Castelnuovo di Farfa, il sogno e l’UTOPIA CONSUMATA -Poesie e Foto da MURALES CASTELNUOVESI di Franco Leggeri
Biblioteca DEA SABINA
Franco Leggeri – Castelnuovo, il sogno e l’UTOPIA CONSUMATA –
Brani , Poesie e Foto da MURALES CASTELNUOVESI il Libro dell’Associazione Dea Sabina
Piccola riflessione di un castelnuovese:”Castelnuovo, il sogno e l’UTOPIA CONSUMATA”
Sono nato a Castelnuovo di Farfa in Sabina in una casa senza libri, ma , poi, la vita , i fatti tristi della vita mi fecero sconfinare nella Poesia. Io divenni un castelnuovese clandestino, emigrante all’interno di una biblioteca, e ,quindi, iniziai a navigare in un “OCEANO DI LIBRI”. Ogni libro era ed è un’isola su cui mi è stato possibile vivere libero .La Poesia e la scrittura sono il giusto modo , forse, per ripagare il mio Borgo. Ripagare Castelnuovo, con moneta giusta per avermi accolto, per avermi regalato i sogni scritti sui muri, suoni e profumi , la sua bella storia , e le piccole storie che, assieme, sono diventate il mio Castello di Kafka e forse l’isola per un nuovo “naufrago castelnuovese”.Sono nato castelnuovese , da genitori castelnuovesi e da nonni castelnuovesi , ma ho vissuto anche altrove una parte della mia vita. A Castelnuovo ho trascorso anni importanti, quelli che danno “l’impronta” alla formazione umana. Sono castelnuovese “dentro” e incatenato a Castelnuovo da sentimenti contrastanti come : Ammirazione per le sue straordinarie risorse , ma anche, ahimè, frustrazione per il modo in cui, quotidianamente, esse vengono sprecate da incapaci, si quelli della “Dittatura della Maggioranza”.Come castelnuovese, orgoglio castelnuovese, sono parte di quella pattuglia che pensa che fare qualcosa , anche poco, sia meglio che non fare nulla ed abbandonare il Borgo, l’amato Castelnuovo, al suo triste destino di :”colonia della sottocultura Sabina”. Troppi castelnuovesi, senza altra colpa se non quella di essere nati a Castelnuovo, meritano di avere una chance , cioè quella di valorizzare le loro straordinarie qualità nascoste che spesso non sanno nemmeno di possedere. Credo , fortemente, che la politica dei piccoli passi, in un Borgo come Castelnuovo, sia quella da percorrere, quindi, piccoli passi e non spese faraoniche , soldi pubblici mal spesi per passerelle pre-elettorali, che diventano solo un pallido ricordo “snocciolati e bevuti” nei discorsi del bar.Spero che altri “castelnuovesi dentro”, anche se residenti altrove, vogliano unire le loro idee e le loro voci in un progetto di Rinascimento culturale castelnuovese.
Piccola riflessione di un castelnuovese
P.S.
Castelnuovo è la mia casa. Dall’umile casa della mia semplice giovinezza, ricordo le scale buie, le stanze piccole e basse, dove si respirava la dignitosa povertà. Non vi erano tende di seta blu, quelle con i risvolti color cremisi e non si serviva il caffè agli ospiti in visita. Era, la mia casa, la casa dell’infanzia . I libri furono i miei canali satellitari e Montale, Ossi di Seppia, la mia navicella spaziale. La semplicità dei rapporti, il rapporto sociale, era una condizione , inconsapevole, ma fondamentale di una vita serena .
Alcune Poesie di Franco Leggeri dalla Raccolta “MURALES CASTELNUOVESI” -Edizioni DEA SABINA-
MURALES CASTELNUOVESI
(prologo)
I Murales castelnuovesi non sono papiri scritti con il pianto,
il pennino è una cannuccia appuntita
per incidere una storia a perdere.
I Murales ,scritti sui muri,
sono le anime delle donne e degli uomini castelnuovesi.
I Murales castelnuovesi
sono segni e tracce
per essere trama di un libro.
Un libro solo per occhi
pieni di amore,
capaci di vedere l’oltre.
Murales castelnuovesi ,
la speranza scritta nell’anima,
e trascritta sul muro dell’odio, sino a coprirlo intero e rimodellarne il profilo.
Murales, tradotto per la chitarra,
Essa, che produce la melodia della sera,
la scaglia, poi, verso l’ultimo raggio di sole
che squarcia la notte alla luna castelnuovese
e,
disperde:
“ la carne e il sangue”
sopra le note di una poesia muta.
Potrebbero essere note il sostegno
( Musicare, mettere in musica ).
La scrittura dei Murales
è
un cimitero
pieno di vita.
Così nei Murales :
“entri a occhi chiusi in una tragedia”.
Il Murales castelnuovese
è il silenzio,
è il dolore,
è la lacrima che si può sentire e che si riproduce.
Il Murales castelnuovese è come il vino nelle vene,
che rintraccia le radici del pensiero
e
ordina,
e riordina, storie parallele.
Cerco il contemporaneo,
ma sempre nel passato
e nel mentre il presente
è già
FURISPAZIO.
I Murales castelnuovesi
Storia d’immagini instabili
e
Inquiete fuggite alla luce del mattino.
Escretoria che drena l’anima dalle lacrime,
la sua potente canzone si lacera nell’eutanasia del cervello.
Il tempo è un’ideologia di linguaggio di critica didattica.
Castelnuovo, solitario, è l’alternativa
Alle mie brevi sillabe tristi.
Castelnuovo, i fragili minuti tra le tue vie
Sprofondo
Solitario
In un agire poetico inoffensivo.
Approdo a Dedalo,
dove Castelnuovo è un torchio di timidezza,
il parallelo linguistico che produce monologhi
(improbabili)
tra Eschilo, Sofocle
e la Poesia tradotta in :”per sfuggenti menti”.
La casa di Castelnuovo. (1981)
Le distese arate
Erano come seni
Della madre che offre la vita
Alle labbra del bambino.
L’anima lasciata incisa sui muri di Castelnuovo,
mi allontana dalla giovinezza.
Lascio i libri , e coagulo l’attimo
del “prima” e del “poi”.
La lotta e la clemenza infinita
Sono la traccia per il dialogo con me stesso.
Perché, forse, ora uscirò illeso da poesie sconosciute.
Castelnuovo,Il grido e le lacrime-(25 aprile 1964)
Lacrima
Che spegni i sogni evasi
Dalla notte buia
Mentre il calore del sole,
Nelle mie mani,
Accende il sangue rosso del grido
Che sale dalla terra arata.
Si!
Ho ucciso un lungo inverno
E i lupi,
Ora,
Sono fuggiti a nascondersi dietro lune morenti,
Sì,
essi, ora, sono come nere ombre nei miei sogni.
Sulle sponde del Farfa-
Dove ho lasciato a riposare il sole
carnefice inchiodato al cielo
e la luna che aspetta l’ora silenziosa
di una solitaria speranza
scritta sui muri bianchi
e come i pensieri riflessi nei torrenti
che cercano la luce degli occhi.
Si
Io getto i miei pensieri nell’acqua
e rintraccio i miei occhi.
Apro i silenzi ,come riti al crepuscolo,
quando il vento fa crollare
le foglie
e la mia angoscia mi fa vivere il nulla.
Ora è il tempo del silenzio
ho già spento le grida
di schegge taglienti.
Il docile germoglio
di lotte essenziali
sono gocce di opaco sole
che annodano il sangue
e rincorrono gli echi
nascosti nell’ombra
di una cascata di acqua
e tu, assassino feroce,
hai distrutto il sogno,
scritto sul pentagramma,
mentre lo recitavo a braccia nude tra i profumi dell’erba
sulla riva del Farfa.
Castelnuovo, i colori e l’ideologia.
Questa mattina i colori di Castelnuovo
si disperdono come stelle filanti.
Colori profumati, impercettibili, e nascosti
tra il linguaggio degli ulivi.
E’ questa una mia visione interiorizzata,
ma sempre in cerca di un approdo sicuro.
Sì, Castelnuovo non può essere un racconto sommario
ma, come le sequenze chimiche , deve espandersi
in una litania nell’immenso cielo.
Castelnuovo diventa una litania senza amen
e senza consistenza, un oggetto fantasma
all’interno di una storia inaccessibile
che si frantuma come stelle filanti
nell’intimità di esperienze sofferte e malate
che diventano , esse stesse, oggetti appesi alle pareti del mio io.
Castelnuovo mi tenta ancora al peccato dell’illuminismo,
e così l’ideologia diventa il mio luogo del “niente”,
l’elemento misterioso di una poesia forgiata con i colori della pietra.
Colori castelnuovesi e tristezza ideologica
che sono come i dubbi di Amleto,
in cerca di Ofelia che disperde, così tremante, i colori
della sua fragile innocenza.
Piange Castelnuovo in cerca dei colori
sepolti trai vecchi tronchi deposti a terra ,
terra scura come i sogni svaniti all’alba
di questa poesia, ora diventata logora e affaticata
mentre rincorre il colore di questo giorno
sempre uguale agli altri.
Castelnuovo, lo scantinato del chiacchiericcio
L’orgia delle chiacchiere castelnuovesi
ha partorito il libro dei rancori ,
album così caro a voi che affilate le parole
e lo sguardo per colpire in silenzio,
un silenzio che riempie il vuoto del vostro scantinato
dove vivete ,galleggiando sulle acque nere del vostro odio.
Voi vi nutrite del male, avete fame del male .
Voi siete il buio che vestite con la nebbia dei vostri occhi,
la vostra voce è come il sibilo della serpe.
Al vostro richiamo rispondono solo i latrati, lontani, dei cani randagi.
L’umido insopportabile del vostro respiro
è un virus letale che infetta il mio Castelnuovo.
Castelnuovo: La Notte.
Si adagia la notte su Castelnuovo.
Ne assume diligentemente le forme,
essa si fa architettura, ridisegna le vie e i vicoli.
La notte castelnuovese , la mia notte,
è quella che raccoglie le ombre depositate dal giorno
e che il vento sa disperdere e nascondere
dietro gli scricchiolii della vecchie porte ,
così solenni al gioco dei lampioni che ne esaltano i colori.
E’ la notte la sentinella del riposo,
dei pianti e dei sorrisi.
E’ la notte che fa volare l’ultimo esile fumo dei camini,
custodi di nudezze e specchio di grazie nascoste
e di profili di cose semplici.
E’ la notte castelnuovese
che scrive, solitaria, storie dettate da folletti senza nome.
Il mio Castelnuovo è tazza e culla
del latte che versano le nuvole
che troviamo al risveglio del giorno.
Notte castelnuovese, dimora amica delle stelle
e delle rose alle finestre, dolce come i sorrisi delle mamme.
Notte castelnuovese, gemella della solitudine e della quiete,
resoconto di lunghi intervalli tra il fuoco e la tristezza ,
ma così immobile nella solitudine del buio.
Notte che, infine, libera il sole sui cumuli
di speranze respinte dal filo irto della realtà.
Ed io, allora, ridivento pastore
del mio gregge di delusioni che ritornano,
rientrano dagli spiragli delle finestre.
Castelnuovo è la notte la mia prigione
ben costruita e cucita alla mia anima senza ali.
E ora, finalmente, senza una benedizione mi addormento.
P.S.
“ Si può trattenere la notte?
Si può simulare il niente?
Vestiti di crudo realismo
siamo al centro del niente,
mentre fugge la notte
nostro riparo dalle voci
che fuggono dalle finestre vicine.”
Castelnuovo, storie ai suoi margini.
Castelnuovo se diventi il margine e il recinto
di una notte senza perché,
allora raccontiamoci storie
sussurrate tra le sbarre di cancelli inopportuni e indesiderati.
Ora ci ritroviamo qui a contare , a catalogare
le costellazioni disperse in lontane dimensioni
fuori dai confini bisbigliati
e scritti sui nostri pezzi di carta silenziosa.
Pensieri scritti con le gocce d’acqua
che ci regala, sempre, la notte castelnuovese.
E’ questa corteccia così ostinatamente
aggrappata ai fuggitivi e ribelli pensieri,
veri dominus di questa oscurità,
dove è spazio in cui si espande
il profumo antico degli indugi
dei nostri silenziosi dibattiti, alcune volte inconsistenti,
che si evolvono nel brevissimo tempo a noi concesso dalle emozioni.
Ed ecco che la notte,
se pur essa superficiale e a volte emozionata
e dispersa nel circolo delle nostre mani,
si fa ora luce lieve, vicina alla volontà
che si coniuga con l’irruenza nascosta in un desiderio impreparato.
Si ,la notte ,ora diventa anarchia e poesia
che evade oltre le fragili braccia,
imprudenti guardiane di una libertà
che si eclissa dietro la luce delle stelle,
che diventano così sensuali
in questa melodia che incornicia la nostra notte castelnuovese.
Castelnuovo, il racconto scritto col chiodo forgiato.
(alla scoperta di vecchi casali, ruderi castelnuovesi)
Ho trovato,in alto,
nell’angolo estremo,
in quella vecchia trave, le sagome tracciate dal chiodo forgiato,
segni del tempo di guerra.
E’ lo stupore e la finezza del racconto disegnato,
lasciato da questa donna castelnuovese
che ha distrutto la legge di gravità.
E’ questo disegno,
così neanche in bianco e nero, ma solo legno,
solo un fossile e scena del passato
riverberi onirici dell’immaginazione.
Traccia di armonia del creato,
traccia segnata solo per alcuni riti passeggeri, ma solenni.
Nella trave è disegnata e immaginata
l’esplosione della luce,
mentre si espande l’azzurro infuocato
immaginazione della sfrenata insoddisfazione
nella ricerca di un cielo sereno.
Ora sono tracce di parole e gridi inascoltati,
ora che sono “fossili” testimoni che narrano una tragedia,
tutta castelnuovese, ma ancora inascoltata
e nascosta in questa trave “intonsa” .
“Castelnuovo il chiodo forgiato
all’ombra della polvere.
Castelnuovo, c’è sempre la luna pronta per la nuova notte
carica di illusioni e inattesi veleni,
pensieri segreti depositati
, frettolosamente,
all’interno di nuvole di fumo.
Ed ecco che, ora, l’anima si commuove
e partorisce una luna piena,
la preghiera gemella che brucia l’amore,
quella che viene respinta nella via segreta,
che si illumina alla luce,
distratta , della luna nuova”.
Castelnuovo: via Roma Est
Avete mai aspettato e visto il sole
che dona il primo bacio a Castelnuovo?
E se una mattina anche tu cerchi tra il sillogismo e il controesempio
di questo nostro dialetto, sì di questo “sporco latino”
di cui adoro il categorico del disadorno,
ma essenziale canto invisibile che emerge da tracce nascoste .
Tracce, si quelle arate nella terra Sabina, che fermentano nel decasillabo armonioso che varia al ritmo dei versi sciolti e che , poi, li ricompone
nell’armonia del canto che allontana il “genio crudele”
che ha violentato la notte castelnuovese
e che , ora, aspetta il coagulo del sangue al sole
che ne rallenta la fecondità del passato fervore.
Castelnuovo,
ho negli occhi la quotidiana immagine, se pur superficiale,
del puntuale equilibrio e solo allora , se sarò libero, cercherò
di narrare la meraviglia dei racconti nascosti
che, da sempre ,dormono senza avere risposta,
ma era luce assoluta e felicità degli antichi castelnuovesi.
Rivisitare Castelnuovo, il suo profondo contraddittorio sillogismo filosofico
che , da sempre, cerco nella spiritualità
che diventa fulcro del mio soggettivismo
così relativo al mio pensiero pendolare.
Cerco la chiarezza nella mia anima ch’è tela
pronta per caratteri del libro che mai ho consultato.
Mi chiedo se troverò a Castelnuovo
il controesempio del sillogismo aristotelico?
A Castelnuovo, a volte , le risposte le trovi nascoste ,
ma esse sono sempre testimoni di dolci sere e serene albe,
lente, pallide e timide promesse future
che puoi trovare soltanto quando Castelnuovo diventa attico
e dialoga , dopo le stelle, con il primo raggio del sole.
Si potrebbe ascoltare, dai colli, forse anche la dolce,
filosofica voce dei castelnuovesi che si avviano ,
incontro al sole, camminando lungo via Roma Est.
Ed è allora che il sole riaccende, per il giorno,
i giochi linguistici dei fiori di campo.
Ecco, dunque, che, adesso, io ridivento una decomposizione
di sogni e illusioni in cerca di approdo,
una salvezza tra le ombre acute,
ma pronte a scomparire in un futuro senza storia e senza epoca.
“Se le pietre,
il cuore delle pietre,
l’acqua,
è la sua carezza che traccia l’ombra dei sogni,
sono e diventano
allora
l’inizio dei ricordi.
L’arido cuore delle pietre è (si fa) prigioniero nella mia anima.
Solo ora, adesso
La bassa marea tra i vicoli di Dedalo travolge il ragazzo
Che si accende nel nuovo giorno al sole
che entra solenne dalla via Roma est”.
PENSIERO PER NICE
(Cleonice Tomassetti-Petrella Salto (Rieti) 1911 – Uccisa dai nazisti-Fondotoce di Verbania-nel 1944)
Nice, tu ,come Gramsci , hai odiato gli indifferenti.
Nice differente dall’indifferenza
Hai respirato Gramsci
Nice hai inciso le note libere della tua voce
Tra la Rocca di Petrella
Dove indugia la dolcezza della nebbia.
Nice aspettavi la luna rossa,
tu che conoscevi solo quella nera.
Nice hai contato, con rabbia, pazientemente,
mille lune per un’alba di libertà
Nice Hai spaccato il gelo della fonte
Dove hai bagnato il pane
E bevuto l’acqua ,
Nice hai corso a perdifiato tra i castagni
e i chiaroscuri paralleli all’alba.
Nice hai quasi, finalmente, raggiunto le braccia della libertà
Mentre il tuo sogno metteva radici
in una terra lontana,
dove la luna brucia le onde del lago,
ma uno sguardo freddo ha ucciso
le trame dolci dei tuoi capelli.
Nice ora sei libera dalle maglie della catena,
vola Nice, vola in alto , lontano dalla terra brulla,
terra ora rossa del tuo sangue .
Nice, ti prego, corrodi la notte con i tuoi occhi e libera il tuo grido di libertà.
Nice, ho raccolto, una ad una, le tue lacrime per dissetare il seme di una Italia libera.
La linea livida- poesia per il mio Amico Renato Cargoni
Noi che viviamo e navighiamo
ai margini delle parole,
nei confini incisi sulle pietre
e nei discrimini di un linguaggio pericoloso,
noi siamo quelli che aspettiamo
la stanchezza del guardiano
per attraversare , infine,
il suono dei divieti
e corriamo, poi, liberi
tra le braccia dell’orizzonte ucciso dalle nubi nere,
dove il grido di libertà
rimbalza e ci torna , come l’eco, tra le nostre braccia
tese fuori dalle sbarre chiuse.
Questo confine livido
è un muro di filo spinato
dove, oltre, si vede
il bivacco di esseri senza aggettivi.
Poesia dedicata e Piero Bertoldi nel giorno del suo 76mo compleanno.
Castelnuovo,la grammatica dei ricordi.
Noi Castelnuovesi erranti, costruttori di un sogno,
siamo i frammenti di una timida sera
siamo in cerca di una luna antica
lontani da questa presenza sofferta
coniugata con verbi malati
ma così intimi con l’esilio
e nei silenzi del nostro orgoglio.
Noi Castelnuovesi sappiamo che il pianto
non è un’opera di giustificazione
e non avremo un avvenire fiorito.
Noi Castelnuovesi antichi
mai incontreremo fonti fresche
e alberi verdi dove, infine, seppellire
i nostri insoddisfatti sogni.
P.S. Caro Piero ,a noi è impossibile trovare le parole in un cuore chiuso ma ,noi, siamo andati oltre il sogno antico.
Auguri caro Piero con affetto fraterno Franco Leggeri.
Tre “pensieri pendolari “Per Francesco “Checco” Cargoni –
1)-Prima dell’Autobus-
Si addormenta la nebbia compagna della notte
e nulla lascia
della sua traccia d’astratto.
La luce solleva
la dolce e silenziosa Primavera.
Ora , la musica corre veloce sulla strada
Mentre la pioggia,
le sue gocce,
così come una collana infinita di perle,
si
frantuma
e
si disperde,
essa…….finalmente,
nella terra.
2)-Pendolo-
Sillaba il treno
Sui i binari
Come il violoncello
Nella prateria dei sogni
Che rincorre il ritmo dell’erba
E
Come l’acqua
Le
Sillabe del treno scivolano tra le mie dita
Mentre l’acciaio produce luce per il mio buio.
3)-Appunti al margine del biglietto.-
Aspettando l’autobus
Con la spalla contro il sostegno della tabella
a lei confido la mia insoddisfazione,
il sistema brioso del poi,
la risposta?
Sono caritatevoli sogni.
Guardo l’ora e accendo l’ennesima sigaretta,
Mentre trascrivo appunti al margine del biglietto
Ormai saturo di segni.
Castelnuovo, Noi i ragazzi di via Coronari.
Amici miei, siamo quelli che abbiamo intrecciato i nostri sogni
come i vimini di un canestro
e, poi, li abbiamo riposti, nascosti
così lontano dalla vita vera.
Erano le inutili verità
rifiutate da noi adolescenti
che sapevamo annegare nel pane
i fiori del nostro sorriso.
Ora siamo diventati realtà dei sogni dei nostri padri
e artisti nel raccontarci una vita dispersa
nelle difficoltà di un percorso asfaltato da incognite.
Amici miei ora il sorriso
e il sospiro (soddisfatto?) di essere arrivati nell’oasi dei ricordi
quelli da noi sussurrati e nascosti tra sassi di via Coronari.
Ricordate?
Allora ci è stato impossibile
Far volare i nostri aquiloni che, oggi, ritroviamo
coperti da una infinità di perché e di ragnatele.
Amici miei adesso , finalmente, siamo strutture aeree
e liberi di gridare la nostra protesta.
Amici miei di via Coronari
tu, io , noi , assieme, siamo ora diventati,
come Il Barone rampante di Italo Calvino,
le note di un inno libero
senza più la nemica gravità.
Amici miei ora noi non siamo più utopia,
e possiamo, finalmente, far volare
i nostri vecchi sogni.
Castelnuovo, Autoesclusione
Autoesclusione
La scrittura creativa in cattività Epicuro(làthe biòsas) dove il riparo è l’humus fertilissimo per la creazione . Castelnuovo è, per me, una quarantena senza fine dove è possibile solo immaginare il presente .
Si possono cucire i ricordi e indossarli per attraversare Dedalo in cerca della propria identità. La solitudine e l’esilio è interiorizzato come nella Tristia di Ovidio:”Quod tendabat dicere versus erat”.Trasportare e trasformare la cultura materiale ed immateriale radicata nel mio Castelnuovo.Il Disagio dell’incertezza fu l’epoca più bella che mi ha permesso di scrivere e descrivere.
Poesia per Castelnuovo-
Tu sei la terra madre dei miei sogni,
Castelnuovo si deve ricordare , vedere come un bel quadro .
E’ vero si dovrebbe leggere almeno una poesia al giorno
Allora tu Castelnuovo , la tua visione, sei poesia continua
Le tue finestre accese decorate da tendine ricamate
Dove un luogo ,la memoria, la fa da padrone.
Se per me Castelnuovo è un tangibile passato , anche se non troppo remoto,
Allora:
“Le turbolente mutazioni dei tempi migliori
Le mutilazioni, gli scarti di possibilità
Nelle notti avvicinate dalle mie intenzioni strategiche
E nel gruppo mi riconosco in Marx in polemica
Sui temi di fondo di questa mia terra , idea, irrazionale.
Il possibilismo geniale del mio ironico vociare
Eppure passato è il sadico e il remoto
È proclamato il giorno del giusto gioco
Metafisico festivo, dopo, insieme
Irresistibilmente, meccanicamente Dio
Sarà all’angolo per complesse manovre
Di avvicinamento.”
Luna Castelnuovese. (1978)
Si muovono lentamente le foglie
come timide onde al soffio della brezza
mentre la luna, la sua faccia bianca
trafigge la fragilità dei pensieri.
Le (romantiche ) case di Castelnuovo
producono sogni, incompiuti
lontani, non al passo del tempo veloce.
Castelnuovo,
se il silenzio diventa una melodia per l’anima,
e mi segue per le vie di Dedalo, sempre uguale,
vado a contare i sogni e le lacrime
in questa notte senza un sussulto
mentre cerco i tuoi occhi dispersi nel corteo delle stelle che seguono la luna.
E pur mi associo a un sogno collettivo per il nulla ,
per, poi, ritornare nella certezza delle tue vie ,
e tu
Dedalo ,
sempre uguale, che mi segui nei miei ricordi
per godere
mentre annego nella faccia bianca della luna castelnuovese.
Né surreale , né metafisico.
L’Estate castelnuovese (1978)
Dai campi si leva
Un coro serrato di cicale
Il rosso , taciturno, dei papaveri
Veglia il riposo delle poche parole
di desiderio silenzio.
Poi, la sera ,lo sguardo abbraccia fosforescenti geometrie
Che nascono dall’immobilità della stanchezza.
Ascolto note di avventure eccessive, affogate in follie singolari.
I miei occhi (pallidi) sono sguardi (stanchi) ai margini dei campi.
Ora,
Del giorno, che corre al tramonto, ne dimentico l’alba.
SERA CASTELNUOVESE (1971)
La dignità è un fiore
che torna la sera.
La sera castelnuovese,
è come un evento letterario
vi sono i frammenti dei sorrisi,
luce di paradossi,
baci e fiori di campo
e la mia trasgressione
di un materialismo infinito.
Così la sera estiva è consumata,
mentre emerge la notte con le sue regole silenziose.
Ecco ora s’è spenta
anche l’ultima luce, dolce e supplichevole
come una voce umana.
Troppo umana tutta
questa sera castelnuovese.
Adesso nell’aria, c’è un vellutato riposo
di palpebre abbassate.
Castelnuovo, lo ami sempre di più…..
Finche non si arrende.
Ed ora nel buio io mi trovo ,come Telemaco, in un godimento dissipativo in riva al mare.
P.S. nota a piè pagina .
“Quale è il più grande peccato dell’uomo? E’ dormire di notte, quando l’universo è disposto a lasciarsi guardare.”(Lilaschon)
Castelnuovo,la nostalgia leggendo Cechov
Si , per avere nostalgia
Devi avere, possedere , una casa,
ma, ora, i miei ricordi sono di un rosso sbiadito
e io mi lascio cadere addosso la sera
mia compagna fedele, essenziale madre dei sogni.
La mia anima
ora è
Simile al vetro della finestra
che raccoglie le gocce di pioggia.
Nostalgia è il mio veleno Lucifero
È lui il padrone del foglio bianco
Che io cerco inutilmente di incidere con la penna rossa.
Proverò, ancora una volta, a disegnare Cechov
E “La signora con il cagnolino”
All’interno della mappa arancione
Inchiodata alla mia anima.
Ora lascio Cechov in un mare tropicale
Mentre io torno a creare un nuovo sogno
Per una casa castelnuovese inesistente.
I GRAFFITI di CASTELNUOVO
Ho contemplato le facciate di Castelnuovo
Ho memorizzato, cercato, ogni dettaglio
Ho inciso tutto nella mia memoria
Ho registrato i suoni, grida, i pianti, i singhiozzi e i gemiti
Ho evidenziato i colori del giorno e della notte
Ho scritto Castelnuovo nel mio muro degli appunti.
Ecco, ora i sogni stanno fuggendo dalle mie mani.
P.S.
Castelnuovo, i suoi bastioni
Dall’umile casa della mia semplice giovinezza, ricordo le scale buie, le stanze piccole e basse, dove si respirava la dignitosa povertà. Non vi erano tende di seta blu con risvolti cremisi, non si serviva il caffè agli ospiti in visita. Era questa la mia casa, la casa dell’infanzia, la mia infanzia . I libri furono i miei canali satellitari e Montale, Ossi di Seppia, la mia navicella spaziale. La semplicità dei rapporti , il rapporto sociale, era una condizione , inconsapevole, ma fondamentale di una vita serena .
Possiedo ancora Ossi di Seppia, la III ristampa del 1954 Ed. Mondadori.
-Castelnuovo, gli speroni della Luna.
La luna, i suoi speroni, ha ferito la notte castelnuovese. Il tempo, l’insulto del tempo si è smarrito nella ruggine dei ricordi. Occasioni uccise da barbari affamati di euro . Ora incidere la memoria su lastre di pietra. Il verde, la verde Valle del Farfa era un invito alla contemplazione .La colpa , se colpa è l’aver creduto di possedere la luna nell’età dei sogni. La colpa è nell’aver camminato nei sentieri dell’erica. La Valle , il mito , la sua Storia è qui nel mio cuore che colora di rosso gli spini delle siepi. Se il sogno si disperde lascio le mie parole sulla pietra. La stagione del gelo uccide le gemme della speranza , il tragitto segnato dal forte profumo, tragitto senza bandiere, del fieno falciato dai ricordi e illuminato dalla luna che uccide l’ombra dei cespugli. Ho rigirato tra le mie mani le parole, contato i sospiri come si contano le monete, ho cercato di scrivere l’ombra della sera , i ricordi degli anni giovani e l’altalena delle spinte infinite, le stagioni senza croci e le mani legate. Se la morte mi resta come l’ultimo sogno , l’ultima arma prima che anche le parole scritte siano morte per sempre. Cerchi un lapis , un foglio , una sedia per ricomporre, con calma, i fili, i fumi delle illusioni, le nuvole che portano la pioggia carica di poesia. Le vecchie porte dei fienili, il cigolio dei cardini vecchi, le note delle passate avventure prima che i fuochi si spengano . I ricordi, come le rondini, tornano sempre a scandire la forte stagione della follia mente negli uliveti la brezza accarezza le foglie , la brezza intrisa di fumo , di fieno, e sono i fuochi del bivacco del tempo immutato scolpito nell’attesa di un’alba rossa che trasformano i vicoli del Borgo nel labirinto di Dedalo e ad ogni incrocio trovi una epigrafe , un ricordo e un nuovo inizio.
Se Castelnuovo (Archivio 1981)
Castelnuovo,
Parole meravigliose, se le saprò vestire e dipingere, con le foglie degli ulivi , nella dolcezza della sera.
Castelnuovo, se saprò descrivere, scrivere e incidere, il fascino raffinato dei colori, così come sono tradotti e vissuti nella spiritualità dell’anima.
Non ho un teschio in mano, non ho i dubbi di Amleto, non scriverò i tormenti, i miei dubbi, non sono Shakespeare.
Non trovo statico il legittimo dubbio che vaga , da sempre, nel labirinto di Dedalo.
Castelnuovo, non è il Castello di Elsinore o quello di Dracula. Castelnuovo è, a volte ,un inquieto schema di vie dove si rincorrono i pensieri partoriti da uno spirito notturno per un progetto del bello.
Castelnuovo è un pensiero filtrato, Castelnuovo è potenzialità: non idea, ma sostanza.
Il fuori posto della mia poesia ,Castelnuovo se lo chiami “musica” o “poesia”,
( neanche Cartesio mi aiuta ad uscire dai meandri del nozionismo)
Le ferite aperte sono il suono di una domanda antica, la pericolosa,( gesuitica?), insoddisfazione. Eppure la notte si adagia , sempre, sui tetti e il “genio maligno” fugge, finalmente , dalla mia esistenza.
Conosco la luce di Castelnuovo, Castelnuovo non è la mia “provincia oscura”. Castelnuovo è una divinità ed io ai suoi piedi ho lasciato i miei sogni, i miei sguardi, i miei pensieri, i miei versi.
Castelnuovo: ora non confondo più il buio con la tenebra. Oggi, ora non ho più paura della notte.
Castelnuovo, Le mani e i semi- Brani incompleti da Murales
Se cerchi nelle case di Castelnuovo
Trovi mani che come semi delle mele
Escono e disegnano la realtà della vita
Sono mani di donne che come il profumo dell’incenso
Accarezzano il sogno che naviga, a volte riposa ,
E si nasconde nelle strade di campagna
E nei vicoli di Castelnuovo .
Mani che sanno stringere, dominare e governare l’inverso e la sopraffazione.
Ho aperto una porta su una nebbia eterna
Ho ascoltato i gemiti, i soffi, gli aliti di uomini
Che corrono nel giardino amaro, così lontano dal cielo
Così dispersi e disperati nel ventre
Della natura madre dei miti e del tempo
In questa nebbia che disperde la voce
Dei linguaggi estremi e romantici .
E i bambini sono immagini e parole
Dell’amore sereno , dolci
Come il sogno di un orizzonte possibile
E la mano , riesce, accarezza la luna
In questo settembre racchiuso in una aiuola
Disegnata dal canto della timida upupa.
Castelnuovo è questa la dimensione, la trasgressione,
l’amore dell’eclettismo intellettuale
ridotto a pallida elaborazione dei riflessi dei metalli lucenti
dei fiori che nascono dalle ombre
e noi uomini costretti a sognare
alla luce di un sole che fugge
e, allora, restano ombre e i riflessi che cullano l’insonnia
ch’è madre di questo strano grido
che mi guida per le strade e i vicoli del mio Castelnuovo.
Castelnuovo, Via Coronari
…………A Castelnuovo la simbologia complessa indossa una veste ruvida che, a contatto con l’aria dei vicoli, assume il colore carnevalesco di un battibecco ludico che, se incanalato nel pentagramma del vociare, diventa “apocalittico”. Se ti fermi all’incrocio di via Garibaldi con via Coronari puoi, potresti, riavvolgendo il nastro della memoria , ascoltare il gemito della letteratura mistica , irraggiungibile come un requiem elargito per un testo senza punteggiatura. Era quella un’età “del sole e della luna” quando in quella via correvano , con leggerezza, come una pennellata leggiadra e vigorosa, i figli del dopoguerra ;le ragazze indossavano gonne senza merletto, ma scoprivano e scalavano il territorio ( infido?) della Poesia cercando l’amore. Le frasi recitate in “corsivo”, erano baci sulla bocca dell’amato. Erano tempi carichi di speranza e di sogni verdi che si perdevano al calar della notte. Tempi di amori brevi e di baci mai dati . Erano annate , per Castelnuovo, da conservare. Erano annate buone. Erano annate di uomini veri che non si arrendevano………..
Oggetti di follia poggiati su manoscritti
che raccontano battaglie per una Patria
antica come il pane e di lotte
combattute nel silenzio del sudore
con gli occhi accecati dal sole compagno e speranza.
Nei campi del padrone ho coltivato ,
nella terra arata ,assieme al seme della vita,
il canto e l’urlo che attraverserà il fiume e la valle……….
I tetti di Castelnuovo di Farfa, il mio Dedalo.
Scoprire, o riscoprire Castelnuovo, cercando di aver gli occhi disincantati, mi permette comunque di vederne l’anima del mio Dedalo la più popolare, la più vissuta dalla gente comune. Scopro e riscopro, nuovo punto di vista, dopo tanti anni i vicoli del mio “Borgo Dedalo”, dove ho trascorso l’infanzia e la mia giovinezza che, nell’età dell’incoscienza, appare eterna. Se da adulti, in modo crudo, ci rendiamo conto che la vita passa in fretta, ci consola il pensiero che l’eterno rimane non nella materia, ma nelle vibrazioni, nelle sensazioni che aleggiano intorno a noi e che percepiamo secondo la nostra sensibilità e i nostri stati d’animo. Ora, osservando i tetti , vale la pena ricordare e raccontare e magari riflettere su queste nuove sensazioni che danno i tetti di Castelnuovo. Quante cose sono cambiate in queste vie , tante persone ,attori nella mia fanciullezza, non esistono più, altre sono invecchiate e altre ancora sono lontano altrove a cercare una vita diversa . E’ strano cercare dai tetti, di aprirli, e vedere, nei ricordi, le persone che abitavano la casa, scoprire l’atmosfera, rivivere gli stati d’animo con occhi diversi, con esperienza ,“lunga esperienza della vita”, reinventare ed animare anche i più piccoli dettagli del quotidiano la vita semplice e minimalista di una volta.
Vedo le vie di Dedalo là dove diventano più ripide, più stette , gli incroci e giù per i vicoli e scalette e ancora piccoli cortili e scale buie, soprattutto d’inverno. Nel mio paese, nel mio Dedalo ora sono cambiate molte, moltissime cose forse troppe .Sono cambiate le persone, le case, anche le storie non sono più le stesse. Ma non il “Borgo Dedalo” , il mio Castelnuovo , quello carico di storie scritte su di epigrafi marmoree “inchiodate” nella mia anima. Queste storie, immutabili e solide, che parlano e raccontano alla mia memoria, come una canzone poetica infinita ,di un Castelnuovo tramontato per sempre. Il mio paese, Castelnuovo, il mio Dedalo è un posto così sconosciuto alla “nuova gente” che ora lo abita e lo “consuma” e che ne distrugge il verde e la sua storia. La “nuova gente” che non ha l’abitudine di menzionarne il nome del mio Dedalo. La “nuova gente” non può ricordare la musica , dolci suoni, che uscivano da ogni porta , non può godere il trionfo e la purezza dei sogni che nascondono i cuori carichi di emozioni che creano le case del “mio paese” .
Franco Leggeri – Alcuni brani e poesie da “MURALES CASTELNUOVESI”-
dal Libro dell’Associazione Dea Sabina