poesie di Corrado Govoni
Biblioteca DEA SABINA
Cinque poesie di Corrado Govoni-
(Copparo, 29 ottobre 1884 – Lido dei Pini – Anzio, 20 ottobre 1965)
Sei magra e lunga
eppure hai tanta forza plastica
nel corpo gentile
che se abbandoni i gomiti sul pozzo
o contro il muro
del cortile
il bel corpo rovescio
serrati gli occhi
strette le labbra sciolti i ginocchi
con quell’uncino di riccio
nel mezzo della fronte e ad un capriccio
improvviso ti distacchi
t’impenni e via saetti come da fionda
su quegli alti tuoi tacchi
di stella che nel sole
quasi non ti si vede
più tanto sei bionda;
si può giurar per certo
che tu con quel tuo premer duro
un incavo hai aperto
nel docile marmo e nel muro.
Attacchi d’ali strappate
ti palpitan le reni;
così sottile e senza seni
li hai tutti nei ginocchi.
Ma l’orchidea tu l’hai negli occhi.
Esplodon le simpatiche campane
d’un bianco campanile, sopra tetti
grigi: donne, con rossi fazzoletti,
cavano da un rotondo forno il pane.
Ammazzano un maiale nella neve,
tra un gruppo di bambini affascinati
dal sangue, che, con gli occhi spalancati,
aspetta la crudele agonia breve .
Gettano i galli vittoriosi squilli.
I buoi escono dai fienili neri;
si spargono su l’argine tranquilli,
scendono a bere, gravi, acqua d’argento.
Nei campi, rosei, bianchi, i cimiteri
sperano in mezzo al verde del frumento.
– Ne la corte – Tre stracci ad asciugare-
– Ne la corte – Tre stracci ad asciugare
sul muricciuolo accanto il rosmarino.
Una scala seduta. Un alveare
vedovo, su cui giuoca il mio micino.
Un orciuolo che ha sede sul pozzale
di marmo scanalato da le funi.
Dei cocci gialli. un vaso vuoto. Un fiale
che ha vomitato. Dei fogliami bruni.
– Su le finestre – Un pettine sdentato
con due capelli come dei pistilli.
Un astuccio per cipria. Uno sventrato
guancialino di seta per gli spilli.
Una scatola di belletto. Un guanto
mencio. Un grande garofano appassito.
Una cicca. Una pagina in un canto
piegata, da chissà mai quale dito!
– Per l’aria – La docile campana
d’un convento di suore di clausura.
Una lunga monotonia di zana.
Un gallo. Una leggera incrinatura
di vento. Due rosse ventarole
cifrate. Delle nubi bianche. Un treno.
Un odore acutissimo di viole.
Un odore acutissimo di fieno.
Contro corrente come bionde trote
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Contro corrente come bionde trote
fendevano la calca cittadina
due fanciulle insolenti di bellezza.
Curiosando strusciarono i musini
di maliziosa cipria qua a un acquario
di lusso di dormenti onde ravvolte
di stoffe per murene ed aragoste,
più in là a un brillante altar di calzature,
spume di cardi rossi per pianelle
di Cenerentola, lustrini e argenti
per taccuini da ballo. Scantonarono
a un tratto e una si chinò nascosta
dall’inquieta compagna ad allacciarsi
la giarrettiera a mezza coscia ignuda.
Le succhiò la corrente cittadina.
Vedo sempre la strada illuminata
da quel fulgore di carne di donna
nel marmo della pioggia settembrina.
All’odore crudele
che viene dalle spine della siepe
il tuo sangue amareggia l’amore,
e ti diventan gli occhi
una luce cattiva pigiata.
Sulla tua statua che cammina
aprendo una nuova strada nel vento
invano battono le mie parole
come gocce di rugiada da me scossa.
Prego l’erba dell’argine ti venga incontro
con la lampada avvelenata del gigaro
per far soffrire la tua bocca rossa.
“Bisognerà rendere giustizia al vecchio Govoni…Govoni c’incantava con la sua mercanzia venduta a buon prezzo e in una baracca suburbana. Il bambino e il vecchio trovavano sempre qualcosa che nessun altro aveva mai portato e che avevano desiderato per un anno intero. Verrà, pensavano, il signor Govoni con la sua bancarella”. (Leonardo Sinisgalli, L’età della luna)-
Corrado Govoni
Biografia di Corrado Govoni (Copparo, 29 ottobre 1884 – Lido dei Pini – Anzio, 20 ottobre 1965) è stato un poeta italiano. Dopo una prima esperienza crepuscolare aderì al futurismo, staccandosene in seguito per tentare la prosa e il teatro. Govoni nacque a Tamara, una frazione del comune di Copparo, da una famiglia di agricoltori benestanti, e senza compiere studi regolari iniziò a lavorare nell’azienda familiare. Esordì giovanissimo, già nel 1903, pubblicando a sue spese due raccolte di versi intitolati Le fiale e Armonie in grigio et in silenzio, presso la casa editrice Lumachi di Firenze, nelle quali prevalgono i toni crepuscolari. Dopo la pubblicazione de Le fiale, si dedicò soprattutto all’attività di scrittore collaborando alle riviste Poesia, Lacerba, e Riviera Ligure diretta da Mario Novaro. Le raccolte che seguirono nel 1905 e 1907, Fuochi d’artificio e Gli aborti, segnano l’inizio del suo accostarsi al futurismo. Dopo il trasferimento a Milano, capitale dell’avanguardia, strinse rapporti con Marinetti e aderì con entusiasmo al movimento. Ma non fu un’adesione vera e propria: nonostante qualche concessione al gusto futurista nelle successive raccolte, Poesie elettriche del 1911 e Rarefazioni e parole in libertà del 1915, egli stesso definì tale adesione “un gioco”, e la sua poesia restò essenzialmente ispirata alla natura e alla vita dei sensi. Nel frattempo si era sposato con una donna di nome Teresa, dalla quale avrebbe avuto tre figli: Aladino, Ariele e Mario. Ne L’inaugurazione della primavera, del 1915, il rapporto fra sensi e cose si fa particolarmente evidente, e il poeta supera anche il crepuscolarismo di maniera per attingere a un crepuscolarismo intimo, personale. Dal 1916 divenne collaboratore della rivista napoletana Diana che fu una delle prime ad aprirsi all’esperienza ermetica. Nello stesso anno, ritornato a Ferrara, fu costretto a vendere i suoi poderi e a dedicarsi ai mestieri più vari. Il primo periodo govoniano si conclude con l’antologia da lui curata e intitolata Parole scelte, pubblicata a Ferrara da Taddei nel 1920. Nel 1919 si era trasferito a Roma, dove, dopo la rivoluzione fascista, ottenne un impiego al Ministero della Cultura popolare. Per qualche anno fu vicedirettore della sezione del libro alla SIAE, poi segretario del Sindacato Nazionale Scrittori e Autori. Sono questi gli anni delle sue migliori opere narrative. Grato al fascismo per l’opportunità di lavoro, scrisse un poemetto in lode a Mussolini, ciò nonostante il figlio Aladino fu fucilato dai tedeschi alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944. Nacque quindi Aladino (1946): un Govoni diverso, sconvolto dalla tragedia, che esprime il suo dolore con toni duri e talora violenti. Nel dopoguerra lo scrittore si trovò in precarie condizioni economiche e dopo un periodo di disoccupazione accettò un impiego presso un ministero come protocollista, trascorrendo la sua vita tra la capitale e Marina di Tor San Lorenzo. Negli ultimi anni della sua vita Govoni diresse la rivista Il sestante letterario da Lido dei Pini, presso Roma, dove dimorava. Qui, segnato da una malattia agli occhi che lo aveva quasi condotto alla cecità, si spense nel 1965.
Tratto da Wikipedia