Simone Weil, una vita scomoda-Articolo di Andrea NATILE
Biblioteca DEA SABINA
Simone Weil, una vita scomoda
Articolo di Andrea NATILE
Simone Weil nata a Parigi nel 1909 è la figlia di un medico alsaziano di origini ebraiche. Sorella minore del famoso matematico André Weil, ricevono entrambi un’istruzione laica.
Famiglia molto unita, costretta a frequenti spostamenti per seguire il padre, lei e il fratello erano costretti a prendere lezioni private; ciò permise loro di essere molto più avanti negli studi dei coetanei che seguivano i corsi normali.
André dimostra un precoce talento matematico e in famiglia è reputato un genio; è André, che per primo le insegna a leggere.
Sin dalla tenera età è sempre stata di salute cagionevole; trascorre spesso periodi di convalescenza a letto e legge moltissimo.
Fra il 1919 e il 1928 studia in diversi licei parigini. Sceglie la filosofia. Nel 1928 è ammessa all’École Normale Supérieure. Attratta da Cartesio, cui dedicherà la propria tesi, studia Marx e mostra un rigore che la distingue dai suoi coetanei.
Simone de Beauvoir, di un anno più anziana di lei che frequenta lo stesso liceo, ammette d’invidiarla, più che per la sua intelligenza, per il suo cuore:
«… pensa alla la Rivoluzione che avrebbe dato da mangiare a tutti».
Ma le due Simone non vanno d’accordo, intellettuale l’una, concreta e materialista l’altra.
Superato l’esame di concorso per la docenza nella scuola media superiore; insegna filosofia fra il 1931 e il 1938 nei licei femminili di varie città di provincia:
Al suo primo insegnamento, genera scandalo distribuendo lo stipendio fra gli operai in sciopero. Decide di vivere spendendo per sé solo l’equivalente di quanto percepito come sussidio dai disoccupati, per sperimentare le medesime ristrettezze di vita.
In quegli anni è vicina ad ambienti trotskisti e anarchici. Nell’agosto del 1932 si reca a Berlino per conoscere il clima nel luogo più scottante del momento; è la vigilia della presa del potere da parte di Hitler.
Nel 1933 scrive articoli, condanna l’avvicinamento dell’Unione Sovietica alla Germania nazista; pensa lo stalinismo una forma di oppressione burocratica analoga al fascismo.
A fine dicembre ospita per alcuni giorni, nel suo appartamento di Parigi, l’esule Lev Trockij, assieme alla moglie. Ma l’esperienza si conclude presto con uno scontro verbale fra i due.
Pur in condizioni di salute precarie, soffre di una forte emicrania cronica, prova a conoscere direttamente la situazione operaia e ne scopre la terribile monotonia. Va come manovale nelle fabbriche metallurgiche di Parigi, ma avendo scarsa dimestichezza coi macchinari, nell’indifferenza dei compagni di lavoro, giunge il licenziamento.
«Laggiù mi è stato impresso per sempre il marchio della schiavitù».
La seconda esperienza di otto mesi, nelle officine Renault, aggrava ulteriormente il suo stato di salute ed è raccontata sotto forma di diario e di lettere nel libro “La condizione operaia”.
Prima di riprendere a insegnare in un liceo di Bourges, si reca in Portogallo, dove conosce e vive la miseria dei pescatori.
L’8 agosto 1936 varca la frontiera spagnola con un lasciapassare da giornalista ed entra come miliziana fra i volontari anarchici. Non essendo capace di usare il fucile, viene assegnata ai lavori in cucina. Ma già in settembre, dubbiosa sull’utilità del conflitto, torna a Parigi.
«Non era più, come mi era sembrata all’inizio, una guerra di contadini affamati contro i proprietari terrieri e un clero complice dei proprietari, ma una guerra tra la Russia, la Germania e l’Italia.»
Anche a causa delle violenze commesse dai repubblicani accantona definitivamente il marxismo, contro corrente rispetto agli intellettuali della sua generazione che lo riscoprono. Nello stesso anno, mentre viaggia per l’Italia, ad Assisi, viene attratta dalla fede cristiana, e riscopre la poesia. Iniziano le sue esperienze mistiche.
Nella primavera del 1940 a causa dell’invasione tedesca, la famiglia abbandona Parigi e trascorre due mesi a Vichy. Durante l’invasione tedesca della Francia, il governo collaborazinista francese si sposta a Vichy.
Con i genitori si sposta prima a Tolosa poi a Marsiglia, dove viene arrestata mentre distribuisce volantini contro il governo di Vichy. Quando il giudice minaccia di chiuderla in cella con delle prostitute, replica di aver sempre desiderato conoscere quell’ambiente. Al che, il giudice la lascia andare credendola matta.
Torna ad insegnare, ma deve dimettersi, in quanto ebrea. Si occupa di procurare documenti falsi ai rifugiati. Dal momento che il padre e la madre non accettano di allontanarsi dalla Francia senza di lei, a maggio giunge con loro a Casablanca, in un campo profughi affollato da esuli ebrei.
In dicembre parte per Londra per unirsi all’organizzazione dei resistenti in esilio France libre. Digiunando, si sente spiritualmente vicina ai connazionali della zona occupata; trascorre giorni senza mangiare. In qualità di redattrice del giornale France libre, scrive vari articoli successivamente inseriti nel volume “Écrits de Londres”.
Tenta di essere inviata con un gruppo di infermiere in prima linea del fronte, ma la cosa viene rifiutata. Impossibilitata a partecipare attivamente alla guerra, la Weil cede a un sentimento di autodistruzione.
Affetta da tubercolosi, aggravata dalle privazioni, muore il 24 agosto nel sanatorio di Ashford, vicino Londra; è epolta nella sezione cattolica del cimitero di Ashford.
È Albert Camus a divulgare originariamente la maggior parte degli scritti della Weil, A parte alcuni articoli, le sue opere vengono pubblicate postume. Le sue opere vengono tradotte in italiano per iniziativa di Adriano Olivetti.
Foto di Simone e di André Weil.