Poggio Nativo (Ri)-Vittorio Fava e il suo mondo artistico-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
POGGIO NATIVO (RI)-Vittorio Fava e il suo mondo artistico, articolo di Stefania Severi
Vittorio Fava è un artista che ha al suo attivo innumerevoli mostre personali e inviti a collettive di prestigio, non solo in Italia ma anche all’estero, in particolare in Olanda, in Francia e negli Stati Uniti. Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Roma, la sua città natale, ha iniziato subito la sua carriera artistica parallelamente all’insegnamento nelle scuole d’arte.
Da qualche anno ha lasciato la scuola per dedicarsi completamente all’arte, e – come egli stesso dichiara – per recuperare finalmente tempo e spazio per la sua creatività. Già, perché di tempo Fava ne ha avuto poco per operare, anche se molto per pensare. Infatti, avendo scelto di lasciare Roma per rifugiarsi in Sabina, è diventato un pendolare con tutte le problematiche connesse, prima fra tutte quella dei tempi di spostamento, lunghissimi, soprattutto per lui, che usa solo mezzi pubblici. Roma, che non aveva mai lasciato, gli era diventata inospitale avendo egli bisogno di ampi spazi per lavorare, e in città solo pochi possono permettersi tale lusso. Così era approdato a Poggio Nativo, un antico borgo di origine medievale che sorge, in forma allungata, su uno scosceso sperone di roccia a 415 metri sulle propaggini meridionali dei monti Sabini, raggiungibile percorrendo la via Salaria verso Rieti. Qui aveva trovato un appartamento abbastanza grande, proprio sulla via principale del borgo: uno spazio vitale per lui che è un accumulatore. Se non fosse un artista lo si potrebbe definire affetto da disposofobia (paura di buttare) o disturbo di accumulo, come del resto lo sono in nuce tutti i collezionisti e i bibliofili. Ma quello che per molti è da buttare, un frammento di coccio, un oggetto vecchio, un bottone inutile, un pezzetto di stoffa, una pagina di lettera, un libro squadernato, una medaglietta di latta, e tanto altro ancora, per lui è “ingrediente” di creazione. La sua azione è affine a quella dell’alchimista, da sempre intento alla trasformazione della materia, e infatti lui trasforma i frammenti e gli oggetti in qualcosa di completamente nuovo, fascinoso e dalla indubbia valenza estetica.
Fin dagli anni Sessanta Fava si dedica soprattutto ai libri d’artista, libri realizzati completamente a mano, sfogliabili e con la copertina. E sulla copertina “fioriscono” mosaici, medaglie, soldi, ditali, ganci, fettucce… su basi di cartone, legno ed anche di vinaccia (è corretto, si tratta proprio dei resti della pigiatura dell’uva!) e dentro merletti, santini, carte antiche, piume, che accompagnano le scritte, le figure e le storie che egli inventa. Alcuni di questi libri sono molto grandi, come il “Grande Libro Bianco” del 2008 che Vittorio Sgarbi ha voluto esporre alla 54a Biennale di Venezia nella sezione del Lazio, un libro alto più di due metri e che sta ritto in piedi e si può aprire. Molti dei libri hanno bisogno di piani di appoggio ampi per poter essere sfogliati, come il libro “L’alchimista Cleopatra” (2003) che si apre presentando una ricca sequenza di bottigliette, scatolette, cartigli e quant’altro, entro una sorta di bacheca. E ancora il “Grande libro su Roma” (2002), ricco di mosaici, frammenti di sculture e marmi. Ma ci sono anche libri minuscoli e preziosissimi con coralli e turchesi.
Oltre ai libri, l’artista dipinge, realizza incisioni e crea leggii e mobili, sempre con legni e metalli di recupero. Le sue opere si sono moltiplicate e, con l’aggiunta di dipinti polimaterici di grande formato, hanno nuovamente creato il problema dello spazio. La casa, infatti, si è pian piano riempita al punto tale che l’artista è stato costretto a prendere, per viverci, un altro appartamento, sempre sulla stessa strada. Questo appartamento è molto piacevole, con l’ampia sala-cucina e due bellissimi affacci, uno sulla strada e l’altro su una verandina che spazia sul verde della vallata. Ma non si pensi di trovarvi mobili Ikea (con tutto il rispetto), perché si tratta invece di pezzi unici e particolari. Spicca la bella credenza costruita da Vittorio Fava, l’unico mobile “usabile” tra quelli da lui ideati. Il primo appartamento è divenuto studio e archivio, con il piccolo bagno trasformato in “gabinetto erotico”. È un luogo dove l’artista lavora volentieri, fresco in estate e caldo in inverno. Lo spazio era tuttavia ancora insufficiente, per cui Fava ha preso un altro vasto locale, sempre sulla stessa strada, dove ha messo anche il torchio per le sue incisioni. Qui lavora quando il tempo lo consente perché d’inverno lo stanzone è decisamente troppo freddo. A giudicare dagli ingombri e dalle difficoltà oggettive di transito viene da pensare che tra un po’ avrà bisogno di altri spazi. Al momento ognuno di questi ambienti è un antro magico in cui è difficile poter vedere tutto perché le sculture, i dipinti, i libri, i mobili sono ovunque. Per esempio il mobile scultura “Mnemosine/Mobile Onirico” (1986) con dieci cassettini, tutti fatti con vari legni e con manigliette realizzate con gli oggetti più vari, in ognuno dei quali è racchiuso un elemento che rimanda al mondo femminile. Un mondo che Vittorio ama molto perché in primo luogo ama Valeria, sua moglie e brava cantante, che lo allieta con la sua musica. Se vi capita di incontrare Fava, lui vi darà compitamente il suo biglietto da visita, ma non aspettatevi un cartoncino stampato: vi troverete in mano un preziosissimo mini libretto, assolutamente unico, fatto di stoffe, carte, etc., o anche di ossi di seppia, con all’interno i suoi recapiti. Ognuno deve avere il “suo” biglietto, quello adatto a lui, spiega Fava, perché ognuno di noi è diverso. E il biglietto, oltre ai dati, ha la sigla dell’artista, come avveniva in antico, una elegante composizione con i caratteri “Faba”. Egli, per altro, firma le sue opere “opus Faba fecit” accompagnando la firma con l’anno e il luogo dell’esecuzione, “Podium Donadei”, l’antico nome di Poggio Nativo.
Breve Biografia di Vittorio Fava, nato a Roma nel 1948, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Roma (A.A. 1968), è un artista versato in varie forme espressive. Ha iniziato negli anni Settanta in ambito neorealista e pop, creando fin d’allora oggetti. Le sue opere hanno un carattere multiforme e vanno dal libro d’artista alle opere pittoriche, incisioni, mobili scolpiti e film dipinti. Nel 2011 ha partecipato alla 54° Biennale di Venezia, padiglione della Regione Lazio con sede a Palazzo Venezia a Roma, a cura di Vittorio Sgarbi su proposta del critico Giorgio di Genova. Nel 2012 ha vinto il Premio per la Scultura alla VI Biennale Internazionale d’Arte Sacra di Lecce e ottenuto la Menzione Speciale per la sezione “C-Arte” al Premio Internazionale “LimenArte” di Vibo Valentia.
Dal 1968 a oggi espone i suoi libri d’artista in numerose mostre collettive in Italia e all’estero (Olanda, Francia, Lituania, Stati Uniti e Cina). Alcune sue opere si trovano nel Museo delle Generazioni del ’900 a Pieve di Cento, nell’Archivio Sackner di Miami (USA), nel Museo del Libro d’Artista di Caroline Corre a Verderonne (Francia), nel Museo d’Arte Contemporanea di Matino (LE). Tra le mostre personali: Museo dell’Arte Sanitaria, Roma; Biblioteca Casanatense, Roma; Abbazia di Farfa, Fara Sabina; Biblioteca Nazionale Centrale, Roma. Da alcuni anni risiede a Poggio Nativo nel Reatino.