Poesie di Wisława Szymborska-Premio Nobel 1996-
Biblioteca DEA SABINA
Poesie di Wisława Szymborska
-Premio Nobel per la letteratura 1996-
Tutto
Tutto –
una parola sfrontata e gonfia di boria.
Andrebbe scritta fra virgolette.
Finge di non tralasciare nulla,
di concentrare, includere, contenere e avere.
E invece è soltanto
un brandello di bufera.
Un amore felice
Un amore felice. È normale?
è serio? è utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?
Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito,
i primi qualunque tra un milione, ma convinti
che doveva andare così – in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo –
perché proprio su questi, e non su altri?
Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò offende i principi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.
Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po’,
si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono – è un insulto.
In che lingua parlano – comprensibile all’apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie,
quei bizzarri doveri reciproci che s’inventano –
sembra un complotto contro l’umanità!
È difficile immaginare dove si finirebbe
se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie,
di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe,
chi vorrebbe restare più nel cerchio?
Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto.
Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra,
capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.
Contributo alla statistica
Su cento persone:
che ne sanno sempre più degli altri
– cinquantadue;
insicuri a ogni passo
– quasi tutti gli altri;
pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
– ben quarantanove;
buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
– quattro, be’, forse cinque;
propensi ad ammirare senza invidia
– diciotto;
viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
– settantasette;
dotati per la felicità,
– al massimo non più di venti;
innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
– di sicuro più della metà;
crudeli,
se costretti dalle circostanze
– è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;
quelli col senno di poi
– non molti di più
di quelli col senno di prima;
che dalla vita prendono solo cose
– quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;
ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
– ottantatré
prima o poi;
degni di compassione
– novantanove;
mortali
– cento su cento.
Numero al momento invariato.
Prospettiva
Si sono incrociati come estranei,
senza un gesto o una parola,
lei diretta al negozio,
lui alla sua auto.
Forse smarriti
O distratti
O immemori
Di essersi, per un breve attimo,
amati per sempre.
D’altronde nessuna garanzia
Che fossero loro.
Sì, forse, da lontano,
ma da vicino niente affatto.
Li ho visti dalla finestra
E chi guarda dall’alto
Sbaglia più facilmente.
Lei è sparita dietro la porta a vetri,
lui si è messo al volante
ed è partito in fretta.
Cioè, come se nulla fosse accaduto,
anche se è accaduto.
E io, solo per un istante
Certa di quel che ho visto,
cerco di persuadere Voi, Lettori,
con brevi versi occasionali
quanto triste è stato.
Ogni caso
Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
È accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’attimo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.
Amore a prima vista
Sono entrambi convinti
Che un sentimento improvviso li uni’.
E’ bella una tale certezza,
Ma l’incertezza e’ più bella.
Non conoscendosi prima, credono
Che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
Dove da tempo potevano incrociarsi?
Vorrei chiedere loro
Se non ricordano –
Una volta un faccia a faccia
Forse in una porta girevole?
Uno “scusi” nella ressa?
Un “ha sbagliato numero” nella cornetta?
– ma conosco la risposta.
No, non ricordano.
Li stupirebbe molto sapere
Che già da parecchio
Il caso stava giocando con loro.
Non ancora del tutto pronto
A mutarsi per loro in destino,
Li avvicinava, li allontanava,
Gli tagliava la strada,
E soffocando una risata,
Si scansava con un salto.
Vi furono segni, segnali,
Che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
O martedì scorso
Una fogliolina volo’ via
Da una spalla a un’altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
Tra i cespugli dell’infanzia?
Vi furono maniglie e campanelli
Su cui anzitempo
Un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno
Subito confuso al risveglio.
Ogni inizio infatti
E’ solo un seguito
E il libro degli eventi
E’ sempre aperto a meta’.
Scrivere un curriculum
Che cos’è necessario?
È necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si è vissuto
è bene che il curriculum sia breve.
È d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.
È la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.
Disattenzione
Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.
Inspirazione, espirazione, un passo dopo
l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.
Il mondo avrebbe potuto essere preso per
un mondo folle,
e io l’ho preso solo per uso ordinario.
Nessun come e perché –
e da dove è saltato fuori uno così –
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in
superficie nel muro
(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter
d’occhio.
Su un tavolo più giovane da una mano d’un
giorno più giovane
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia
era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
La terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.
E’ durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.
La stazione
Il mio arrivo nella città di N.
è avvenuto puntualmente.
Eri stato avvertito
con una lettera non spedita.
Hai fatto in tempo a non venire
all’ora prevista.
Il treno è arrivato sul terzo binario.
E’ scesa molta gente.
L’assenza della mia persona
si avviava verso l’uscita tra la folla.
Alcune donne mi hanno sostituito
frettolosamente
in quella fretta.
A una è corso incontro
qualcuno che non conoscevo,
ma lei lo ha riconosciuto
immediatamente.
Si sono scambiati
un bacio non nostro,
intanto si è perduta
una valigia non mia.
La stazione della città di N.
ha superato bene la prova
di esistenza oggettiva.
L’insieme restava al suo posto.
I particolari si muovevano
sui binari designati.
E’ avvenuto perfino
l’incontro fissato.
Fuori dalla portata
della nostra presenza.
Nel paradiso perduto
della probabilità.
Altrove.
Altrove.
Come risuonano queste piccole parole.
Ringraziamento
Devo molto
a quelli che non amo.
Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.
La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.
Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l’amore non può darlo,
né riesce a toglierlo.
Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come una meridiana,
capisco
ciò che l’amore non capisce,
perdono
ciò che l’amore mai perdonerebbe.
Da un incontro a una lettera
passa non un’eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.
I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.
E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che trovi su ogni atlante.
È merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perché mobile.
Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.
«Non devo loro nulla» –
direbbe l’amore
sulla questione aperta.
Articolo di DANIELA ORIGLIA- Ogni piccola cosa è illuminata
Da divorare “Cianfrusaglie del passato” imponente biografia di Wislawa Szymborska: passioni, letture, politica,
Wislawa Szymborska era, è una poetessa contemporanea: grande, grandissima. I suoi versi sono semplici: piccole cose qualsiasi, una tazza, un gatto, un albero, un passante assumono una limpidezza, un’immediatezza che diventa rivelazione.
Non si compiace mai la Szymborska della sua bravura, ci mette sempre una battuta affilata, tagliente, ironica. Così azzeccata e insieme sorprendente, che aumenta la magia.
Si resta sconcertati dal fatto che si riesca oggi a dire qualcosa di nuovo e meraviglioso con quel che abbiamo sotto gli occhi, che viviamo ogni giorno. Un esempio per intenderci meglio:
Giorno afoso, una cuccia e un cane alla catena.
Poco più in là una ciotola ricolma d’acqua.
Ma la catena è corta e il cane non ci arriva.
Aggiungiamo al quadretto ancora un elemento:
le nostre molto più lunghe
e meno visibili catene
che ci fanno passare accanto disinvolti.
(Catene, in Basta così, 2012)
E’ quindi una gioia che finalmente venga tradotta la sua biografia, uscita in Polonia nel 1997, l’anno dopo dell’assegnazione del premio Nobel, perché di lei si sa poco. Era riservata, non amava le interviste, diceva: «Confidarsi in pubblico è come perdere l’anima. Qualcosa bisogna pur tenere per sé». Non si può disseminare tutto così, tutto quel che aveva da dire della sua vita era contenuto nelle sue poesie.
Eppure anche in Italia era molto amata, era diventata addirittura un fenomeno pop dopo che Roberto Saviano, nella trasmissione di Fabio Fazio, ne aveva fatto l’elogio funebre nel 2012. Così spiegava il successo della Szymborska: «Sono versi che si possono leggere senza bisogno di grandi mediazioni. Si capiscono bene e ti fanno stare meglio. Mi stanno arrivando in questi giorni migliaia di e-mail su Facebook che mi chiedono della poesia Curriculum».
La poesia che ha scatenato il popolo del social network racconta la frustrazione di ognuno a vedersi sintetizzata la propria vita nelle poche righe di un curriculum: Di tutti gli amori basta quello coniugale, e dei bambini solo quelli nati. Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu…
Il lavoro di ricerca e documentazione fatto da Anna Bikont e Joanna Szczęsna è immane e ricostruisce vita, abitudini, passioni, letture, posizioni politiche, tutto insomma quel che si può vedere dall’esterno; il suo spirito, il suo incantevole humor, la sua leggerezza ce li restituiscono solo le moltissime poesie, elzeviri, lettere, molti inediti, pubblicati nel libro.
Ancora una volta si capisce quanto i fatti della vita possano sì offrire spunti all’arte, ma poi l’arte è un’altra cosa, proprio come pensava Wistlawa. «In una poesia che parla dell’attesa di una telefonata dovrebbero essere presenti: Catone il Vecchio, un panino col burro e un maggiolino».
La poesia comincia dove finisce l’ovvietà, consigliava a un poeta dilettante dalla rubrica Posta, che ha tenuto dal 1960 al 1968, su Zycie Literackie, la rivista simbolo del disgelo polacco. Un esempio della sua elaborazione:
Ricordo bene quella paura infantile.
Scansavo le pozzanghere,
specie quelle recenti, dopo la pioggia.
Dopotutto qualcuna poteva non avere fondo,
benché sembrasse come le altre.
(La pozzanghera, in Attimo, 2002)
Il titolo stesso della biografia Cianfrusaglie del passato testimonia l’onestà intellettuale e la complicità delle autrici con la Szymbroska, si riferisce infatti alla sua passione per la collezione di immagini, piccoli oggetti di gusto Kitsch, che quanto più è pessimo tanto è migliore, vale a dire divertente.
Anche gli amici gliene portavano da ogni viaggio, insieme a biglietti, piccola testimonianza di un grande affetto. Con questi Wislawa faceva deliziosi collage-cartoline che mandava per occasioni speciali, mai per compleanni: troppo scontato.
Certe volte con allusioni comprensibili solo al destinatario, come quella con un Elefante accompagnato dalla scritta «Si vede subito che è polacco», ricevuta da Baranczak dopo che era uscita una sua ponderosa antologia di rifacimenti di classici intitolata Dio, la tromba e la patria.
Anna Bikont Joanna Szczęsna, Cianfrusaglie del passato. La vita di Wislawa Szymborska Adelphi, (pp 455, €28)
Biografia di Wisława Szymborska
Wisława Szymborska è stata una Poetessa polacca (Bnin, Poznań, 1923 – Cracovia 2012). Muovendo dall’osservazione del quotidiano, S. costruisce una poesia intellettuale e riflessiva, che s’interroga sulla condizione esistenziale dell’uomo contemporaneo, contrapposto ed estraneo al mondo della natura. Nel 1996 ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura e la sua produzione trova ampia diffusione anche in Italia.
Vita e opere
Dal 1931 si trasferì a Cracovia; è stata a lungo redattrice della rivista Życie literackie (“Vita letteraria”). Esordì con raccolte non estranee alla poetica del realismo socialista (Dla tego żyjemy “Per questo viviamo”, 1952; Pytania zadawane sobie “Domande poste a sé stessi”, 1954). In seguito la sua poesia si è andata liberando da ogni appartenenza a scuole e correnti letterarie, approfondendo un’amara e ironica visione dell’esistenza, e sviluppando uno stile personalissimo che unisce il rigore all’estrema levità dell’espressione. Dopo Wołanie do Yeti (1957; trad. it. Appello allo Yeti, 2005), che segna l’inizio di questa nuova stagione, la S. ha proseguito nelle raccolte successive una ricerca poetica nella quale riflessione filosofica e attenzione al dettaglio quotidiano si mescolano in un tono dimesso e lucido, privo di slanci retorici (Sól , 1957, trad. it. Sale, 2005; Sto pociech, 1967, trad. it. Uno spasso, 2003; Wszelki wypadek, 1972, trad. it. Ogni caso, 2003; Wielka liczba, 1976, trad. it. Grande numero, 2006; Ludzie na moście, 1986, trad. it. Gente sul ponte, 1996; Koniec i początek, 1993, trad. it. La fine e l’inizio, 1998). Accanto ai suoi versi, sono da ricordare i tre volumi di recensioni e articoli Lektury nadobowiązkowe (1973, 1981 e 1992, trad. it. Letture facoltative, 2006 ). Tra le pubblicazioni successive vanno ricordate: Widok z ziarnkiem piasku (1996; trad. it. Vista con granello di sabbia: poesie 1957-1993, 1998); Poczta literacka (2000; trad. it. Posta letteraria, 2002); Chwila (2002; trad. it. Attimo, 2004); Dwukropek (2005; trad. it. Due punti, 2006); Nowe lektury nadobowiązkowe 1997-2002 (2002; trad. it. Ok? Nuove letture facoltative, 2007). Postumi sono stati pubblicati la raccolta di versi Wystarczy (2012; trad. it. Basta così, 2012), alla quale la poetessa stava lavorando al momento della scomparsa, la raccolta di prose Wszystkie lektury nadobowiązkowe (2015; trad. it. Come vivere in un modo più confortevole, 2016) e il volume di lettere e cartoline scambiate tra il 1966 e il 1985 dalla scrittrice con il compagno K. Filipowicz Najlepiej w życiu ma twój kot. Listy (“Meglio di tutti sta il tuo gatto”, 2016). Fonte Enciclopedia TRECCANI online-