Roma-Municipio XII-Quartiere MASSIMINA-Venerdì 11 settembre 2009 in via Ildebrando della Giovanna, di fronte alla scuola elementare Nando Martellini, durante lo scavo per eseguire una riparazione idrica sono venuti alla luce due tombe del IV-V sec. a. C. Le tombe, una grande e una piccola sono state “monografate”, fotografate e subito ricoperte.
Breve sintesi- Storia della necropoli di via ILDEBRANDO della GIOVANNA.
Già dal 1999 la Soprintendenza aveva intrapreso una serie di sondaggi , preventivi in vista dell’allargamento della sede stradale di via Ildebrando della Giovanna. Nel corso dell’esecuzione dei cavi di indagine archeologica furono individuate quattro tombe “a fossa” , tombe molto “povere” ricoperte con tegole piane ,”pianelle romane”, convergenti sul fondo .Gli “inumati” erano due individui adulti di sesso maschile. A corredo delle tombe ,molto povero, furono trovati : N.1 anello di rame;N.2 vasi in ceramica comune.
Parlerò in altra occasione di tutta l’Area interessata dalla “NECROPOLI DI VIA ILDEBRANDO DELLA GIOVANNA.” –Nota e foto di Franco Leggeri-
Tito Aurelio Fulvo Boionio Arrio Antonino Pio (in latino: Titus Aurelium Fulvus Boionius Arrius Antoninus Pius; nato a Lanuvio il 19 settembre 86 d.C-Lorium(Castel di Guido) , 7 marzo 161 ) è stato un Imperatore romano dal 138 al 161.
Uno dei migliori imperatori romani. Fu adattato da Adriano e suo successore nel 138. Tutto inteso al bene dei popoli riedificò città distrutte dalle guerre, represse l’avidità dei governatori delle province, cacciò dalla corte i delatori, fondò istituti di beneficenza per gli orfani, migliorò la condizione giuridica degli schiavi, vietò le persecuzioni contro i Cristiani, mantenne ferma la pace e ricorse alle armi solo per necessità.
Fu dolce, amorevole con tutti, ma sin troppo con Faustina (La Maggiore) sua moglie, indegna di lui; scelse come suo successore Marco Aurelio che sposò Faustina (La Minore) figlia dell’Imperatore. I successori di Antonino Pio assunsero il suo nome , e gli storici chiamano il secolo degli Antonini “ l’età più felice per l’Impero Romano”. Si attribuisce al Antonino Pio “L’Itinerarium provinciarum”, un prezioso documento dell’antica geografia che si dice fosse compilato per suo ordine.
CASTEL DI GUIDO- 5 febbraio 2017-Roma Municipio 13- Villa Romana delle Colonnacce .
Riportati alla luce ambienti con mosaici.
I Volontari del Gruppo Archeologico Romano (GAR), capitanati dal Prof. Gincarlo GAZZETTI ,hanno ripreso, a pieno ritmo, gli scavi nella Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido. La Villa Romana è del II-III secolo d.C. è sita su di un pianoro all’interno dell’Azienda agricola comunale. La Villa ha strutture di epoca repubblicana che sono le più antiche e di epoca imperiale. La villa ha una zona produttiva di e la parte residenziale di epoca imperiale. La parte produttiva comprende l’aia o cortile coperto: il grande ambiente conserva le basi di tre sostegni per il tetto, mentre è stato asportato il pavimento, al centro si trova un pozzo circolare. Vi è una cisterna per la conservazione dell’acqua meteorica, all’interno della cisterna si trovano le basi dei pilastri che sorreggevano il soffitto a volta. A giudicare dallo spessore dei muri e dei contrafforti si può desumere che avesse un altezza di circa 5 metri. Nell’ambiente di lavoro si trovano un pozzo e la relativa condotta sotterranea. Torcular : sono due ambienti che ospitavano un impianto per la lavorazione del vino e dell’olio. Vi era un torchio collegato alle vasche di raccolta, mentre in un ambiente più basso vi era l’alloggiamento dei contrappesi del torchio medesimo ed una cucina con contenitori in terracotta di grandi dimensioni (dolii). La parte residenziale ha un atrio, cuore più antico dell’abitazione romana, in cui si conservava l’altare dei Lari, divinità protettrici della casa. Al centro vi è una vasca ( compluvio) in marmo in cui si raccoglieva l’acqua piovana che cadeva da un foro rettangolare sito nel tetto (impluvio). Sale da pranzo, forse triclinari , ampie e dotate di ricchi pavimenti e di belle decorazioni affrescate sulle pareti. Cubicoli, stanze da letto . Vi erano dei corridoi che consentivano il transito della servitù alle spalle delle grandi sale da pranzo senza disturbare i commensali o il riposo dei proprietari. Il Peristilio o giardino porticato: era l’ambiente più amato della casa, di solito con giardino centrale ed una fontana. Dodici colonne sostenevano il tetto del porticato, che spioveva verso la zona centrale. I volontari del GAR –Zona Aurelio , scavano con perizia e recuperano frammenti, “i cocci”, li puliscono, catalogano e , quindi, li trasportano nella sede di via Contessa di Bertinoro dove vengono restaurati e conservati . Nel 1976 la Soprintendenza Archeologica di Roma recuperò preziosi mosaici e pregevoli pitture che sono ora esposti al pubblico nella sede del museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo. Se la Villa è visitabile e ben conservata lo si deve all’ottimo lavoro dell’Archeologo Dott.ssa Daniela Rossi che la si può definire “Ambasciatore e protettrice del Borgo romano di Lorium “.
Pavia- 2 febbraio 2017-Vengono per la prima volta esposti i codici miniati della basilica di San Michele maggiore di Pavia: un patrimonio ai più sconosciuto ma di grande valore per la qualità delle raffigurazioni e per l’epoca a cui esse risalgono, l’ultimo quarto del ‘400. Sono tre volumi di grandi dimensioni, appena restaurati dal laboratorio di Chiara Perugini e Francesca Toscani: l’antifonario Bottigella, il graduale di sant’Andrea e l‘antifonario di Davide re. Si possono vedere da sabato 4 febbraio alle 11 nel salone Teresiano della biblioteca Universitaria (corso Strada Nuova 65) all’interno della mostra “La scrittura dipinta”, curata dalla professoressa Maria Grazia Albertini Ottolenghi. “La scrittura dipinta” resterà aperta fino al 4 marzo. Ingresso libero. Orari: dal lunedì al venerdì 8.30-18.30; il sabato 8.30-13.30.
Il Teatro di Roma presenta la terza edizione del ciclo di incontri “Luce sull’Archeologia” al Teatro Argentina dal 15 gennaio al 23 aprile 2017 con sei incontri la domenica mattina.
Il Teatro di Roma presenta la terza edizione del ciclo di incontri “Luce sull’Archeologia” al Teatro Argentina, un successo senza precedenti che riparte da gennaio 2017 con sei appuntamenti sino ad aprile, la domenica mattina alle 11,00, che avranno come filo conduttore il tema: Roma oltre Roma.
Un percorso che vuole offrire una riflessione storica, artistica e spirituale, con la quale cittadini e visitatori potranno continuare un viaggio emozionante nella millenaria storia di Roma, creatrice di un bacino culturale che ha unito tra loro culture diverse.
Uno straordinario viaggio nell’antico, nella classicità, attraversando vari momenti della storia romana e della romanizzazione, fatta di incontri e scontri di civiltà, che hanno determinato la creazione di un nuovo modello sociale e culturale trasformando territori e popoli in una communis patria.
Pompei, Atene, le ville di lusso dell’aristocrazia romana, sono solo alcuni dei temi che saranno approfonditi da storici, archeologi, storici dell’arte per trasmettere l’immagine di una società antica vicina a noi nelle emozioni e negli obiettivi.
Solo attraverso la condivisione e la conoscenza si potrà ritrovare il senso di appartenenza al nostro Patrimonio Culturale e uno degli obiettivi che il Teatro di Roma si pone è la creazione di relazioni con e tra enti pubblici e privati, per ideare, sostenere e realizzare progetti culturali come questi.
Introduce e modera Claudio Strinati, Storico dell’Arte
PROGRAMMA
15 gennaio 1. Roma fondatrice di città: da Ostia alle colonie e ai municipi in tutta Italia Carlo Pavolini, Archeologo, ha insegnato Archeologia Classica presso l’Università della Tuscia di Viterbo. Paolo Sommella, Presidente dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, Professore emerito di Topografia dell’Italia Antica a La Sapienza Università di Roma
22 gennaio
2. Pompei: storia, leggenda e mito di una città romana.
Massimo Osanna, Soprintendente ai Beni Archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, Professore di Archeologia Classica presso l’Università Federico II di Napoli
Claudio Strinati, Storico dell’Arte.
Fausto Zevi, Archeologo e storico dell’arte, Professore emerito di Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana a la Sapienza Università di Roma.
26 febbraio
3 “Le tranquille dimore degli Dei”, Ville di delizia dell’aristocrazia romana in età imperiale tra Lazio e Campania.
Eugenio La Rocca, Professore di Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana a La Sapienza Università di Roma, già Sovrintendente ai Beni Culturali del Comune di Roma.
Stefano Tortorella, Professore di Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana a La Sapienza Università di Roma, Direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici della Sapienza.
19 marzo
4. Roma e Atene. Memoria, conoscenza, immaginario.
Luciano Canfora, Storico del mondo antico e Professore di Filologia Greca e Latina presso l’Università di Bari.
Annalisa Lo Monaco, Archeologa, presso La Sapienza Università di Roma.
Elena Korka, Archeologa ateniese e Direttore generale delle antichità presso il Ministero della Cultura Greca.
26 marzo
5. Schiavi di Roma
Andrea Giardina, Professore di Storia Romana presso la Scuola Normale Superiore di Pisa.
Orietta Rossini, Responsabile del Museo dell’Ara Pacis, Sovrintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma.
23 aprile
6. La fine del mondo antico: da Roma a Costantinopoli.
Alessandro Barbero, Storico e Scrittore, è Professore di Storia Medievale presso l’Università del Piemonte Orientale di Vercelli.
Massimiliano Ghilardi, Direttore Associato dell’Istituto Nazionale di Studi Romani.
Costo del biglietto: Posto unico € 5 Archeocard € 25 per 6 ingressi
Prenotazione:Facoltativa
Luogo: Roma, Teatro Argentina
Indirizzo: Largo di Torre Argentina, 52
Città: Roma
Provincia: RM
Regione: Lazio
Orario:
Telefono: 06.684000354 Biglietteria 06.684000311/684000314
E-mail: catia.fauci@teatrodiroma.net
Castel di Guido- 21 gennaio 2017-Il giacimento pleistocenico de “la Polledrara di Cecanibbio” è ubicato a circa 20 km a Nord-Ovest di Roma tra la via Boccea e la via Aurelia , ad una quota di circa 83 metri s.l.m., nell’ambito dei rilievi periferici del Vulcano Sabatino. Il sito, venuto alla luce a seguito dell’erosione naturale di un pendio di collina, è stato parzialmente disturbato dall’aratura moderna. In base ai dati forniti dallo scavo archeologico, iniziato nel 1985 dalla Soprintendenza Archeologica di Roma e tuttora in corso e che ha rimesso alla luce un’area di oltre 700 mq, il giacimento è stato associato al paleo alveo ed ai margini di un piccolo corso d’acqua, presente in un paesaggio a lieve gradiente ,caratterizzato da canali fluviali a percorso instabile e da acque stagnanti . Il tratto dell’alveo conservato, inciso in un banco di tufite granulare compatta, raggiunge la larghezza massima di 40-50 m. Sulla paleo superficie erano irregolarmente distribuiti oltre 9000 (novemila) reperti faunistici fossili associati a circa 400 strumenti litici e a pochi strumenti su osso, attribuibili culturalmente al Paleolitico inferiore.L’associazione faunistica è costituita prevalentemente da Elefante antico e Bue primigenio; scarsa invece la presenza di altre specie quali il cervo, il cavallo, il lupo , il rinoceronte.
Pochi i resti di microfauna e di uccelli acquatici. Le ossa erano accumulate in più livelli nel canale centrale , mentre nelle aree periferiche pianeggianti erano sparse su di un unico livello, con alcune concentrazioni in piccoli avvallamenti . Lo stato di conservazione è ottimo; le ossa presentano un buon grado di fossilizzazione ed un aspetto delle superfici vario, da quello molto fresco nei reperti che hanno subito poco o meno trasporto, a quello fortemente fluitato per quelli di minori dimensioni trascinati dalla corrente . I reperti erano stati successivamente seppelliti, in un tempo relativamente breve, da uno strato di tufite , derivata da prodotti vulcanici rimaneggiati. La distribuzione caotica del materiale, causata dai processi di trasporto e di deposizione che avvengono in un percorso d’acqua, è stata in parte determinata , soprattutto nelle aree marginali, dall’attività di animali da preda quali il lupo , e dall’intervento dell’uomo. Questi doveva avere frequentato le sponde del corso d’acqua , intensamente popolate da animali di varie specie, sia per procacciarsi il cibo , come è testimoniato dalla presenza di strumenti e dalle numerosissime ossa metapodiali di Bue primigenio fratturate per estrarne il midollo . Le ossa di Elefante sono in assoluto le più abbondanti, con la presenza di tutti gli elementi dello scheletro ; alcuni crani quasi completi sono di particolare interesse in quanto offrono una più ampia conoscenza sulla morfologia degli esemplari di Elefante antico nella penisola italiana. Numerose le zanne , le mandibole, i denti isolati e le ossa dello scheletro postcraniale , attribuibili ad almeno 25 individui prevalentemente adulti. Nel corso delle ultime campagne di scavo è stato parzialmente rimesso in luce un microambiente, di poco successivo all’episodio fluviale, caratterizzato da acqua a lentissimo scorrimento. In quest’area sono stati identificati i resti ossei di almeno due elefanti, in parziale connessione anatomica e con le superfici in perfetto stato di conservazione. Finora sono stati rimessi in luce un cranio ed alcune ossa dello scheletro postcraniale : una zampa anteriore, le ossa di una mano, le tibie e peroni, alcune vertebre e costole. Accanto alle vertebre di una degli esemplari vi erano i resti di un lupo , anch’essi parzialmente in connessione. Evidentemente le carcasse degli animali erano rimaste intrappolate nella melma e le ossa non avevano quindi subito spostamenti di rilievo. Sparsi tra i reperti faunistici sono stai raccolti 400(quattrocento) strumenti litici culturalmente riferibili al Paleolitico inferiore.
La materia prima, costituita da piccoli ciottoli silicei e calcareo-silicei di colore variabile dal grigio al grigio scuro, non appartiene all’ambiente fluvio-palustre ricostruito, ed è stata evidentemente trasportata dall’uomo. Questi si procurava il materiale nei livelli a ghiaie attribuibili alla Formazione Galeria, i cui affioramenti sono attualmente individuabili alla quota di 40-45 metri s.l.m. lungo la parte terminale dei fossi Arrone e Galeria, ad una distanza minima di km 3 (tre) dal giacimento de La Polledrara. L’industria è caratterizzata dalla presenza di strumenti su ciottolo, in particolare choppers e raschiatoi , molti dei quali con il margine ottenuto con ritocco erto. Numerosi i denticolati , i grattatoi e gli strumenti con caratteri tipologici non ben definiti. Comunemente i manufatti presentano più margini ritoccati; tale sfruttamento intensivo dei ciottoli era probabilmente dovuto proprio alla difficoltà di reperimento della materia prima. Non sono presenti fino ad oggi strumenti bifacciali , comuni negli altri siti dell’area Nord-Ovest di Roma (Castel di Guido, Malagrotta, Torre in Pietra). Vario è la stato fisico dei manufatti; molti dei quali presentano le superfici alterate dal trasporto in acqua. Alcuni strumenti litici , rinvenuti associati alle ossa di elefante in connessione anatomica nell’ambiente di tipo palustre, presentano invece un aspetto fisico freschissimo e margini taglienti. L’analisi delle tracce d’uso ha permesso di riscontrare la presenza di tracce prodotte dal contatto di tessuti animali (ossa, carne e pelle) nel corso della macellazione delle carcasse. Pochi sono gli strumenti su osso, ricavati tutti da frammenti di diafisi di ossa lunghe di elefante , con estremità o margini laterali resi taglienti mediante il distacco di grosse schegge . In occasione del Giubileo dell’anno 2000 è stata attuata una struttura museale , dell’estensione di 900 (novecento) mq, per la fruizione , da parte del pubblico, della paleo superficie rimessa in luce e restaurata.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Anna Paola Anzidei, Soprintendenza Archeologica di Roma–Foto originali di Franco Leggeri
Dal Volume- CASTEL DI GUIDO dalla Preistoria all’Età moderna. Edizione PALOMBI- ed. 2001-
Foto originali di Franco Leggeri
Bibliografia
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Anzidei, A.P., Arnoldus Huizendveld, A., Palombo, M. R., Argenti,P.,Caloi, L., Marcolini, F., Lemorini, L., Mussi, M., 2004. Nouvelles données sur le gisement Pléistocène moyen de La Polledrara di Cecanibbio (Latium, Italie). In: Baquedano, E., Rubio, S. (Eds). Miscelànea en homenaje a Emiliano Aguirre. Zona Archeologica 4. Archeologia. Museo Arqueológico Regional, Madrid, pp. 20-29.
Anzidei, A.P., Bulgarelli, G.M., Catalano, P., Cerilli, E., Gallotti, R., Lemorini, C., Milli, S., Palombo, M.R., Pantano, W., Santucci, E., 2012. Ongoing research at the late Middle Pleistocene site of La Polledrara di Cecanibbio (central Italy), with emphasis on human-elephant relationships. Quaternary International, 255, 171-187.
Palombo, A.M., Anzidei, A.P., Arnoldus Huizendveld, A., 2003. La Polledrara di Cecanibbio : one of the richest Elephas (Palaeoloxodon) antiquus sites of the late Middle Pleistocene in Italy. Deinsea 9, 317-330.
Il giacimento è attualmente aperto al pubblico e può essere visitato dietro prenotazione da effettuare telefonando al numero+39.06.39967700 (lunedì-sabato 9-13.30 e 14.30-17), o collegandosi al sitowww.archeorm.arti.beniculturali.it
Pomezia -16 dicembre 2016-Riapre al pubblico il sito archeologico della Città di Lavinium, grazie alla triplice intesa fra Sopraintendenza all’Archeologia Belle Arti e Paesaggio, Comune di Pomezia e Famiglia Borghese. Il sito finora era accessibile solo su prenotazione.
Situata fra Pomezia e Torvajanica, all’interno della Tenuta naturalistica di Pratica di Mare, di proprietà dei Principi Borghese, Lavinium è stata oggetto di una lunghissima operazione di valorizzazione passata attraverso campagne di scavi, attività di restauro e studi cartografici da parte di Mibact e Università La Sapienza di Roma. Oggi, la Città Sacra dei Latini la cui fondazione viene attribuita dalla mitologia a Enea, eroe in fuga da Troia in fiamme, torna nell’offerta turistica nazionale con una rinnovata fruibilità. La gestione del sito è affidata al Comune di Pomezia con la guida e la supervisione del Museo multimediale Lavinium.
«I reperti archeologici conservati in quest’area segnano le origini del nostro territorio e rappresentano la storia e la cultura di un grande popolo – dichiara il Sindaco di Pomezia Fabio Fucci – con questi protocolli prende finalmente forma il parco archeologico di Pomezia, obiettivo strategico prioritario del nuovo PRG. Partire dalle risorse archeologiche, ambientali e paesaggistiche del territorio è un cambiamento culturale profondo delle politiche di pianificazione della Città».
Tornano alla luce in tutta la loro monumentalità: il Santuario delle XIII Are, dove venivano eseguiti i riti sacrificali con un quattordicesimo altare, adesso visitabile, emerso dagli ultimi scavi; l’Heroon di Enea, un tumulo sepolcrale risalente al VII sec.a.C identificato dalla leggenda come la tomba di Enea; l’edificio così detto arcaico e contigue fornaci.
La valorizzazione del sito archeologico è stata resa possibile grazie a quella che il Soprintendente Alfonsina Russo ha definito “una tutela partecipata del patrimonio culturale” che ha visto il contributo di un’erogazione liberale per il sostegno alla cultura, con la formula Art Bonus, sposata nel caso specifico dalla Società Johnson&Johnson Medical.
«Con grande emozione e gioia vediamo concretizzarsi il sogno di mio marito Pier Francesco Borghese che sin dal lontano 1964 ha supportato la ricerca e gli scavi archeologici nella nostra Tenuta di Pratica di Mare – ha detto la Principessa Grazia Borghese – quest’iniziativa potrà rappresentare per il futuro un modello di gestione sinergica e sostenibile tra gli aspetti qualificanti del territorio, quali cultura, archeologia e agricoltura di qualità».
La prima data disponibile per visitare l’Antica Lavinium è sabato 7 Gennaio.
SANTA MARINELLA-Sabato 17 dicembre 2016, alle ore 17.00,nella prestigiosa cornice del Castello Odescalchi di Santa Marinella sarà possibile assistere alla presentazione degli ultimi risultati degli scavi condotti nel sito della città romana di Castrum Novum da un’equipe internazionale italo-francese che 2010 sta curando gli scavi nell’area urbana e nelle immediate adiacenze riportando in luce interessanti testimonianze dell’abitato e dei suoi monumenti. Il Dott. Flavio Enei, direttore del museo Civico di Santa Marinella, curatore del progetto di ricerca e concessionario degli scavi, illustrerà le importanti scoperte effettuate negli ultimi tempi. I dati archeologici indicano che l’insediamento venne costruito dai romani su un leggero rilievo affacciato sul mare, sui resti di un precedente abitato etrusco che controllava la rada portuale con il punto di approdo a sud del Capo Linaro. Gli scavi dimostrano che anche prima degli etruschi il luogo risulta abitato nella preistoria, nell’età del bronzo, nel II millennio a.C. Lo scavo, coordinato direttore del Museo, in collaborazione con la Prof.ssa Sara Nardi e il Prof. Grégoire Poccardi delle Università francesi di Amiens e Lille 3, vede impegnati sul campo anche i volontari specializzati per i Beni Culturali del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite. Le attività di ricerca si svolgono sotto la supervisione della Dott.ssa Rossella Zaccagnini della Soprintendenza Archeologia per il Lazio e l’Etruria. Grazie all’impegno di tante persone ed Enti dallo scorso anno sta tornando in luce l’impianto del castrum di epoca repubblicana con un tratto delle possenti mura di cinta, spesse circa 3 metri e lunghe almeno cento. A ridosso del muro sono stati ritrovati i resti degli alloggiamenti dei soldati che nel III secolo a.C., difendevano la città fortezza e controllavano un lungo tratto di costa. Sulla sommità del rilievo sono stati identificati i resti di un teatro avente una cavea di circa 25 metri e subito fuori dalle mura un’ampia piazza pavimentata in basoli di selce e calcare. Insomma, in così breve tempo, anche grazie ai risultati delle prospezioni magnetometriche e georadar, si sta ricostruendo l’impianto urbano e topografico originario di un’antica colonia romana della quale fino a poco tempo fa si sapeva ben poco. I ricercatori del Museo Civico e del Centro Studi Marittimi del Gruppo Archeologico hanno realizzato anche una planimetria completa degli enormi antichi impianti per l’allevamento di pesci e molluschi situati nel mare subito dinanzi alla città. Le strutture, oggi semisommerse si estendono per quasi 200 metri di lunghezza e risultano essere tra le più vaste e antiche del Mediterraneo. Numerose vasche di varie dimensioni formano un articolato complesso di peschiere protetto al largo da un lungo antemurale. Le vasche sono provviste di canali di adduzione dell’acqua oggi preziosi per lo studio dell’antico livello del mare che dall’epoca romana risulta essersi sollevato di circa 1,20 metri.
Sabato 10 settembre 2016 è stato inaugurato un primo settore del “Parco Archeologico di Castrum Novum” comprendente l’area occupata dai resti di un impianto termale e di un ampio edificio forse funzionale alle antistanti peschiere, situato vicino al mare, all’altezza del km 64.400 della via Aurelia. Dopo essere state scavate le strutture tornate alla luce sono state consolidate e protette, fornite di un apparato didattico che con 11 pannelli che raccontano la storia del sito e dei resti visibili. IN quell’occasione oltre 500 persone sono state guidate alla scoperta dei resti antichi e circa 40 hanno potuto visitare le peschiere semisommerse nel mare antistate la città antica. IN occasione della conferenza di sabato sarà, inoltre, presentato il Terzo Quaderno di Studi su Castrum Novum che raccoglie i risultati delle ultime ricerche.
La statua di Giunone velata ( Alta senza il plinto, palmi otto) dissotterrata presso Castel di Guido, sito corrispondente all’antico Lorio, è considerabile per la sua integrità, essendone conservata anche la destra che sostiene la patera. Questo simbolo, il velo e ‘l diadema la caratterizzano abbastanza per Giunone, che velata appunto s’incontra, e colla patera nelle antiche medaglie che porta l’epigrafe di Giunone regina. E velata era la sua statua che sul Campidoglio si venerava, come da’ medaglioni di Adriano apparisce, ne’ quali si rappresentano le tre divinità Capitoline. Era così proprio il velo di questa Dea, che Alberico e Fulgenzio, autori vissuti in un tempo nel quale filosofi pagani si sforzavano di scusare con industri allegorie tutti gli assurdi delle lor religioni, ne danno delle ingegnose spiegazioni. Il primo intende pel velo le nubi che offuscano l’aria, di cui questo Nume è il simbolo (Albric, de Junone):l’altro crede additarsi col velo , che le ricchezze, delle quali Giunone è l’arbitra, si tengono studiosamente celate (Fulgent. Mytholog. Lib. II, Juno). Queste sottili interpretazioni non ci danno sicuramente l’idea de’ più antichi artefizci, i quali la velarono e come matrona, o ancora come sposa di Giove, col quale titolo ebbe un simulacro in Platea, opera di Callimaco (Pausan.Boetic. cap.2). Velata era la sua statua antichissima di legno in Samo, lavoro di Smilida contemporanea di Dedalo, come apparisce dalle medaglie; ed oltre il velo aveva anche sul capo una specie di modio (Museo Pisani, Tab, XXIII, XXXIX); io che più volentieri osservo , perché nel nostro simulacro esisteva anticamente questo attributo, rimanendovi ora sul capo un piano rotondo che lo reggeva, oltre un foro quadrangolare , in cui s’innestava. O questo fosse un vestigio delle colonne che negli antichissimi tempi di veneravano per istatue ( Buonarroti, Medaglioni, ec. Pag. 216), o un vero moggio , segno della gratitudine degli adoratori, che si dichiaravano così di tenere da’ Numi le loro dovizie: nella nostra statua, che non è certamente in uno stile antico, può dirsi aggiuntovi o per imitazione di qualche vetusta immagine della Dea, o per dimostrarla dispensatrice e padrona delle ricchezze, come si è accennato poc’anzi. Questo simulacro , ben inteso nel panneggiamento , non è opera greca, ma lavoro de’ tempi dell’impero romano. Adornava forse il Lorio un suburbano imperiale, nel quale fu educato e morì l’imperatore Antonino Pio (Giulio Capitolino, Antonino Pio, cap. 1 e 12).
Dal volume Il Museo Pio Clementino illustrato e descritto, Volume 1- di Ennio Quirino Visconti, Giovanni Labus.
ROMA- MUSEI CAPITOLINI-Il volto, dall’ovale morbido e rotondo, è caratterizzato dagli occhi allungati, contornati da pesanti palpebre, e dall’ovale della pupilla inciso, e da un mento piccolo e sfuggente. I capelli, pettinati con scriminatura centrale, sono ripartiti in ciocche ondulate che seguono il profilo della fronte; essi sono poi raccolti in una treccia, adagiata sulla parte superiore della testa, la cui estremità inferiore corre sul retro fino alla nuca. Il ritratto, a causa del suo accentuato realismo, fu verosimilmente elaborato prima della morte e della divinizzazione dell’imperatrice.
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