Emile Cioran-“L’inconveniente di essere nati” -Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Emile Cioran, “L’inconveniente di essere nati” – 1973
Editore ADELPHI
Domanda Emile Cioran-Avete mai mangiato qualcosa come biscotti o patatine fritte dentro un letto? E poi avete cercato di addormentarvi in quelle lenzuola piene di briciole? Ecco: è così che ci si sente dopo aver letto questo libro. Quelle briciole sono aforismi scritti da Cioran mentre circumnaviga l’idea che sarebbe meglio non essere mai nati e, per corollario, quella che morire non sarà una tragedia.
Per parte mia, qualche domanda, mentre mi annoio al semaforo, ogni tanto me la faccio. E mi pare di cercare, fra palazzi piovosi e cieli sofferenti, la linea del tempo e di tentare di individuare una collocazione per l’essere umano: cos’è la vita del singolo, rispetto al tempo? Quindi, prima di tutto, cos’è il tempo? Accreditate teorie sostengono che l’intervallo temporale dell’universo vada da tredici miliardi e settecentoventi milioni di anni fa (momento in cui è avvenuto il big bang), a dieci, elevato alla decima, elevato alla settantaseiesima di anni (quando tutta la materia presente nell’universo verrà inglobata dai buchi neri). Ora, ipotizziamo che, dopo la morte di un uomo, tutto sarà per lui come prima della sua nascita, cioè nulla prima, nulla poi. Allora, il tempo di un umano longevo, cioè un’ottantina d’anni, non sarà altro che una frazione infinitesimale del tempo totale. Un tempo piccolissimo, quasi zero. Dunque, cosa conta una vita? Quale valore ha un singolo essere umano come me, come te, come chi non legge questa nota?
Proviamo a farcene un’idea con un esempio: facciamo finta che la vita dell’universo non sia un big bang, poi un miscuglio di elementi chimici incendiati, di magnetismo, di raffreddarsi di gas, di solidificarsi di materia, di crearsi di acqua, di spermatozoi e di ovuli, di pianti, di fidanzamenti, di dichiarazioni dei redditi, di malattie, di esequie. Che sia, invece, un pranzo di cerimonia. Sì, una di quelle cose saltuarie e distruttive che facciamo a matrimoni, battesimi e capodanni. Con prosecco al bancone, antipasto al tavolo, tris di primi, sorbetto al limone, un paio di secondi, qualche bicchiere di vino, un contorno (a questo punto, l’esempio è sospeso per qualche minuto, il tempo necessario per andare in giardino a fare un ruttino), un dolce, un caffè, un digestivo, un “elimina contatto” sul recapito del dietologo, una battuta alla cameriera stanca, un’altra passeggiata in giardino, uno scongiuro di etilometri.
Ecco, se questo fosse l’universo, la vita umana sarebbe molto meno che mangiare un briciola di pane – non un boccone, una briciola. Cioran si è chiesto se valeva la pena di mangiare quella briciola e la sua risposta è stata: no. Le ragioni di questo no non sembrano essere quelle eccepibili da noi che guardiamo i telegiornali e cioè che: 1) a quel pranzo, non siamo stati invitati: ci hanno semplicemente caricati in auto; 2) qualcuno è riuscito a vestirsi, qualcun altro è arrivato in mutande; 3) qualcuno ha mangiato una briciola, qualcun altro l’ha solo vista; 4) qualcuno non aveva il posto a tavola, qualcun altro l’hanno ammazzato prima dell’antipasto; 5) qualcuno era lì solo per fare il cameriere, qualcun altro solo per lavare i piatti; 6) qualcuno ha pagato per tutti, qualcun altro non ha emesso la ricevuta fiscale; 7) qualcuno ha completamente sbagliato la musica, qualcun altro il colore del vestito; qualcuno sta aspettando il lancio del bouquet come un cecchino innamorato; 9) qualcun altro ha dovuto sedersi vicino al prete e non ha potuto usare liberamente il proprio vocabolario settimanale; 10) qualcuno ha sbagliato indirizzo, è andato al matrimonio di un altro e ora si trova ad un pranzo di vegani e dà la colpa a Google Maps.
No, il ragionamento di Cioran non è stato questo, ma la preoccupazione dell’autore sul significato della nostra briciola è curiosa, coinvolgente, disarmante. E mi ha mosso a parlarvi come meglio posso di questo libro. Del quale, l’avete visto, in fondo vi ho detto poco. Ma credo che una raccolta di aforismi non abbia tanto lo scopo di farsi raccontare, quanto quello di seminare un po’ curiosità e di futili ragionamenti in chi la consulta.
Tutto questo è solo una scusa, per dirvi che si può amare un libro pessimista restando di buonumore, si può stimare un autore nichilista continuando ad avere fiducia nel domani (non tutto il domani, certo, ma almeno fino all’ora di pranzo). Soprattutto un autore che ha avuto il coraggio di impiegare la propria briciola per scrivere cose come queste: “Scuotere la gente, svegliarla dal suo sonno, pur sapendo di commettere un crimine e che sarebbe mille volte meglio lasciarvela perseverare, poiché comunque, quando si sveglia, non abbiamo nulla da proporle”. Sulla morte: “Si desidera la morte solo nei malesseri vaghi; la si fugge al minimo malessere preciso”. E, infine: “Niente merita di essere disfatto, probabilmente perché niente meritava di essere fatto. Così ci si distacca da tutto, dall’origine e dalla fine, dall’avvento come dalla sparizione.”
Dimenticavo una cosa: una parte della fisica teorica sostiene che il big bang non sia un evento propriamente “iniziale”, ma che l’universo nasca e muoia ciclicamente. Semplificando, il big bang sarebbe la fuoriuscita dell’universo da un grande buco nero esistito precedentemente. L’universo, poi, terminata la sua espansione – fase nella quale ora ci troviamo – finirebbe nuovamente in un buco nero. Dal quale nascerà un nuovo cosmo. E così di nuovo ancora, lentamente, ciclicamente, all’infinito. Dal che pare non si possa non dedurre che, se Dio esiste, non sia altro che un anziano signore che, ormai affetto da demenza senile, non capendo se è sporco o pulito, rivolta l’universo come un calzino, per l’eternità.
Biografia di Emile Cioran (Emil Mihai, E.M.) Scheda redatta da Antonio Rainone
Saggista e filosofo rumeno, nato a Răşinari (Sibiu, Transilvania) l’8 aprile 1911, morto a Parigi il 20 giugno 1995. Conseguita la laurea in filosofia nell’università di Bucarest con una tesi su H. Bergson (1932), pubblicò alcuni lavori in lingua rumena. Nel 1937 si trasferì a Parigi, dove cominciò una feconda attività saggistica in francese, a metà strada fra riflessione filosofica esistenzialista e raffinata creazione letteraria.
Pensatore eccentrico e solitario, incise sulla cultura contemporanea per il suo tono provocatorio e per il suo stile letterario, con cui raggiunse, malgrado l’uso di una lingua non sua, una rara padronanza espressiva. Estraneo al mondo accademico, vicino allo stile di Nietzsche, ricorrendo ora all’aforisma ora al breve saggio di intento moralistico nei quali ironia e disincanto si esercitano in sottili notazioni psicologiche e rapide quanto penetranti considerazioni storico-politiche, C. ha espresso un radicale atteggiamento antispeculativo, un profondo pessimismo sulla condizione umana e un cupo nichilismo nei confronti dei valori della tradizione culturale, religiosa e filosofica occidentale.
Idealmente vicina al cinismo e allo scetticismo antichi come allo gnosticismo, alle religioni orientali e al misticismo, l’opera di C. consiste in una variegata descrizione dei molteplici aspetti dell’insensatezza della condizione umana. Né Dio, né l’etica, né la conoscenza garantiscono i principi cui l’uomo ispira i suoi sentimenti e le sue azioni. Quanto alla storia, in contrasto con il “razionalismo puerile” di quel surrogato secolarizzato del cristianesimo che è il pensiero utopico di ogni tempo, essa “constata dappertutto e sempre il fallimento piuttosto che il compimento delle nostre speranze”; più che la realizzazione della felicità e il trionfo del bene, la storia è il teatro della tragedia e del male. Priva di autentiche finalità, attratta da falsi valori e caduche ideologie, costretta senza fine tra sordidi motivi, servilismo e dispotismo, l’esistenza dell’uomo è una condanna il cui unico riscatto sta nell’accettazione della morte, “espressione positiva della vacuità”, o, quanto meno, nella consapevolezza del nulla in cui si esaurisce.
Opere principali: Pe culmile disperării (1934; trad. it. Al culmine della disperazione, 1998); Lacrimi şi sfinti (1937; trad. it. Lacrime e santi, 1990); Précis de décomposition (1937; trad. it. 1996); Syllogismes de l’amertume (1952; trad. it. 1993); La tentation d’exister (1956; trad. it. 1984); Histoire et utopie (1956; trad. it. 1969); La chute dans le temps (1964; trad. it. 1995); Le mauvais démiurge (1969; trad. it. I nuovi dei, 1969); De l’inconvénient d’être né (1973; trad. it. 1991); Ecartèlement (1979; trad. it. 1981); Exercices d’admiration (1986; trad. it. 1988); L’ami loin: Paris-Bucarest (1991; trad. it. 1993).
- Savater, Ensayo sobre Cioran, Madrid 1985.
A.M. Tripodi, Cioran, metafisico dell’impossibile, L’Aquila 1987.
- Heres, Die Beziehungen der französischen Werke Emile Ciorans zu seinen ersten rumänischen Schriften, Bochum 1988.
- Jaudeau, Cioran, ou le dernier homme, Paris 1990.
Ph. Tiffreau, Cioran, ou la dissection du gouffre, Paris 1991.
- Necula, Cioran: scepticul nemantuit, Tecuci 1995.
- Bollon, Cioran, l’hérétique, Paris 1997.
- Kluback, M. Finkenthal, The temptations of Emile Cioran, New York 1997.
Fonte-© Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani –