei “il mondo dell’arte non è particolarmente maschilista, il privilegio di voler fare la mamma ti obbliga a vivere 27 ore al giorno e a vivere una personalità scissa in cui la prima lezione di nuoto convive con la riunione del board….L’Italia sta cambiando e finalmente le donne hanno imparato a fare gioco di squadra tra loro, a Villa Croce c’è un team giovane esclusivamente rosa (shocking) scelto per competenza e non per quote” puntualizza Bonacossa.
A Roma, tre storiche dell’arte sono state chiamate alla guida di tre importanti collezioni: Galleria Borghese, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Gallerie Nazionali di Arte Antica a Roma: sono, rispettivamente Anna Coliva (62 anni), Cristiana Collu, 46, premio Art Tribune come miglior direttore di museo nel 2014, e Flaminia Gennari Santori (47).
Staff completamente al femminile anche per Artissima, la fiera torinese di arte contemporanea per la quale, proprio in questi giorni, è stata riconfermata come direttrice Sarah Cosulich Canarutto (1974) che iniziò la sua carriera con Francesco Bonami alla 50ma Biennale di Venezia, lavorando con artisti come Matthew Barne e Rudolf Stingel. Artissima la dirige dal 2012 e ha sempre tenuto alle presenze femminili al suo interno: anche la guida della sezione Back to the Future è affidata a una donna, Eva Fabbris, e molte figure di collezioniste e galleriste, oltre che storiche dell’arte sono inserite nei comitati per la selezione delle gallerie partecipanti alle sezioni e nelle giurie dei premi.
Un forte segnale di cambiamento è arrivato anche con la nomina di Muriel Mayette-Holt a dirigere l’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici. Artista, attrice e regista è la prima donna a dirigere l’Accademia in 350 anni, da settembre 2015 e in carica fino al 2018, dopo essere stata, tra le altre cose, amministratrice generale della Comédie-Française dal 2006 al 2014.
Come sono cambiate le cose, nel corso degli anni, per una donna che lavora nell’arte? Antonia Jannone, fondatrice della galleria omonima, arrivava a Milano nel 1968, iniziando a lavorare in pubblicità (LineaSPN) ma attratta dall’arte, ricorda che frequentava sempre gallerie e mostre. “Si andava da Marconi, L’Ariete, Il Naviglio, Galleria dell’Incisione… tra i miei amici molti artisti e architetti (Emilio Tadini, Andrea Cascella, Valerio Adami, Giò Pomodoro, Vittorio Gregotti, Massimo Scolari)” racconta. Diventata madre ha fatto il passo verso l’indipendenza: lasciato il posto fisso, ha fondato “Grafica 80” con Maria Freccia. Da lì la prima cartella d’incisioni dedicata agli Architetti : Aldo Rossi, Raimund Abraham, Ajmonino, Krier, M. Graves. Nel 1976 secondo passo azzardato: la Galleria di Disegni di Architettura, la prima in Italia, in Europa. Oggi può raccontare di progetti passati, presenti e futuri con Ettore Sottsass, Vittorio Gregotti, Aldo Rossi, Álvaro Siza, Andrea Branzi, Michele De Lucchi, Gaetano Pesce, Mario Botta, Marzo Zanuso jr, Peter Shire. “Indipendentemente dall’essere donna, credo, il cammino è tutto in salita! ma non per questo meno attraente, appassionante, esaltante… anzi. Insistere, ostinarsi a far vedere, mostrare, conoscere, divulgare l’opera, il lavoro, le idee di architetti, designers. Bisogna credere e ci vuole anche fortuna…io l’ho avuta. Ho fatto della mia passione il mio lavoro e fino ad oggi sono sopravvissuta…più o meno” conclude Antonia Jannone.
Cerveteri: Volontari del GATC adottano l’area archeologica del ‘laghetto’
Cerveteri- 11 aprile 2016-: Nel concreto spirito operativo di ulteriore valorizzazione dell’Area Archeologica della Banditaccia, dal 2 luglio 2004 Sito UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità, il GATC (Gruppo Archeologico del Territorio Cerite-Onlus), che attualmente conta 300 iscritti c.a., ha iniziato in questi giorni ad “adottare” la zona archeologica cosiddetta del “Laghetto” (in passato prospicientemente esisteva un mini realtà lacustre impluviale poi prosciugatasi) come concessogli dalla Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale che vede al vertice, come Soprintendente, l’archeologa dr.ssa Alfonsina Russo e come Responsabile della suddetta Zona Archeologica l’archeologa dr.ssa Rita Cosentino.
Il tutto rientra in quell’ottima sinergica collaborazione messa in campo fra la Soprintendenza, il Comune di Cerveteri ed alcune Associazioni di volontariato archeologiche del territorio (tutte operanti a titolo assolutamente gratuito), fra cui appunto il GATC, che hanno messo a disposizione “uomini e mezzi” andando adoperare fattivamente nella ripulitura, ripristino e messa in sicurezza di ampie zone del pianoro della Banditaccia (oltre 120 ettari di superficie – l’area sepolcrale più estesa del mondo), affinché i visitatori possano, oltre l’area cosiddetta “del recinto” (dove si paga il biglietto), continuare ad effettuare, in questo caso gratis, una ulteriore visita di altre ampie porzioni archeologiche di questo splendido Sito UNESCO etrusco Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Per quanto concerne l’Area del “Laghetto” presa “in carico”, per le suddette incombenze, dal Gruppo Archeologico del Territorio Cerite, vi è da dire che è una delle più antiche e composite situazioni archeologiche del pianoro in quanto racchiude, in un ampio ed articolato spazio, sepolture che vanno, come datazione, addirittura dall’Età del Ferro ( IX°- VIII° secolo a.C.) fino all’Età Tardo Etrusca (IV°-III° secolo a.C.) con tombe a pozzetto, tombe a fossa e tombe a camera costruita ipogea con tumuli. In questa importante occasione il GATC mette in campo una “forza lavoro di base” (pronta ad essere integrata alla bisogna) di 20 volontari di grande professionalità ed esperienza, già ben collaudata in altre importanti aree archeologiche etrusche e romane (ad es. Pyrgi e Castrum Novum), coordinati operativamente dal sig. Gianfranco Pasanisi e supervisionati tecnicamente da, addirittura, due archeologi: il dr. Flavio Enei ed il dr. Stefano Giorgi; il tutto, ovviamente, in collaborazione con quella che è la “padrona di casa”: la Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale.
L’intendimento del GATC, considerando ciò che andrà fatto (a puntino) di sfalci, ripuliture, ripristini e messa in sicurezza della zona, sarebbe quello di poter mettere a disposizione del pubblico, (s’intende a valutazioni della Soprintendenza effettuate), la zona del “Laghetto prima dell’avvento dell’estate prossima. Dimenticavamo di dire che, come è stato fatto già a Pyrgi ed a Castrum Novum tutta l’Area Archeologica in questione (soprattutto anche in ossequio ed in omaggio alla preziosità storico-culturale del luogo Sito UNESCO) sarà “arricchita” con vari pannelli didattici illustrati fornenti notizie chiare e circostanziate sul luogo e su tutto ciò che ivi si può ammirare.
Cerveteri- 11 aprile 2016-Grande emozione ieri per il taglio del nastro del nuovo spazio espositivo all’interno dell’area archeologica della Necropoli della Banditaccia. Il Sindaco di Cerveteri Alessio Pascucci, e la Soprintendente Archeologica del Lazio Alfonsina Russo hanno svelato il Sarcofago degli Sposi, il clone d’autore di Giorgetto Giugiaro, una riproduzione perfetta in scala 1:1 della celebre scultura etrusca, che da ieri rimarrà in esposizione permanente a Cerveteri e visitabile gratuitamente.
La mattina si è aperta in Sala Giovanni Ruspoli con la consegna da parte del Sindaco Pascucci a nome del Consiglio comunale di Cerveteri della Cittadinanza Onoraria a Giorgetto Giugiaro, “per i meriti artistici e per aver arricchito la Necropoli della Banditaccia con l’opera del Sarcofago degli Sposi”.
Presenti alla Cerimonia, in una sala gremita di cittadini, le Associazioni archeologiche del territorio e studenti delle scuole di Cerveteri. Presenti anche il Comando del Nucleo Investigativo archeologico del Lazio e il membro della Commissione cultura Regione Lazio Eugenio Patané
“L’arrivo del Sarcofago degli Sposi di Giugiaro è il coronamento del lavoro fatto in questi quattro anni – ha detto Alessio Pascucci, Sindaco di Cerveteri – dopo le teche parlanti al Museo Nazionale Cerite, le tombe multimediali alla Necropoli, il rifacimento della nuova strada d’accesso, l’apertura di nuovi tumuli e di nuovi itinerari archeologici, e soprattutto dopo l’arrivo della Kylix e del Cratere di Eufronio, questo è un altro prestigioso riconoscimento per Cerveteri e per il Sito UNESCO”
“La Necropoli della Banditaccia – ha detto Lorenzo Croci, Assessore allo Sviluppo Sostenibile del Territorio – in questi ultimi anni ha registrato numeri di visitatori che non si vedevano da tantissimo tempo, frutto dell’impegno realizzato con la Soprintendenza Archeologica del Lazio, in particolar modo con la Dott.ssa Alfonsina Russa e la Dott.ssa Rita Cosentino, che ringrazio di cuore, e con la Regione Lazio. Ora lavoriamo anche per dare a Cerveteri nuove strutture alberghiere. Il nuovo Piano Regolatore Generale sarà la risposta a questa esigenza”.
Roma Municipio XII-Quartiere Massimina- Degrado e Abbandono sito archeologico.
Roma-Municipio XII-Quartiere Massimina-Degrado e abbandono dell’area archeologica sita tra via Romano Guerra –via della Massimilla e il Centro Commerciale civico 14.
Nel 2004 , se ricordo bene nel mese di novembre, durante la fase di sbancamento per la costruzione del Centro Commerciale venne rinvenuta una Villa rustica , una cisterna e una necropoli databile IV-III sec. A.C.
Nel 2009 furono eseguiti gli scavi , vedi foto allegate, sull’area archeologica (residuo di aera) che ora si presenta nel più degrado assoluto.
Tutti noi cittadini ci auguriamo che i nuovi Amministratori sappiano, finalmente, valorizzare la Storia e i siti Archeologici del Quartiere Massimina.
Pubblicheremo, sul nostro Blog ABC VOX, tutto il materiale che riusciremo a recuperare relativo alla Storia e all’Archeologia di Massimina.
Articolo e foto di FRANCO LEGGERI
P.S. Il MISTERO DEL FONTANILE SCOMPARSO di via Ciro Trabalza, qualcuno ha notizie?
Roma- Municipio XIII-9 aprile 2016 Nei giorni passati, le storiche colonne romane di piazza Irnerio sono state oggetto di uno sfregio vandalico. Qualche cittadino poco virtuoso ha acquistato del cemento, ha preso una scala, si è arrampicato sulle tre colonne Romane di tre tipi di granito diverso, (grigio sardo, grigio africano e rosa africano) ed ha versato il cemento su una di queste, dopo aver tolto gli spuntoni “anti piccione”. Le colonne erano state installate in piazza Irnerio dopo essere state recuperate dalle grotte della Domus Aurea nel 2012, e restaurate con cura sotto la direzione della Soprintendenza. “L’assenza dell’amministrazione Municipale è inaccettabile, sono sei mesi che abbiamo richiesto la riparazione della cancellata di Piazza Irnerio” dichiara il Vice-Coordinatore Romano di Forza Italia Alessandro Vannini. “Piazza Irnerio dovrebbe essere il fiore all’occhiello del nostro Municipio invece, da mesi, è abbandonata al degrado più totale come il resto del territorio municipale”.
Osteria a sinistra della Via Aurelia, o strada di Civitavecchia, 8 miglia lungi da Roma , posta nel tenimento di Castel di Guido, poco prima del diverticolo di Maccarese. Essa è nella valle del Rio di Galeria, che si traversa sopra un ponte : ivi dappresso è un Casale , un granaio , la chiesa , ed un fontanile fornito di acqua da una sorgente condotta, i cui bottini veggasi a destra della strada. Il nome Malagrotta suol dirsi da una grotta che si vede sul colle a sinistra ; a me sembra però che sia un travolgimento del nome Mola Rupta, che almeno fin dal secolo X. questo fondo portava: dico fin dal secolo X, poiché non voglio fare uso della Carta di donazione di Santa Silvia per le ragioni che furono indicate nell’articolo su Maccarese. Or dunque negli annali de’ i Camaldolesi, ne’ quali si riporta quell’Atto di donazione , si trova pure riportata una Carta genuina pertinente all’anno 995, ( leggasi il tomo I.p.p.126) nella quale si ricorda la cessione e permuta fatta da Costanza nobilissima donna di una metà di un suo Casale denominato Casa Nobula, posto circa l’ottavo miglio fuori della porta San Pietro nella contrada che corrisponde appunto a Malagrotta. E questa contrada si ricorda ancora anche in altre Carte degli stessi annali, come in una dell’anno 1014 nella quale si pone fuori di porta San Pancrazio nella via Aurelia, e si nomina come Casale ,in un’altra carta del 1067 si nomina come affine al Rio Galeria, e nel secolo XIII. Col nome di Castrum Molarupta colle chiese di Santa Maria e di Santa Apollinare si designa nelle bolle di papa Innocenzo IV. Nel 1249 e di Papa Bonifacio VIII. Nel 1299, con le quali furono conferiti i beni di San Gregorio: come pure in due Atti pertinenti all’anno 1280 e 1296, documenti che sono inseriti nell’appendice del tomo V. degli Annali suddetti. Quindi il nome Molarupta rimaneva sul principio del secolo XIV. E quanto a questa denominazione così antica , che rimonta, come si vide , almeno al secolo X. facile è derivarne la etimologia da una mola ivi sul fiume Galeria esistente, la quale rottasi, ne derivò al fondo ed alla contrada il nome do Molarupta.
Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
ROMA MUNICIPIO XII-
Massimina-Scoperte e ricoperte, nel 2009, due tombe del IV-V sec. a. C.
Roma-Municipio XII-Quartiere MASSIMINA-Venerdì 11 settembre 2009, in via Ildebrando della Giovanna, di fronte alla scuola elementare Nando Martellini, durante lo scavo per eseguire una riparazione idrica sono venuti alla luce due tombe del IV-V sec. a. C. Le tombe, una grande e una piccola sono state “monografate”, fotografate e subito ricoperte.
Già dal 1999 la Soprintendenza SAR ha intrapreso una serie di sondaggi preventivi in vista dell’allargamento della sede stradale di via Ildebrando della Giovanna. La strada è sita in posizione elevata rispetto al Fosso Galeria, sulla collina che funge da spartiacque.
Tra le bellezze poco conosciute del nostro territorio, lungo il percorso immediatamente suburbano della Antica Via Aurelia che usciva dalla città nei pressi dell’odierna Porta San Pancrazio al Gianicolo, si collocano i resti di una splendida necropoli risalente all’età augustea ed in uso almeno fino al II sec. d.C.
Essa fa parte di un sistema complesso di siti sepolcrali, in buona parte anche ipogei, disposti nel tratto extracittadino dell’Aurelia Antica in cui si inseriscono anche le necropoli di San Pancrazio (sotto la basilica omonima) risalente addirittura all’epoca repubblicana nei suoi resti più antichi e di Calepodio (presso via del Casale di San Pio V), sito più tardo afferibile al II-III sec. d.C. La persistenza di queste necropoli lungo la via testimonia l’intensa vitalità della regio XIV Transtiberim, l’ultima delle grandi sezioni in cui fu divisa Roma da Augusto nel I sec.d.C., densamente popolata da piccoli commercianti e artigiani, conciatori di pelli, falegnami, mugnai, vasai ed operai delle fornaci di cui rimangono tracce nelle iscrizioni sepolcrali rinvenute in queste aree, purtroppo in buona parte oggi non visitabili.
La Necropoli all’altezza del civ. 111 dell’Aurelia Antica si inserisce nella suggestiva cornice di Villa Doria Pamphilj e sorge poco distante dalla pars publica della Villa, costituita dallo splendida palazzina dell’Algardi (detta anche Casino del Bel Respiro) attualmente in uso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e divenuta sede di rappresentanza per le visite di Capi di Stato e di Governo.
Essa e’costituita principalmente di edifici del tipo a colombario (prevalenti anche nelle necropoli vicine) ossia di ambienti nelle cui pareti venivano alloggiate in apposite nicchie ricavate, le urne contenenti le ceneri dei defunti secondo l’uso della cremazione nettamente prevalente nel I sec.d.C.. Il colombario risultava essere la soluzione più pratica per ottimizzare gli spazi includendo il maggior numero di sepolture, soprattutto considerando che i cimiteri antichi erano costruiti su proprietà private.
Il complesso di Villa Pamphilj venne individuato già nel XVII sec. con la sistemazione della Villa da parte dell’Algardi, ma fu oggetto di indagini più accurate negli anni fra il 1821 ed il 1830 in seguito ad ulteriori lavori di modifica ed ampliamento della proprietà. I resti antichi conservati appartengono ad una serie di edifici il cui principale è il cosiddetto “Colombario maggiore” per numero delle sepolture/loculi ivi rintracciabili in buona parte ipogee, all’incirca 500, disposte su 7-8 file sovrapposte ognuna contraddistinta da una piccola tabella dipinta o da una piccola lastra marmorea inscritta col nome del defunto. Questo colombario era costituito da un’unica sala sotterranea in opera reticolata di tufo e da un’altra sala sovrastante a livello stradale dove si svolgevano i riti funebri. La sala ipogea aveva le pareti completamente affrescate con soggetti assai vari: paesaggi con architetture fantastiche, nature morte, paesaggi di campagna con uccelli e personaggi vari che alludono a scene mitologiche. La bellezza di questi affreschi era tale che intorno al 195 si decise di staccarli e conservarli nel Museo Nazionale delle Terme (Palazzo Massimo).
Adiacente al Grande Colombario è il monumento dalle forme più immediatamente rintracciabili per l’epoca antica, detto “Colombario Minore” di epoca adrianea. Esso si presenta interamente sopraterra, realizzato in opus latericium e recante due ingressi gemelli con architravi in travertino sormontati da rilievi con i busti dei defunti e cornice modellata in laterizio che doveva contenere l’iscrizione con il nome del capostipite della famiglia ivi sepolta. Il Colombario Minore mostra al suo interno l’uso contemporaneo dei riti di incinerazione e di inumazione, essendo presenti sia le nicchie ospitanti le urne con le ceneri, sia gli arcosoli per la deposizione degli inumati.
Nell’area si conservano alcune interessanti epigrafi sepolcrali appartenenti a liberti impegnati nelle varie attività artigianali del quartiere trasteverino, ma anche di soldati del I sec.d.C.
Il sito è ancor oggi oggetto di scavi e studi e l’ultima delle scoperte di un ulteriore colombario ipogeo adiacente agli altri due è avvenuta nel 1984: si tratta di una vasta camera funeraria rettangolare interamente sotto terra cui erano uniti altri ambienti più piccoli coperti con volte a botte tutte decorate con affreschi raffiguranti paesaggi naturalistici ed architetture fantastiche. Anche esso conteneva oltre 500 nicchie sigillate con lastre marmoree o muretti in argilla recanti l’iscrizione funebre, disposte su 7 file e probabilmente risalenti al I-II sec. d.C. Il pavimento delle sale è decorato interamente con mosaici, in particolare quello della sala centrale è in opus scutulatum, ossia ottenuto con tessere di materiale di scarto. Su un lato di esso si trova l’iscrizione C. Scribonius C. f. Menophilus che si riferisce verosimilmente a colui che pagò la messa in opera del pavimento, dunque il colombario oggi è conosciuto dagli studiosi come il Colombario di Scribonio Menofilo.
Completano l’intero complesso i resti monumentali di un recinto funerario costruito in opera quadrata di tufo e peperino, risalente alla fine del II sec. d.C. recante al centro del lato frontale una falsa porta in peperino decorata con ovuli e dentelli: al centro dei due battenti si trovano una coppia di maniglie proto leonine ricavate in bassorilievo con battenti ad anelli e due gorgoni; ai lati della porta sono anche riportate le misure dell’intera area sepolcrale (avente forma quadrata di circa 7, 2 m per lato). Un’ulteriore monumento funerario che testimonia il carattere dell’area si trova a ovest della Via Olimpica, il cosiddetto Casale di Giovio, probabilmente eretto su un edificio romano di età imperiale (I-II sec.d.C.). Sono ancora visibili i resti di una cortina laterizia che corre lungo tutto il perimetro della costruzione, in alcune parti conservate per un’altezza di circa 4 m.
L’intera area fin qui descritta è visitabile unicamente con un permesso speciale rilasciato dalla Questura, data la natura ufficiale che Villa Algardi riveste nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (MaG)
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