Castelnuovo di Farfa -2 settembre 1759: il delitto nel palazzo del Marchese Simonetti-Bibliotea DEA SABINA-
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Castelnuovo di Farfa, 2 settembre 1759: il delitto nel palazzo del Marchese Simonetti
Castelnuovo di Farfa, 2 settembre 1759: il delitto nel palazzo del Marchese Simonetti. Tutti i particolari in cronaca – Il 2 settembre 1759, domenica, circa quattro ore prima del giorno, entrarono dodici banditi in casa del Marchese Paolo Simonetti di Castelnuovo di Farfa. Prima di entrare nella stanza, dove dormiva il Marchese , presero il servitore, che vi era a dormire, lo scannarono e lo gettarono nella vasca. Entrati poi nella stanza di detto Paolo con coltelli lo assalirono alla gola e pregandoli della vita fecero qualche piccolo segno ma presero gran somma di denaro. L’efferato delitto consumato destò raccapriccio in tutta la Sabina.
Cronaca COPIATA di sana pianta da libri dell’epoca – Ricerca in biblioteca a cura di Franco Leggeri
Castelnuovo di Farfa-Il Palazzo Salustri-Galli appartiene all’omonima famiglia che per diversi secoli ha amministrato le terre di proprietà dell’abbazia benedettina di Farfa, tra il torrente Farfa, i Fabaris di Ovidio e la piccola Riana.
Rappresenta l’elemento chiave tra la città e il paesaggio, tra la cultura dell’olio e la coltivazione dell’olivo, che caratterizza tutto il Mediterraneo. L’edificio è costituito da diversi nuclei, costruiti probabilmente a partire dal Cinquecento, ma l’intervento più consistente risale alla metà del Settecento. In quegli anni, inoltre, gli interni erano decorati con affreschi di grande valore artistico. Tra le numerose decorazioni compaiono, oltre alle vedute dei palazzi di famiglia, anche eleganti ritratti di aristocratici, carrozze paludose, popolani e passanti ritratti con viva naturalezza; nelle porte superiori, sicuramente da ammirare sono i cosiddetti “capricci”, un insieme di elementi architettonici o naturali non presenti nella realtà, composti in modo del tutto immaginario. Bellissimi anche i giardini all’italiana all’interno della proprietà
Castelnuovo di Farfa risulta frequentato già a partire dal Neolitico. In epoca protostorica il sito più importante è sicuramente la Grotta Scura, al termine di Via Cornazzano, a poca distanza dal fiume Farfa. I primi ritrovamenti risalgono agli anni 1987-88, quando il Gruppo Speleologico “F. Orofino” rinvenne alcuni frammenti ceramici protostorici, risalenti all’età del Bronzo medio (XV-XIV secolo a.C.). La grotta è costituita da un’ampia sala in roccia calcarea, a cui si accede attraverso una stretta apertura, dove venne recuperato il materiale. Secondo la descrizione del Guidi “dalla sala un lungo corridoio porta ad una serie di piccoli ambienti dove sono stati individuati resti di focolari, ossa animali e vasi integri, gli unici materiali in giacitura sicuramente primaria”[4]. Alcuni frammenti con decorazione “appenninica” hanno permesso una datazione per tutta la durata della media età del Bronzo (XV-XIV secolo a.C.). La grotta presenta un ramo, lungo più di 200 metri, periodicamente occupato dalle acque, dove sono stati rinvenuti insieme oggetti ceramici sia di epoca protostorica che di epoca romana (lucerne in terracotta e monete). La presenza di vasi integri in ambienti difficilmente accessibili della grotta dimostra che una parte della cavità fosse riservata alla deposizione di offerte. Inoltre le tracce di focolari, riferibili a cerimonie rituali, sembrano attestare un utilizzo della grotta sia a fini abitativi che cultuali. La grotta è costituita da un ramo attivo e da due rami fossili, posti a livelli diversi e raggiungibili tramite cunicoli. La presenza di acque sorgive deve aver comportato la destinazione cultuale della grotta. Questo luogo di culto in grotta, tra i più antichi di tutta la Sabina, è stato identificato recentemente nel “santuario di Marte”[5], riportato da Dionigi di Alicarnasso presso Suna (oggi Toffia), antica città degli Aborigeni (mitologia)[6].
Medioevo
Nel VI secolo è riferito in zona l’arrivo di San Lorenzo di Siria, fondatore dell’Abbazia di Farfa, il quale avrebbe svolto opera di evangelizzazione cristiana anche nei territori limitrofi. Una chiesa dedicata a San Donato è riportata già in un documento dell’877, per cui si può tranquillamente fissare la nascita del primitivo insediamento rurale all’Alto Medioevo. In questo documento la chiesa viene ceduta dal vescovo di Arezzo, Giovanni, al monastero di Farfa, in cambio di altri beni, tra cui San Donato ed annesse “terre, case, chiese, selve, molini” ecc…, una elencazione che spiega il livello di organizzazione che si era formato attorno alla prima chiesa[7]. Questa chiesa divenne anche il centro catalizzatore del territorio, elemento di aggregazione sociale, antesignano del castrum. Il primo insediamento fortificato e protetto da mura, il Castellum Sancti Donati, è citato in un documento del 1046, che ne attesta la cessione al vicino monastero di Farfa, e risulta decaduto già nel 1104.
Il Castrum Novum risale al Duecento. A partire dal 1288 nacque una disputa a riguardo di chi appartenesse il colle in cui sorgeva questo castrum medievale: secondo i castellani apparteneva alla comunità, secondo i monaci all’Abbazia di Farfa. La lunga contesa fu lontana dall’essere risolta. Nel 1477 i cippi confinari, rimossi dagli abitanti, vennero riportati al loro posto dall’abate commendatario[8]. Il castello medievale è difeso da una cinta muraria con ben nove torri, presidiate nel Rinascimento da “guardie civiche” e comandate da un “capitano”. Nel 1592 una delibera del Consiglio ordinò l’acquisto di 50 “archibusci” (fucili) e 4 “archibuscioni” (cannoncini). Lungo le mura si aprono due porte, Porta Castello e Porta Cisterna. Il borgo è caratterizzato da strette vie lastricate e da edifici civili, tra cui quelli appartenuti, ad esempio, alle famiglie Cherubini e Simonetti. Nel nucleo del paese sorge la chiesa di San Nicola di Bari ed una bella fontana seicentesca “a parete”, con arco centrale.