GIANNI CRISTOFANI-Poeta della Sabina
Biblioteca DEA SABINA
Poesie di GIANNI CRISTOFANI, poeta della Sabina
da (Malepassu) da A PIEDI NUDI
TRAVAGLIO
Il ricordo che partorisce dolore
fa sempre parte del nostro cuore
intelligenza è saperlo accettare
perché si deve comunque amare.
E’ la vita che ci da sofferenza
in ogni giorno voluto da Dio,
l’accettazione fa la differenza
salendo la scala che porta all’oblio.
La mente accetta il macerare dell’io,
e come le doglie della partoriente
accetti il travaglio che buca la mente
sai ch’è un dolore senza vie d’uscita
sai che esso è parte della tua vita.
Ogni giorno che vivi si ripresenta
come tocco argentino della campana
che ogni vespro dal poggio risuona
in quel tuo essere anima in pena
pronto alla notte che si avvicina.
Saranno i sogni a ridarci la pace
che svaniranno di nuovo al mattino.
Ci ritroveremo pigiati nel tino
a macerare come grappoli d’uva.
da “I FIORI DELL’ERICA” (Malepassu) 2004
UN EMBRIONE D’AMORE
Fu in una notte di stelle cadenti,
sul prato steso afferrai le tue mani
nel cielo erano i tuoi occhi ridenti
noi pensavamo già al nostro domani.
Come era dolce quel mese di agosto,
quel firmamento trapuntato di stelle
ma non arrivò al profumo del mosto
la tremula luce delle nostre fiammelle.
Sul fieno bagnato dalla notturna brina
si fecero riccioli i tuoi capelli ramati
e i nostri corpi sino alla prima mattina
restarono uniti, spossati e stremati.
Fu soltanto un lampo, embrione di amore
quel rotolarci in mezzo al fieno bagnato
era l’età novella del disincantato ardore
due anime che prima mai avevano amato.
Dio! Quanti anni ormai sono passati
da quella notte piena di stelle cadenti
gioie di momenti belli mai dimenticati
fiammelle d’amore nei nostri tormenti.
Anche del fieno è oggi cambiato l’odore
quando calpesto quel giovanile giaciglio
forse è lì dove non volle sbocciare l’amore
che si è dissolto l’embrione di un figlio.
FINALMENTE
Finalmente è arrivata la fine
del mio lungo percorso di vita
iniziato ormai son quarant’anni
nella casa di Giobbe, a Boccea.
Nella mente prepotenti i ricordi
si rincorrono come lampi di vita
chiaro scuri creati dal tempo
dalle azioni degli esseri umani.
E’ finita in un giorno d’aprile
stesso mese in cui era iniziata
l’avventura, un progetto di vita
che nessuno mai avrebbe sognata.
Anni belli, anni fatti di amore
ed il mio amore hanno fatto fiorire
come fiore di pesco a primavera,
come acqua che scorga in sorgente.
Mi hanno preso per mani i fratelli
per gran parte di quel mio lavoro,
ho rubato ai maestri il mestiere
sulla via delle leggi e dei conti.
Ma non tutti sono rimasti fratelli
nella casa di Giobbe, a Boccea,
sul cammino dei padri si è perso,
pecorella dal gregge fuggita.
Meglio è stato il mio basta improvviso,
tale da essere quasi una fuga,
ma difficile era fare il buon viso
al palese mutare della storia.
All’amaro di quell’ultimo giorno
resta il dolce dell’amore di ieri,
del mio essere stato con loro
e per loro avere bene operato.
Maggio 2006
(Malepassu) da PENSIERI SCALZI
EMOZIONI
La sera tardi a ridosso del monte
della verde macchia sento la voce
il paese mio caro proprio di fronte
svetta il campanile e la sua croce.
Nei vicoli stretti vi corre la storia
di gente vissuta zappando la terra
spesso mangiando pane e cicoria
quando gli uomini erano in guerra.
Al tramonto il cielo si fa rosso brace
illumina il marmo che ricorda i caduti
hanno regalato settanta anni di pace
emozioni di un uomo per averli vissuti.
Ancora una volta sotto i lecci del monte
ammiro la sera che si spande sui tetti
è una visione che come acqua di fonte
fa dei miei affanni pensieri benedetti.
Un saluto alla vita che il paese m’ha dato
un abbraccio forte a chi ho stretto la mano
un grazie a quanti amore mi han donato
anche se da loro spesso ero ben lontano.
SABINA AUTUNNALE
Lente in autunno
cadono le foglie
lungo il viale che porta
alla macchia,
un tappeto colore
amaranto nasconde
la terra che silente
lacrima al mattino.
Superbo dalla vite
il pampino s’invola
scoprendo il tralcio
del grappolo dimora
e verso il leccio
ed il pino s’abbandona
sposando la vitalba
e l’edera dormienti.
Il frutto dell’ulivo
si colora di nero verde
pronto al traumatico
distacco della mano
del saggio, esperto
agricoltore che lo cura
così come avverrà
nel giorno della molitura.
Nel sottobosco il fungo
è già maturo
ed il cinghiale grufola
all’intorno
mentre l’aspide
al letargo si dispone
e il tordo arriva insieme
ai calombacci
dal cacciatore attesi
nel capanno
posto fra i rami
della grande quercia
o del cerro gigante
che sovrasta le foglie
dei lecci ,
dei corbezzoli
e delle vitalbe.
Le ginestre orfane
del giallo fiore
piegano al vento
gli spogli aculei.
Il profumo del mosto
è ormai svanito
quando il frantoio
macina le olive
e nel capace camino
abbrustolisce
la fetta di pane
su cui colare l’olio
per poi farne di qualità
sentenza.
Tutto è colore,
tutto è aroma
e sapore
nella Sabina
dell’autunnale stagione
terra dei padri che è
viva in ogni cuore.
A ROBALDO
C’era un gran freddo al San Sebastiano,
la tramontava scuoteva gli ulivi mentre
dalla macchia svolazzavano merli e tordi
e tu risalivi soddisfatto la china col fido
cane che avevi con sapienza addestrato.
E’ questa l’immagine che porto nel cuore
di te amico mio anzitempo volato lassù
nel regno dei veri uomini sapienti e giusti
lasciando un vuoto in che tanto t’ha amato
insieme ai tanti amici cui hai stretto la mano.
Di Montebuono ad honorem sei figlio,
tra i lecci e i corbezzoli di San Sebastiano
resta la traccia della tua amicale presenza
insieme ai tuoi figli di cui eri orgoglioso
cresciuti con Gisa in letizia e sapienza.
Per me resti il ragazzo di ieri
il più simpatico fra i tanti dazieri.
ONIRICAMENTE
E’ solo quando della notte
si fanno più pesanti le ore
che la mente, nel travaglio,
partorisce l’ultimo pensiero.
Si fa rumore nel silenzio
come la colonna di un film
e nel debole abbandono
si fa carne il bene e il male.
E’ un sonno tutto agitato
quello partorito dalla mente
e la realtà distorta è da
quel primo pensiero nato.
Nitida la visione che inganna
tanto da sembrare vera vita,
tanto da impaurire l’anima
davanti l’incarnato pensiero.
GIANNI CRISTOFANI (Malepassu) dalla raccolta IL CANTO DEGLI ULIVI Prefazione di CARLA CUCCHIARELLI.
DA “SAPORE DI TERRA”
SORELLA MALINCONIA
Sorella muta del volare dei giorni
nell’impazzito mondo quotidiano
dove naufragano i sentimenti
e la terra si macchia di nefandezze.
E’ una sorta di deliquio silente,
di abbandono all’imponderabile
anche se il cuore ha l’intenzione
piena di aprirsi alla speranza
a quell’anelito profondo che fu
dei padri figli della campagna.
Non è tristezza quel languore
che ti prende all’improvviso
che cambia i colori del mondo
che la ragione non spiega
che la scienza non cura il male
che naviga verso la disperazione.
Silenziosa compagna dei miei giorni,
stimolatrice del mio pensare
pittrice dei quadri della vita
che pendono dai muri della mia
casa che pur palpita d’amore.
Ed io malinconicamente amo,
malinconicamente credo
e nella fede ritrovo la speranza
per nuove aurore e nuovi giorni.
Malepassu giugno2003
SILENZI
Quando i silenzi premono alle tempie
è come avere un picco di pressione,
quel vuoto dentro non accende, spegne
ogni ragionamento, qualsiasi decisione.
L’inerzia ti coinvolge dentro e fuori
ed il mutismo ne è la conseguenza,
così come il fuggire da ogni cosa è
l’estraniarsi completo dalla gente.
Poi arriva il silenzio della riflessione,
il silenzio dei saldi di bilancio il cui
pareggio è quasi sempre un’illusione,
zoppa è la partita del dare e dell’avere.
Tante sono le parole che vorresti dire,
tante invettive pronte a fuoriuscire
come vomito acre dopo l’abbuffata
ma ti accorgi come meglio sia il tacere.
E’ nei silenzi che affoghi i tuoi pensieri,
che ogni giorno la fanno da padroni
dentro la mente e l’anima squassate
dal tanto bestemmiar che ti circonda.
Settembre 2006
DA “LE FINESTRE DELL’ANIMA” (pensieri e parole dal profondo) GIANNI CRISTOFANI (Malepassu) 2009 Prefazione di MARINA COMO
da PENSIERI SCALZI 2019
Poesia dedicata a Fausto
Ci hai lasciato in un autunno di pioggia
poco dopo aver festeggiato i settanta
grande amico ora la tua anima alloggia
nella casa dove un coro di angeli canta.
Troppo in fretta l’esistenza hai concluso
tu che amavi colloquiar con la gente
con garbo, in silenzio la porta hai chiuso
per far della fine un tuo pensiero silente.
Solitario stavi quando il male ha colpito
anche se amici avevi per chiedere aiuto
amarezza di un animo vistosi tradito
aspettativa d’amore che fu solo rifiuto.
Generoso compagno di bella vita paesana
trascorsa all’ombra di discorsi importanti
davanti al bar ai bordi della strada romana
consumando ogni tanto gelati croccanti.
Fu la banca nostrana a cementar l’amicizia
per Dante e Ilia fu la vera manna dal cielo
mi solleva il ricordo dalla mia tanta mestizia
averti visto raggiante come il fiore d’un melo.
LA ROSA
Rosa d’ottobre
che ti schiudi al mattino
quando il sole solletica
i tuoi petali stanchi
di fronte la casa
dove vive l’amore.
Ogni petalo un bacio
sul tuo labbro vermiglio
il tuo sorriso consola
il mio esistere ed è
per questo che vivo.
da PENSIERI SCALZI.
PENSIERI
In un mare di silenzi
affogano i pensieri
per poi galleggiare
come foglie ingiallite
nello stagno, d‘autunno.
Oniriche visioni che
agitano del sonno le
ore al primo risveglio
annebbiando la mente.
E’ il naufragio d’idee
in quel mare increspato
che trascina nel fondo
dei pensieri il groviglio
in quel paniere di sogni
che l’aurora colora
Dalla raccolta PENSIERI SCALZI 2019
BORGO ANTICO
Nei vicoli stretti del borgo sabino
alla luce sbiadita di vecchi lampioni
ritrovo profili di quand’ero bambino
delle case, all’interno, i soliti suoni.
Mi commuove dei ricordi il rosario
nelle mani mi scorre come preghiera
la macina gira nel frantoio oleario
In questo mio andare verso la sera.
Virtuale cammino fra gli odori di ieri
lungo le vie dalle mutate sembianze
che fanno nascere in me seri pensieri
tali da alterare le mie rimembranze.
Ricerco un tempo nella mente nascosto
che genera in me le più forti emozioni
aleggia nell’aria l’acre odore del mosto
m’accoglie dimora di trascorse stagioni.
dalla raccolta IL CANTO DEGLI ULIVI Prefazione di CARLA CUCCHIARELLI
ANCORA TU
In questo autunno di foglie disperse
sei ancora tu a parlare al mio cuore,
a far tremare il mio labbro che parla
quando affondi nei miei i tuoi occhi
ricamati come bianca risacca del mare.
Sei ancora tu a farmi da velo di fronte
il frastagliato crinale argentato di ulivi
a spezzare la linea del superbo orizzonte
ove lontano s’eleva il Soratte dormiente.
C’è il tuo profilo segnato nel tondo di
quel cirro di latte che tocca la punta crociata
del campanile della chiesa che svetta
al di sopra delle vecchie case del borgo.
Sei ancora tu, fanciulla di ieri e matura donna
dei giorni di questo presente che balbetta
al fiorire del giorno quando il merlo si stacca
dal ramo del mandorlo ormai pronto a fiorire.
dalla raccolta SAPORE DI TERRA 2005
I DUE VECCHI
Scende alla sera, sopra il camposanto
il venticello fresco della notte estiva,
dormono i vecchi con il cane accanto,
due corpi che lenti vanno alla deriva.
E pur l’età non ferma il loro ardore
che fu pane per le battaglie di una vita,
una vecchiaia la loro ove ancor l’amore
sa far giocare anche l’ultima partita.
Fan tenerezza in quella casa i vecchi
dove il comignolo fuma notte e giorno
nel camino fan fiamma i rami secchi
memoria del tempo che non ha ritorno.
Verso il tramonto uniti or se ne vanno
vivendo in pienezza l’ultima giornata
le coccole in segreto ancora si fanno,
lo stonato canto di lui è una serenata.
E’ bello starli a guardare quando è sera
quando la brezza scompone quei capelli
in quel grigiore palpitante l’uomo spera
lo scivolare di una mano coi suoi anelli
VISIONI VESPERTINE
E’ su la prima sera
quando muore il sole
che l’occhio sfonda
nei vicoli del borgo
per virtuali incontri
d’un passato fatto
di amicali sembianze,
di spezzoni di vita
che prepotenti emergono
dal fondo della memoria.
Fioca e ballerina luce
di lampioni in ferro battuto
che segna il lieve passaggio
della vecchia massaia
che si appresta al rosario
con lo zinale impolverato
dalla grigia cenere
spolverata dai pani caldi
appena tolti dal forno.
Visioni nel vespro
del paese del cuore
che fanno cornice
a voci amiche e rumori
che indietro fanno tornare
l’oggi del tuo essere uomo.
DA “I FIORI DELL’ERICA”
In una notte di stelle cadenti
ti ho pregato Signora dei venti
cento volte ho fatto il tuo nome
per sapere il perché e il per come
questo mondo s’allontana da Te.
Mia Signora Madre di tutti i viventi
c’è qualcuno che annebbia le menti,
che si ingegna a bruciare gli arbusti,
legna verde per un fumo abbondante
che nasconde il cammino dei giusti.
Madre nostra nel grembo hai ospitato
dell’Altissimo il diletto suo Figlio,
Lui a Te noi suoi fratelli ha affidato
per preservarci da qualsivoglia periglio.
A Te madre l’orazione rivolgo
quando cupa scende la sera,
quando si alza nel cielo la luna,
quando si ode un frastuono lontano,
quando avverto il mio essere solo,
quando esterno il mio amore per Te.
LA CASA
Nella campagna il casolare svetta
sopra un’altura d’erbe circondato
come del nonno fu l’antica casa
in pietra eretta a fianco dell’Imella.
Vecchia dimora di gente contadina
che viveva solo dei frutti della terra,
di pastorizia e allevamenti vari di
mucche maremmane, anatre e galline.
Sulla facciata che guardava il sole
spiccava il disegno d’una meridiana
che segnava il lento andare delle ore
in quello spicchio di mondo, la giornata
era segnata dalla luna ed il sole
dal vento forte della tramontana,
dal gelo dell’inverno e i temporali
con la grandine che i raccolti devastava.
Quanti ricordi nel vecchio casolare
incontrato quando già in abbandono,
forte della sua storia raccontatami
dal vecchio contadino poi fattore
che gioiva davanti al mio domandare
con gli occhi lucidi per quell’amore
portato a quella casa sul torrente
a quel lembo di terra arabescata
di pietre consumate giù, dalla corrente.
UN SETTEMBRE ANCORA
Ancora un settembre, qui,
a ridosso del monte
quando il sole annega
tra i il Soratte e i Cimini e
superba la rondine affetta
uno spicchio di cielo e
goffa la merla si tuffa nella
superba chioma di un pino.
Spazi in cui affiorano
antiche memorie di gente
del posto abituata a soffrire
di uomini curvi a dissodare
una terra malvagia
dal sudore impregnata.
Ed è allora che si fanno rugiada
i miei affanni di oggi,
le mie ansie e la mia ipocondria
per questi vespri, a settembre,
tempo che Dio mi ha concesso
di vivere ancora
col pensiero capace
di essere sana ragione
per altri settembre ancora.
DIETRO LE VECCHIE MURA
Dietro le vecchie mura,
nel fondo del cortile
anfore rotte e vetri tagliuzzati.
L’ombra del grande olmo
il grano e le galline
ed io li, in mezzo a quelle cose
a piedi nudi, pesto il vecchio,
il nuovo ed il pulcino scappa.
Rimuovo le cento teste rosse
di tanto rischiarate dalla luce
che tra le mille foglie
a stento passa.
V’erano tante cose nel pollaio:
lo sterco e l’uovo,
l’anima mia ed oggi ancora
resto a camminare
in mezzo a quell’odore di pollame
tra tante creste rosse ma
la luce che prima traspariva
tra il fogliame ora non c’è.
S’è spenta la sorgente del calore,
inaridito il tratto dalla fame,
dal dispiacere d’una vita magra
da quel letame che sempre rimane.
GIANNI CRISTOFANI (Malepassu) dalla raccolta ISPIRAZIONE editrice AQUILA BIANCA 1999 (poesie dell’adolescenza)
LE STELLE
E’ silenzio di vento e di gelo
nelle prime ore notturne
sulle Coste Adriane.
Sopra il pino di Tullio
d’Orione il trittico
al sonno conduce.
Sant’Oreste di fronte
sembra accendere Venere
che dai Cimini si affaccia
sbiancando il Soratte.
Il pensiero mio indugia
su quegli astri di latte
che dal buio infinito
danno luce al mio cuore
dormiente, ma pago
del mistero più grande.
Dicembre 2001
DALLA RACCOLTA “GOCCE DI VITA” EDIZIONI AQUILA BIANCA
PREFAZIONE SERGIO TRASATTI 1991
LE DONNE
Fin da piccolo ho creduto
che la donna fosse un Dio
quando mamma s’affannava
tutta intorno al letto mio.
Ma le donne nella vita
ben poco hanno di divino
se l’amore non le tocca
ti sconvolgono il destino.
Poi da grande ho ritrovato
nella donna che ho sposato
quella dea dimenticata
mentre uomo diventavo.
Le donne si amano
per quel che sono,
le donne aspettano
la fedeltà,
le donne vogliono la verità,
le donne si amano
perché sono madri
dell’umanità.
Ad una donna ho dedicato
il mio andar per questa vita
dal mondo insieme ho programmato
di fare un dì l’ultima uscita.
Le donne si amano
in allegria,
le donne danno
felicità,
le donne s’aspettano
l’infedeltà,
le donne credono
alla gelosia,
le donne fuggono
l’ipocrisia.
Ed io ti amo
donna sposata
madre che crede
nell’al di là.
Dalla tua forza
traggo la vita,
con te sono uomo
ad ogni età.
(Malepassu) Ott.2017
L’AURORA.
Il rosa dell’aurora
illumina i tuoi occhi,
poi il sole incendia
i tuoi capelli biondi
che cingono l’altero
collo come scialle
nelle fredde giornate.
Su di me prepotente
si riflette la tua luce
mentre incerto vago
lungo il sentiero ostile
del mio silente tramonto.
SAPORE DI TERRA
Vorrei ancora esser preso per mano
da te mamma sulla strade di ieri
con i nonni sull’aia polverosa
tra tacchini vocianti e papere impazzite.
I fichi secchi sul graticcio di canna
le nocciole a punta tolte alla pianta
prima che il sole ne mutasse il sapore
genuino di un frutto destinato a morire.
E poi il calore del bue nella stalla
la paglia gonfia di escrementi olezzanti
un secchio pieno di latte schiumoso
un belato di agnello sotto il melo fiorito.
Il profumo dei pani appena sfornati
il bianco e il rosso dei vini d’annata
la pasta di nonna fatta e tagliata
condita col sugo al garofano e persa.
Forte serrava la tua piccola mano
di donna cresciuta in quel pezzo di terra
di giovane figlia madre ancora inesperta
rimasta nel fondo come il primo vagire
come l’odore e il sapore forte di terra
respirato e gustato nella casa paterna.
Della mia terra oggi ancora avverto
il suo sapore mentre giro il mondo
specie quando mi sembra di affogare
nel tempestoso fiume del mio pianto.
COMPONIMENTO CHE DA IL TITOLO ALLA QUINTA RACCOLTA DI POESIE DI GIANNI CRISTOFANI
(Malepassu) 2006.In copertina natura morta di FRANCO MARZILLI.