Borbona(Rieti) Torna finalmente il Festival del Canto a Braccio-
Biblioteca DEA SABINABorbona(Rieti)
Torna, finalmente, il Festival del Canto a Braccio-
BORBONA-14 settembre 2022-Dopo due anni di fermo a causa della pandemia, torna quest’anno il Festival Regionale di Canto a Braccio di Borbona il 23 e 24 settembre 2022.
Manifestazione ormai di alto livello nel panorama nazionale delle tradizioni popolari, il Festival è giunto alla sua XV edizione. La centralità del Festival è quella di far risaltare il Canto a Braccio, contribuendo a creare un senso di comunità che unisce i territori attraverso le loro tradizioni.
La programmazione prevede:
Venerdì 23 settembre alle 21 il Concerto “Taranta D’Amore” di Ambrogio Sparagna e Solisti dell’Orchestra Popolare Italiana dell’Auditorium Parco della Musica. Dedicato al ricco repertorio di serenate e balli della tradizione popolare italiana con al centro della scena Sparagna il concerto dà vita ad una festa al ritmo vorticoso dei nostri balli popolari, tra organetti, ciaramelle e tamburelli.
Sabato 24 settembre alle 21 Serata di Cantori a Braccio con la partecipazione dei Cantori Pietro e Donato De Acutis, Francesco Marconi, Marcello Patrizi, Stefano Prati, Alessio Runci, Paolo Santini, Dante Valentini, Felice Vanni. I Cantori presenti nella serata provengono dal Lazio, provincia di Rieti e Roma (Bacugno, Cittareale, Lariano, Posta, Terzone), dall’Abruzzo, provincia dell’Aquila (Montereale). A loro si aggiunge la partecipazione di Paolo Cioni da Borbona e la presentazione della serata a cura dello studioso di Canto a Braccio Antonello Ricci.
Il Festival è realizzato all’interno del progetto “Terra Nostra – V Edizione” tra le iniziative regionali proposte a favore delle popolazioni delle aree del cratere sismico in collaborazione con Ministero per la Cultura, Regione Lazio, Comune di Borbona, Jobel Residenza Artistica Nazionale.
Info: Comune di Borbona 0746/940037 www.cantoabraccio.it
Il Festival
Il “Festival Regionale di Canto a Braccio” nasce nel 2006 da un’idea dell’Assessore alla Cultura del Comune di Borbona Domenico Corgentile con l’intento di dare risalto e pubblicità alla pratica del canto a braccio, forma di improvvisazione poetica legata al mondo contadino e pastorale tipica della zona.
La manifestazione ha luogo a Borbona nel mese di settembre ed ha la durata di tre giorni a partire dal venerdì sera con la chiusura la domenica pomeriggio. Il clou dell’evento si ha comunque il sabato sera con l’esibizione dei cantori.
Il grande successo ottenuto dalle prime due edizioni del festival ha spinto l’ente organizzatore, il Comune di Borbona, a continuare nella promozione dell’evento anche come traino per nuovi eventuali progetti legati alla cultura popolare che possano essere proposti da altri enti od associazioni.
Al Festival è anche legata un’altra importante iniziativa e cioè quella della scuola di improvvisazione poetica, iniziativa che per ora si limita ad un breve corso sulla pratica del canto a braccio e sulla poesia estemporanea in generale, con interessanti lezioni tenute da Mauro Chechi. Il corso, tenuto nei giorni del Festival, è destinato in futuro a diventare una vera e propria scuola, con l’intenzione sopratutto di salvare dall’oblio questa importante forma di cultura popolare.
L’idea del Festival-(di Domenico Corgentile – Ass.re alla Cultura del Comune di Borbona)
L’idea della realizzazione di un festival sull’antica pratica del “canto a braccio” nasce dalla volontà di dare vita ad un evento culturale fortemente legato con il territorio.
Molte manifestazioni culturali nascono ex-novo da idee originali, da spunti particolari che però non trovano fondamento nel tessuto storico-culturale del luogo sul quale comunque prendono vita, dando origine ad iniziative di indubbio valore, ma prive di un background legato alle tradizioni, al passato.
Era nostra intenzione, al contrario, cercare di dare origine ad un evento che non solo desse risalto al paese, ma, che al tempo stesso, andasse a recuperare una pratica, quella dell’improvvisazione poetica, radicata sul territorio ma ormai sempre meno praticata e destinata, se non salvata in tempo, ad estinguersi per sempre.
Sono secoli che la pratica del canto a braccio accompagna con la sua melodiosa litania la dura vita dei pastori che, impegnati ber buona parte del loro tempo nell’accudire le greggi, trovavano fonte di svago e di arricchimento culturale nella lettura di libri di poesia. Erano tali rime ad ispirarli in quelle vere e proprie gare poetiche che li vedevano impegnati nelle osterie o nelle piazze del paese con altri improvvisatori.
Oggi questo mondo sta man mano scomparendo, soppiantato dai ritmi frenetici della vita moderna, dal culto dell’immagine, dalla globalizzazione, dal consumismo sfrenato.
Sono rimaste poche le persone che, con impegno e passione, cercano di mantenere in vita la pratica del canto a braccio, ed è a loro che deve andare principalmente il nostro ringraziamento, la nostra ammirazione, ed è anche per loro che questo festival ha preso vita.
L’enorme successo ottenuto ha dato spunto ed energia a continuare in una strada che si è dimostrata quella giusta, con una passione genuina e sincera verso una cultura contadina che deve essere riscoperta e valorizzata affinché non vada perduta irrimediabilmente, con l’inserimento del Festival in un progetto più ampio, a livello non solo locale ma regionale, che intende riportare alla luce e valorizzare un immenso patrimonio di conoscenza, quello della cultura popolare.
Comune di BORBONA (Rieti)- L’ACCOGLIENZA
Dove mangiare
Ristorante Il Nido
Via del Mulino 20 – telefono: 0746940190
Cucina tipica e pizza
Trattoria Fonte Viva
Via Luigi Troiani, 5 – telefono: 07461730371 • 329.0298336
Bar, Ristorante e Pizzeria
Pizza in Piazza
Piazza Martiri 4 Aprile, 15 – cellulare: 3669717449
Pizza, fritti e tutte le specialità della Birra artigianale la Monna
Dove dormire
Hotel Il Nido
Via del Mulino, 20 – telefono: 0746940190
8 camere
B&B Villa Pia
Via Fonteviva, 10 – telefono: 07461730371
5 camere
Affitto turistico Fabrizio Pennese
Località Prata di Cagno – cellulare: 3387601857
Rifugio montano 4 posti letto
La poesia a Borbona dal sito www.comune.borbona.rieti.it
Nella tradizione poetica borbontina possiamo, a buon diritto, annoverare anche l’illustre concittadino Niccolò da Borbona che visse a L’Aquila, tra il 1300 e il 1400, dove, oltre ad una cronaca aquilana dal 1363 al 1424, scrisse alcune poesie tra cui un’ode per la morte di S. Bernardino da Siena avvenuta a L’Aquila nel 1444. Più vicino a noi, Giovanni Vittorio Mancini (1680/1723) di Vallemare (frazione di Borbona), che ricordiamo per lo “Stabat Mater” riscritto in italiano con un sonetto per ogni strofa dell’originale.
Successivamente abbiamo Giosuè Cerasoli (nato nel 1856) e i figli Pietro e Adeodato, Giuseppe Giorgi (1876/1944), Sabatino Circi (1876/1952) con i figli , Federico, Terzino e Torquato, Severino Lopez (1906/1993) e Antonio Anzidei (1883/1977). E nei giorni nostri alcuni figli d’arte: Carlo Cerasoli, figlio di Pietro e Achille Anzidei figlio di Antonio.
A Vallemare, oltre il già citato G. V. Mancini, abbiamo Serafino Pinzari (1840/1910) e Angelo Mancini (1925/1987).
Questi poeti, autodidatti con scarsissimi studi ma con una gran voglia di imparare, nelle lunghe serate invernali vicino al camino hanno letto molto imparando a memoria i vari brani poetici. Si racconta che avevano sempre pronta una risposta in rima in ogni occasione.
Sabatino Circi (1876 /1952) è stato quello che ha lasciato un ricordo ancora vivo. Negli anni ’80 i figli, Federico e Terzino, insieme a Severino Lopez, pubblicarono con il patrocinio della Pro-Loco di Borbona una raccolta delle sue poesie. In quella occasione, nel 1986, raccogliendo l’invito di Severino Lopez, espresso con l’ottava che segue, nacque un concorso di poesia a lui intitolato che si tiene ogni anno a fine settembre.
In continuo il pensiero mi tormenta
Per i versi del poeta Sabatino,
che col passar degli anni vada spenta
la fama di un poeta borbontino.
Con questo chiedo a noi che s’argomenta,
coi versi del suo allievo Severino,
una raccolta. Questa al cuor mi è grata,
ai posteri in perpetuo tramandata.
(Severino Lopez)
L’origine dell’improvvisazione poetica e dell’ottava rima a cura di Mauro Chechi
Ogni forma di linguaggio è sempre frutto di una stratificazione culturale dovuta alla presenza, nei vari territori, di popoli con identità diverse, e anche la poesia estemporanea basa le radici in un passato remoto e, avanzando con il tempo, lascia tracce del suo percorso storico-letterario-artistico. Pur limitando l’indagine ad un ambito ristretto, ossia ai paesi che parlano italiano, spagnolo e portoghese, è evidente che ci troviamo comunque di fronte ad un fenomeno di grande rilevanza che spazia in due continenti e proprio per questo, vista anche la differenza di fuso orario, si può immaginare che in ogni istante ci sia chi canta estemporaneamente versi poetici, piccole gocce, che si riversano sul fiume grande dell’inventiva e dell’improvvisazione.
Andando a ritroso nel tempo, in un intento operativo teso alla ricerca della sorgente di questo fiume e di questa arte tipicamente orale, ci imbattiamo nelle prime notizie su forme di improvvisazione praticate, a partire dal settimo secolo prima di Cristo, in una zona tra l’Etruria meridionale ed i Lazio abitata dai Prischi Latini. In una ricostruzione delle circostanze, che portarono alla realizzazione di questa esperienza poetica, basandosi sulla scorta della straordinaria testimonianza fornita da storici e presumibilmente estranei al repertorio della conoscenza mitica posseduta dagli aedi greci, nei giorni festivi, presso la misteriosa città di Fescennino, posta lungo la via Amerina, dopo aver riposto i frutti del loro lavoro, coperto il volto con una scorza di albero, cantavano improvvisando “versibus alternis”.
Di questi canti estemporanei, denominati “carmi fescennini”, parlano lo storico Livio oltre ai poeti Catullo, Virgilio e Orazio, il quale, in una sua epistola, scrive: …fescenina per hunc inventa licentia morem versibus alternis odbrobria rustica fudit… (…la licenza fescenina sorta attraverso questa usanza improvvisò con versi alterni grossolane ingiurie…).
La forma poetica praticata nel nostro tempo in Italia è l’Ottava Rima, componimento poetico cantato, molto diffuso nella fascia che va dalla Sardegna all’Abruzzo attraverso Toscana e Lazio. Si usa improvvisare le ottave cantando a cappella, lo schema metrico è fisso ed è intonato su una linea melodica che può mutare leggermente tra una zona e l’altra delle varie regioni. I primi esempi di Ottave risalgono al Boccaccio e, anche se non sappiamo esattamente la data , la poesia improvvisata è stata praticata fina la quindicesimo secolo.
Con il modulo fisso dell’ottava, molti aspiranti “poeti” o “cantori” o più semplicemente gente comune, talvolta addirittura analfabeta, poteva cimentarsi in racconti di fatti, storie oppure fare a gara (a contrasto) con un altro “bernascante” su due soggetti contrastanti senza bisogno di conoscere la musica o di avere strumenti musicali, utilizzando solamente la propria inventiva e la voce.
L’improvvisazione poetica in altri paesi a cura di Mauro Chechi
L’improvvisazione poetica praticata nei paesi di lingua ispano-portoghese, fa uso, prevalentemente, della decima. Questa, pertanto, in considerazione del numero dei poeti estemporanei presenti nel vasto territorio iberico e latino-americano, merita una particolare attenzione in quanto è da ritenere che sia la strofa più cantata in assoluto.
La decima, usata dagli improvvisatori, è conosciuta come espinela dal nome del poeta e musicista spagnolo Vincente Martinez Espinel, che fu il suo battista, in quanto ideatore della particolare ricorrenza di rime che la contraddistingue.
Quasi a voler seguire il destino avventuroso, che caratterizzò i viaggi singolari e la vita picaresca e rischiosa del suo creatore, la decima, o meglio la espinela, dalla penisola iberica, superato l’Oceano, giunse, insieme alla lingua degli spagnoli e dei portoghesi, negli stati del Centro e del Sud America. La scrittrice argentina Meri Franco-Lao, sostiene, in merito, che: «… il trovatore latino americano» sia che abiti «…la pampa argentina, i llanos venezuelani … la conca della provincia Oriente di Cuba … le distese appena ondulate del Sud brasiliano e dell’Uruguay … la vallata centrale cilena … dal conquistatore ispano e lusitano ha ricevuto, tra l’altro, il cavallo, i versi ottosillabici e la chitarra…».
Colui che ha fatto uso della espinela, divulgandola ed esaltando il suo inventore, come ricorda tra gli altri lo studioso Maximiano Trapero, è il poeta Lope de Vega, il quale sostiene: «… non sembri una novità chiamare Espinelas le decimas, perché questo è il suo vero nome, che deriva dal maestro Espinel, suo primo inventore, come i versi saffici derivano da Saffo…». Le espinelas, grazie alla loro diffusione, sono alla base delle disturne poetiche nei vari paesi di lingua ispano-portoghese, anche se esiste, come vedremo, una grande « …varietà di metri e modelli di strofe…» (variedade de metros e modelos estroficos).
La espinela è formata da dieci versi ottosillabici nella combinazione di rime, ABBAACCDDC, come si può vedere in questa riportata, che fu la prima scritta da Espinel:
“No hay bien que del mal me guarde
Temeroso y encogido
De sin razón ofendido
Y de ofendido cobarde.
Y dunque mi queja, ya es tarde,
y razon me la defiende,
mas en mi daño se enciende,
que voy contra quien me agravia,
como el perro con la rabia
a su mismo dueño ofende”.
Il repentista e scrittore cubano Alexis Diaz-Pimienta, compie un’analisi, suddividendo la espinela, come nell’esempio riportato, in tre parti principali, alle quali sono assegnati i nomi di: prima redondilla (quattro ottonari), puente (due ottonari), y segunda redondilla (quattro ottonari):
“A mi tambien me han clavado
Punales de ipocrisia
Y hay heridas todavia prima redondilla
Que no me han cicatrizado
Por el dolor destrozado puente
Finjo no sentirme mal
Y sigo cantando igual
Como el que un dolor no tiene segunda redondilla
Para que se recondene
La que me clavò el puñal”.
“Anche me hanno colpito
Pugnali di ipocrisia
E ci sono anche ferite
Che non si sono cicatrizzate
Distrutto dal dolore
Fingo di non sentir male
E continuo ugualmente a cantare
Come chi non sente dolore
Perché non si veda
Quello che mi fece il pugnale”
Bibliografia
a cura di Mauro Chechi
(L’ordine alfabetico è seguito in base ai cognomi degli autori)
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