Le Parole e il Mito. Essere al Verde.
In tempo di crisi si sente spesso dire :”Sono al verde!”. La curiosità mi ha indotto a fare qualche ricerca su questo modo di dire . La più conosciuta sarebbe derivata dall’uso medievale di colorare di verde la base delle candele e da qui essere agli sgoccioli, appunto essere al verde. Ma il giornalista Dott.Elio Caruso propone un’altra lettura di questo modo di dire che, a mio avviso, è molto interessante. Il Caruso ha fatto una ricerca nell’Archivio di Stato di Forlì ed ha trovato una curiosa e rara ordinanza pontificia, emessa in Romagna nel 1561, che fa luce sul perché di un universale modo di dire :Essere al Verde.
Elio Caruso inizia la sua ricerca storica, precisa e ben contestualizzata, partendo dal 1504 anno in cui avvenne il definitivo passaggio di Forlì allo Stato della Chiesa; cinque anni più tardi fu la volta di Ravenna. Alla fine del 1530, ritiratesi i Veneziani, che con buoni risultati avevano amministrato la fascia costiera sino a Cervia, l’intera Romagna e parte dell’Emilia passarono sotto il dominio pontificio, così come lo erano già il Lazio, l’Umbria e le Marche. Un cardinale con il titolo di presidente di Romagna, scelto da Roma, esercitava il governo sedendo in Ravenna, capitale della Legazione. Roma, che si era imposta come capitale sulle altre città dello Stato Pontifici, esercitava una forte attrazione sul piano demografico ed economico. Nella seconda metà del Cinquecento la Romagna, che contava circa 160mila abitanti fu tormentata da gravi avversità naturali (terremoti, alluvioni, carestie, epidemie) che in più occasioni funestarono la Regione. A rendere più ardua l’amministrazione papale penso la Riforma protestante; siamo infatti in pieno Concilio di Trento (1545/1563) e in seguito alla Controriforma le “entrate spirituali” (derivati cioè al papato dal contributo di tutte le chiese della cristianità) vennero in gran parte a mancare, e dovettero essere sostituite dalle entrate statali, che si concretizzarono, per il popolo, in tasse e gabelle. La pesante pressione sociale, non accompagnata però da una accorta gestione finanziaria, finì per impoverire ulteriormente i territori della Stato della Chiesa, e in particolar modo la Romagna, considerata più una colonia che una provincia, spingendola verso una grave stagnazione economica. Fu in questo clima che il 27 ottobre del 1561 i romagnoli vennero messi a conoscenza di una insolita prescrizione del Papa, da osservarsi in tutto il territorio pontificio” l’obbligo, per tutti i debitori insolventi, di portare ben visibile sul capo un berretto verde come segno della loro condizione economica. La lettera apostolica, affissa alle pubbliche porte, e letta per le strade dai banditori, prescriveva che per l’avvenire tutti i debitori- affinché non “ potessero sottrarsi alla soluzione dei debiti, o in qualunque modo sfuggire e defraudare i creditori dei loro crediti, per timore se non di Dio onnipotente, almeno dell’umana vergogna”- “sempre fossero tenuti a portare un Berretto Verde, pubblicamente e privatamente, sotto pena di fustigazione attraverso la Città per la prima volta, e delle Trireme la seconda volta in cui siano stati trovati senza il detto Berretto Verde”. Era stato Papa Pio IV a volere la curiosa disposizione, probabilmente ispirato dal suo predecessore, Paolo IV, che aveva obbligato tutti gli Ebrei residenti nello Stato Pontificio a portare un Berretto Giallo come segno di distinzione. Certamente faceva affidamento sull’effetto psicologico che il vistoso copricapo avrebbe esercitato sui debitori. Per ora non sappiamo per quanto tempo rimase in vigore questa ordinanza papale.
La stampa che accompagna questo articolo è tratta dal volume di Cesare Ripa, edito a Padova nel 1618 , dove si può leggere “ Giovane pensoso,& mesto, d’habito stracciato, porta la berretta verde in testa à perpetua infamia, in ambigui li piedi,& nel Collo à legame di ferro in forma di un cerchio rotondo grosso, tiene un paniere in bocca & in mano una frusta che in cima alle corde ha palle di piombo, & una lepre ai piedi è stracciato perché sprecato ha la sua roba, non trovando più credito và come un pezzente”.
Voglio ringraziare il Dott.Elio Caruso per la sua accurata ricerca .
A cura di Franco Leggeri