A Mompeo(RIETI) la commedia «È solo un buco nell’acqua»-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
A Mompeo la commedia «È solo un buco nell’acqua»-
Sabato 13 aprile, a Mompeo, nell’ambito della rassegna di spettacolo dal vivo “A porte Aperte 2024” del Comune di Mompeo con la direzione artistica di Renato Giordano, presso la Sala Fabrizio Naro del Castello Orsini Naro alle ore 18.00 avrà luogo lo spettacolo “E’ solo un buco nell’acqua” scritto e diretto da Simone Corbisiero con Antonio Monsellato e Nicolas Zappa.
La commedia è una pièce sull’amicizia, sul dolore di due personaggi che dialogando grottescamente mettono a nudo ognuno le proprie fragilità, i propri traumi in un viaggio dentro le loro esistenze. Un non vedente e il suo accompagnatore sembrano parlare di massimi sistemi passeggiando, ai margini della civiltà, in quella che sembrerebbe essere una discarica, ma dietro c’è dell’altro. Tra i due in realtà a parlare è perlopiù il non vedente, un “poeta” dai modi burberi il quale in maniera scanzonata e pazzoide mette duramente alla prova la pazienza dell’accompagnatore, un uomo all’apparenza schivo e impenetrabile. Quella che sembra una quotidiana seppur buffa e stravagante “ora d’aria” si trasformerà in un viaggio introspettivo in cui i ruoli si confondono e cambiano di significato fino ad arrivare al nocciolo, al segreto che lega i due in maniera indissolubile. Uno spettacolo poetico e davvero divertente che viaggia tra l’assurdo e il grottesco. Ispirato ad un evento realmente accaduto.
Mompeo è un comune italiano di 509 abitanti della provincia di Rieti nel Lazio.
Storia
Il territorio di Mompeo era in antichità abitato certamente dai Sabini, collegati con la città di Curi (Cures), che doveva sorgere nei pressi di Corese Terra. Poi attraverso varie vicende i Sabini si fusero coi Romani formando un unico popolo.
Anche sulle colline di Mompeo, relativamente vicine all’Urbe e già ben note, sorsero con il tempo le dimore campestri di Romani abbienti. Gli avanzi dei monumenti che ancora si vedono testimoniano l’antica esistenza di ville più o meno importanti delle quali non altro resta se non quella parte cui i Romani annettevano la maggiore importanza, cioè le conserve d’acqua, gli acquedotti e i locali da bagno.
A chi appartenessero queste ville è oscuro. Una vecchia tradizione vuole che qui Fabio Massimo (275-203 a.C.) “cunctando restituit rem”, avesse una villa, cui si riconnetterebbe il vocabolo “Massaccio” ancora conservato da alcuni terreni di Mompeo e alla quale alluderebbe, secondo il Sestili, Cicerone là ove dice “Villa Fabii Maximi in agro sabino”. Veramente questa ipotesi non è avvalorata da prove.
L’antica credenza, poi, che nel comune di Mompeo, in località Palombara, sorgesse la villa di Gneo Pompeo ha prove molto più sicure, tra le quali principale quella di natura linguistico fonetica. Del resto valore probatorio ha l’interpretazione fatta dal Barbiellini-Amidei delle lettere “P.L.” che figurano nella lapide che il Marocco vide sulla facciata nord della grande tomba della Palombara.
Non senza ragione però i Romani illustri scelsero a loro dimora questa parte della Sabina. Oltre la vicinanza di Roma, il clima salubre, il suolo fertile, le acque abbondanti, parlava loro il ricordo di un’antichissima città sabina, la quale dopo la vicina Curi era la più viva e palpitante alla loro memoria: era il ricordo dell’antica Regillo, la patria di Atto Clauso (310 a.C. “per i Romani Appio Claudio”) per la cui venuta a Roma “Claudia nunc diffunditur et tribus et gens per Latium, postquam in partem data Roma sabinis”.
È tradizione che nel territorio di Mompeo sorgesse l’antica città di Regillo e infatti la principale via del paese era denominata Corso Regillo. Ora porta questo nome la piazza dinanzi alla chiesa e la circonvallazione.
Dopo l’età imperiale, si rinvengono notizie di Mompeo nell’817 dal Regesto Farfense, dove si parla del Fundum Pompeianum quale territorio di pertinenza dell’abbazia benedettina, confermato in una nota dell’825, e nell’840 in un diploma dell’imperatore Lotario. Di lì a poco, nell’875, l’abate Giovanni conferisce l’investitura feudale dei suoi domini a un tale Francone, che fa edificare la sua fortezza su un colle, cioè l’attuale zona del centro storico. Dalla metà del X secolo, dopo le invasioni saracene che avevano sconvolto anche la terra sabina, fino alla distruzione dell’abbazia di Farfa, si sa che il feudo di Mompeo passò ai fratelli Gaderisio e Ottaviano di Buza.
Nel XII secolo divenne signore feudatario di Mompeo Simeotto Orsini, capostipite di una lunga dinastia che diede lustro e prestigio a questa terra per cinque secoli. Il feudo rimase in possesso degli Orsini almeno fino al 1559, quando gli abitanti restaurano la chiesa parrocchiale dedicata alla natività durante la signoria di Alessandro e Virginia Orsini.
Mompeo, eretto in marchesato, fu poi venduto ai marchesi Capponi di Firenze, che a loro volta lo cedettero, il 15 maggio del 1646, alla nobile famiglia romana dei Naro, che lo possedette fino agli inizi dell’Ottocento. Sotto i Naro furono edificati e valorizzati i complessi monumentali più importanti che oggi possiamo ammirare. La vecchia fortezza degli Orsini venne quasi del tutto ristrutturata e soltanto due torri rimasero indenni. Al suo posto venne edificato un palazzo baronale di notevole rilevanza dal punto di vista monumentale, circondato da giardini, fontane e attraversato da viali del quale esiste una descrizione del Piazza che lo paragona al castello incantato di Armida. Nello stesso periodo il marchese Naro fece costruire una maestosa porta d’accesso in travertino, ristrutturando e riorganizzando urbanisticamente l’abitato, le cui vie furono lastricate e articolate al servizio del nuovo palazzo baronale che divenne il polo unico e unificatore di Mompeo.
Nel 1663 fu riedificata completamente la chiesa parrocchiale, nella quale fu costruita una cappella gentilizia. Anche il figlio Fabrizio proseguì l’opera paterna, abbellendo la nuova chiesa. L’attività di Fabrizio e di Bernardino Naro, amici di papa Urbano VIII, contribuì al progresso civile e culturale della comunità di Mompeo. A testimoniare il profondo legame affettivo che univa Fabrizio e Bernardino Naro a Mompeo, vi è anche il fatto che entrambi vollero che il loro cuore fosse sepolto nella cappella gentilizia della chiesa parrocchiale di Mompeo. Le rispettive tombe invece si trovano nella cappella gentilizia di famiglia nella basilica di Santa Maria sopra Minerva in Roma. Dopo questo periodo di particolare splendore, si ricorda ancora la famiglia Naro fino alla metà del XVIII secolo, cui fecero seguito fino al Novecento, quali proprietari del palazzo baronale, i Patrizi, i Luciani, i Ciufici, nonché i Baranello e i Di Salvo. Dal 1995 il palazzo baronale è proprietà del Comune di Mompeo.