Armanda Guiducci- Poesie per un uomo-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Armanda Guiducci- ( Poesie per un uomo)
- IL SONNO DEL MATTINO
Ho dormito. Per metà della mia vita,
ho dormito: sono stata felice.
Finchè, morendo, tu non m’hai svegliata
e detto: “Guardalo, il tuo amore. Guarda
che fragile finzione, quel che credi
duraturo, eterno!”. E mi ha colpito
il viso il tuo alito guastato.
“Tanto vale non amare. Tanto, credi,
dar fuoco a tutti i ponti”. Dunque anche tu
dormivi quando m’abbracciavi? Forse,
all’amore giovane, è complice
dei sogni – fitti e illesi – la penombra,
come nel breve sonno mattutino?
Eccoci al giorno che distrugge. Svegli,
ci guadiamo in faccia – ed è ben duro
continuare, in questa luce cruda.
UOMO
Altro da me in tutto… maschio, estraneo,
altra carne, altro cuore, altra mente,
pure, il mio stesso corpo prolungato,
la voce che si sdoppia, e mi continua:
ciò che si oppone, e ciò che mi compone
come un discorso teso, mai concluso,
o l’altro occhio: il raggio che converge
al rilievo, allo scatto delle cose –
mio necessario opposto, crudele meraviglia
è amare te: godere di due vite
in questa sola, avere doppia morte.
NON ALTRO TEMPO
Poichè la vita stessa ci tradisce,
non ho più tempo per esserti fedele
che questo – che congiura, ogni minuto,
contro l’alleanza che ci ha uniti.
Non ho altro tempo per dirti la lealtà,
altro per confessarti l’amicizia,
altro tempo che questo: stretto, in gola.
MUTAZIONE 1
Com’eri trepido, chiaro, appassionato.
Di una tenerezza quasi ridente.
E senza riserve nella gioia
di quell’unica cosa che eravamo.
Lentamente, una forza sconosciuta
ha corrotto i tuoi tratti. Ha disegnato
un altro uomo in te: virile, duro;
ma anche aspro, reticente, irato
verso il tuo cuore stesso e me – che ami
controvoglia, di nascosto, come un furto
o un caro errore, un lapsus reiterato.
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(da uno studio di GABRIELLA COVRI)
*Critico letterario. Nata a Napoli nel 1923, si spostò giovane nel Nord Italia, dove si laureò in Filosofia, all’Università di Milano. Allieva di Antonio Banfi, uno dei personaggi di spicco della cultura italiana del tempo, fu da questi fortemente influenzata. L’idea della responsabilità morale delle persone che hanno mente e agiscono nel mondo e la partecipazione politica alle lotte anti-fasciste, insieme alla militanza del suo professore nel Partito Comunista Italiano, indirizzarono Armanda Guiducci verso il coinvolgimento politico e l’attivismo culturale.
La scrittrice cominciò, quindi, un’associazione lunga e duratura con gli intellettuali e le pubblicazioni della Sinistra politica. Interessata alla produzione e alla diffusione della cultura, collaborò con quotidiani e settimanali che promuovevano confronti ideologici e dibattiti culturali.
Nel 1955, Franco Fortini, Luciano Amodio e Roberto Guiducci e lei, lanciarono l’acclamato giornale politico letterario Ragionamenti, di cui la Guiducci divenne direttore.
Negli Anni ’60 e ’70, pubblicò diversi libri di critica, tra i quali ricordiamo il più famoso, e spesso tradotto, Dallo zdanovismo allo strutturalismo (1967), e due libri su Cesare Pavese, Il mito Pavese (1967) e Invito alla lettura di Pavese (1950).
Si interessò anche di Sociologia, Psicoanalisi, Etnologia e Antropologia Culturale, scrivendo un saggio su La letteratura della nuova Africa (1979), in collaborazione con Lina Angioletti.
La Guiducci iniziò anche una carriera artistica, con due raccolte di versi: Poesie per un uomo (1965) che ebbe un enorme successo, e vinse il premio Cittadella, e A colpi di silenzio (1982), che vinse il premio Pisa, già vinto dalla scrittrice, nel 1967, con Il mito Pavese.
Negli Anni ’70, la Guiducci partecipò anche attivamente al dibattito femminista, producendo una serie di libri sulla condizione femminile, tra i quali ricordiamo: Due donne da buttare (1976), La donna non è gente (1977), All’ombra di Kalì (1979) e Donna e serva (1983).
In tempi più recenti, continuò a scrivere di femminismo, e pubblicò due volumi della storia delle donne, edita da Sansoni. Morì nel 1992 di cancro.
“Poesie per un uomo”, racchiude il “racconto” di un modo d’amare che è bisogno di totalità, di immediatezza, di forza:..E’ il prorompere di un amore certo, lontano dal dubbio che, dimentico delle stanche ombre notturne, sa cogliere negli occhi dell’amato la luminosità dell’alba.
Il suo è un io aperto, un io che vorrebbe abbracciare l’ALTRO e fondersi con lui, che si nutre nel desiderio della primigenia indivisione fra l’IO e l’ALTRO, la femmina e il maschio, questo io che ha ricevuto il dono di generare l’altro, si vede inesorabilmente negata la possibilità di ricongiungersi con lui nella pienezza di un amore. Non certo di separazione fisica qui si tratta, perchè l’oggetto amato si erge “contro” colei-che-ama non come differenza positiva, che è complementarità, ma come totale estraneità: “Altro da me in tutto… maschio, estraneo,/altra carne, altro cuore, altra mente, …”; è una estraneità tormentosa e feroce, piena di “una repressa voglia di ferire/chi, amando, ti augura il buongiorno” .
Eppure la constatazione che i due universi (il maschile e il femminile) sono retti da logiche totalmente dissonanti, che arrivano perfino a porre una differenza nelle strutture categoriali di percezione del reale “La femminile immagine del mondo/che mi separa da te (e a te mi attrae)/segue un tempo diverso. …” , non produce nelle “Poesie per un uomo” una vera e propria rottura o negazione dell’altro. Di fronte a tutto ciò, l’io femminile, pur incolmabilmente lacerato, si fa attonito, ma fermo e deciso ad affermare le proprie modalità, il proprio universo d’amore, anche se questo significherà assaggiare l’orrore dell’esclusione: “Ma neppure la lettura più azzardata/ha messo in dubbio te-come fai tu/ogni volta sull’asse di una pagina/che ti sposti un sistema costruito./T’ammiro, così astratto, e provo orrore/della tua incerta furia-forza maschile/e debolezza insieme; mancanza di natura/che mi relega in nota-a piè di pagina.”.
Approdata nel ’74 al femminismo, la Guiducci ha giustamente rifiutato di definire la sua opera “poesia femminile” ,perchè troppo spesso questa definizione è servita a mascherare una discriminazione e a rinchiudere la poesia delle donne nello spazio angusto di una sottopoesia, considerata incapace di realizzare quel salto “virile” che allarga l’esperienza individuale (l’autobiografia) alla dimensione universale. Al contrario la Guiducci, col suo linguaggio chiaro ma essenziale, con le sue metafore immediate, con i frequenti enjambements tesi a cadenzare il flusso gorgogliante del pensiero, è riuscita a trasformare il suo dialogo interiore in una riflessione che acquista la valenza di una esperienza doppiamente universale, perchè nella sua poesia l’universo femminile e quello maschile si delineano a vicenda, lentamente e dolorosamente, lasciando, nella scoperta dell’impossibilità di una loro comunicazione, un’anima ridotta a un “colpo di sera” .