Poesie di Gemma Biroli-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Poesie di Gemma Biroli
Gemma Biroli nata a Novara da genitori lombardi, e` vissuta per molti anni a Milano. Tra le sue prime raccolte di versi l’indimenticabile LA NUOVA FRONDA, segnalazione di merito Premio Fusinato 1937, a cui seguirono altri volumi di inimitabile poesia, TEMPESTA SUL MARE (1948), TERRA LONTANA (1962) e OLTRE IL TEMPO (1969), un trittico lirico di ampio respiro e di calda ispirazione che le valse il riconoscimento di critici insigni e il cordiale consenso del pubblico.
Nella produzione di poesia in versi si inseriscono la raccolta di prose UNO STRANO PAESE (1950) e RINTOCCHI DELLA SERA (1972) in cui il suo spirito, uscito da una estenuante lotta con il dolore, si innalza a considerazioni e contemplazioni di drammatica intensita`, sullo sfondo di due paesaggi a lei particolarmente se pur diversamente cari, quello ligure e quello della BASSA LOMBARDA, che sono come i motivi dominanti in una appassionata e dolente musica interiore.
Collaboro` a quotidiani e periodici con elzeviri, liriche e saggi di critica letteraria. Coltivo` anche la pittura, a cui fu avviata giovanissima, da un valente pittore vigevanese Ambrogio Raffaele, della scuola del grande Fontanesi. Mostro` sempre un particolare gusto per i paesaggi delle terre che amava ed espose in mostre personali e collettive a Milano e in altre citta`.
TEMPESTA SUL MARE: le liriche
LA BIMBA SU LO SCOGLIO
Io vedo vedo, là su la scogliera che s’avanza nel mar come una frana di ciclopici mondi, una bambina : forse, dieci anni ; nera una treccina su l’omero le scende, ed il grande occhio assorto ha una dolcezza grave nel puro ovale del visetto smorto sopra una personcina agile e dritta ma tute asprezze come a marzo i pruno. Presso la bimba ora non c’è nessuno. Innanzi e intorno il mare : calmo, sereno, che riflette il cielo. E quella bimba solitaria sta, come un’agave strana che in alto avventa il lungo esile stelo, sul dirupato scoglio ; e immobilmente esplora, fisso lo sguardo nell’immensità. Quel ch’ella pensi, quel che sogni o senta forse ridir non sa. Ella è tuttor bambina, e nera una treccina su l’omero le scende e il dolce viso ancora di materne carezze si compiace e la bocca di baci s’insapora. Pur ella è sola, su lo scoglio infido, sola di fronte all’infinito : e a un tratto, come ciò avvenga ignora, la vertigine folle su l’orlo de l’abisso la sospinge. Trema la bimba, ma si vince : e in cuore forte premendo un grido, da sua madre ritorna come l’uccello al nido. |
GOCCIA NEL MARE
Anche da bimba ella saliva un giorno su un ermo picco in cima alla scogliera donde mirava, nel più vasto giro dell’orizzonte, il ciel sereno e l’acque. Un’oscura vertigine d’un tratto verso il baratro fondo la sospinse, ma in tempo si ritrasse, e salva fu. Su lo scoglio più alto di sua vita or è giunta la donna e immota sta come allor, solitaria, fisso l’occhio nella remota e glauca immensità. Non più acque, ma terra : la sua terra ; non più l’urlo del mar ma uno stormire di pioppi al vento e d’alte messi al sole. Che più sogna la donna e spera e vuole ? Strappare un canto alle sue zolle, un senso dare alla vita, un’ala anche al dolore, e poi tornar, goccia nel mar, perduta nel seno immenso dell’eterno Amore. |
I rintocchi della sera
dalla raccolta di prose “I rintocchi della sera”
(Prefaz. di Cesare Angelini- Ed.Pan-Milano 1972)
Ampiezza di orizzonte sul mare, dominato dalla piccola chiesa eretta in cima alla scogliera. Su lei, nell’alto, placate distese di azzurro o incombenti minacce di nuvole nere nell’avvicendarsi inquieto dei giorni e delle stagioni. Sotto, ai suoi piedi, sciabordare di acque smeraldine o fragore di onde in tempesta. Una piccola chiesa, tra tanto spazio di cielo e di mare. Un punto fermo nel susseguirsi perenne delle generazioni, nel variare continuo degli eventi.
Come le ondate si accavallano per rompersi alla fine contro questi scogli e riconfondersi nel mare, così il flusso di innumeri vite umane batte alternamente a queste mura sacre per poi rifluire e disperdersi nelle oceaniche correnti dell’umanità.
Parole grandi ha la piccola chiesa: parole di eternità. un respiro più vasto di quello del mare la solleva al di sopra degli uomini e degli eventi, e dà alla sua voce una potenza che vince l’urlo del vento e il fragore delle onde in tempesta. Donde le viene tanto potere ? Un divino messaggio le fu affidato, si che essa non teme assalto di forze nemiche, nè confini di terra o di mare. Per ogni uomo di ogni generazione che passa, essa ha parole che non passeranno.
All’alba, a mezzodì, a sera parlano le campane della piccola chiesa con rintocchi gravi e imploranti che il vento porta lontano. ma il cuore in ascolto li sente vicino, li fa voce della sua voce, espressione dei suoi sentimenti. E se i rintocchi dell’alba e del mezzodì sembrano colorirsi di composta letizia, quelli della sera si fanno densi di presagio, come l’ultimo appello del giorno sulle soglie del mistero notturno.
Già il sole è sparito all’orizzonte lasciando ricordo di sè alle nubi vaganti che si arrossano del suo infocato addio. Già di viola si tinge la scogliera superba, che porta al sommo una cupa selva di pini. E una falce di luna affiora nel cielo, e qualche stella, lì accanto, ne trema di dolcezza.
Vasto il mare che sfugge lontano, dietro l’ultima carezza di luce; vasto il cielo che sopra gli incombe col suo pullulante ammiccare di costellazioni. La notte è vicina.
E il cuore in ascolto sente che non potrà affrontarla senza sgomento, e teme per quel che sarà. Ma ecco, dall’alto del campanile, quei rintocchi soavi solenni. Essi afferrano l’anima che sta per naufragare e piano, senza sussulti, la riportano a galla ancorandola ad una segreta speranza. Il giorno è finito. La notte imminente: quel che resta di vita è simile al riverbero del sole scomparso che arrossa le nubi, al suo estremo riflesso di luce sul mare.
Ma una certezza affiora dal fondo dell’anima, si accende come gli astri del cielo, prorompe in ardente preghiera coi rintocchi della piccola chiesa cui è affidata la grande promessa di un domani senza tramonto.
“Un descrivere che è un dipingere…”
dalla prefazione di Cesare Angelini
Gemme di Poesia
Destarmi, un’ alba, dopo greve sonno,
immemore di tutto: e ritrovarmi
in cuor soltanto la dolcezza strana
della stupita adolescenza
da ‘Alba’ (La Nuova Fronda)
Non me: quell’ altra tu volevi: quella
che da tant’ anni senza te rimasta
a Dio chiedeva la sua mamma. Intesi
con uno schianto il vero. E la sorella,
piccola e sola, paga fu nel cielo.
da ‘La piccola Gemma’ (La Nuova Fronda)
The early days
GEMMA BIROLI, nata a Novara a molta distanza dai fratelli, aveva appena compiuto i nove anni quando il padre morì. Tutta chiusa nella sua precoce esperienza di dolore, che ne aveva scossa profondamente la delicata sensibilità, pur dando segni di particolare amore allo studio, mal si adattava alle formalità della vita scolastica. Da parte sua la madre non aveva nessuna intenzione di farle conseguire un diploma, convinta com’era che la più alta missione della donna fosse quella di dedicarsi alle cure della casa e della famiglia. Intanto il primogenito alla vigilia della laurea era stato costretto a interrompere gli studi per la lunga e estenuante degenza del padre al quale aveva dovuto in qualche modo sostituirsi nel disbrigo degli affari di famiglia. Per di più allo scoppio della grande guerra il secondogenito partiva per il fronte, ove rimase per tutta la durata delle ostilità compiendo interamente il proprio dovere con entusiasmo e con elevato spirito di abnegazione. Quegli anni trascorsi tra continue apprensioni e timori non dovevano certamente contribuire a rendere gaia e spensierata la prima giovinezza di Gemma Biroli. Nel frattempo la famiglia si era trasferita a Vigevano ove la madre, dopo tante dolorose vicende, poteva finalmente trovare una relativa quiete nella vicinanza del suo paese natio e dei congiunti ivi rimasti. Nella ridente e industre cittadina lombarda la giovinetta frequentò i corsi magistrali presso l’Istituto S. Giuseppe saggiamente retto dalle Suore Dominicane e nel tempo stesso si dedicò anche alla pittura sotto la guida di Ambrogio Raffele, insigne paesista già allievo di Fontanesi, ormai ritiratosi nella natia Vigevano dopo lunga e feconda carriera. Ma una più profonda e segreta passione Gemma nutriva in cuore per la poesia sulla quale doveva particolarmente influire l’elegiaca bellezza della pianura Lomellina e quella così diversa di un impervio lembo di riviera ligure ove ella di frequente soggiornava. Nella definitiva residenza di Milano, ove la famigliola aveva raggiunto il primogenito che già vi esercitava la sua professione, la giovane scrittrice non potè fare a meno di manifestare la sua ormai meditata tendenza artistica, e per incitamento di amici e intenditori si indusse a pubblicare il volume Le Prime Liriche. |
“Spalancar le finestre, a notte fonda, su uno stellato ciel di chiaro autunno: null’altro udir per le campagne assorte, fuse nell’ombra, che il frusciar in sogno d’un pioppo giovinetto e lo sciacquio roco d’un’acqua tra celate sponde: sentir la terra piccoletta e muta sotto l’immensa cavità stellare riscintillante come un mar senz’onde nell’infinito seno: in un pio slancio alzar la fronte e tendere il pensiero sino a sfiorar l’eterno: e poi tornare con umiltà sul proprio stento umano, chiudendo in cuore un palpito di stelle.” |
OPERE SCELTE
- Le prime liriche 1926- liriche
- Il solco nell’anima 1932- liriche
- La nuova fronda 1937- liriche
- La canzone della risaia 1937- liriche
- Tempesta sul mare 1948- liriche
- Uno strano paese 1950 -prose
- Terra lontana 1962- liriche
- Oltre il tempo 1962- liriche
- I rintocchi della sera 1972 – prose
Dicono di lei…:
“E’ poesia vera questa, che sa colorirsi di forme splendenti, nutrirsi di vivente realtà”
L’Osservatore Romano, 25 maggio 1937
“Avevo amato il suo canto e sentito un’anima piena di patrimonio suo dentro quella musica”
Lucio D’Ambra
“Sans poesie, il est impossible que les lettres se maintiennent”
Paul Guitton, 1937