MARIA LUISA BELLELI-Poesie da “Silenzio in Cielo” Vallecchi Editore –Firenze 1947
Biblioteca DEA SABINA
MARIA LUISA BELLELI-Poesie da “Silenzio in Cielo”
Vallecchi Editore –Firenze 1947
STRADA
Una strada del mondo.
Va avanti per un tratto
con passo vagabondo,
poi si trova di faccia
a un muro: è il suo confine.
Allora con quel gesto stupefatto
d’allargare le braccia
apre due lontananze senza fine.
TRAMONTO
Paesaggi passano lenti
sopra le cose, schermo inerte.
I larghi di certe sonate,
dove ogni nota
è una dolcezza e un supplizio…..
Quando le cose infine
restano grigie,
l’ultima luce ne cerca i contorni
come la mano di un cieco.
NOTTE IN GIARDINO
Notte in giardino.
Guardo il cancello.
Son ferma, son ferma
da tanto a un passaggio a livello.
Entro una zona di luce lunare
una casa è arrivata:
non parte, non parte,
bisogna aspettare.
Nostalgia di binari:
fra lucide lame
la strada che va come un fiume,
più cieca, più tragica, senza
senza un lume di cielo.
SULLA SPIAGGIA
Così, supina sulla sabbia fonda,
con gli occhi spalancati
a colloquio col cielo.
L’azzurro è senza velo
sopra l’anima mia:
terso e lontano, lucido ed ignoto
come una profezia.
Forse è soltanto immensamente vuoto.
Ho chiuso gli occhi: sento la carezza
ferma del sole, e questa è una dolcezza
vera al mio corpo che indolente giace
sopra la terra, in pace.
Terra? No. La mia mano
che gioca abbandonata
sente che non è terra
questa sabbia sottile, separata,
che non può maturare
profondamente il seme della vita,
ma soltanto fluire tra le dita
coma l’onda del mare.
Il mare. Ascolto il suo respiro lieve,
so che questa quiete
viene da lui, dal ritmo che ripete
una promessa breve.
ALBA IN TOSCANA
L’alba toccò i cipressi ad uno ad uno,
poi volò via, come un uccello, in cielo,
I cipressi restarono notturni
e nella luce parvero più soli.
Ma cadde dagli ulivi
il manto della notte e, come santi,
mostrarono il loro cuore.
TRAMONTO NEL LAZIO
C’è una collina che pare un cammello.
Questa sera vorrei, vorrei fuggire
e il deserto dev’essere più bello
d’ogni altro luogo al mondo.
Cìè una collina che pare un cammello.
Un’ombra in terra pare un asinello.
Anche con lui si potrebbe partire:
un viaggio come quello
che hanno fatto la Vergine e il Bambino.
Un’ombra in terra pare un asinello.
PINI
Così fermi e solenni i grandi pini
che se c’è vento è il cielo che si muove,
è il cielo tutto labile ed umano.
Così fermi e solenni i grandi pini
che bastano due o tre sopra un’altura
per segnare un confine alla pianura.
STAGIONI
D’inverno qualche volta guardo il cielo
di là dai rami d’un albero spogli.
E se là dietro, ma così lontano
passa una nuvoletta vagabonda,
io mi sento quell’albero che sogna
vanamente una fuga e poi s’acquieta
nell’amor della terra che nutre.
Anche di primavera guardo il cielo
così tra i rami: sembra un alveare.
E quel sussurro alacre che si sente
vien dall’azzurro come dalle foglie,
e non c’è più rifugio, e cielo e terra
distillano nel sangue a goccia a goccia
un uguale dolcissimo veleno.
D’estate si va in cerca delle grandi
e belle volte di fitta verzura
che nascondono il cielo e danno pace.
Piove luce tra i rami e non si vede
donde venga, e così soltanto è dolce
agli occhi abbacinati dall’azzurro
e quasi fresca come una cascata.
Ma poi l’autunno torna una struggente
ania del cielo come d’una meta.
Si cammina nei viali per vederlo
apparire e sparire, in un fiabesco
gioco di luci d’oro, e una dolcezza
nuova verrebbe al cuore, se non fosse
quel crepitio di foglie ad ogni passo.
NOTTE D’ESTATE
Questa notte ho dormito in fondo al mare,
posato il capo su un cuscino di alghe.
I sogni mi venivano a sfiorare
con un guizzo di pesci e una carezza
d’erbe vive, cresciute in solitaria
selvatichezza.
Quando un’ondata m’ha sospinto a riva,
altr’onda più leggera m’ha toccata:
era la luce viva.
Quando ho provato a volermi destare,
il sogno m’ha ripreso: i miei capelli
sapevano di mare.
GOLFO
Il mare, il cielo, e quella lontananza
azzurra, e questo mio destino breve
il golfo s’apre come una speranza.
La vita a certe ore è cosa lieve.
La vita è cosa lieve, da donare.
Il mio cuore di donna lo sa bene.
Oh, non aver paura d’aspettare!
E la morte verrà s’altro non viene.
S’alzano in frotta i gabbiani dal molo:
quel batter l’ali come noi le palpebre,
un attimo, che sembran sbigottiti,
poi quella grande lentezza nel volo.
LA CITACIÓ.- “Un secret pesant és un llast que llança al mar qui es vol salvar”. Maria Luisa Belleli.
Maria Luisa Belleli (Ferrara, 6 aprile 1909 – Roma, 25 febbraio 1992) è stata una francesista, traduttrice e poetessa italiana.
Biografia
Nata a Ferrara, città natale della madre, di fatto trascorse gli anni della gioventù in Veneto: il padre, nato a Venezia, la portò con la famiglia nella sua città quando ancora aveva due mesi di vita.[1] Cresciuta a Venezia, si trasferì a Padova per frequentare la locale università, dove fu seguita dal professor Diego Valeri e si laureò in Lettere con una tesi su Michel de Montaigne: la tesi, intitolata Modernità di Montaigne, fu edita a Roma nel 1933 da Formiggini. Con l’istituzione delle leggi razziali fasciste seguì la famiglia a Parigi, dove rimase fino a che anche la Francia non fu invasa dalle forze dell’Asse, e allora tornò in patria, sfuggendo alle persecuzioni fasciste trovando rifugio in Toscana.[1] Oltre alla saggistica e alle traduzioni di letteratura francese si dedicò anche alla composizione di poesie proprie, pubblicate in varie raccolte; il suo esordio risale al 1947 con Silenzio in cielo. Solido e duraturo fu il rapporto di stima con Aldo Palazzeschi.[1] Insegnò inizialmente, a partire dal 1948, nei licei d’Italia e di Spagna; per interessamento del noto francesista Mario Bonfantini, nel 1965 divenne professoressa di Lingua e letteratura francese presso la facoltà di magistero dell’Università di Torino: mantenne l’incarico fino al 1979, anno del pensionamento.[1] Oltre a Montaigne, s’occupò delle opere di Nerval, Balzac, Baudelaire, Proust, Apollinaire, Ionesco, Camus ed ebbe modo di tradurre anche poesie di Arthur Rimbaud e Paul Verlaine. Nel 1984 la sua raccolta poetica La festa prevedibile ricevette il Premio Pozzale Luigi Russo. Morì il 25 febbraio 1992 a Roma, dove viveva da molti anni.[2]
Opere
Curatele
- Honoré de Balzac, Eugenia Grandet, Roma, Curcio, 1964
- Charles Baudelaire, Les fleurs du mal e Petits poèms en prose, Torino, Giappichelli, 1966
- Gérard de Nerval, Prosa e poesia, Torino, Giappichelli, 1968
- Eugène Ionesco, Rhinocéros, Torino, SEI, 1972
- Albert Camus, Recits et temoignages, Torino, SEI, 1974
Poesia
- Silenzio in cielo (1930-1945), Firenze, Vallecchi, 1947
- Se mai rinascerò, Firenze, Vallecchi, 1957
- La festa prevedibile, Firenze, Vallecchi, 1983
Saggi
- Modernità di Montaigne, Roma, Formiggini, 1933
- L’amore delle tradizioni popolari in Gérard de Nerval, Bari, Levante, 1960
- Introduzione alla lettura di Baudelaire, Torino, Giappichelli, 1967
- Invito alla lettura di Marcel Proust, Milano, Mursia, 1967
- Armonia di struttura e coerenza psicologica in Sylvie di G. de Nerval, Torino, Giappichelli, 1970
- Ricchezza di temi nel Bestiaire di G. Apollinaire, Torino, Giappichelli, 1970
- Il sole nero dei poeti: saggi sulla letteratura francese dell’Otto-Novecento, Caltanissetta-Roma, Sciascia, 1975
- Il decadentismo in Francia, Torino, Tirrenia, 1977
- Ionesco e il teatro dell’assurdo, Roma, Lucarini, 1982
- Nouveau théatre, Roma, Lucarini, 1982
Traduzioni
- Sutherland; Apollinaire, Le Bestiaire, ou Cortège d’Orphée, Milano, 2RC, 1979