Annia Galeria Faustina, meglio nota come Faustina maggiore (105 – 140), fu Augusta dell’impero romano visse a Lorium attuale Castel di Guido. Appartenente alla dinastia degli Antonini, fu moglie dell’imperatore Antonino Pio, madre dell’imperatrice Faustina minore, e zia dell’imperatore Marco Aurelio. Fu la figlia del console Marco Annio Vero e di Rupilia Faustina, che era sorellastra dell’imperatrice Vibia Sabina e figlia di Salonina Matidia, nipote di Traiano. Faustina sposò Antonino intorno al 110, e gli diede due figli e due figlie. Quando Antonino divenne imperatore nel 138, Faustina ottenne il titolo di Augusta. Il matrimonio tra i due fu felice, fino alla morte di Faustina nel 140 o 141: Antonino la divinizzò e le intitolò un nuovo alimenta, il Puellae Faustinae, e un tempio nel Foro Romano, diventato il Tempio di Antonino e Faustina in seguito alla divinizzazione dell’imperatore dopo la sua morte. Fu imperatrice dal 138 al 140 d.C. (la rarità è dovuta anche a questo?) Morì 35enne.
Principessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi –Proprietaria della tenuta e del Casale della Bottaccia fece eseguire gli scavi archeologici del 1748-furono trovate le statue di : Giunone velata,Domizia sotto le spoglie di Diana, varie tombe cristiane.
Biografia-Teresa Orsini Doria (1788-1829), gravinese e fondatrice delle Suore Ospedaliere della Misericordia -Nacque a Gravina in Puglia, ducato della sua famiglia, il 23 Marzo 1788, giorno di Pasqua, da Domenico Principe di Solofra e da Faustina Caracciolo dei Principi della Torella. Fu battezzata solennemente lo stesso 23 marzo nella cattedrale, vicino al palazzo Orsini, dove Vincenzo Maria Orsini, futuro papa Benedetto XIII (1649-1730) era stato battezzato, più di cento anni prima. Teresa rimase orfana di padre ad appena due anni. Lei era la primogenita e sua Madre Faustina era in attesa del secondo figlio. Allora il nonno Filippo, noto per la sua fede e buona condotta, si occupo della sua educazione, poi fu affidata alle cure delle Suore del monastero della Sapienza di Napoli, dove ricevette sotto la guida delle monache della Sapienza il sacramento della cresima il 15 maggio 1801, nella cappella dell’educandato. A dodici anni Teresa venne trasferita a Roma per terminare il corso dei suoi studi, prima dalle Orsoline, poi dalle Benedettine di Tor De’ Specchi. La sofferenza causata dalla morte del padre e la lontananza dalla madre non fece irrigidire il suo cuore, al contrario, fece maturare ancor più la sua comprensione della sofferenza altrui. Avendo terminato l’iter formativo, all’età di venti anni, scelse la vita matrimoniale, sposando il principe Luigi Andrea Doria Pamphili Landi (di Roma). Ebbe quattro figli che amò teneramente. La vita di Teresa è un esempio dell’amare e del servire cristianamente, è una dimostrazione di come deve essere il vero amore cristiano, gratuito e disinteressato. Dio le aveva donato tutte le virtù fisiche e morali: era una vera nobildonna, sposa felice, madre affettuosa, donna di carità impegnata nel sociale, al servizio dei malati, dei diseredati e degli emarginati della società del suo tempo. Nel suo umile servizio agli altri spesso dimenticava se stessa, per lei non esistevano difficoltà ed ostacoli quando si trattava di stare vicino a coloro che ne avevano bisogno: familiari, parenti, amici e persone sconosciute, tutti quelli che in quel momento particolare rappresentavano il Signore sofferente. Pur appartenendo ad una delle più illustri famiglie romane, non dimenticò la gente semplice, pertanto seppe armonizzare i suoi impegni sociali con la carità verso gli altri. Vide lo sfacelo morale e materiale che la rivoluzione francese aveva portato in Europa e a Roma soprattutto, dove ella viveva. Questo era per Teresa terreno fecondo per esercitare la grande carità di Cristo. Organizzò molte iniziative caritatevoli a favore dei più diseredati: malati pellegrini, carcerati abbandonati, donne in difficoltà, ecc.; sempre presente in ogni ambiente di dolore, pronta nel curare, con le sue stesse mani, le piaghe del corpo e i disagi dello spirito. Perché la fiaccola da lei accesa non si estinguesse, ma proseguisse nel tempo, pensò ed attuò un suo progetto di carità: radunò attorno a sé delle giovani donne che, senza motivo di lucro, donassero la vita a sollievo dei malati negli ospedali, dove essi giacevano abbandonati a loro stessi. Nacquero così, il 16 maggio 1821, all’interno dell’ospedale San Giovanni in Roma, con regole proprie, le Suore Ospedaliere della Misericordia, continuatrici dell’opera di Teresa Orsini Doria tra i malati. Perfetta nobildonna romana, corteggiata, stimata, ammirata, onorata per la sua ricchezza, per la sua straordinaria bellezza, per la sua intelligenza ….ma tutto ciò non le bastò. Da ricca che era…, Teresa Orsini si fece piccola: piccola per stare in mezzo ai bisognosi, ai diseredati, ai malati poveri, fra gli ultimi. Oltre a essere sposa e madre, Teresa andò in cerca della sofferenza per soccorrerla e per risolvere, alla radice, i problemi della malasanità romana con metodi moderni, con la congregazione religiosa delle Suore Ospedaliere della Misericordia, attivissime ancora oggi in tutto il mondo. Una laica, dunque, che pensava e agiva, impegnata nella famiglia e nel sociale con indicazioni che molti decenni dopo il Concilio Vaticano II recepirà. Gran parte della popolazione malata di Roma conosceva quella bellissima e ricchissima giovane signora; eppure la vedevano semplicissima nel prodigarsi a curare piaghe, dolori fisici e spirituali, ad addolcire i lamenti, portando con la sua carità Gesù Cristo a tutti. Il suo era un attivismo sereno, quasi dovesse presagire la sua precoce scomparsa avvenuta a 41 anni di età, consumata dall’amore per gli altri. Non a caso Teresa Orsini è conosciuta come “martire della carità”. Consumata dalle fatiche morì il 3 luglio 1829. E’ dedicata a Teresa Orsini una via cittadina.
Fonte:
Cristina Siccardi, Da ricca che era…., Vita e opere di Teresa Orsini Doria, Società San Paolo, Alba (Cuneo) 2006
Carlo Caputo, Teresa Orsini, Principessa di Gravina, Mamma esemplare, Nobildonna di carità – Matera 2005
BREVE STORIA CONGREGAZIONE DELLE SUORE OSPEDALIERE DELLA MISERICORDIA ( HOSPITALER SISTERS OF MERCY)
La Congregazione delle Suore Ospedaliere della Misericordia, Istituto di diritto Pontificio, nato nel 1821 dal grande cuore del1a Serva di Dio la Principessa Teresa Orsini Doria Pamphili Landi, sotto gli auspici del Papa Pio VII.
Teresa nacque nella piccola città di Gravina di Puglia, il 23 Marzo 1788, da Domenico Orsini, principe di Solofra e da Faustina Caracciolo dei principi della Torella. Era ancora fanciulla quando rimase orfana di padre mentre la mamma era in attesa del secondo figlio. Il nonno paterno Filippo conosciuto e noto per la sua fede e buona condotta, si occupò della sua educazione. Così Teresa condusse l’infanzia e l’adolescenza presso i vari Monasteri educativi: prima dalle Suore Domenicane della Sapienza in Napoli, poi presso le Orsoline e le Benedettine di via Tor de Specchi a Roma. La sofferenza causata dalla morte del padre e la lontananza dalla madre, non fece irrigidire il suo cuore, al contrario, fece maturare ancor più la sua comprensione per la sofferenza altrui. Avendo terminato l’iter formativo, a1l’età di vent’anni, scelse la vita matrimoniale, sposando il principe Luigi Andrea Doria Pamphili Landi di Roma. Dal felice matrimonio nacquero quattro figli, che Teresa desiderò educare personalmente, rompendo cosi, l’usanza dell’epoca di affidare la prole a Balie di campagna.
Tutta la vita di Teresa scorreva costantemente felice, nel vero termine cristiano della parola: amava e timorata di Dio, amava la sua Chiesa, amava i1 marito, amava i figli e congiunti, amava gli amici. La porta dei suoi Palazzi sia a Roma che ad Albano erano sempre aperte, a coloro che desideravano la sua accogliente carità, sia coi suoi saggi consigli e la sua amorevole comprensione e sia la sua compagnia intelligente, attenta ed affettuosa. Nessuno rimaneva disdegnato di lei, nessuno rimaneva senza il suo aiuto. Teresa pur appartenendo ad una delle più illustra famiglie romane, non dimenticò la gente semplice, pertanto seppe armonizzare i suoi impegni sociali, con la carità verso gli altri ed aveva la giusta temperanza di costumi. Era una vera nobildonna di sangue e di spirito, curava l’arte e gli oggetti di antichità: commetteva scavi archeologici sia ne1la villa Pamphili sia in Lorio sulla via Aurelia. In quest’attività tipica ad una nobildonna, ella unì quella della carità e di servizio.
La vita di Teresa, è un esempio dell’amare e de1 servire cristianamente, è una dimostrazione di come deve essere il vero amore cristiano, gratuito e disinteressato. Dio le aveva donato tutte le virtù fisiche e morali: era una vera nobildonna romana, sposa felice, madre affettuosa, educando il figli al santo timor di Dio, al servizio della Chiesa e dell’umanità sofferente, donna impegnata nel sociale al servizio dei malati, diseredati ed emarginati della società del suo tempo.
Nel suo umile servizio agli altri, spesso dimenticava se stessa, sia nel dormire che nel mangiare; per lei non esistevano difficoltà ed ostacoli quando si trattava di stare vicino a coloro che ne avessero bisogno: famigliari, parenti; amici, persone sconosciute, tutti quelli che in quel momento particolare rappresentavano il Cristo sofferente, in altre parole, sapeva essere vicina a chi piangeva, a chi soffriva, a chi moriva, ma non solo; sapeva condividere anche le gioie e le felicità umane. Teresa, tante virtù umane e spirituali, dove le aveva appreso? Ella apparteneva a molte confraternite religiose, ma amava di più quella dell’Addolorata alla quale si sentiva più vicina nella sofferenza della Croce e vedendo il volto di Cristo in tutte le miserie umane: Teresa è vissuta durante la rivoluzione Francese e subendola con la sua famiglia tutte le loro angherie fino a quella della rinnegazione alla Fede Cattolica. Con il ritorno a Roma dall’esilio di Francia il Papa Pio VII, trovò miseria, fame e distruzione ovunque. Egli si rimboccò le maniche, come si vuol dire e chiedendo aiuto a tutte le persone di buona volontà per alleviare la sofferenze umane. Teresa unita alla sue Consorella di confraternite si è messa a capo fitto organizzando e lavorando con Esse.
Nel 1820, la vita di Teresa ebbe una svolta, costretta per quattro mesi a letto da una grave forma di malattia reumatica, rimessasi in salute, ricominciò il suo volontariato, con le visite negli ospedali, di S. Giacomo detto dagli Incurabili, della Consolazione, dalla Trinità dei pellegrini e di San Giovanni. Quasi ogni giorno con qualche consorella si recava all’Ospedale degli Incurabili (ora San Giacomo) dove si prodigava con le sue mani a servire e medicare le piaghe spirituali, avvolte anche materiali dei poveri infermi e lasciava loro ogni volta una generosa offerta per farle sopravvive. Non tutte le consorelle si comportavano decentemente come lei, presentandosi vestite con troppa ricercatezze. Teresa dovette, modestamente ed affettuosamente fargliele notare come era solita, invitandole a condividere la sua carità ed umiltà. Il suo modo amabile di ammonire con l’esempio e con le parole, faceva si che esse si emendassero, esprimendo esplicitamente la gratitudine. Il Papa Pio VII, per questi meriti la nominò Dama della pubblica beneficenza . La carità di Teresa era una delle virtù principali che originariamente, insieme alle consorelle
delle varie confraternite serviva con tale carità ed umiltà, che sorprendeva tutti coloro, cha conoscendo la sua posiziona sociale, non dimostrava mai ribrezzo verso alcuna malattia. Con il suo esempio sollecitava anche le consorelle a servire i malati con analogo spirito di carità evangelica; dall’ospedale dagli incurabili spesso passava ad esercitare la sua carità nell’ospizio dalla Trinità dei Pellegrini, dove dal Papa era stata eletta priora. Alcune volte tornando da qualche ricevimento (per la sua posizione aristocratica che non
poteva mancare) anzi che andare a casa passava nell’Ospizio, dove deponeva le vestimenta da cerimonia e indossava quelli per l’assistenza ai numerosi convalescenti e pellegrini che si recavano a Roma per visitare le sacre reliquie degli Apostoli e dei Martiri ivi depostevi. Nel 1820, cominciò a pensare, ispirandosi dell’esempio di vita dei Fondatori ospedalieri come San Francesco di Sales e San Vincenzo Dé Paoli, alla fondazione di un opera femminile che si dedicasse senza scopo di lucro all’assistenza dei malati negli ospedali. Teresa affrontava le situazioni con la assidua preghiera e Lume dall’alto. La prima fondazione avvenne nel 1820 presso la Parrocchia dalla Madonna dei Monte a Roma. Teresa con alcune consorelle si dedicavano con speciale servizio a domicilio per le malate che non trovando posto negli ospedali esse rimanevano abbandonate nelle proprie case; quest’associazione di volontarie era chiamata Suore della carità .
Un Deputato Ospedaliero di San Giovanni responsabile dell’andamento assistenziale dello stesso ospedale, vedendo il proficuo lavoro che queste suore cosi chiamate facevano tanto del bene nella Parrocchia della Madonna dei Monti; invitò la Principessa Teresa Orsini Doria a trasportare tale istituzione nell’ospedale di San Giovanni (detto allora “Sancta Sanctorum”). Teresa pensò, perché defraudare l’assistenza a domicilio alle povere inferme? Quindi, pensò ed attuò di fondare un altro gruppo di volontarie che si dedicassero a tempo pieno e senza scopo di lucro al servizio delle inferma ricoverate nella struttura di Sancta Sanctorum. Teresa, tra le sua amiche trovò quattro giovani che il giorno 16 Maggio dal 1821, le suddette, dopo aver partecipato alla Santa Messa nella Chiesa di San Marcello al Corso , furono dalla stessa principessa Teresa accompagnate all’ospedale di San Giovanni con previo avviso ai responsabili presentandole agli Amministratori e Sanitari. Poiché queste giovani non erano pratiche di fare assistenza diretta, Teresa le mise sotto la sorveglianza di Professori, affinché gli dessero nozioni di medicina e chirurgia; infatti le nostre consorelle furono adibite oltre all’assistenza diretta anche alla bassa chirurgia consistente nel fare medicazione e piccoli interventi, quindi la prima scuola per Infermiere sorta a Roma, è stata quella che Teresa ha voluto per l’assistenza ai malati. Teresa Orsini; accompagnando le quattro giovani nell’ospedale di San Giovanni, disse ai Deputati e Sanitari presenti, “il mio compito è finito”, ma essi risposero che non era il caso di lasciar sola la comunità nascente che aveva bisogno di guida, sostegno morale, materiale e di contattare tra l’Amministrazione e la comunità religiosa. Così la Principessa è vissuta e ha avviata la congregazione SOM dirigendola e difendendola, fino alla sua morte avvenuta il 3 Luglio 1829.
Teresa per questa famiglia religiosa ha molto sofferto, sia da personale laico dirigente e non, e persone ecclesiastiche il quale non vedevano di buon occhio perché in quanto a Roma esisteva tale istituto religioso che si dedicasse all’assistenza diretta ai malati (mentre le suore di carità di San Vincenzo de Paoli e le Brignoline di Genova erano ospedaliere si, ma solo per la direzione dei servizi infermieristici e domestici). La nostra Fondatrice, dopo tanto pregare e soffrire chiese aiuto al Monsignor Giuseppe Antonio Sala il quale con regole proprie e interessamento diretto dal Papa Leone XII il quale approvò le Costituzioni con Motu Proprio il 3 Gennaio 1826 e riapprovato con decreto di lode da Gregorio XVI nel 1831. Quattro sorelle possono sembrare un piccolo numero, ma alla Principessa non interessava il numero ma l’ideale, poiché nel tempo il numero si sarebbe sviluppato, sotto la spinta ed il fuoco dell’ideale.
Le nostre prime Costituzioni approvate come tutte le altre con i tre voti di Castità, Povertà e Obbedienza, vi è aggiunto quello dell’Ospitalità cioè per l’assistenza diretta ai malati ricoverati nelle strutture. Nell’anno santo del 1825 Teresa con l’auspicio del Papa Leone XII fondò, il gruppo delle Lauretane,
per l’assistenza alle donne traviate che volevano ravvedersi da una vita scandalosa e volessero costruirsi o ricostruirsi una famiglia. Teresa è stata la Superiora perpetua di questa opera benefica, infatti queste donne lavoravano tele grosse e filavano il lino, altre venivano impiegate come domestiche presso persone oneste che le accoglievano. Teresa molte volte per affrontare la situazione di mantenimento per questa benefica istituzione si è più volte tassata con i propri beni. Purtroppo alla sua morte, la fondazione, perse la guida e il necessario sostentamento per cui l’istituto dopo qualche decennio fu assorbito dalla Congregazione delle Suore del Buon Pastore.
Questa vita di Teresa, senza tregua, queste sacrificarsi senza limiti per il prossimo, questo rifiutare gli agi dalla vita, non potavano non turbare la sua salute. Infatti all’età di quarantun’anni morì, lasciando nel profondo dolore la famiglia, le sue istituzioni benefiche e tutti i poveri della città di Roma che piangendo la acclamavano con il titolo di Santa. Era il 3 Luglio 1829.
L’amore e benedizione di Dio fece sviluppare il seme gettato e la Chiesa presse atto di questa ricchezza. Le suore ospedaliere di San Giovanni attirarono l’attenzione del Papa Leone XII quando egli visitò nel 1825 l ‘Ospedale di San Giovanni. L’Amore attualizzato nel servizio disinteressato, costituirono un binomio che ha portato questa nobile dama di carità a consumare la sua vita come sposa, come madre,
come benefattrice, come fondatrice e organizzatrice indefessa del volontariato del suo tempo; ella espletò la sua carità con un’infinità di modi, soprattutto con la sua instancabile presenza là dove giacevano miserie umane, ella per prima cercava di lenire con sue stesse mani. Molte pagine d’oro vi sono nella lunga storia dell’Istituto.In tempi calamitosi le suore hanno compiuto eroici sacrifici, offrendo la loro vita nel coscienzioso adempimento del loro apostolato. Nel 1837, Roma fu colpita dal Colera, le suore nei loro ardui sforzi per tutte le necessità dei malati erano chiuse insieme ad essi nell’
isolamento, sei di esse contagiate dal “morbo”, morirono con gli stessi ammalati nello spazio di circa un mese. Nel 1854 l ‘epidemia colerica scoppiò nuovamente a Roma, durante i periodi bellici molte giovani suore sono morte contagiate dalle malattie (tifo nero, TBC, spagnola ecc.) specialmente nella seconda guerra mondiale, i feriti provenivano da ogni parte d’Italia, affollarono i reparti ospedalieri. Le suore, svolgendo anche servizi di pronto soccorso e sale
operatorie, offrirono il loro servizio non solo con competenza professionale, ma di carità e conforto a tutti i feriti, moribondi e congiunti colpiti dal grave disastro della guerra. Durante quelli anni le suore oltre il contagio soffrirono la denutrizione, e la TBC ebbe il sopravento che mieto una trentina di consorelle tutte sotto i trent’anni; realizzando in pieno il Vangelo di Gesù: “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri fratelli”(GV. 15,1-3).
Il Concilio Vaticano II, con il suo spirito di rinnovamento, ha ridato alla Chiesa una nuova vitalità che ha anche influito sul nostro Istituto. Infatti un alba nuova è sorta all’orizzonte. L’Istituto che per volere pontificio “dalla sua fondazione era ristretto ai soli bisogni dello stato Pontificio” e successivamente dell’Italia apre nuovi orizzonti per estendere il suo apostolato ospedaliero in varie parti del mondo.
Oggi, la famiglia religiosa delle Suore Ospedaliere della Misericordia come il buon Samaritano del Terzo millennio forte dell’ eredità spirituale della loro Madre Fondatrice, continua la sua opera di carità attraverso l’opera di Misericordia professata con uno speciale voto di Ospitalità. Le suore sono presenti non solo in Italia ma anche nei diversi paesi del mondo: Svizzera, Stati Uniti, Polonia, India, Filippine, Madagascar e Nigeria, per testimoniare la Misericordia negli Ospedali, nelle Case di cura, nei dispensari, nelle Case di Riposo per gli anziani, nelle scuole, nei lebbrosari, nei centri sociali, nelle parrocchie e nelle missioni. La Congregazione è sotto la speciale protezione di Maria Santissima Madre della Misericordia.
Non era visibile da oltre 40 anni, nascosto da uno strato di terra che ne impediva la fruizione. Ora, dopo un restauro iniziato alla fine del 2015 e durato tra i sei e i sette mesi, torna al suo antico splendore il mosaico policromo della palestra occidentale delle Terme di Caracalla. Un intervento, realizzato dalla soprintendenza speciale per il Colosseo e l’Area Archeologica Centrale di Roma, reso possibile da una donazione di Bulgari che ha finanziato il recupero dell’opera investendovi 50mila euro. Un primo passo che, però, non resterà il solo.
L’amministratore delegato di Bulgari, Jean-Christophe Babin, infatti, ha annunciato che sarà finanziato il restauro anche dell’altra parte del mosaico. “L’arte e il bello a Roma – ha spiegato Babin nel corso della presentazione alla stampa del restauro – sono sempre stati al centro dell’attenzione di Bulgari”. L’intervento sulla prima porzione del mosaico, “non è il solo contributo di Bulgari. Oggi vediamo una prima parte del restauro, ma finanzieremo anche la seconda parte del restauro di questi mosaici”.
Per Bulgari, ha sottolineato Babin, si tratta di “una missione”, ovvero “rendere alla Città Eterna un po’ di ciò che la Città Eterna ha dato ai nostri creativi e ai nostri artigiani”. Un’arte, quella di Bulgari, “molto ispirata ai 2.700 anni di arte e cultura romana”. In particolare, ha spiegato l’Amministratore Delegato di Bulgari, “questi mosaici hanno dato l’idea per la collezione di gioielli ‘Divas’ Dream’, un successo mondiale”. Una linea che “non è altro che specchio di questi mosaici colorati a sagoma di ventaglio”.
Il restauro del mosaico di circa 25 metri quadri, che nella sua interezza supera gli 80 metri quadri, curato da Marina Piranomonte e Anna Borzomati, si è articolato in diverse fasi: dopo una pulitura preliminare, si è preceduto al consolidamento del piano del mosaico e ad altri interventi finalizzati a evitare cedimenti. Ciò ha permesso il recupero di numerose tessere interrate. La pulitura definitiva è stata completata dalla stesura di un velo protettivo.
“Il mosaico – ha spiegato Borzomati – era interrato, sono state realizzate diverse fasi di pulitura per rimuovere la terra. La presenza di vecchie stuccature di cemento, presenti nell’intervento precedente degli anni ’40, aveva creato dei difetti di degrado, soprattutto nella parte superiore, dove ci si è concentrati con una pulitura più specifica. Le mancanze sono state integrate con le tessere originarie, recuperate con la setacciatura della terra”.
I lavori di recupero, ha spiegato Francesco Prosperetti, soprintendente speciale per il Colosseo e l’Area archeologica Centrale di Roma, permettono di tornare su un tema, cioè “la collaborazione con Bulgari, che già era intervenuta in passato alle Terme di Caracalla, ma che in questa occasione vediamo in una luce nuova, quella dell’applicazione dell’Art Bonus. Un meccanismo che incentiva in maniera finalmente efficace il rapporto tra le aziende, i privati, e la pubblica amministrazione”.
“Fino a qualche anno fa – ha detto Prosperetti – il restauro delle opere d’arte era una prerogativa assoluta del pubblico. Investire nella bellezza non è solo un dovere della nostra amministrazione, ma si sta rivelando un elemento importante per le aziende private che, come Bulgari, sulla bellezza lavorano da più di un secolo”.
La direttrice delle Terme di Caracalla, Marina Piranomonte ha infine ricordato che “i marmi che venivano usati per i mosaici arrivavano dai quattro angoli dell’Impero. Dobbiamo guardare questi mosaici come un capolavoro frutto dell’opera dell’uomo e di una grande capacità costruttiva”.
Faustina Minore Imperatrice, sposa di Marco Aurelio, visse a Lorium
Faustina Minore (lat. Anna Galeria Faustina, talvolta detta iunior). Figlia (n. 130 circa – m. 176 d. C.) di Antonino Pio e Faustina Maggiore ; il padre la dette in sposa (145) a Marco Aurelio, suo cugino, e le conferì (146?) il titolo di Augusta. È lodata per il suo sollecito amore verso i numerosi figli (almeno 13) e verso il marito, che accompagnò anche in guerra: fu la prima delle imperatrici romane ad essere insignita del titolo di mater castrorum. Morì a Halala (per questo successivamente chiamata Faustinopoli) in Cappadocia, dove aveva seguito il marito là recatosi per reprimere la ribellione di Avidio Cassio. Fu divinizzata, e in suo onore furono istituite sacerdotesse e furono create le nuove puellae Faustinianae che rinnovarono l’istituzione benefica sorta in memoria della madre. Le fonti antiche, in contrasto coi Ricordi di Marco Aurelio, accusarono calunniosamente F. di dissolutezza. Il suo ritratto ci è noto da molte monete, e da una serie di teste marmoree, nelle quali prevale un’acconciatura con capelli bipartiti in molli ondulazioni discendenti, con bassa crocchia di trecce.
Roma- Municipio XIII- Castel di Guido-Tra i siti archeologici più interessanti che si trovano sul territorio del Municipio XIII è da annoverare senz’altro lo scavo-museo noto con il nome di Polledrara di Cecanibbio situato a Castel di Guido in un’area che, come lo stesso nome dice, doveva essere una riserva di pascolo destinata all’allevamento di puledri in Via di Cecanibbio, toponimo interpretato come indicativo della presenza in loco di un corso d’acqua sorvolato dal nibbio bruno.
In effetti un antico fiume doveva scorrere davvero in questa zona poiché nel suo alveo, rinvenuto sotto svariati strati di terreno, si sono depositati straordinari resti fossili di antichissimi animali di epoca preistorica (bue primigenio, bufalo, lupo, cervo elafo) ma soprattutto di elefanti antichi per i cui imponenti resti questo sito è considerato uno dei più importanti giacimenti paleontologici attualmente noti nel Lazio, risalente a circa 320.000 anni fa, all’epoca del Pleistocene medio-superiore. Contestualmente, sono stati rinvenuti anche strumenti litici e resti ossei risalenti al Paleolitico Inferiore.
L’area fu individuata begli anni 80 in seguito ad alcune ricognizioni di superficie condotte dalla Soprintendenza Archeologica e si estende per una superficie che supera i 900 mq e gli scavi sono ora in fase di conclusione. I risultati di essi ed i numerosissimi e ben conservati resti fossili hanno determinato – grazie ai finanziamenti stanziati dal MIBAC in occasione del Giubileo del 2000 – la nascita di un Museo che potesse contenerli e proporli all’attenzione del pubblico attraverso adeguati spazi espositivi.
Il giacimento è attualmente aperto al pubblico e può essere visitato dietro prenotazione da effettuare telefonando al numero +39.06.39967700(lunedì-sabato 9-13.30 e 14.30-17), o collegandosi al sito www.archeorm.arti.beniculturali.it
Roma compie 2769 anni: era il 21 aprile 753 a.C. quando fu tracciato “il sacro solco”, simbolo della fondazione della città di Roma, e oggi come ogni anno si celebra oggi la sua fondazione, rispettando la tradizione che la vuole fondata da Romolo sul colle Palatino. Un’anteprima c’è già stata ieri con la lettura, da parte di quaranta romani e non nel pomeriggio, dei sonetti di Giuseppe Gioachino Belli nei Musei Capitolini. Il Natale di Roma, anticamente detto Dies Romana e conosciuto anche con il nome di Romania, è una festività laica legata alla fondazione della città di Roma, festeggiata il 21 aprile. Un’altra importante iniziativa degna di nota è l’apertura dei Musei civici del comune di Roma, che nella giornata di giovedì 21 aprile 2016 potranno essere visitati in maniera completamente gratuita fino a esaurimento posti. Cuore delle celebrazioni sarà il giovedì 21 a partire dalle 11, quando in aula Giulio Cesare di palazzo Senatorio ci sarà l’edizione annuale della Strenna dei Romanisti, con premi, concorsi, concerti con le bande di Esercito, Guardia di Finanza, Aeronautica, Marina, Polizia, Polizia Penitenziaria e Carabinieri. A seguire, la riapertura di due spazi storici restaurati: alle 12.30 il Giardino degli Aranci all’Aventino, alle 15 il giardino di piazza Cairoli. In serata a bordo Tevere si terrà invece “una performance musicale e di danza al cospetto di Triumph and laments, il fregio di 500 metri realizzato dal sudafricano William Kentridge pulendo selettivamente la patina biologica del travertino dei muraglioni”. Come si festeggia oggi a Roma? Domani alle 10 nella Centrale Montemartini di via Ostiense civ. 124-attraverso una visita guidata si potrà fare “Un viaggio nella storia di Roma tra archeologia classica e archeologia industriale”, mentre a mezzogiorno riaprirà Villa Aldobrandini dopo i lavori di restauro. Infine, venerdì 6 maggio nella Sala della Protomoteca in Campidoglio un concerto cameristico – in programma Vivaldi e Beethoven – chiuderà i festeggiamenti. Fino a lunedì 25 aprile il divertimento è assicurato a Testaccio per grandi e piccoli con il vintage market, i laboratori creativi, i tornei di burraco, l’animazione per i bambini e la solidarietà.
Roma- Nell’Abbazia di San Paolo fuori le mura, dopo mille anni, fu esposta la Bibbia carolingia dal 19 aprile al 29 giugno 2009-
La Bibbia carolingia si compone di 337 fogli di pergamena di pecora e di vitello, la copertura è in legno foderata di marocchino rosso. Ha 24 miniature bellissime e ancora “fresche”. Fu commissionata dal re Carlo il Calvo intorno all’anno 866 al monaco Ingoberto per farne dono al Papa Giovanni VIII.
Su questa Bibbia, durante il medioevo, giurarono fedeltà al Papa tutti gli imperatori .
Papa Gregorio VII decise, per motivi di sicurezza, di affidarla ai monaci benedettini dell’Abbazia di San Paolo. In occasione dell’anno paolino, i monaci benedettini, che da 730 anni sono i custodi della Tomba di San Paolo, hanno deciso di mostrarla al pubblico.
Il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, dopo aver benedetto i locali dell’esposizione ha detto:” Questo evento è importante non solo dal punto di vista culturale ed artistico, ma anche per la riflessione sulla Parola di Dio, Parola viva, capace di vivificare le nostre esigenze: la Parola di Dio è infatti la vera , solida realtà. L’ammirazione di questa Bibbia sia l’occasione per vivere questa esperienza e costruire la nostra casa sulla roccia della Parola di Dio e non sulla sabbia, come è successo a L’Aquila, in Abruzzo. Chiedo inoltre a Dio il dono di saperlo ascoltare e, soprattutto per i visitatori e pellegrini in visita alla tomba di San Paolo, di riscoprirsi ascoltatori della Sua Parola”.
La Bibbia Carolingia fu esposta al pubblico, ingresso libero, nell’Abbazia di San Paolo fuori le mura ( via Ostiense, 186) fino al 29 Giugno 2009, dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00-Ingresso libero.
“Speriamo che sia la volta buona“. E’ un auspicio ma anche una certezza, quella del soprintendente al Colosseo e all’area archeologica centrale di Roma, Francesco Prosperetti, nell’attesa che la luce naturale si spenga per lasciare il posto alla luce del nuovo impianto progettato e realizzato da Acea, che da stasera illumina i monumenti che lambiscono l’antica strada che attraversa il Foro Romano, dall’Arco di Tito all’Arco di Settimio Severo. “Illuminazioni del Foro in passato ne sono state tentate più volte – spiega Prosperetti all’Adnkronos – e tutti gli esperimenti hanno trovato il limite nella tecnologia del tempo che richiedeva corpi illuminanti di grande consumo e di grande ingombro. Adesso, grazie alla nuova tecnologia dei led riusciamo a fare un impianto che incredibilmente consuma la metà della metà di quelli precedenti con una quantità di monumenti illuminati molto superiore. L’auspicio è quindi che la nuova illuminazione si riveli durevole e soprattutto uno strumento per avvicinare il Foro Romano alla città, nel senso di renderlo godibile nella buona stagione anche di notte“.
Dal 22 aprile, e per tutti i venerdì fino al 28 ottobre prossimo, infatti, il Foro Romano si apre la notte al pubblico con visite guidate per il percorso ‘La luna al Foro Romano‘. Dalle 20 a mezzanotte gruppi di massimo 25 partecipanti potranno ammirare l’emergere delle antiche rovine illuminate lungo la via Sacra, guidati da archeologi e storici dell’arte. Un percorso nuovo, inaugurato dalla soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale di Roma, con Electa, che si aggiunge al ciclo di visite serali ‘La luna sul Colosseo‘ in corso ogni lunedì, giovedì, venerdì e sabato fino al 29 ottobre. “Sarà una novità per i romani – prosegue Prosperetti – perché consentirà di visitare una parte dei Fori che, salvo qualche tentativo di alcuni anni fa, non è mai stata aperta al pubblico. Ci auguriamo ovviamente di avere una buona risposta di pubblico, necessaria per aiutarci a pagare i costi dell’illuminazione“.
L’impianto è stato progettato anche per aiutare nella ‘lettura’ delle diverse epoche e delle differenti fasi di utilizzo dei monumenti. “Abbiamo adottato due temperature di colore diverse – spiega il soprintendente – per i marmi e per i muri di laterizio. Ad esempio, i due tipi di illuminazione nel Tempio di Antonino e Faustina, che come è noto contiene al suo interno la Chiesa di San Lorenzo in Miranda realizzata nel 600, rendono tangibile la differenza tra queste due fasi di utilizzo del monumento. L’illuminazione quindi anche come criterio di lettura e comprensione di un contesto monumentale che ha una storia che può essere illustrata meglio attraverso la luce“. Non solo temperature di colore diverse, ma anche diversi tipi di illuminazione: “D’accento sui monumenti più importanti e diffusa anche sui percorsi pedonali in modo da rendere sicura la passeggiata. Ora finalmente – conclude Prosperetti – non ci sarà più quella differenza smaccata tra i Fori Imperiali, bene illuminati con il progetto di Storaro, e il Foro Romano buio, praticamente invisibile. Da domani non sarà più così“.
FIUMICINO, 15 aprile 2016- – Riapre al pubblico il Parco archeologico dei Porti Imperiali di Claudio e Traiano a Fiumicino, una della più importanti opere di ingegneria civile del mondo antico. Tutti i fine settimana, a partire da sabato e fino al 30 ottobre, sarà possibile visitare, dalle 11 alle 18, l’unico porto romano giunto intatto fino al nostro tempo, grazie a ‘Navigare il Territorio’, iniziativa in sinergia tra pubblico e privato, alla 2° edizione. A promuoverla, la Fondazione Benetton Studi Ricerche, Aeroporti di Roma e la Soprintendenza speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale di Roma, in collaborazione con la città di Fiumicino e con la Rete scolastica Progetto Tirreno – Eco-Schools. In programma visite guidate, laboratori per le scuole, attività rivolte a famiglie, a bambini e ragazzi, e visite per i passeggeri del Leonardo da Vinci, che avranno a disposizione una navetta gratuita ogni 30 minuti ed un corner informativo che illustra le particolarità del sito archeologico.
SANTA MARINELLA –14 aprile 2016- Il Museo del Mare e della Navigazione antica ha chiuso i battenti. Da quasi due mesi infatti, lo storico portone che consente l’ingresso dei visitatori del castello di Santa severa, è letteralmente sbarrato. I motivi che hanno costretto la direzione del bene storico a bloccare la attività archeologiche del museo, sono da addebitare alla lentezza della macchina burocratica comunale che costringe le operatrici che lavorano all’interno della struttura a restare a casa in attesa di una chiamata. Nei mesi scorsi, infatti, il Comune aveva indetto un bando di gara per la gestione del Museo Civico, dopo che era stato rescisso il contratto con la cooperativa ‘‘Fuori C’Entro’’ per inadempienze contrattuali. A prendere il posto della vecchia società è stata la Cooperativa Culture di Mestre che ha vinto la nuova gara, presentando un progetto che ha riscontrato il favore dei dirigenti comunali. Purtroppo, però, l’azienda veneta non ha potuto prendere possesso del Museo in quanto, da una indagine fatta dalla stessa cooperativa, è stato rilevato che la struttura museale è priva di alcuni presidi che non la rendono idonea all’apertura al pubblico tra i quali il sistema antincendio. L’amministrazione comunale, dunque, dovrà provvedere a mettere a norma i locali prima di consegnarli alla Cooperative Culture. Tutte queste pastoie burocratiche e i tempi lunghi che hanno accompagnato il nuovo bando di gare per la gestione del Museo, hanno di fatto costretto i responsabili del castello a chiudere il Museo della Navigazione Antica. Un danno enorme per il traffico turistico del territorio cittadino e per il personale che lavorava all’interno della struttura archeologica. In base ad indiscrezioni, sembra che il problema relativo all’assenza dei presidi antincendio possano essere risolti prima del 25 aprile, data che solitamente, in passato, portava al castello di Santa Severa centinaia di turisti e amanti dell’archeologia provenienti da tutta Italia, per visitare il più grande porto di Pyrgi e il maniero più antico d’Italia che nasconde tra le sua mura poligonali testimonianze storiche uniche come le Lamine d’Oro o il Frontone di Pyrgi, considerati dei pezzi unici dell’antica civiltà etrusca. Per quella data dovrebbe anche riaprire l’intero castello che, come tutti sanno, è gestito dalla Regione Lazio che decide autonomamente quando spalancare i cancelli per consentire ai visitatori di vedere le torri Saracena e Normanna e le antiche mura poligonali.
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