Sonetti di Louise Labé -Poetessa francese-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Dai Sonetti di Louise Labé
Descrizione–A distanza di oltre 500 anni dalla sua scomparsa, Louise Labé (1524 ca -1566), delicatissima poetessa lionese, mantiene intatto il suo fascino di donna libera e bella, evoluta ed emancipata, padrona, insieme, del suo corpo e della sua dignità, della sua cultura e della sua vita privata. Sebbene per secoli emarginata dagli ambiti educativi ed accademici perché considerata una voce avversa a quella delle patrie tradizioni – dunque femminista – il suo antico grido di protesta contro lo sfruttamento e la prevaricazione della donna da parte del suo “vir” incoerente e spesso brutale, e quindi anche ad opera degli ambiti maschilisti socialmente affermati, non si è mai spento. Perché l’uomo, secondo Lei, per essere veramente degno “d’honore e di rispetto”, deve sempre, da “vir”, mirare ad essere un “civis urbanus”; e la donna, non più ignorante e bigotta, svincolarsi dalla tendenza alla passività, ovvero da quello stato di rassegnazione che si è fatto complice della sua secolare inferiorità, per ambire ad un tenore di vita quanto più consono alle potenzialità della sua indole, davvero capace di qualificare la sua persona.
SONETTO IV
Da quando il crudele amore avvelenò
per la prima volta del suo fuoco il mio petto,
ho bruciato senza tregua del suo furore divino
che mai un giorno ha abbandonato il mio cuore.
Qualunque sia il supplizio, ed abbastanza me ne ha dato,
qualunque sia la minaccia e la prossima disgrazia
qualunque pensiero di morte che mette fine a tutto,
il mio cuore ardente non si stupisce di nulla.
Tanto più Amore ci assale con forza,
più ci fa raccogliere le nostre forze,
e ci fa essere sempre vigorosi nei suoi conflitti;
ma questo non è perché ci favorisce,
lui che disprezza gli dei e gli uomini,
ma per apparire più forte contro i forti.
XVIII
Baciami, baciami, baciami ancora!
Devi essere avventato, impudente, audace!
Corteggiami! Inseguimi! Baciami, così,
e ti ricambierò in carboni ardenti.
Soffri? Vieni, decoriamo il dolore.
Te ne darò ancora, come questi, e ancora
e ci baceremo, ancora, mentre
la gioia ci lacera.
So che il fuoco anima la tua creta informe,
permettimi, allora, di esagerare in felicità:
che la passione, violenta, sia regina, oggi.
Amo ciò che faccio
ma la gioia suprema mi è preclusa
se sono priva dei miei incontri selvaggi.
* SONETTO VIII
Io vivo, io muoio; io brucio e annego.
Ho molto caldo mentre soffro il freddo;
la vita mi è troppo dolce e troppo dura;
ho una grande tristezza mescolata di gioia.
Rido e piango nello stesso momento,
e nel mio piacere soffro molti grandi tormenti;
la mia felicità se ne va, e mai dura;
nello stesso momento sono secca e lussureggiante.
Così Amore mi conduce incostante;
e quando io penso di essere nel maggior dolore
all’improvviso mi trovo fuori da ogni pena.
Poi quando credo la mia gioia essere certa
e che sono nel punto più alto della mia desiderata felicità
ritorno nella mia sventura precedente.
SONETTO XIII
Oh! se fossi rapita sul bel petto
di colui per il quale io mi sento morire:
se la voglia non mi impedisse di vivere
il poco tempo che mi resta:
se stringendomi mi dicesse “cara Amica,
appaghiamoci l’uno con l’altro”, sarebbe certo
che mai tempesta, Euripe, ne vento
potranno separarci durante la nostra vita:
se nel tenerlo stretto tra le mie braccia,
come l’edera all’albero avvinghiata,
giungesse la morte invidiosa della mia felicità:
quando nella dolcezza dei nostri amplessi,
il mio spirito fuggisse sulle sue labbra
io morirei felice più di quanto lo fossi vivendo.
XXIV
Non condannatemi, donne, se mi commuovo
se sento mille fiamme ardere,
e mille scosse e mille spasimi,
se non mi stanco di piangere l’amore.
Oh, no! Non insultatemi
se sbaglio, la sentenza è questa.
Non esagerate coi pettegolezzi:
capitemi, quell’amore fu dolce.
Non è il dio del fuoco a indire
battaglia. Non ridite di Adone
che precipitò nel delirio d’amore
violento e splendido. Siate caute
soffrite ciò che io ho sofferto: allora,
gentili signore, non sarete tanto invidiose.
Louise Labé
[©traduzioni LdV] le traduzioni dal “moyen francais” delle poesie di Luisa Labé, qui pubblicate sono state curate da Lorenzo de Vanne
Descrizione
Dettagli
Autore:
Editore:
Anno edizione:
2014
In commercio dal:
10 febbraio 2014
Pagine:
359 p., ill. , Rilegato
EAN:
9788890835292
BIOGRAFIA di Louise Labé nasce Louise Charly, presumibilmente nel 1524 a Lione (Francia), da Pierre Charly ed Etienne Royber.
Il nome Labé proviene da una situazione imprenditoriale, in quanto il padre, in prime nozze aveva sposato una vedova di un artigiano cordaio di nome Labé, e quindi per una questione di marchio questo nome resterà non solo per definire l’azienda ma anche come riferimento della famiglia, tanto che Louise lo prenderà come nomignolo.
Sia per l’attività redditizia di cordaio sia per aver ereditato diversi patrimoni nei suoi numerosi matrimoni, il padre Pierre diviene benestante e permette a Louise e alla numerosa famiglia di vivere una vita agiata.
Louise ha una buona educazione letteraria, una formazione ampia nei classici e nell’umanesimo italiano: impara il latino, lo spagnolo, l’italiano, l’arte del ricamo, la musica, e frequenta inoltre la scuola di scherma e la scuola di equitazione dei fratelli.
È tanto coinvolta nelle arti marziali e nell’equitazione che è solita partecipare ai tornei vestita da uomo, tale che anche il suo cavalcare è nello stile maschile.
Sembra che partecipi, sempre vestita in abiti maschili, alla battaglia di Perpignan, accanto a Enrico II, con il nome di “Capitano Loys”.
Ancora giovane conosce poeti e scrittori della sua città, diventando un riferimento mondano nei salotti di Lione, per il suo fascino, per la sua cultura e per il suo amore per la poesia.
Seduttrice, ama, è riamata, è ricercata, è corteggiata, si concede, vive la sua vita con serena trasgressione.
Nel 1545 sposa un cordaio benestante, Ennemond Perrin, con almeno venticinque anni più di lei.
Realizza nella sua ricca casa di Lione un vero e proprio laboratorio letterario “bureau d’esprit”, che diviene il punto d’incontro della società più distinta e più letterata, viene soprannominata « La Belle Cordière » (la bella cordiera) per essere figlia e moglie di un cordiere.
Artisti, avvocati, letterati e uomini di cultura, e ricchi italiani figurano come ospiti abituali, tra i quali alcuni come amanti, di questo cenacolo, come Maurice Scève, Claude de Taillemont, Antoine du Moulin, Guillaume Aubert, Jean-Antoine de Baïf, Pontus de Tyard, Jacques Pelletier du Mans, Olivier de Magny, Luigi Francesco Alamani, Antoine Fumée, e infine il suo avvocato e amico fiorentino Fortini.
L’ulteriore agiatezza, specialmente dopo la morte del marito nel 1556, le permette di vivere una vita di lusso e piacere, di spregiudicatezza e di libertinaggio tanto che spesso è additata (specialmente da ex-amanti o da uomini respinti, o gente invidiosa) come donna licenziosa, per la sua vita piena di amori, veri o presunti.
Scrive fin dal 1547, prima una opera in prosa e poi numerose poesie nello stile rinascimentale di allora.
Si conosce poco della sua vita, se non le sue opere, tanto che alcuni critici hanno rappresentato Louise in diversi modi: oltre che scrittrice, ora cortigiana, ora cavaliere, lesbica, prostituta, alimentando uno strano mistero su questa figura.
Le poche notizie sulla sua esistenza ha indotto letterati a molte congetture, tanto che dopo la morte alcuni critici del XVI secolo, hanno pensato a lei come ad un personaggio inventato per goliardia dal gruppo letterario di Lione, tesi questa ripresa anche qualche anno fa (2006) da Mireille Huchon, docente ginevrina, che ipotizza tutta la storia come una finzione elaborata da alcuni poeti dell’epoca del gruppo di Maurice Scève, ovvero che Louise Labé non sia altro che una creazione immaginaria, una sorta di “creature del papier”.
Ovviamente il mondo della cultura, tra le quali la più violenta quella di Marc Fumaroli dall’ “Accadémie Francaise”, ha reagito immediatamente, contestando in modo deciso questa tesi.
Già nel 2005, in occasione del compimento dei quattro secoli e mezzo dall’uscita dell’opera, Louise ha ricevuto la consacrazione universitaria ufficiale accanto ai grandissimi nomi maschili, con l’inserimento del suo nome nel programma di “Agrégation de Lettres Modernes”, confermando la traccia indelebile, nella cultura francese, delle sue opere.
Gravemente malata si ritira nella casa di campagna di Parcieux, e dopo aver fatto testamento delle sue rilevanti ricchezze, favorendo i poveri e le giovani madri, muore il 15 febbraio 1565.
[ © LdV ]
“Le plus grand plaisir qu’il soit après l’amour, c’est d’en parler”– Louise Labé